RAGGI DI SPERANZA by MISTRESS LAY
[Cap. XXVII,
Part I]
[R, Slash, ®J.K. Rowling, tranne i personaggi nuovi,
situazioni e quanto ci sia di malato in ciò che state per leggere, appartengono
alla sottoscritta]
*
CAPITOLO CINQUANTAQUATTREESIMO
POMO DELLA DISCORDIA
*
Soffochi paure e angosce, ma quello che ottieni è
semplicemente una proroga.
Non sarai eroe di un'assurda fiaba, sarai martire
di una tragedia reale.
*
- Perchè non mi dici mai 'ti amo'? -
Harry osservò il viso di Tom, lo osservò con cura,
attentamente, alla ricerca di una risposta facciale, di un minimo cambiamento
di espressione. Nulla.
Le labbra del moro rimasero così, splendidamente dischiuse,
i suoi occhi serrati, le sue sopracciglia rilassate, la fronte distesa.
Harry sospirò mentre si sistemava meglio tra le braccia di
Tom, osservandolo con dispetto mentre si muoveva, incurante se i suoi gesti
potessero o meno risvegliarlo. Si sentiva un tantino irritato quella mattina e
non ne comprendeva il motivo.
Forse era stato il sogno che aveva preceduto il suo
risveglio a renderlo così inquieto, purtroppo non lo ricordava, quindi non
poteva dargliene colpa.
Harry sbuffò, facendo sollevare una ciocca di capelli di
Tom e provocandone un mormorio di protesta.
- Perchè, Tom? Non capisco... -
Davvero non comprendeva.
Avvertiva l'amore di Tom, lo avvertiva nei suoi gesti, nei
suoi sguardi, nei suoi baci ma, paradossalmente, non riusciva a sentirlo
veramente. I suoi gesti, i suoi sguardi, i suoi baci, erano densi di un amore
venato da passione e adorazione ma quella sensazione era così lieve che pareva
sul punto di spezzarsi alla fine del contatto fisico.
Così fragile…
Si era sorpreso a pensare che aveva in mente Tom, quando
tutto sarebbe tornato alla normalità e le lezioni a scorrere regolarmente.
Avrebbero continuato a tener nascosto tutto?
Non che gli importasse essere o meno, nuovamente, al centro
dell'attenzione, ma aveva timore che man mano anche quella sensazione sparisse.
Tacitamente Tom gli aveva detto di amarlo.
Ricordava quando Harry gli aveva detto, scherzando 'Tu mi
ami, no?' e Tom aveva risposto, sbuffando 'Non cavartela sempre con questa
scusa'. In fondo, che diritto aveva Harry di pretendere che Tom gli
esprimesse a parole il suo amore? Non era già lampante ai suoi occhi? semmai poteva
essere per Harry motivo di imbarazzo e sfiducia.
Eppure... avrebbe veramente voluto che i suoi dubbi -
infondati o meno che fossero - fossero fugati.
- Due parole, Tom. Solo due - continuò a sussurrare Harry.
Sbuffò di nuovo e per l’ennesima volta Tom si mosse - Scusa. Non te lo chiederò
più. Sono troppo egoista, vero? -
Nuovamente Tom non gli rispose, ancora dormiente, cullava
il silenzio che ne seguì con il suo respiro regolare.
Era bello, bellissimo, Harry se ne rendeva conto ogni
giorno che passava. E dire che il destino aveva voluto fare di lui il suo
avversario... e ora eccoli lì, a dividere un letto, nudi sotto le coperte, in
una stanza sconosciuta dell'immensa planimetria di Hogwarts…
Ansie, che il cuore di Harry non riusciva a soffocare del
tutto.
Improvvisamente Tom prese a muoversi tanto che Harry
credette fosse sul punto di risvegliarsi, sfoderò un sorriso e disse: -
Buongiorno -
Tom mantenne gli occhi chiusi, ma non smise di dimenarsi,
sembrava essere preda di un incubo, Harry lo vide socchiudere le labbra,
mugugnare qualcosa di incomprensibile, simile ad un 'Stà lontano da lui'. Poi
la sua cicatrice prese a bruciare, inizialmente fu solo un lieve fastidio, un
prurito, e Harry balzò a sedere, confuso da quella reazione.
- Stà lontano da lui - questa volta quella frase fu
pronunciata dalle labbra di Tom in tono più chiaro, accorato e Harry sentì
distintamente un ringhio di rabbia perforargli il cranio e una fitta di dolore
puro corse lungo la cicatrice.
Ignorando la sofferenza, prese a scuotere Tom, in modo che
questi si svegliasse: - Tom? TOM! SVEGLIATI! - nell'istante in cui le sue mani
toccarono il corpo di Tom il dolore venne riattizzato e infiammò la cicatrice.
Come se si fosse scottato, Harry mollò la presa, gemendo.
Tom si svincolò ancora una volta, prima di rilassarsi e
girarsi dall'altra parte, continuando a dormire.
Harry osservò la sua schiena nuda, la accarezzò timidamente
con lo sguardo, attraverso il velo di lacrime di dolore che gli bagnavano le
ciglia.
Il dolore era rimasto, vivo, a tormentargli il fulmine
cicatrizzato della sua fronte mentre una ferita gli si apriva nel cuore.
E il sussurro rabbioso di un Tom abbandonato ad un sonno: -
Non me lo porterai via -
Rispose, nella mente di Harry, un grugnito indescrivibile,
furioso, di promessa terribile e di una strana e arcana pretesa.
Se nemmeno è tuo...
Quando Tom si svegliò trovò Harry in procinto di vestirsi e
lo stava facendo con gesti frettolosi, distratti, come se avesse altro per la
testa.
- Che ci fai in piedi? - sbottò di cattivo umore Tom.
Harry si voltò di scatto, con un sorriso sulle labbra: -
Ehi... ben svegliato - si infilò il maglione - Torno al dormitorio. Tra poco è
ora di pranzo - lo disse con leggerezza, ma Tom capì immediatamente che c'era
qualcosa sotto, forse dal suo sguardo sfuggente.
- Che hai? -
- Fame - scherzò Harry.
Tom aggrottò le sopracciglia, fissandolo torvo. C'era
qualcosa che non andava...
- Potevi svegliarmi -
- Dormivi così bene - gli sorrise... che sorriso tirato! -
Ci vediamo in giro, ok? -
- Vieni un attimo qui - ordinò in tono perentorio. Vide il
sorriso di Harry atteggiarsi in nervosismo e non ne capì il motivo. Tuttavia,
Harry lo raggiunse, tenendosi però ad un passo di distanza da Tom - Sì? -
Fu l'ultima sillaba ad essere pronunciata poichè Tom lo
attirò a sè in un bacio passionale, cancellando per un istante i suoi
sotterranei timori. Harry rispose con il solito ardore e improvvisamente Tom
ricordò una strana scena: Harry che gli veniva strappato dalle braccia e una
risata sadica. Si scostò da Harry e ne ignorò lo sguardo ferito e sorpreso.
- Scusa - si affrettò a giustificarsi Tom - Ho un po' di
mal di testa -
Harry annuì lentamente, si alzò in piedi nuovamente poi,
con un ultimo tentennamento gli disse: - Ti amo, Tom - si aspettava una
risposta, gli sarebbe bastato anche un semplice 'Anch'io', ma Tom nuovamente
svincolò la confessione.
Accennò con il capo, come se accettasse quelle parole di
Harry passivamente: - Sarà meglio che mi vesta anche io... -
Harry battè le palpebre qualche volta, prima di uscire
dalla stanza e lasciare Tom solo, a riflettere sulla strana visione che lo
aveva turbato. Era un sogno, il sogno di quella notte e solo in quel momento
gli ritornò prepotentemente in mente.
Ricordandolo, strinse i pugni convulsamente, con furia
abbattè un pugno contro la superficie lignea del comodino al suo fianco.
- No, non te lo cederò mai... mai... mai... -
*
Avrebbe desiderato parlarne con qualcuno, ma l'unica
persona alla quale avrebbe potuto confidarsi per intero era lontana chissà
quante miglia da lui. Avrebbe potuto scriverle una lettera, ma non si poteva
esprimere in righe scarne codificate quello che sentiva. Inutile, Altair era
lontana e non poteva dargli conforto.
Cancellando quella sensazione di abbandono, Harry si bloccò
nel mezzo del corridoio, indeciso se salire o meno in sala comune. La sera
prima la scuola si era ripopolata, vedendo il ritorno degli studenti dalle
vacanze natalizie, quindi avrebbe finalmente riabbracciato Ron e Hermione, ma
stranamente, in quel momento, la prospettiva non lo elettrizzava più di tanto.
Avvertiva una sensazione di ripugnanza, perchè sapeva che,
una volta tornato con i suoi amici, avrebbe loro mentito ancora una volta.
Non solo per la vera identità di Tom, ma anche per Silente,
per Altair, per tutto.
Se si fidava di loro, perchè dunque non rivelava loro almeno
la vera identità di Tom? Su di essa non esisteva giuramento al silenzio.
Harry aveva paura, ma nel contempo avrebbe voluto veramente
avere qualcuno vicino con il quale parlare del turbamento che aveva sentito
quella mattina e per tutte quelle strane ansie che avevano stretto il suo
cuore.
Scuotendo tristemente la testa, girò i tacchi e decise di
salire fin alla torre di astronomia, evitando il reicontro con gli amici e la
calca della sala comune, decise di chiudersi in se stesso e riflettere.
In quel momento vide Ginny, stava sorridendo e gli veniva
incontro allegra: - Harry! Eccoti! E' da ieri che tutti ti cerchiamo! -
sembrava veramente felice e Harry riconobbe in lei la ragazza forte che aveva
conosciuto al suo quinto anno.
- Ginny! Com'è stato il viaggio di ritorno? - tralasciò la
domanda implicita nell'esclamazione di Ginny, senza darle spiegazioni di alcun
genere. Ginny lo abbracciò, ignorando la mancata risposta, e per un attimo nei
suoi occhi blu brillò una scintilla di malizia, quando vide un'altra persona
arrivare dalle spalle di Harry.
- Un po' movimentato. Pensavamo di essere stati attaccati
dai mangiamorte -
L'atmosfera si gelò in un istante.
Un rumore alle spalle di Harry li distrasse e, mentre Ginny
fissava la nuova arrivata con freddezza e astio, Harry si voltò, trovando poco
lontano una Pansy dagli occhi sgranati. Aveva sentito l'ultima affermazione di
Ginny e involontariamente le era caduto il libro che teneva tra le braccia.
- Che è successo? - Pansy raggiunse frettolosamente Harry,
osservando Ginny e aspettando una risposta.
Mangiamorte?
Ron, Ron, Ron... stava bene?
Era ferito?
Si dimenticò per un istante di star parlando con Ginny
Weasley, si dimenticò di aver litigato con Ron, si dimenticò del suo libro,
rimasto abbandonato per terra e della presenza di Harry.
La sera prima si era rifiutata di andare a cena, ed era
andata a letto molto presto, quella stessa mattina non aveva fatto colazione,
con lo stomaco contratto dal nervosismo aveva evitato persino la sala comune
per rintanarsi nella deserta biblioteca.
Mangiamorte?
Per un istante l'immagine di Ron morto le invase la mente, gelandole
il sangue nelle vene.
Irrazionalmente.
Non si pose neppure per un istante il problema che, se
Ginny era così allegra - perchè l'aveva vista andare incontro a Harry con il
sorriso sulle labbra - a Ron non era successo niente, ma irrazionalmente pensò
solamente a Ron attaccato dai mangiamorte. Aveva persino tralasciato la frase
di Ginny 'Pensavamo...', presupponeva una supposizione, non una certezza.
Mangiamorte?
- Ginny... - la esortò al racconto Harry. Al contrario di
Pansy aveva recepito le sfumature su citate, ma esigeva una risposta che
cancellasse tutti i suoi dubbi. Per contro, ignorò la reazione spropositata di
Pansy, sapendo però che cosa le stesse passando per la testa in quel momento.
Anche la Grifondoro ignorò Pansy, non lo fece per delicatezza,
ma per dispregio: - Stavo dicendo che Pensavamo di essere sotto attacco
dei mangiamorte... Tonks, Moody e altri auror ci hanno accompagnato al treno,
ma al binario sbagliato. Hermione se n'è accorta e l'hanno schiantata, con Ron
hanno fatto lo stesso. E con chiunque passasse oltre il muro verso il treno.
Quando ci siamo risvegliati eravamo tutti legati a quella che ci pareva un
vagone del treno, credo che fossimo divisi in vari gruppi. Hermione, io e Ron
eravamo gli unici ad essere rinvenuti, tutti gli altri erano ancora privi di
sensi... All'inizio pensavamo di essere stati catturati dai mangiamorte
ma poi, scendendo dalla carrozza, abbiamo scoperto che era stato tutto un piano
degli auror -
- In che senso? -
- Ci hanno schiantati e legati per sicurezza. Non ci hanno
portato in treno, ma con la carrozza di Madame Maxime, sai, quella condotta dai
purosangue ffsfbfdsfd. Erano tutti d'accordo, macchinista dell'Hogwarts
Express, auror e personale scolastico -
- Ma, perchè... - poi, nella mente di Harry si formò
l'idea... ma certo, era a questo che alludeva Silente! Un attacco dei
mangiamorte! Alla stazione di Hogsmeade, che era quasi sempre poco sorvegliata
- Capisco... quindi lo hanno fatto per proteggervi mentre la stazione di
Hogsmeade veniva attaccata dai mangiamorte... -
Ginny annuì: - Sì, nel treno erano saliti gli auror hanno
combattuto contro i mangiamorte. Li hanno portati tutti ad Azkaban -
Pansy finalmente si permise di respirare. Riprese il solito
contegno, quello freddo ed impassibile, ma nessun colore ritornò sulle sue
guance che, al contrario, rimasero pallide.
Ron... non aveva corso alcun pericolo allora...
- Gli auror sono stati avvertiti... anche se non so da chi
-
Harry annuì mentre la mente lavorava.
Avvertiti...
Silente era quindi venuto a sapere di quell'attacco e aveva
provveduto. Aveva intuito dove ci sarebbe stato, e aveva anticipato le mosse di
Voldemort ma... ma c'era qualcosa che non andava.
- Chi hanno catturato tra i mangiamorte? Malfoy? Lestrange?
-
Ginny scosse la testa: - Nessuno di questi. A dire la
verità, molti mangiamorte non di rilievo -
Strano.. generalmente Voldemort mandava sempre in prima
fila la sua fida Bellatrix...
Li hanno portati tutti ad Azkaban.
Possibile che...
No... non poteva essere che Voldemort sapesse... che avesse
anticipato la contromossa di Silente e avesse mandato alcuni scartini.
Nel frattempo, Pansy si era allontanata per raccattare da
terra il libro che prima aveva lasciato sul pavimento, sul viso di Ginny
comparve un ghignetto poco rassicurante: - Ah... - si rivolse a Harry, ma lo
disse a voce abbastanza alta, in modo che anche Pansy sentisse - sai, quando
eravamo nella carrozza, credendo di essere prigionieri dei mangiamorte... è
successa una cosa molto carina -
- Carina? -
- Tra Ron e Hermione -
Pansy si bloccò nell'atto di sollevare il libro.
- In che senso? - domandò Harry.
Ginny sorrise: - Avevamo le mani legate e, per liberarci,
Hermione ha chiesto a Ron di prenderle con i denti la forcina che aveva tra i
capelli per sciogliere i nodi delle funi che ci imprigionavano. Avresti dovuto
vederli! Erano imbarazzati entrambi mentre con le labbra Ron cercava di
sfilarle la forcina... e poi quando la forcina era caduta nel colletto della
camicia di Hermione! -
Pansy deglutì, ancora bloccata nella posizione china. Ginny
continuò, implacabile: - L'avevo capito fin dall'inizio che si piacevano!
Avresti dovuto vederli dopo, quando Ron era riuscito a far cadere in
mano di Hermione la sua forcina! Erano imbarazzati ma si vedeva che, in fondo,
quella situazione era piaciuta ad entrambi... si sono sorrisi per tutto il
tempo! E poi... scusa se sono indiscreta, quando Ron aveva preso la forcina,
c'è stato un momento in cui si è avvicinato alle labbra di Hermione... insomma,
capisci... -
Per Pansy fu abbastanza, raddrizzò la schiena e se ne andò
a passi veloci verso la sua sala comune, strinse le labbra ma non diede
soddisfazione alla rossa di dare evidenza al suo turbamento.
Harry fissò Ginny e la sua espressione vittoriosa: - Ginny,
non dire più queste cose - disse serio.
- Perchè, scusa? -
- Sai perfettamente che Ron e Hermione si vogliono bene
come amici, ma non c'è altro tra di loro -
- C'è stato! -
- Questo non vuol dire niente... - Harry sospirò - E per favore,
evita di dire certe cose con Pansy presente -
Ginny perse il suo sorriso e fissò il moro con
insofferenza: - Che vuoi dire con questo? - sbottò tagliente. Harry non le
credeva? Perchè era dalla parte di Pansy?
- Pansy sembrava... -
- Pansy! Ma che cosa vai a pensare, Harry? Pensi che mi sia
inventata tutto? -
- No, affatto, sai che mi fido di te, Ginny, non mentiresti
mai - sospirò Harry - Solo, hai esagerato con la fantasia -
- Tu non li hai visti, Harry! Non eri là! -
- Ma li conosco. E anche tu li conosci. Pansy, d'altro
canto... -
Ginny quasi gridò: - PANSY? PANSY! Smettila di parlare di
lei! Ne parli come se io l'avessi ferita! -
- Gin... -
- Harry, mi deludi - si portò una mano al cuore e abbassò
lo sguardo. Era difficile mentire a Harry, molto più che mentire al fratello.
- Non volevo dire che... -
- Pensi sempre alla Parkinson! - a Ginny si inumidirono gli occhi - Non credermi
crudele, Harry. Non lo sono e mi dispiace che tu pensi questo di me -
A Harry venne spontaneo metterle le mani sulle spalle e
rassicurarla: - Gin, non erano queste le mie intenzioni. Io sono dalla tua
parte, lo sai. Solamente lei... Pansy, sembrava essere particolarmente
attaccata a Ron, insomma, pensavo che lei... -
- Pensa a me, per favore, Harry. Tu… non ti rendi conto… -
- Di cosa? -
- Di come tu stia sempre a pensare a Pansy, a Draco, a
Blaise, al tuo Tom! – sputò quei nomi quasi fossero veleno, con
particolare enfasi per l’ultimo della lista. Sentì, per contro, che le lacrime
le stavano spuntando davvero dagli occhi, ironicamente aveva gridato una cosa
prettamente vera, che l’angustiava da tanto – Non fai che pensare a loro! Tu-Tu
pensi sempre a loro, senza degnarti di pensare ai tuoi amici, a quelli
che ti hanno aspettato e che ti sono stati accanto per sette anni! Sei quasi
diventato un estraneo per tutti noi! E persino a Natale hai dovuto dare prova
dei tuoi sentimenti decidendo di riscorrere le vacanze con Rice, invece che con
noi! Mia madre era delusissima… e lo sono anche io, Harry – continuò
amareggiata Ginny. Perché non si poteva tornare a qualche anno prima, quando
si era tutti uniti? Loro, i Grifondoro, e tutti gli altri fuori?
Provò soddisfazione nel vedere come il viso di Harry
espresse a chiare lettere la sua sorpresa e poi la sua delusione, così cocente
da portare via ogni forza nei suoi lineamenti e nella sua espressione. Sembrava
svuotato.
Ginny però non provò alcuna pietà, continuò, imperterrita,
a recriminare, e gli donò un grazioso colpo di grazia: - Siamo tutti
delusi, Harry. Tutti. Non credevamo fossi così, che ti allontanassi così
tanto da noi, sembri quasi nascondere un segreto… ma dopo tutti i tuoi bei
discorsi, Harry? –
Harry ebbe un sussulto… e così… era così dunque.
Sì, si sentì deluso da se stesso, si sentì un verme, anche
perché sì, lui nascondeva segreti… e davvero con quale diritto si arrogava del
piacere di rimproverare gli altri con discorsi sulla fiducia?
Lui, per primo, sbagliava. E il brutto era che ne era consapevole e, tuttavia, non poteva
farci niente.
C’erano veli, strati, della sua vita in quell’ultimo anno,
che per ora dovevano rimanere un segreto.
Le parole di Ginny gli spalancarono di fronte la verità
tanto temuta, che gli scosse dal profondo il cuore.
Ginny continuò: - Tutti lo pensano, Harry. Mi spiace che tu
sia venuto a scoprirlo così… E tu… credi di sapere tutto, Harry? Sei ingenuo! -
Senza che Harry rispondesse, poiché ancora troppo colpito
dalle parole di Ginny, lei aggiunse: - Pensi che Ron e la Parkinson... ascolta,
non voglio che ti fai false illusioni, quindi ti voglio mettere in guardia,
nonostante tutto - Ginny sospirò - Lei è ancora cotta di Rice. Sta
cercando di dimenticarlo avvicinandosi a Ron, o facendoti credere questo. Non
so che cosa lei si aspettasse ma... non prova niente di... profondo per Ron -
- E tu come fai a dirlo? -
- L'ho sentita una volta confessarlo a Millicent. Non
tel'ho detto perchè non volevo farti soffrire o cose del genere... -
- Ginny non... -
- So che da un'errata impressone di sè, ci ero cascata anche
io... chiedi a Hermione, se non mi credi, ma lei mi ha minacciata con la
bacchetta alla tana. E sai perchè se n'è andata? -
Harry scosse la testa, incapace di dire alcunchè.
Pansy non gliel’aveva detto, quando Harry glielo aveva
chiesto.
Ginny ebbe un sorriso amaro: - Perchè noi tutti, io, Herm e
Ron, abbiamo capito di che pasta è fatta -
No, Pansy non poteva...
- Ti stai sbagliando... -
Ginny rise senza allegria: - Credi di sapere tutto, Harry?
Hai questa convinzione? Oppure hai l'illusione che tutte le persone che hai
accanto siano esattamente quelle che tu credi? Non pensi che anche loro
nascondano segreti? Sei un ingenuo... Non puoi credere che qui tutto
vada bene o vada per il verso giusto perchè tu sei qui! Se credi davvero
questo... sei un illuso. E non hai veramente capito niente -
La ragazza se ne andò e lo lasciò lì, in mezzo al
corridoio.
Harry deglutì quando fu solo, ripensando alle parole di
Ginny, ripensando a tutto quello che era successo e anche a quella stessa
mattina. Ai segreti che lui stesso nascondeva, ai segreti di tutti...
Tom, perchè non mi dici chiaramente che mi ami?
Perchè lo devo sempre decifrare dai tuoi comportamenti?
Anche questa... è una mia illusione?
Ginny aveva ragione...
Siamo tutti delusi.
Lui, primo tra tutti, aveva sbagliato.
E ne avrebbe pagato le conseguenze.
*
A pranzo, nel tavolo Grifondoro, l'atmosfera era tesa.
L'unico che cercava di dissimulare evidente tensione che
aleggiava su tutti, era Seamus che, invano, cercava di coinvolgere qualcuno
nelle sue battute e nei suoi scherzi.
Harry addentò tristemente una patata bollita, mentre gli
occhi vagavano per gli impettiti esponenti della casa verdeargento, alla
ricerca della figura bella e famigliare di Tom.
Eccolo lì, circondato dai suoi ammiratori, che facevano a
crocchia per compiacerlo, comprese quelle ochette che sbattevano ripetutamente
le ciglia, alla ricerca di attenzioni.
Harry, di malumore, masticò lentamente la sua patata,
stringendo la presa spasmodicamente della forchetta.
Non era solo gelosia, era ancora l'ansia che pervadeva i suoi sentimenti, a renderlo così
apprensivo: sapeva che Tom non avrebbe mai rivolto un sorriso a nessuno che non
fosse lui, però... l’agitazione rimaneva nel fondo degli occhi di Harry,
inquinando il verde splendente dei suoi occhi.
E il tutto condito dalle parole di Ginny che ancora gli
vorticavano in testa.
Ginny... lei era al tavolo Tassorosso con Smith, a ridere
con lui e sbaciucchiarlo ogni due per tre. Ron si era messo di spalle, per non
vedere la scena, e in quel momento stava cercando di non farsi vedere mentre
occhieggiava verso Pansy, seduta qualche posso più avanti, tra Draco e Blaise.
Harry vedeva il suo amico tentennante, desideroso di
intavolare una conversazione di Pansy, ma si bloccava ogni volta. Pansy lo
ignorava stoicamente, ma, quasi per dimostrare a Ginny di non essere
minimamente offesa dalle rivelazioni su Ron e Hermione, era scesa per il
consumare il pranzo con il resto dei compagni. Inoltre si sentiva estremamente
irritata con se stessa: perchè non era ancora a prendere a schiaffi la Weasley?
Perchè invece taceva, mangiandosi la foglia con il cuore pieno di delusione?
Non era da lei...
Hermione sembrava estremamente a disagio mentre a volte lo
sguardo scendeva su Millicent, seduta quasi di fronte a lei, eppure la mora ex
Serpeverde non la degnò di uno sguardo. Millicent, al contrario, sembrava
trattenere a stento l'irritazione: non solo perchè lei e Hermione non avevano
ancora chiarito il diverbio avuto al ballo, ma aveva anche saputo da Pansy, che
distrattamente l'aveva confessato con espressione fredda, della scenetta nella
carrozza di Madame Maxime.
Cercava invano di sopperire quell'irritazione, cercava di
cancellarla, perchè estremamente fuori luogo, ma purtroppo non vi riusciva e la
stessa presenza di un'Hermione in imbarazzo, non l'aiutava per niente.
Dean si era dovuto risolvere a sedersi di spalle al tavolo
Serpeverde per impedirsi di osservare la sua bella Daphne e bearsi della sua
immagine. Da quando si era unito a lei fisicamente nella stanza delle necessità
la sera prima, si sentiva quasi drogato dal suo stesso amore.
Merlino, se l'amava...
Non voleva però essere per lei causa di disagio, lei che si
trovava in un momento molto particolare... circondata dai Serpeverde suoi
compari, doveva mantenere la sua facciata di perfetta bambola di porcellana,
bella, irraggiungibile e sprezzante.
Neville aveva cercato di intavolare una discussione,
soprattutto cercando di coinvolgere Blaise, ma i suoi tentativi non avevano
attecchito. Ora osservava di sottecchi il moro ex serpeverde, cercando di non
farsi beccare.
Dean si sentiva in colpa per ogni volta che Blaise non
ricambiava lo sguardo di Neville.
Draco era impassibile a tutto, impeccabile si serviva del pranzo,
e saltuariamente lasciava che il suo braccio sfiorasse casualmente il gomito di
Harry. Lo trovava stranamente silenzioso, e voleva fargli capire, a gesti,
senza incespicarsi in lunghi discorsi, che lui era lì.
Fu Seamus a spezzare l'atmosfera con un'apparente battuta:
- Allora, Harry, quando ci presenti quella bella figliola di Fata Turchina? –
aveva ammiccato con le sopracciglia, sorridendo come un ebete.
La presa di Harry sulla sua forchetta si allentò mentre
questi balbettava: - C-Come? -
- La Fata Turchina - ribadì Seamus - Quella del ballo. Non
l'hai presentata a nessuno, l'hai monopolizzata per un ballo intero! – gli rivolse
un ghignetto – Harry Mattacchione! -
- Ah... Altair... -
- Già - intervenne Blaise con un sorriso - Quando ce la
presenti come si deve? Io l'ho fatto alla fine del ballo, ma non credo che mi
abbia dato molto credito... -
- E' incantevole, vero? - replicò Seamus, portandosi una
mano al cuore e sospirando con gli occhi rivolti al soffitto. Si guadagnò
immediatamente una gomitata da Dean.
Harry rispose con un sorriso debole: - Lei... ha molti
impegni -
- Un vero peccato - intervenne Draco mentre tagliava la
carne con minuzia - almeno avrebbe fatto tacere Blaise per un po'... -
- Draco! -
Anche Millicent intervenne per dire la sua: - Sì, ti
saremmo grati, Harry, se organizzassi un appuntamento con il nostro Blaise,
così almeno smetterà di intontirci con le sue lodi sperticate -
A Neville andò di traverso la patata che stava mangiando,
Blaise lo ignorò mentre Dean cercava di far segno a Millicent di stare zitta.
Draco decise di prendere in mano le redini della situazione: era tempo di
svelare la verità a Neville sulle preferenze sessuali di Blaise.
- Inutile dire che è cotto a puntino -
Blaise gli rifilò un calcio leggero sotto il tavolo,
cercando di passare per inosservato. Inutile dire che, essendo al centro
dell’attenzione, questo suo tentativo di mettere a tacere Draco fallì
completamente, complice Draco stesso.
- E perchè scusa, dovrei tacere? Sei o non sei etero
dichiarato? -
- Dove vai, Neville? - domandò Hermione richiamando il
compagno di casa che si era alzato precipitosamente - Hai lasciato tutto sul
piatto! -
- Ho dimenticato di fare una ricerca di Prestorn! - e se ne
andò via. Dean si alzò in piedi subito dopo per seguirlo. Blaise e Seamus
scoccarono un'occhiata di rimprovero a Draco, che sospirò e alzò le spalle.
- Era giusto che qualcuno glielo dicesse chiaro e tondo -
Blaise ringhiò: - Non è giusto che lo venga a sapere da te
-
- Avrebbe dovuto saperlo da te, invece - lo rimbeccò subito
Draco - Peccato che tu non abbia avuto il coraggio di dirglielo - Blaise si
alzò e lasciò anche lui la sala.
- Non credo di aver capito molto bene che cos'è successo -
osservò allibita Hermione.
- Davvero? Che sorpresa, in genere sempre capisci
tutto - Pansy non si trattenne - Non sei tu quella delle idee geniali? -
si riferiva all'idea della forcina. Per un istante si immaginò la scena di
Hermione e Ron, con le loro labbra così vicine...
Forse Hermione era sempre stata gelosa di Ron fin dall'inizio...
- Che vuoi dire? -
- Ehi - intervenne Harry - calmiamoci... -
- Mi è passato l'appetito - Pansy si alzò e uscì anche lei,
Millicent la seguì poco dopo, non senza aver scoccato prontamente un'occhiata
fredda a Hermione. Quest'ultima borbottò: - No, ora voglio sapere che sta
succedendo! - e uscì anche lei, alla ricerca delle due ex serpeverde, ben
decisa ad avere delle risposte.
La trovò poco lontana dalla sala grande, la chiamò,
impaziente: - Millicent! Aspetta! Pansy! - le due si fermarono e la osservarono
con deliberata indifferenza.
- Che c'è? -
- Che hai, Pansy? Ultimamente ti comporti in modo ridicolo!
- sbottò Hermione - Tanto per cominciare perchè hai lasciato la Tana senza dire
niente a nessuno? E poi...- Hermione cercò di raccogliere tutta la
determinazione possibile - Millicent, si può sapere che problema hai con me? E'
da prima di Natale che mi eviti! -
- Non sono affari tuoi che cosa faccio e che cosa non
faccio – scandì lentamente le parole Pansy.
- Lo sono in questo caso! -
- Ma fammi il piacere! -
- Pansy, ti vuoi mettere in testa che non esisti al mondo
solo tu e che le tue azioni si riflettono anche sugli altri? - ad Hermione
ritornò in mente quello che le aveva detto Ginny qualche giorno prima. Che
strano, forse Ginny aveva davvero ragione quando parlava di Pansy come di
un’opportunista. Tutte quelle cose che Hermione aveva pensato di lei
evaporarono come neve al sole.
- Che ne sai tu? - Pansy mise le mani sui fianchi - Mi
interessano forse le tue ramanzine? Non hai capito niente, mai! -
- Lasciaci in pace, Hermione - intervenne Millicent con
calma incredibile. E davvero dovette dominare in maniera indicibile i suoi
sentimenti e la sua lingua: quanto avrebbe desiderato dire ad Hermione una
quantità di cose, recriminazioni, confessioni! E invece rimase zitta,
preferendo che la Grifondoro rimanesse nell’ignoranza dei suoi sentimenti e dei
suoi pensieri, piuttosto che precipitare nella furia dell’odio verso di lei.
- Perchè? - s'infervorò Hermione - Voglio sapere che cosa
sta succedendo ad entrambe! E tu, Millicent, perchè sei così scostante, con me?
-
- Torna a pranzo, Hermione - continuò Millicent - Ron ti
sta aspettando -
- Già - continuò Pansy in tono amaro - Ron aspetta sempre
te - E me, e me, Ron?
Hermione guardò confusamente le due ragazze che aveva di
fronte: - Ron? Che c'entra Ron? -
Poi, in un lampo di comprensione le venne in mente Pansy,
felice, il giorno di Natale, con Ron, e in quella fotografia che i gemelli
avevano scattato mente entrambi sorridevano, sulle scale, con Pansy che teneva
in mano una macchina fotografica.
- Pansy... non pensi davvero che io e Ron... -
Pansy sbuffò, cercando di nascondere il suo imbarazzo.
Imbarazzo, lei? A parlare di Ron?
- Sei gelosa? -
- NO! -
Gelosa, lei?
Di Hermione che aveva un così bel rapporto con Ron?
No... assolutamente!
Di Hermione a cui Ron permetteva sempre di restarle vicino?
No!
Di Hermione e Ron che si sorridevano e che nel momento del
bisogno bastava che si accostassero l’uno contro l’altro?
No…
- Che ti viene in mente, Granger? - e se ne andò
indispettita, cercando di calmarsi e calmare il tumulto del suo cuore al
pensiero di Ron e Hermione a pochi centimetri. Un’immagine che non avrebbe mai
perdonato a Ginny.
Hermione la guardò andare via senza cercare di fermarla,
quando riacquistò la voce, si rivolse direttamente a Millicent. Il tono era
basso, quasi sussurrante, aveva perso determinazione e indignazione: -
Millicent, lei è... -
- Smettila con le tue continue psicanalisi - rispose secca
Millicent.
Odiava sentirsi così vulnerabile allo sguardo di Hermione,
odiava dover ammirare quel tono di voce.
Sì, perché Hermione aveva gli occhi nocciola illuminati
dalla consapevolezza e il viso aperto alla comprensione.
- Che cosa stai dicendo? – sorpresa dal tono arido di
Millicent, Hermione cambiò immediatamente atteggiamento. Aggrottò le
sopracciglia, stizzita, e tramutò il suo tono di voce da dolce a combattivo.
- Non ti accorgi che... -
Che tu mi piaci? Che a Pansy piace Ron?
Forse glielo
avrebbe detto, gridato, e così avrebbe mandato all’aria tutte le sue idee di
tacere. Ma non vi riuscì, il caso venne a soccorrerla e il segreto rimase
premuto contro le sue labbra.
- Hermione... - Ron le aveva raggiunte e le stava
osservando con uno sguardo strano - Che sta succedendo? Dov'è Pansy? -
- Fatti gli affari tuoi - lo freddò Millicent.
- Nella sua sala comune, suppongo, ti conviene sbrigarti -
rispose invece Hermione. Ron le fece cenno con il capo e corse a ricercare
l'altra ragazza, non prima di aver scoccato uno sguardo sorpreso a Millicent.
- Perchè glielo hai detto? -
- Così chiariranno! -
- Nessuno ha bisogno dei tuoi interventi! -
Hermione si ritrasse, ferita: - Millicent... che cosa ti
sta succedendo? -
Millicent scosse la testa, frustrata. La mano le andò tra i
capelli legati in una coda, scuri e disciplinati, nervosamente: - Tu non
capisci... -
- E allora spiegamelo! -
Millicent s'incupì all’istante: - Non sono brava con le
parole -
Hermione sbuffò, spazientita, portando le mani ai fianchi,
in posa combattiva: - E allora dillo con un gesto! Non so, qualunque cosa! -
- Se facessi quello che ho in mente tu dopo mi odieresti -
- Fallo stabilire a me, no? -
Millicent espirò profondamente e poi si voltò, dandole le
spalle: - No, non lo farò -
Non sono pronta al tuo rifiuto e al tuo odio.
Forse… non lo sarò mai.
*
- Pansy! -
La ragazza trovò
molto stupido continuare ad ignorare i richiami di Ron, ma nonostante tutto non
riusciva a non comportarsi senza apparire infantile. Che ironia della sorte...
lei, la perfetta Serpeverde, in procinto di scappare da Ron Weasley!
Com'era caduta in
basso!
Non era da lei
uscirsene con quelle scenette.
Millicent aveva
ragione, perchè non aveva parlato con Ron, perchè quando era capitata
l'occasione non aveva detto la verità?
Per non
deluderlo.
La delusione che
sentiva era troppo forte e poi... che diritto aveva lei di esserlo?
In fondo...
Doveva smetterla
con queste sue sciocche scene, che cosa, aveva perso ogni sua defezione e i
suoi assurdi sentimenti di delusione. Sospirò pesantemente mentre Ron
continuava a gridare, al di là della parete: - PANSY! Pansy, dobbiamo parlare,
maledizione! -
Era stata
abbastanza veloce da entrare nella sua sala comune prima che Ronald Weasley la
raggiungesse, ma di poco purtroppo, non in tempo per non sentire più i ripetuti
richiami di Ron. A nulla erano serviti i rimproveri del proprietario del quadro
di entrata che aveva sbuffato tutto il tempo, annoiato da quella pantomima che
si stava consumando davanti e dietro il suo augusto ritratto. Che diavolo stava
prendendo agli studenti ultimamente? Una pazzia collettiva?
E questo
Grifondoro, la smetteva di gridare?
In uno scatto di
ira, Pansy scostò la schiena dalla parete alla quale era appoggiata e si
diresse nella sua camera, cercando di ignorare le grida di Ron. Si sbattè la
porta della sua stanza alle spalle, mentre la voce del ragazzo gridava: - NON
MI MUOVERÒ DA QUI FINCHÈ NON AVRÒ AVUTO UNA SPIEGAZIONE! E CHE SIA PLAUSIBILE,
PANSY! -
- Ostinato -
bofonchiò Pansy, sedendosi sul letto.
Lo sguardo le
cadde sul comodino, ne aprì il cassetto e lì faceva bella mostra la macchina
fotografica, l'album e il romanzo di Hermione. I suoi regali di Natale.
E dire che
dovevano essere testimonianza di qualche bell'evento...
Rabbiosamente,
cacciò il libro di Hermione in fondo al cassetto, incurante delle pagine che si
erano spiegazzate e delle orecchie che si erano formate nella copertina. Un
libro... maledizione, quanto era furiosa!
Tirò fuori la
macchina fotografica e l'album.
L'album.
Riusciva ad
immaginarsi quale tonnellate di filmini mentali si era fatta Pansy mentre
pensava a come riempirlo, provò il desiderio do bruciarlo e cancellare così
quella maledettissima speranza che aveva albergato nel suo cuore: avrebbe
voluto riempirlo di foto scattate a sorpresa di Draco, di Blaise, di Millie, di
Vince e Greg, anche di Ron, sì, si era immaginata quando lo avrebbe fotografato
mentre meno se lo aspettava. Si era persino immaginata qualche foto di Harry e
Tom. Si era immaginata tante, troppe pose...
La sera stessa in
cui ricevette quel regalo, sotto le sue coperte, aveva sorriso, accarezzando la
macchina fotografica, ripensando con tenerezza a Ron e al suo imbarazzo, lì,
nel letto dalle coperte color arancio, aveva pensato di aver finalmente dato un
colpo di spugna a tutta la sua vita precedente di emarginata e traditrice: si
era spalancata la porta di una nuova amicizia, di una nuova speranza... E Ron
gliel'avrebbe tenuta aperta.
Afferrò con
rabbia l'album e la macchina fotografica, uscì dalla sua stanza, mentre la voce
di Ron accompagnava il suo furioso incedere.
Solamente quando
fu ad un passo dal ritratto si bloccò.
No, che cosa
stava facendo?
Non poteva...
- Ora basta -
sussurrò a se stessa, sospirò profondamente, raccogliendo ogni stilla di determinazione
in suo possesso. Aprì il ritratto di colpo e si trovò di fronte a Ron, si
impose di mantenere la piega dura del suo viso e cancellò via ogni possibilità
di trasparenza che potesse tradire i suoi sentimenti in quel momento - Che
diavolo hai da gridare? - domandò atona.
Ron la guardò
sorpreso prima di assalirla con le sue molteplici domande: - Che ho io da
gridare? Ma che hai tu! Che ti sta succedendo, Pansy? - poi abbassò il tono di
voce, mitigando l'irrequietezza - Ascolta se c'è qualcosa che non va, puoi parlarmene... sarei felice di
aiutarti -
Di nuovo la sua
mano tesa...
Pansy sentì per
un istante il desiderio preponderante di afferrarla, di stringerla e non
lasciarla più ma non riusciva a dimenticare l'espressione vittoriosa di Ginny
non tanto le sue parole, le sue bugie e le sue cattiverie, quanto piuttosto il
potere che aveva su Ron. Non riuscì a dimenticare dell'indiscrezione su Ron e
Hermione, non per il suo contenuto - probabilmente l'ennesima menzogna. O
almeno era con questo che cercava di convincere se stessa - quanto piuttosto
per il sordo terrore che si era impossessata di Pansy quando l'aveva saputo, e
quando era venuta a conoscenza del possibile attacco dei mangiamorte.
Inconsapevolmente si era lasciata trascinare da Ron in un terreno sconosciuto e
insidioso... anelava la mano di Ron, ma una parte di lei desiderava riuscire a
tornare come prima, più distaccata, meno coinvolta. Per cancellare la
delusione, per cancellare quello che era, suo malgrado, diventata.
Gli tese l'album
e la macchina fotografica, Ron li prese, sconvolto, ferito nondimeno dalle
parole sprezzanti di Pansy che accompagnarono il suo gesto.
- Te li
restituisco. Non so che farmene di questa spazzatura - sbottò Pansy e gli
chiuse il ritratto in faccia.
*
FINE QUARANTAQUATTREESIMO
CAPITOLO
CONTINUA…
Mistress Lay
*
Noticina
a piè pagina:
Non
chiedetemi come mi è uscito fuori questo capitolo perché, vi assicuro, non ne
ho la minima idea! Inoltre, come se non bastasse, ho dovuto spezzare il qui presente
cap in due parti…
Potete
immaginare che succederà nel prossimo, quindi… XD
Purtroppo
per gli aggiornamenti dovrete aspettare il mese prossimo, come già ho avvertito
nel mio account, la scuola mi assorbirà completamente.
Grazie a
tutti coloro che hanno lasciato una traccia tangibile del loro passaggio al
capitolo precedente. Ancora una volta mi trovo costretta a sacrificare i
ringraziamenti singoli, perdonatemi!
Grazie a
Mimi88,
Moony*,
alicesimone,
Ysal Pax,
Elanor,
Naiad26,
Kira,
James_Prongs,
Lois,
Mokona89,
Baby,
giulia,
Captain,
manako,
MORFEa.
Commentate,
vero?
Miss