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Autore: bruciato    07/07/2013    1 recensioni
Anime Oscure è un opera in corso di scrittura di genere Low Fantasy.
Ambientata nel regno di Landor,segue le vicende dei maggiori esponenti di quest'ultimo,dal Re ai Cavalieri Neri, suo protettori, includendo nobili e popolani. Giochi, guerre, intrighi e complotti si alternano nella Città Illuminata, dove siede il giovane Re Vaan Destiryon.
Cyrith, regno da sempre nemico di Landor, si muove a Est, mentre da Nord arriva Cesar Brambe, figlio del Re ucciso e spodestato da Lance Destiryon, padre di Vaan.
Dalla Linea Stricta, a Sud, arrivano voci preoccupanti sul ritorno dei non-morti. Non molti credono al ritorno di quei traditori del reame, considerando la loro stessa esistenza leggendaria.
Genere: Dark, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Cavaliere dell'Impero


Il cielo era cupo, oscuro, avaro di azzurro. In città spesso faceva freddo. Dietro le catene montuose di Laom il clima era piuttosto temperato, ma la ReichZitadelle era praticamente intagliata nella montagna. E la roccia è gelata, soprattutto a mille metri di altezza.

Rickard era piuttosto infreddolito. L'estate avanzava, ma non per Cyrith; il regno del Kaiser si preparava a un'estate particolarmente fresca.

La Zitadelle non coltivava. Erano i vassalli a farlo.

Non cresce nulla sulla roccia, tranne che la forza.

Era il motto della casa Jaeger ma Vladimir non la pensava così; aveva iniziato una grande opera di bonifica attorno alla Cittadella, per ottenere terreno coltivabile.

Gli Hertzog, i duchi, erano solo l'ombra di ciò che erano i loro antenati, così come i loro campi.

Il padre di Vlad, Heinrich, li ridusse a duchi, quando prima erano vassalli a tutti gli effetti, con molti poteri e privilegi. Ma quando furono “degradati”, iniziarono a trascurare le proprie terre. Molti erano i banditi, e intere campagne furono devastate. Vladimir, appena salì al trono, diede la caccia sistematica a tutti i briganti e ristabilì l'ordine, ma le terre ne risultarono ancora più malmesse.
Ci sarebbero voluti anni per tornare ai fasti di un tempo e molti Hertzog furono condannati a morte per la loro noncuranza.

 

Ma ora Vladimir era impegnato su altri fronti e il reichsritter Rickard Jarvin non ne era felice. L'imperatore aveva ripreso la politica espansionista di suo nonno. Cyrith volgeva di nuovo il suo sguardo a Landor come una terra da conquistare, una volta per tutte. Da secoli Cyrith si era staccata, ma non era mai riuscita a oltrepassare le montagne di Laom. In qualche modo i Brambe li avevano sempre respinti, ma ora il Regno Occidentale era debole.

Molto debole. Al potere vi era Vaan Destiryon, poco più che un ragazzino insolente. Forse nemmeno suo padre, il grande e leggendario Lance, avrebbe resistito alla potenza di Cyrith. Figurarsi suo figlio. Perché nonostante la crisi agricola, Cyrith aveva sicuramente l'esercito più potente del continente. A Est, il piccolo regno di Manveria poco poteva contro lo strapotere di Vladimir.

Ufficialmente erano sotto protettorato; in pratica, poco più che un regno vassallo. A Sud vi era un altro impero, quello di Kosai. Ma i Figli di Cèdric il Distruttore, come loro amavano farsi chiamare, non erano altro che formiche. Nemmeno unendosi i tre regni avrebbero potuto eguagliare Cyrith in potenza.

 

Erano già dieci anni che Rickard era nelle file dell'imperatore. Un “semplice” cavaliere di scorta, ma abbastanza in alto per ascoltare tutte le voci che giravano nella Cittadella. Poteva osservare senza destare troppi sospetti.

Aveva cavalcato spesso accanto a Vladimir. Era presente anche al giorno della sua incoronazione, sotto la Cascata Lucente. Era chiamata così poiché era formata dallo gettarsi di un piccolo fiume, che sgorgava dalla sommità della montagna, in un altro al di sotto di esso, il Jintai.
In quel momento, Vladimir attraversò il corso d'acqua ed andò a prendere la corona di ferro, situata all'interno di una grotta nascosta da quella stessa cascata.
Il primo ad attraversare quelle acque fu un ragazzo; il secondo, un Re.

 

Ma questo era un decade fa. Ora Vlad era un uomo. E come tutti gli uomini, bramava il potere e la gloria. E come tutti gli imperatori prima di lui, voleva Landor. La guerra di mezzo secolo prima aveva lasciato Cyrith con l'amaro in bocca. L'Impero perdette centinaia di validi cavalieri e signori, nonché Mance Jaeger, l'Imperatore dell'epoca. Heinrich si affrettò a chiedere la pace, dal Nord sbarcavano le truppe di Vastea, un regno aldilà del mare Settentrionale. Furono schiacciati senza pietà anche quegli esseri.

 

La brezza si insinuò tra la folta chioma bionda del cavaliere. Il vento si stava alzando.

Lì, sul Burrone del Re, non passava molta gente. Soprattutto a quell'ora del mattino. Iniziava ad albeggiare, e tra poco la Montagna si sarebbe svegliata con i suoi rumori, la gente che urlava, il Gran Mercato alla base del Gigante di Pietra.

Il Cavaliere dell'Impero attendeva, ansioso. Il giorno prima gli era stato recapitato un messaggio da un'anziana signora, mentre passeggiava per le vie dell'Ottavo Anello. Rickard non ebbe nemmeno il tempo di leggerlo che la vecchia era sparita. Ammesso che fosse una vecchia e non un aitante giovane travestito.

Il messaggio era semplice e diretto. All'alba al Burrone del Re.

Normalmente, Rickard avrebbe buttato a terra il messaggio. Ma il suo lavoro non era la normalità.

Erano dieci anni che niente era più normale per il figlio bastardo di Robert Jarvin.


Rickard vide una figura esile stagliarsi sullo sfondo e camminare verso di lui, una cappa grigiastra la avvolgeva. La nebbiolina tipica di Cyrith andava dissolvendosi, come sempre faceva da anni all'alba. Ogni notte il Gigante di Pietra veniva avvolto da quel fumo grigio; la nebbia si infilava in ogni pertugio, avvinghiando la ReichZitadelle in ogni suo angolo.

Era uno spettacolo suggestivo dalla sommità della montagna, al palazzo dell'Imperatore.

L'armatura del Cavaliere iniziava ad accogliere i raggi del sole, mentre la figura in lontananza si avvicinava sempre di più. Rickard si appoggiò le braccia al muretto davanti a lui, scorgendo le sagome delle montagne di Laom.

Il tizio gli si mise accanto, nella stessa posizione.

«Scusa il ritardo.» disse una voce profonda e raschiante. Doveva essere il Vecchio Lupo.

«Che non ricapiti più.» rispose Rickard. «Cosa dovete dirmi di così importante da non mandare per lettera come sempre?»

«A quanto pare stavolta non potevamo rischiare. E inoltre, temiamo che qualcuno possa decifrare il codice. Ci è riuscito il novizio in due settimane.»

«A proposito, come ha scelto di chiamarsi?» chiese Rickard. Il tipo nuovo era stato scovato da lui stesso un anno fa, mentre correva per sfuggire al proprietario delle mele che aveva rubato. Lo trovò agile, furbo, grande scalatore. Rickard ne fu subito colpito.

«Grande Fenice...» rispose il Vecchio Lupo, con un po' di disappunto. “Che nome stupido.”

«In ogni caso, abbiamo problemi a Sud.» continuò il Lupo.

«Che genere di problemi?» chiese il Cavaliere.

«Crediamo che ci sia qualcosa di vero. Tanti si sono svegliati, qualcuno la sente.»

«Bisogna accelerare i tempi, allora. Dì al Pazzo che indaghi; lui saprà di cosa sto parlando...»

Poi Rickard si ammutolì, un uomo stava passando dietro di loro. Il Lupo aspettò che andò molto oltre i due prima di riprendere a parlare.

«Vaan è nel pallone, e Cesar torna. Incazzato, e con un esercito ancora più incazzato di lui. Abbiamo mandato uno dei nuovi, ma presumiamo sia stato catturato. Lei insiste, dice che dobbiamo farlo fuori. Voi di Cyrith che dite?»

Rickard non esitò nemmeno un momento. Tutto quello che non volevano ora, era un regno debole e prostrato dalla guerra.

«Fatelo fuori. Al più presto possibile. E non mancate di continuare a stare sulla Linea Stricta. Abbiamo bisogno di conferme, non di voci.»

«Sii pronto anche tu a far fuori il tuo Imperatore, in caso. Ci possiamo fidare di Vladimir?»

Rickard sospirò, e non rispose. Ora capiva il perché dell'incontro faccia a faccia. Si affacciavano tempi difficili per i regni del continente Centrale. E Landor era in mezzo a più di due fuochi.

Il reichsritter non credeva che il nemico di Cyrith sarebbe sopravvissuto. «C'è altro?» chiese poi.

«Ci siamo appena infiltrati a Vastea, e ora abbiamo uno sbocco sul continente Settentrionale.»

Rickard ne era contento. Erano due anni che si lavorava per ottenere un posto a corte in quel regno.

«Ottimo, ne abbiamo assolutamente bisogno.» commentò il Cavaliere. Ora il sole quasi splendeva, e la luce iniziava a farsi strada tra i vicoli della montagna. «Ci vediamo tra un mese, qui.» chiuse Rickard.

«Possa l'Occhio regnare per l'eternità.» rispose quello e voltò le spalle tornando da dove era venuto. Il Cavaliere rimase pensieroso per parecchi minuti.

A Rickard non interessava molto Cesar, non interessava Landor, non interessava Cyrith. Era preoccupato per ciò che succedeva nelle Terre Morte.

L'Occhio riceveva rapporti strani da due anni ormai, ma non si erano mai particolarmente allarmati. Le fuoriuscite di Oscurità creavano sempre qualcosa di strano, ma se qualcuno la sentiva, come il Vecchio Lupo aveva appena detto, sorgevano parecchi problemi.

Se Lei sarebbe tornata, nessuno avrebbe potuto fermarla. Dovevano assicurarsi che fosse vero, e dovevano prendere le contromisure adatte.

Iniziò a camminare verso il Nono anello. Al Decimo vi era il palazzo di Vlad, e doveva recarsi lì al più presto possibile. Doveva accompagnare l'Imperatore a una battuta di caccia, assieme a più di dieci persone. Sarebbe stato uno spreco di tempo, se non per il fatto che Vladimir era piuttosto incline a parlare di guerra negli ultimi tempi.

Cyrith aveva un enorme vantaggio militare sugli altri per un solo motivo. I soldati dell'Impero non erano più addestrati, o meglio equipaggiati rispetto a quelli degli altri regni.

I soldaten dell'Impero rispondevano all'Imperatore e a lui soltanto. Non erano comandati da alfieri presuntuosi, o avidi di gloria. Nessuno degli Hertzog aveva poteri sull'esercito. L'ultimo a provarci fu Roy Sambor circa due secoli prima, e morì meno di due mesi dopo la sua proclamazione. Fu Michael Jaeger III stesso a decapitarlo.

 

Il Cavaliere stava impettito sul suo cavallo, attendendo assieme agli altri che Vladimir uscisse dalle stalle reali. A Rickard stava scoppiando la testa: la levataccia si stava facendo sentire. Ne soffriva da anni, forse a causa della pressione a mille metri. Era come se nelle sue tempie si infilassero decine di aghi, procurandogli un dolore immenso.

Vi erano parecchi nobili tra quei cavalieri, ma anche altri di umili origini che si erano fatti notare durante la caccia ai briganti.

Primeggiava tra quelli era Jean Kartìn, un figlio di contadini al confine con Kosai. Fu investito dall'Imperatore in persona dopo che difese le sue terre, da solo, per tre giorni e tre notti, usando solo il suo arco. Anni di equitazione, pagati ovviamente dalla corona, lo avevano reso l'arciere a cavallo più pericoloso del reame. E Jean ne andava fierissimo.

 

Poi vi era Doran Buttler, figlio di un Hertzog. Lui e i suoi coetanei venivano spessi definiti prinz, principi ereditari, nonostante la denominazione fosse in disuso.

Kristian Herzoller, prinz. Ian Jamesonn, mercenario di Kosai. Malik Überen, figlio di un ex Markgraf . John Donn, ex-ufficiale di Vastea. Titus Brambe, discendente di un ramo rinnegato della casata (un tempo) regnante su Landor.

E infine Rickard Jarvin, bastardo di Robert Jarvin.

 

Erano anni che non vedeva suo padre, da quando avvenne la rivolta dei Baroni a Landor. L'Occhio sapeva che era vivo, ma in fondo al Cavaliere non importava. Lo diedero a Cyrith che era un ragazzo, e la Montagna lo aveva formato, lo aveva portato ad essere un uomo. E non aveva nostalgia di casa, dato che nessuno dei Jarvin si era più interessato a lui da dopo la Rivolta. Solo di una persona, a volte, avvertiva la mancanza, cioè Maisie. La figlia di Lord Bartevyon e lui si erano “avvicinati” molto da ragazzi, anche troppo. Ed era questa la causa della sua partenza verso Cyrith: il padre di lei riteneva un oltraggio che un bastardo avesse osato toccare sua figlia nei suoi buchi più sacri, e portarle via la purezza delle fanciulle. Quello che non sapeva, però, era che Rickard non era stato il primo a giacere con Maisie. Il settimo, le disse lei. Ma Rickard l'aveva amata con tutto sé stesso.

 

Vladimir uscì dalla stalla al trotto, in sella al suo cavallo bianco. La barba curata andava a formare un piccolo pizzetto bruno, che risaltava il pallore della sua pelle. Gli occhi verdi, severi, guardinghi, sospettosi in ogni momento. Il mantello nero con sopra impresso il simbolo dei Jaeger, l'arco incrociato con la spada. L'armatura leggera grigia scura, con una grande spada argentata in rilievo sul petto. I guanti neri anch'essi, la presa sicura, la cavalcata fiera. Vlad si avvicinò ai sette Cavalieri. In quel momento Rickard si accorse che ne mancava qualcuno, di solito erano una dozzina. L'Imperatore li salutò tutti con un cenno, senza mai scomporsi.

«Andremo alla foresta qui vicino, miei signori. Venitemi dietro.»

Vladimir voltò il cavallo e si diresse verso la grande porta su cui si affacciava il passo di Frederik, un impervio sentiero scosceso che iniziava dal palazzo e si arrivava dall'altra parte della montagna. Una sorta di tunnel scavato dentro la roccia, inizialmente progettato come via di fuga.

Ma non ve n'era mai stato bisogno, nessuno aveva mai assediato la ReichZitadelle, e ovviamente gli eventuali nemici non sarebbero mai potuti salire da lì. Era una salita di mille metri più che ripida, e troppo stretta per un esercito. La ReichZitadelle era la fortezza definitiva.

Rickard chiacchierò un po' con Kristian, ci si trovava bene. Ma odiava Malik, e il vecchio Titus...bè, era Titus Brambe.

I due si vantavano troppo dei loro titoli, peraltro totalmente inutili a Cyrith. Jean, il mugnaio, come lo chiamavano quei due stronzi, trottava assieme all'Imperatore. Gli altri erano dietro loro due. Non appena arrivarono dall'altra parte del Gigante di Pietra, Vladimir notò subito che qualcosa non andava.

«Qui hanno disboscato senza riguardo alcuno per il Dio della Natura. Ne sono rattristato, molto.»

Fino a qualche mese fa, lì era pieno di abeti innevati, creando un paesaggio che non aveva eguali. La sguardo si perdeva all'orizzonte, lì sul mare Settentrionale. Ora non vi era che una radura spoglia di alberi.

«Mi accerterò che i colpevoli paghino, mio signore.» dichiarò l'anziano Titus Brambe.

«Non ve n'è bisogno, amico mio. Probabilmente la legna serviva a quella gente.» rispose l'Imperatore. «Lasciamo correre, per stavolta.»

In un lampo, Jean Kartìn estrasse una freccia piumata dalla sua faretra, incoccò e scoccò in meno di quattro secondi. La freccia saettò e andò a colpire un fagiano che volava fino a quel momento tranquillo sopra le loro teste.

«Notevole, Jean.» esclamò Vladimir.

«Concordo.» aggiunse Kristian Herzoller.

Ma loro non avevano visto ciò che avevano visto Vladimir e Rickard qualche anno fa. Non avevano visto i centinaia di corpi tutt'intorno alla terra di Jean, e lui che per poco non perforava anche le armature dei due. Lo trovarono sporco, stanco, sul tetto della sua piccola casa, con le dita piene di sangue, tagliate dalle innumerevoli volte che aveva incoccato e scoccato. Un piccolo eroe del Sud.

«Il Dio della Natura perdonerà?» chiese John Donn.

A Cyrith non si venerava Larse da diversi decenni. I Dieci Dèi erano l'unica religione ammessa.

Il Dio della Natura, quello della Guerra, della Concordia, della Forza, dell'Intelligenza, dell'Amore, del Mare, del Cielo, della Vita e della Morte. E ognuno di essi aveva una storia dieci volte più affascinante di tutta la religione di Larse messa assieme.

«Lo farà sicuramente, John.» rispose l'Imperatore sorridendo. Poi quello smontò da cavallo, e lo legò a una staccionata, e così fecero gli altri. Non vi erano pericoli di furto, quelle terre erano quasi disabitate, e tutti sapevano che spesso gli Imperatori andavano lì con la loro scorta.

Si inoltrarono nella foresta lì vicino, scherzando e ridendo.

«Lasciane un po' per me, capito Jean?» fece Malik in tono canzonatorio.

«Non mimetizzarti da cinghiale, ser Malik.» rispose l'arciere, alludendo al grosso ventre di Malik. Jean, invece, era un tizio a dir poco muscoloso e atletico. Abbronzato, alto e bello, aveva goduto della compagnia di non poche donne, da quando era a corte. Malik invece, si diceva fosse succube della moglie. Due opposti, in pratica.

Quello si limitò a gonfiare il petto e ad andare avanti, inoltrandosi ancora di più nella macchia scura degli alberi.

«Colpito e affondato, Jean.» commentò Doran Buttler. Il giovane sbarbato era quello con più voglia di fare, ma era anche il più esile.

Fu il primo a vedere un cinghiale, dopo pochi minuti. Stava quasi per andarlo a caricare, quando già tre frecce lo avevano colpito in mezzo agli occhi. Il sorriso di Jean diceva tutto, ma una freccia era di Titus. Grande arciere il Brambe, ma rendeva di più come lanciere.

«Così non vale!» urlò Doran, guardando i due arcieri.

Vladimir, Kristian e John erano andati da soli, i tre maestri della spada. Rickard non eccelleva in nessuna delle tre arti, o tre Vie, come erano chiamate a Cyrith. Quindi preferì restare con Doran e i due arcieri. Tutti, più meno, cacciarono qualcosa. Rickard prese una volpe piuttosto grossa, e Vladimir più di tre cervi. Jean aveva compiuto uno sterminio, ma non riportò nulla con sé. Doran era l'unico rimasto a mani vuote. Si stavano avviando a riprendere i cavalli, quando Vladimir intimò a tutti di fermarsi.

«Un attimo, signori. Mettetevi di fronte a me.»

Quelli fecero così, guardandosi tutti tra loro un po' sospettosi. Rickard era tra Titus e Kristian.

«Come voi sapete...» esordì Vlad. «Ci avviamo a tempi di guerra. Voi siete con me da quanto? Qualcuno dieci anni, qualcuno un po' meno, ma siamo sempre stati abbastanza legati. Eppure, qualcuno di voi ha osato tradirmi.»

“Non ci credo..” mormorò dentro di sé Rickard.

«Chi, mio Re?» lo interruppe Kristian. Vladimir non si curò del prinz.

«Uno di voi sta spiandomi per conto di un nemico.» E qui Vladimir iniziò ad avvicinarsi lentamente verso Rickard. «Non so che nemico sia, ma so che sa molto e troppo di me. Invito questa spia a farsi avanti, e a consegnarsi alla giustizia.»

Rickard guardò a terra. Cercò di evitare lo sguardo di Vladimir, ma sentiva. Sentiva che lo sguardo dell'Imperatore lo stava schiacciando. Doveva farsi avanti? Doveva confessare? No. Mai.

Fedeli fino alla morte. Possa l'Occhio regnare per l'eternità.

«Molto bene.» riprese Vladimir. «Jean, procedi; sii il giustiziere dell'Imperatore.» Accadde in un baleno, nessuno ebbe il tempo di fare o dire nulla.

Il mugnaio incoccò una freccia e puntò verso Rickard. Il Dio della Morte aveva preso Rickard Jarvin, senza che lui se ne accorgesse.

La punta della freccia scattò, fendette l'aria, sibilò. E colpì Titus Brambe al cuore, perforandolo da parte a parte. Egli cadde a terra, senza neanche urlare. Morte istantanea. I volti di tutti erano scioccati e senza parole, ma quello di Rickard ancora di più. Il Dio della Morte stavolta lo aveva solo sfiorato. Una fortuna che non ebbe Titus.

«E ora che siamo liberi delle spie, miei cari, veniamo alle cose importanti. Come tutti sapete, Landor ha i Neri. Kozai i Guerrieri del Sole. Quegli esseri inutili di Manveria i Lancieri di Larse. Cyrith non ha mai avuto nulla, fino ad oggi. Ma oggi, miei signori, nasce la Guardia d'Acciaio. E voi sarete i primi sei componenti di questa istituzione, dedita a proteggere il Re e Cyrith.» Rickard vide Kristian gonfiare il petto pieno d'orgoglio, così come Malik e tutti gli altri. Nessuno si preoccupava più del corpo del loro “amico” Titus lì accanto, con un buco nel petto.

«Lord Doran Buttler, un passo avanti.»

Il prinz era l'unico rimasto ancora spaventato, e tremando compì il passo. Si inginocchiò di sua sponte.

«Doran Buttler, sei pronto a servire e proteggere me e l'Impero, se necessario con l'estremo sacrificio?»

«S-sì, mio Imperatore.»

Vladimir pose la spada sopra le spalle del Buttler. Quello si alzò, e si inchinò di nuovo. E così la cosa si ripeté, identica, per gli altri quattro.

Vladimir guardò Rickard. E il Jarvin si fece avanti.

«Rickard Jarvin, sei pronto a servire e proteggere me e l'Impero, se necessario con l'estremo sacrificio?»

 

Sii pronto anche tu a far fuori il tuo Imperatore, in caso.

 

Questa frase rimbombò pesantemente in quel momento, nella testa di Rickard.

«Si, mio Imperatore.»

E così nacque la Guardia d'Acciaio, con il sangue di Titus Brambe, detto anche il Vecchio Lupo.

  
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