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Autore: TaliaAckerman    07/07/2013    9 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Dubhne fu sbattuta in una stanza squallida e quasi priva di mobilio, con una piccola finestra che permetteva alla luce di illuminare una ristretta porzione di pavimento e, in una angolo, un piccolo e scrostato vaso da notte.
- Questo è perché tu ti metta bene in testa come funzionano le cose qui! - aveva sbraitato il signor Tomson, rinchiudendola lì dentro di persona. Per tutto il resto della giornata Dubhne non aveva fatto altro che piangere. A volte un pianto sommesso, altre così rabbioso da trasformarsi quasi in un ringhio; per qualche minuto magari si interrompeva, ma poi finiva sempre con le lacrime disperate che le bagnavano le guance.
Poi, al secondo giorno di prigionia, avevano cominciato a farsi sentire la fame e, soprattutto, la sete. Il periodo di castigo – o, almeno, così lo aveva definito il signor Tomson – sarebbe durato tre giorni. Alla bambina era parsa di più una tortura: tre giorni di totale astinenza da cibo e acqua. Beh, per Dubhne erano troppi.
- Ehi! Ehi, c'è qualcuno qui fuori? Vi prego... vi prego portatemi qualcosina da magiare, vi prometto che starò buona... Io qui muoio! - gridò disperata la bambina, ma per l'ennesima volta non ottenne risposta. Sconsolata come mai prima d'allora si accucciò sul freddo pavimento di pietra e, per l'ennesima volta, pianse. Ma questa volta fu diverso: non erano più lacrime di dolore, o rabbia. No, adesso lei piangeva solo per paura; paura semplice e pura, paura di morire. Era come essere chiusa in una gabbia, unica prigioniera di sbarre invisibili, vittima della fame, della sete e della deliberata crudeltà del signor Tomson. Ricordò le parole di sua madre:
"Il signor Tomson si prenderà cura di te."
- Certo, come no! - bisbigliò con rabbia la bambina, rannicchiandosi su se stessa e cercando disperatamente di frenare le lacrime.
- Bambina... ehi bambina, dico a te! Vieni qui! - sussurrò all'improvviso una voce dietro di lei.
Dubhne, spaventata, alzò di scatto la testa e si voltò. L'angusto spazio della finestrella era interamente occupato dal volto chiaro e dolce di una ragazza.
Incuriosita e speranzosa, Dubhne si alzò, si avvicinò alla finestra e, tenendosi a distanza di sicurezza, chiese:- Chi sei?
- Mi chiamo Alesha - rispose piano la ragazza. - So come ci si sente appena arrivati, anche per me è stata dura. Ho saputo che è da giorni che non mangi, per cui ti ho portato qualcosina...
Dubhne, muovendosi svelta come un animaletto, scattò verso Alesha, afferrò il sacchetto che le porgeva e lo aprì. Quel che vide le riscaldò il cuore: c'erano una fetta di pane, una mela matura e persino un trancio di formaggio!
- Grazie mille! - disse alla giovane, riempiendosi la bocca di mollica. Alesha sorrise e i suoi occhi brillarono. Solo allora Dubhne si rese conto che erano di un insolito color azzurro chiaro. O almeno, insolito per un'abitante dello Stato dei Re. Ma allora quella ragazza era, era...
- Esatto - fece Alesha divertita, intuendo al volo i suoi pensieri.- Sono un'Ariadoriana.
Un'Ariadoriana. Incredibile! Un'Ariadoriana come le grandi Guerriere Kalya e Jesha, ma soprattutto, un'Ariadoriana come Will!
Da sempre Dubhne aveva adorato le storie e le leggende che narravano le vicissitudini dei numerosi popoli di Fheriea, ma nessuna come quella di Will Cambrest, il ragazzo che per la prima volta nella storia aveva raggiunto il Bianco Reame per poi tornare indietro! Si era fatta raccontare da suo padre quella storia per decine e decine di volte, seguendo la narrazione sempre col fiato sospeso come se fosse la prima volta. Ricordava alla perfezione le numerose serate in cui, stesa sul suo giaciglio di paglia e coperta da un telo di lana, aveva sentito Michael raccontare le gesta memorabili di Will, Jesha, Kalya e tutti gli altri eroi.
Ad interrompere i suoi pensieri fu proprio Alesha, porgendole una brocca colma d'acqua. La bambina, ritornando con un sussulto nel mondo reale, biasciò un - grazie - sommesso, prima di avventarvisi.
- Cavoli, allora è proprio vero che il signor Tomson ti ha tenuta a digiuno! - esclamò Alesha ridendo. Dubhne annuì, anche se sinceramente non trovava nulla di spassoso nelle parole della ragazza ariadoriana.
- Beh - concluse Alesha dopo poco - domani mattina tornerò qui per riprendere la brocca e il sacchetto con gli avanzi, magari riuscirò anche a portarti la colazione. Ma non ci spererei, già oggi ho rischiato di farmi scoprire mentre rubavo dalla dispensa...- Sorrise allegramente a Dubhne con aria complice, e la bambina seppe di aver trovato un'amica.


L'indomani, sul presto, Dubhne fu svegliata da piccoli colpi alla finestra. Con suo grande sollievo, al suo sguardo rispose quello limpido di Alesha, e la bambina si affrettò ad andare ad aprire, portandosi dietro la brocca e il sacchetto ormai vuoti. In cambio, la ragazza le consegnò una pagnotta avvolta in un tovagliolo e un bicchiere di latte.
- Oggi mi hanno premiata - ammiccò alla bevanda. - Sai, per la mia...
buona condotta. - spiegò rivolta a Dubhne. - Ed è stato facile nasconderla e portartela.
La bambina divorò tutto in meno di un minuto, poi restituì il tovagliolo alla ragazza ringraziandola sentitamente.
D'un tratto qualcuno in lontananza richiamò Alesha con voce severa.
- Vado, ora - si affrettò a bisbigliare lei, allontanandosi dalla finestrella e salutando Dubhne con la mano.
Verso sera, il signor Tomson in persona si degnò di farle visita. Entrò nella stanza con passo pesante, quasi volesse intimorirla.
Dubhne, che per tre giorni aveva atteso quel momento, alzò il capo. Quale espressione doveva portare? Contrita e rispettosa, oppure fiera e ostile come una vera eroina? Avrebbe nettamente preferito la seconda opzione, ma il dolore procuratogli dagli schiaffi del signor Tomson continuava a farsi sentire, e preferiva non ripetere l'evento, se possibile. Provò una sorta di malsano piacere nel constatare che anche i graffi che lei gli aveva procurato durante il tragitto non erano ancora spariti del tutto.
Alla fine, decise che non guardare negli occhi il suo nuovo padrone sarebbe stata la scelta migliore.
- Allora, ci siamo calmati, signorina? - le chiese Tomson con la solita voce fintamente divertita. Dubhne riflettè su cosa rispondere, poi annuì lentamente.
- E...? - la incalzò l'uomo.
- Mi... mi dispiace. Per aver creato problemi - balbettò incerta la bambina, mantenendo gli occhi ben piantati sul pavimento. Tomson parve attendere un seguito. - Non... non lo farò più. Ci proverò - disse Dubhne, sempre senza osare guardare in faccia il suo padrone.
- Voglio che questo ti sia ben chiaro: in casa mia non esiste il "ci proverò", Dubhne. Esistono solo il "fare" e il "non fare". Spero che tu abbia capito - rispose Tomson, serio.
Dubhne si stupì nel sentirgli pronunciare il proprio nome. Ma annuì nuovamente.
- Bene! - fece il signor Tomson, rallegrandosi all'istante. Era incredibile quanto quell'uomo sapesse passare da un umore all'altro in meno di due secondi. Poi si guardò rapidamente intorno e chiamò:- Richard? Sì ragazzo, dico a te. Vieni qui, e porta Dubhne al dormitorio, che possa sistemare le sue cose.
Alla porta si affacciò un ragazzetto che doveva avere qualche anno in meno di Alesha, alto e allampanato, con disordinati capelli di un color castano rossiccio. Dubhne scattò in piedi, raccolse il proprio fagotto e praticamente si gettò fuori dalla stanza, alla ricerca di aria pulita dopo giorni di prigionia. Ma rimase delusa: se nella stanza l'aria era viziata e puzzolente, lì era densa e fortemente odorosa di vernice. In signor Tomson era improvvisamente sparito da davanti a loro e la bambina si ritrovò sola con Richard.
- Vieni, da questa parte - fece lui in tono svogliato, e le fece segno di seguirla su per le scale. Camminarono per qualche minuto, poi il ragazzo si fermò davanti a una consunta porta di legno. Con un ampio gesto della mano la spalancò.
Dubhne poté così vedere una brutta stanza rettangolare, stracolma di piccoli materassi spiegazzati; sul fondo, un'ampia finestra lasciava entrare la poca luce di quella sera nuvolosa. Una scarsa trentina di persone, tutti ragazzi e ragazze compresi tra gli otto e i quattordici anni, alzarono la testa, e tutti gli sguardi si posarono su di lei. La bambina arrossì per l'imbarazzo e cercò di tirare dritta senza dire nulla, seguendo il suo accompagnatore.
Dopo che Richard le ebbe mostrato l'unico letto libero, uno dei ragazzi proruppe con un:- E questa chi è?
Il tono non era dei più amichevoli.
Dubhne avvampò ancora di più, senza sapere dove posare lo sguardo, quando qualcuno rispose:- È una nuova apprendista. Si chiama Dubhne.
Il cuore della bambina fece un balzo. Alzò di scatto la testa e si guardò intorno: con immenso piacere, vide Alesha dall’altro capo della stanza, che le sorrideva. Allora anche lei lavorava per il signor Tomson!
Adesso che la vedeva per intero, si rese conto di quanto la ragazza fosse alta. Doveva almeno avere quattordici anni. Quasi stordita dal sollievo, Dubhne si lasciò cadere sul letto, sprofondando di alcuni centimetri.
Si sta comodissimi, pensò. A casa sua – pensarci le diede comunque una stretta allo stomaco – lei dormiva su un giaciglio di paglia disposto alla meglio, ma solo i suoi genitori potevano permettersi un materasso vero, anche se rigido e consunto. Quello invece era morbido, bianco e, anche se non proprio pulitissimo, accettabile.
D’un tratto, Dubhne si sentì toccare una spalla. – E così sei nuova eh? Da dove vieni? - le chiese qualcuno.
Lei si voltò e vide la faccia di un ragazzo sempre più grande di lei, ma decisamente meno alto di Richard. Pensando che la sua fosse una semplice domanda di curiosità, rispose:- Io... Vengo da una piccola casetta su quella collina... Forse la potete scorgere se guardate verso sud...
- Ma tu lo sai - la interruppe il ragazzo - perché sei qui vero?
Molti risero. Dubhne notò con stupore che Alesha aveva assunto una strana espressione. - Beh... - fece esitante. - Il signor Tomson aveva bisogno di un assistente e...
- Aveva bisogno di un assistente? - ripeté in tono divertito una ragazza dai ricci capelli nerissimi. - E noi che cosa saremmo secondo te? Mangime per uccelli?
Le risate risuonarono più forti, stavolta. Dubhne, pur sentendosi imbarazzata e un po' intimorita, si sforzò di imitarli.
Alla fine, il ragazzo che aveva parlato per primo riprese:- No, Dubhne. Intanto, lui non è
il signor Tomson , d'ora in avanti dovrai chiamarlo il Padrone, hai capito? E che avesse bisogno di un assistente... questo te l'avranno detto i tuo genitori per non ferirti. Tu lo sai chi ci finisce veramente qui?
S'interruppe, e Dubhne attese trepidante che riprendesse a parlare. L'altro sorrise malevolo. - È qui che finiscono i ragazzi che non sono amati da nessuno, che fin dal giorno della loro nascita hanno creato solo problemi. Siamo tutti così in questo posto, oppure miseri orfani. Non è vero Charlons?
- Giusto - confermò con un mezzo sorrisetto un tipo basso e piuttosto robusto dagli stopposi capelli castano chiaro. Dubhne istintivamente indietreggiò. - Ma no... non...
- Ma andiamo... tu davvero pensavi che i tuo genitori ti avessero mandata a lavorare perché uno dei più ricchi proprietari di sartorie di Fheriea aveva bisogno di un assistente? Quando aveva già tutti noi su cui contare?
Dubhne già stava per scoppiare in lacrime, quando Alesha intervenne in modo duro:- Adesso basta Dills. Piantala, lasciala in pace.
La bambina rimase sul suo letto a singhiozzare e Dills le lanciò uno sguardo di fuoco, ma poi le voltò le spalle. Dubhne affondò il viso nel cuscino. Adattarsi a quella nuova vita sarebbe stato tutt'altro che facile.





Note: finalmente l'ho finito, questo capitolo non terminava mai^^ Spero vi sia piaciuto, e un grazie particolare a Endless che ha recensito tutti e tre i capitoli:) Il quarto arriverà al più presto. Baci, Joanna^^

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Alesha (Taylor Hickson)
  
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