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Autore: Shireen    06/07/2013    2 recensioni
"Domani andrai via, e forse la tua mente non avrà più tempo per pensare a come lanciavi sassi e calciavi palloni."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le vie della vita

 
 
 

Cammini e sai bene che anche ad occhi chiusi non avresti alcuna difficoltà a percorrere quelle strade. Le conosci come conosci i tuoi pensieri, che si susseguono uno dopo l’altro disordinatamente, ma che riconoscerai sempre come tuoi. Sono le strade della tua infanzia.
Serpeggiano affiancate da case e case, che paiono quasi ammucchiate le une sulle altre. Dalle finestre aperte senti i primi rumori della sera e gli ultimi della giornata: i piatti che si scontrano tra loro mentre vengono messi sul tavolo, le voci che tentano di radunare la famiglia per la cena, le ultime veneziane che vengono abbassate, le prime tv che vengono accese per sentire il telegiornale.
Quant’è bello, quant’è bello passeggiare di sera e tuffarsi nella realtà quotidiana delle famiglie sempre diverse, sempre indaffarate, sempre un po’ infelici.
Cammini e incontri qualche bambino,  intento a giocare a palla su quella strada dove non passa mai una macchina, o intento a guidare la sua vecchia bicicletta scassata che scricchiola ad ogni pedalata. E ti ricordi che anche tu eri così, eri così e facevi un sacco di scoperte nuove ogni giorno, collezionavi o torturavi formiche, raccoglievi i fiori del prato dietro casa per regalarli alla mamma, o ti sbucciavi le ginocchia e i gomiti perché facevi gare ad altissima velocità con quella bici che per poco non perdeva pezzi lungo il tragitto. Avevi un sacco di amici. Eri circondato da quell’amicizia egoista e sfruttatrice, carica di competizione, ma di cui non potevi fare a meno; piena di sfide e piccole invidie, che ti costringeva a saltare da un muretto all’altro per dare inconfutabili prove di forza. Un’amicizia genuina, vera, che c’era solo quando le servivi per giocare, ma che era sincera anche quand’era cattiva, non si nascondeva dietro all’ipocrisia.  
L’aria della sera è fresca e dolce, e porta con sé i profumi delle case. Hanno tutti qualcosa familiare. Ti guardi intorno e vedi il reame dei tuoi ricordi: tutto è rimasto com’era. Non una nuova casa, non un nuovo negozio o un nuovo palazzo sono stati costruiti vicino a quelle strade che evitano caute l’agitazione del centro del paesino, per tuffarsi in un viaggio nel tempo e riportarti indietro. Ma è tutto un po’ decaduto, tutto un po’ corroso dal tempo, come quella vernice che ti ricordavi di un arancione acceso, sfumato ora in qualcosa di sbiadito, irriconoscibile, scialbo.
Se chiudessi gli occhi potresti ristrutturare tutto, perfino quella finestra rotta per sbaglio anni prima, che nessuno ha mai pensato di sostituire.
Cammini ancora un po’ e ti chiedi se avresti ancora la stessa energia, se potresti ancora correre senza avere una meta precisa. Di certo l’avresti, credi; riusciresti ancora a fare gare di velocità e vincerle tutte, se solo qualcuno venisse a chiamarti. E rientreresti anche in tempo per la cena, senza far aspettare la mamma o il papà con la pasta calda, evitando loro il dovere di uscire rabbiosi e urlare il tuo nome dal terrazzo. Non li faresti più preoccupare, saresti il bambino più ubbidiente del mondo, se solo fossero lì. Ma non li vedi, non ci sono. Sono solo fantasmi del passato.
Raggiungi finalmente il piccolo parco con due altalene in cui andavi quando ti sentivi solo. Ti avvicini a una di esse e l’afferri, poi ti ci siedi sopra senza pensarci due volte, come facevi allora, quando arrivavi per primo e la soffiavi all’amico arrivato dopo di te. Guardi il basso recinto che ti circonda e ti ricordi di come ci addossavi la maltrattata bici dipinta di rosso.
Poi, raccogli tutto il coraggio che hai e lanci lo sguardo dall’altra parte della strada. E finalmente la vedi. Vedi quella casa che una volta era dipinta di verde, aveva un giardino fiorito e dei bambini scalzi che correvano sull’erba soffice abbracciati dal sole tiepido del mattino. Non c’era quella coppia di anziani signori, dai capelli bianchi e il volto solcato da rughe. È proprio questa, quella che era stata, una volta, casa tua?
Chiudi gli occhi, e ritorni com’eri allora. La brezza sul viso, i capelli scompigliati. Ma manca qualcosa. C’è troppo silenzio. Dove sono i tuoi amici, adesso? Correresti con loro, se ci fossero, dimenticheresti le cose brutte.
Ma sono spariti, sono andati, lasciando solo i loro fantasmi. Hanno preferito i rumori della città, che non lasciano spazio alle corse e ai fiori; hanno preferito le gratifiche del lavoro a eccezionali scoperte nel prato dietro casa. Ma non saranno mai così importanti, quelle gratifiche. Non saranno mai liberi e felici com’erano allora.
Chissà se pensano a te, se ancora ricordano.
Ti alzi ed esci dal parco, avviandoti verso la strada. Entri nel giardino, li guardi, i tuoi genitori ormai canuti, e sorridi. Gli occhi colmi d’affetto e malinconia.
Domani andrai via, e forse la tua mente non avrà più tempo per pensare a come lanciavi sassi e calciavi palloni. 

   
 
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