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Autore: Lady Moonlight    08/07/2013    1 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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20

Arturya Freya Pendragon

 

 

Era nata in un'epoca di cambiamenti; storici, economici e sociali. A quel tempo Londra era una nuvola tossica di fumo e polvere, generata dalla recente Rivoluzione Industriale che tanto aveva entusiasmato gli animi umani. "Il carbone e le macchine sono il futuro!" dichiaravano con orgoglio i mortali, quando si aggiravano entusiasti ai confini del bosco dove Freya era nata.
Era sempre circondata da guardie della Corte Seelie e la regina Titania lasciava spesso il Reame per poterla incontrare.
"Arturya... la nostra speranza." le sussurrava al suo arrivo, abbracciandola come la figlia che non aveva mai avuto.
Parlavano per ore; Freya dei progressi che faceva con i suoi studi, Titania raccontandole vecchie storie e informandola di quanto si agitava nella Corte Unseelie.
"L'esistenza del tuo sangue porterà ad importanti cambiamenti in futuro, ne sono certa." commentava ogni volta prima di congedarsi.
Il primo incontro con Lilith era avvenuto lo stesso giorno che era scappata dalla sua scorte armata per poter osservare il mondo in autonomia.

 

 

Era notte, una sera di primavera, e Arturya si era avvicinata ad una piccola fonte d'acqua che zampillava fresca da una parete rocciosa. Creava una sorta di cascata che affluiva nello stagno circostante, nel quale nuotavano cigni e qualche anatra dalla pennaggione scura.
Il sottobosco era ricco di profumi per via della fioritura e il muschio era umido e morbido sotto i piedi nudi di Arturya.
Lei aveva respirato con calma, beandosi della tranquillità del luogo e ammirando le stelle risplendere nel cielo.
Non si era accorta della presenza di qualcun altro fino a quando Lilith non era emersa dalle acque, come una dea in procinto di dare la propria benedizione.
"Hai perduto la via per il Reame, fata?" il suo tono di voce era stato quasi malinconico, mentre indossava una veste bianca che aveva precedentemente lasciato sulla riva. "Mi dispiace, ma non troverai in questo luogo la strada per il Confine."
Arturya era rimasta ammutolita, mentre china in avanti per cogliere un papavero da regalare alla sconosciuta aveva incrociato un paio d'occhi rossi come ciliegie mature. Per un istante aveva vacillato, ma poi le aveva sorriso intuendo che quella ragazza che aveva davanti non era umana.
"Sono scappata, qualcuno verrà a cercarmi." aveva detto, suscitando in Lilith una risata leggera.
"Nelle tue vene scorre il sangue dei Pendragon, vero?"
Arturya aveva annuito, un gesto quasi automatico che aveva fatto sorridere la vampira.
C'era un che di un antico in Lilith, qualcosa che attirava inevitabilmente l'attenzione su di lei; la calamitava e Arturya era rimasta folgorata da quella bellezza immortale e dal fascino che la circondava.
"Sono Arturya Freya Pendragon." Si era presentata a lei utilizzando il suo potere per far sbocciare un gruppo di margherite, sperando di colpirla, ma Lilith non sembrò particolarmente colpita dal suo potere.
"Non dovresti avvicinarti troppo ad un vampiro." l'aveva messa in guardia Lilith, strizzandosi i capelli bagnati. "Non è stato uno di loro a sterminare il casato Pendragon?"
"Una vampira." l'aveva corretta Arturya, meccanicamente. "La sposa di Lucifero, Lilith."
A quel punto la vampira aveva mostrato un ghigno divertito e si era esibita in un goffo inchino che Arturya aveva imitato con maggior eleganza.
"Provi rabbia, Freya, per quelle morti?"
Freya.
Nessuno l'aveva mai chiamata in maniera tanto informale prima d'allora e ad Arturya piacque il modo in cui quel nome sembrava suonare giusto sulle labbra della sconosciuta.
"Zio Lancelot aveva perso la testa, così dicono, e mio padre si era unito alla Corte Unseelie rifiutandosi di aiutare gli umani. La regina Titania dice che hanno meritato la triste sorte che è toccata loro."
"E tu, tu cosa pensi, Freya?"
"Ad essere sincera, non mi sono mai soffermata su questo problema. Entrambi sono morti prima che io potessi conoscerli, per questo la loro morte non mi ha mai colpito intimamente. Non è nella natura della Corte Seelie portare rancore troppo a lungo."
In lontananza le grida dei soldati della sua scorta si facevano più pressanti e Arturya sentì un brivido di eccitazione nel sapere quante regole non aveva rispettato quella notte.
"È un posto molto tranquillo, qui. Non arrivano i veleni tossici prodotti dalle industrie in questo luogo. Mi sentivo molto malinconica questa sera, così ho cercato un posto solitario in cui pensare." annunciò la vampira.
"Vi ho turbato, mia signora?" aveva commentato Arturya. "Non era mia intenzione farlo."
"Sei molto cortese nel parlarmi in questo modo, ma non credo dovresti." la interruppe Lilith con un cenno della mano. Gli animali dello stagno si agitarono e la vampira fece una smorfia. "Chiedi a Titania il mio nome. Dille della vampira dai capelli come neve e dagli occhi come sangue."
Arturya aveva fatto per replicare ma una guardia l'aveva trovata, obbligandola a voltarsi."Somma Arturya!" aveva esclamato sollevato.
Nel vento era rimasto solo l'eco della risata cristallina della sconosciuta.

 

 

"Il tuo comportamento mi ha deluso, Arturya. La Corte è stata in pena per te; io lo sono stata." Non c'era rabbia nella voce di Titania, solo delusione per il tradimento della sua pupilla.
I boccoli ramati della regina erano ondeggiati severi nell'aria e lei si era sentita in colpa per quel comportamento infantile che aveva avuto.
Esitando le aveva parlato del suo incontro con la vampira, chiedendole di rivelarle il nome della sconosciuta.
Titania aveva sospirato, prima di scuotere lentamente la testa.
"Lilith, Arturya. Era Lilith."

 

 

Il Reame era uno squarcio nel velo dei mondi. Era questa la spiegazione standard che veniva insegnata alle giovani fate. Una realtà a parte, un mondo il cui fulcro vitale era rappresentato dalle Due Corti; due regine per un solo reame.
C'era stato un tempo, così raccontavano i pixie nelle loro filastrocche, in cui Morwen e Titania erano andate d'accordo su molti aspetti che riguardavano il Reame, ma poi tutto era cambiato e le guerre si erano susseguite implacabili.
"Noi fate siamo incomplete, Arturya. C'è un vuoto dentro di noi e Morwen crede che la colpa sia degli umani."
"Vuote?" aveva replicato Arturya, non riuscendo a comprendere le parole di Titania.
Stavano passeggiando nei colorati viali fioriti della Corte Seelie, così diversi da quelli della Corte Unseelie, e la regina le stava impartendo una delle tante lezioni sul popolo fatato.
"C'è qualcosa... qualcosa che ci spinge a desiderare di più, sempre di più... Per questa la Corte Unseelie è così selvaggia, i suoi membri così possessivi e dagli istinti tanto egoistici." Lo sguardo della regina si era fatto distante e Arturya si era chiesta cosa fosse il vuoto che le fate non potevano colmare.
"Incomplete..." aveva commentato Arturya, assorbendo quella parola nel profondo dell'animo. "Anche gli umani lo sono?"
A quella domanda Titania si era riscossa ed era tornata a guardarla con quegli occhi che possedevano la facoltà di tranquillizzarla. "Gli esseri umani... forse. Alcuni di loro credo che lo siano, incompleti... ma gli altri... Noi fate siamo diverse. Differenti da umani, angeli e vampiri." Titania aveva sorriso. "Sei nervosa? Stai disperdendo il tuo potere e le piante stanno fiorendo al nostro passaggio."
Aturya si era imbarazzata e aveva stretto le mani dietro la schiena, quasi turbata all'idea di proseguire quel discorso.
"Ti ho scelta come mia erede, Arturya. Per questo motivo ti sto raccontando ciò che dovrai sapere per poter guidare al meglio la nostra stirpe."
Lei si era fermata, incapace di parlare, e il suo sguardo aveva indugiato sul panorama offerto della valle dei cento fiumi, lì dove sapeva esserci anche il confine con la Corte Unseelie.
"L'erede di ognuna delle Corti deve essere approvato a maggioranza dai rispettivi Consigli. La linea di sangue non implica una continuità della corona." aveva risposto Arturya, più per ricordare la cosa a se stessa che alla regina.
"Tu sei nata in un'epoca di cambiamenti, per questo motivo le tue idee seguono una corrente rivoluzionaria che non può che portare a importanti modifiche all'interno della nostra società. Morwen pensa solo al passato, ma gli umani presto la costringeranno ad una scelta, che lei lo voglia o no. È cominciata l'era del metallo, del ferro che logora la nostra essenza e io devo essere certa che qualcuno prenda il mio posto se io dovessi morire."
Non avevano mai parlato tanto apertamente della morte, quasi fosse una di quelle malattie che stremavano i mortali. Arturya non l'aveva detto, ma dentro di sé timore e rabbia agitavano il suo cuore. Titania riprese a parlare e la fata non poté far altro che ascoltarla.
"La nostra storia si è persa agli albori dei tempi, mai (ma i) più vecchi di noi narrano che noi fate fummo la Seconda Stirpe a venire creata. Prima fu il turno degli angeli, ma l'Autorità era insoddisfatta di quei figli tanto perfetti, fedeli e simili a lui. Ancora non sospettava che il seme della ribellione era nato nel figlio da lui prediletto, Lucifero. La perfezione, dopotutto, non poteva essere creata... Ad ogni modo, l'Autorità diede vita a nuovi figli, ma anche le fate si rivelarono... sbagliate? Probabilmente è così che ci considerò; preda degli istinti, spesso incapaci di provare compassione... Eravamo inadatte per governare sul mondo che lui aveva creato. Poi fu il turno degli uomini, di Adamo ed Eva, i primi. La storia la conosci: i due vennero cacciati dai Giardini dell'Eden e diedero vita alla stirpe mortale sulla Terra. Lucifero si innamorò di una mortale, Lilith e un gruppo di angeli, i Caduti, furono anch'essi scacciati dal loro luogo d'origine."
"Tuttavia, Arturya..." Titania sospirò, carezzandole i capelli con fare quasi assente. "Prima che questi fatti accaddero, di chi era il mondo se non delle fate? Noi eravamo i figli ripudiati, quelli selvaggi, quelli incontrollabili, immortali e privi della coscienza celeste consegnata nelle mani degli angeli. Avevamo sete di terre e il Reame non bastava a soddisfare questo bisogno. Il Reame è terra impregnata di magia fatata, ma non è che una goccia in mezzo all'oceano. Troppo piccolo e monotono, con stagioni le une uguali alle altre senza il mutamento decretato, per sua stessa ragione, dalla mortalità. Furono i Caduti ad esiliarci, a tenere a freno il nostro potere sugli umani... Morwen non ha mai perdonato loro questa morbosa attenzione per i mortali. Non siamo forse noi fate la stirpe più simile agli angeli? Ed ora..." Titania emise una sorta di lamento e le dita strinsero uno stelo di rosa, macchiandolo di sangue.
"Mia regina!" esclamò Arturya, agitata.
"È solo un graffio. Il dolore mi ricorda che sono viva." rivelò la regina, lasciando che Arturya le esaminasse la mano. "I secoli logorano lo spirito, ma stare con te è un balsamo contro gli effetti del tempo. Vedi? Le ferite sono già guarite."
Cavalieri Seelie si inchinarono al loro passaggio nei giardini e Arturya ricambiò con entusiasmo i loro saluti.
"Un giorno tutto questo sarà tuo e Morwen non potrà impedirti di diventare regina."
"Vi ringrazio, ma non è mio desiderio occupare il posto che vi spetta. Il Reame non è la mia casa e desidero che il mio sangue possa portare sollievo alle sofferenze umane. Stando qui..." venne interrotta da un cenno di Titania.
"Arturya..."
"No, lasciatemi finire. Sono eccessivamente legata alla sorte degli uomini per diventare regina. Provo pena per loro e, da sempre, desidero aiutarli. Lasciatemi libera... concedetemi di vivere fra loro."

 

 

Era un cane: piccolo, nero e affamato. Si era perso ai confini del suo bosco e Arturya ne era rimasta affascinata. Era zoppo ad una zampa e lei lo aveva avvicinato con le lusinghe di un pezzo di carne. Il cucciolo lo aveva divorato in un attimo, leccandole le dita con bramosia e paura.
"Somma Arturya, quel cane..."
Lei aveva zittito la sua ancella con uno sguardo eloquente e aveva afferrato con delicatezza la zampa ferita.
"Basterà una sola goccia anche per te." aveva detto affettuosa, grattando il cucciolo dietro le orecchie. Così Arturya si era procurata un taglio ad un dito e aveva lasciato che il cane le leccasse il sangue. Le ferite di entrambi si erano rimarginate un istante dopo e l'animale aveva scodinzolato allegro, consapevole che il dolore alla zampa era sparito.
Quel momento di felicità era stato interrotto da un suono sinistro proveniente dal confine del bosco. "Cosa sta accadendo, Shyn-Lu? Sento il lamento degli alberi... la loro richiesta d'aiuto."
L'altra fata si era avvicinata e aveva chinato il capo quasi a volersi scusare. "Sono gli umani, somma Arturya. Abbattono gli alberi per le loro... industrie." C'era disprezzo nelle parole di Shyn-Lu, ma Arturya non l'aveva interrotta. "Stanno ricoprendo il mondo di ferro, perfino il mare è abitato da enormi pesci di metallo. Non hanno rispetto per la natura."

 

 

Arturya aveva smesso di ricordare quanto tempo era passato da quando faceva uso dei suoi poteri per far ricrescere la notte le piante che gli umani distruggevano di giorno. Sapeva che tra i mortali circolava la voce che quello fosse un luogo maledetto, abitato da una strega senza nome.
Shyn-Lu era preoccupata per l'eccessivo uso che Arturya faceva dei suoi poteri, ma lei era sempre troppo impegnata per restarle attenzione.
Fu in una di quelle sere che Lilith tornò.
"Oh, allora sei tu, Freya, la strega di cui tutti parlano." disse ridacchiando, mentre le ali le si richiudevano attorno al corpo flessuoso.
"Ti ricordi il mio nome." fu il pacato commento di Arturya, piacevolmente colpita dalla cosa.
"Non dimentico mai un nome." fece la vampira, scostandosi una ciocca di capelli.
"Lilith... anche io non dimenticherò il tuo."
La vampira la ignorò. "Una dedizione ammirevole, ma nemmeno una discendente Pendragon può resistere a lungo in questa folle impresa."
"Perché sei venuta?" la interruppe Arturya.
"Per le voci naturalmente. Ero così curiosa... Sono stata ripagata di questa mia insaziabile curiosità trovandoti. Sei una fata interessante, Freya Pendragon."
"Perché mi chiami Freya? Il mio nome è Arturya." le fece notare.
Lilith chinò la testa di lato, sorridendole e mostrandole le zanne. "Così." sogghignò.
Arturya non commentò, si chinò sul terreno e l'arido prato davanti a lei si ricoprì di erba e fiori selvatici.
"Un tempo anche io mi occupavo del benessere della natura. Ero trattata quasi come una schiava ed il mio compito era preservare il giardino della mia... padrona." sibilò di disgusto, quasi il solo raccontare quella storia la infastidisse.
"Poi hai incontrato Lucifero." aggiunse Arturya.
"Sì, poi ho incontrato Lucifero." mormorò Lilith addolcendo il tono di voce.
Forse fu la sua voce, forse l'espressione del suo viso ma Arturya ne rimase così colpita che le sfiorò il dorso della mano destra e un bagliore dorato si diffuse dalla pelle di Lilith.
"Cosa mi hai fatto?" chiese scettica la vampira, esaminandosi la mano.
"Ti ho fatto un dono." rispose semplicemente. "Una scintilla del mio potere lasciata dentro di te. La tua mano sinistra mieterà morte e distruzione, la destra non potrà che donare la vita."
"Un maledizione..."
Arturya ridacchiò. "Chi può dirlo. Forse è davvero una maledizione, la mia."
I muscoli di Lilith si tesero e la testa della vampira scattò a sinistra. La fata la imitò e il suo sguardo incrociò quello di uomini con torce, forconi e fucili marciare verso di loro. Le ali di Lilith tremarono, ma Arturya sospettò non per paura.
"Vogliono bruciare la foresta! Non possono farlo!" esclamò Arturya.
"Ironico." commentò Lilith con una smorfia. "Con il tuo tentativo di salvare il bosco lo hai condannato a perire tra le fiamme." scosse la testa. "Gli umani sono convinti che il fuoco sia sempre la soluzione migliore. Guardali! I loro sacerdoti agitano in aria quei vecchi crocefissi come fossero armi in gradi di fermarci. Bruciano il mondo... e credono di salvarlo!"
Tre preti annasparono verso di loro, con i rosari tra le labbra e una bibbia tra le mani. Alle loro spalle, gli umani li incitavano ad uccidere la strega e la bestia. Le torce vennero gettate sul tappeto di foglie vecchie e muschio e il fuoco divampò improvviso.
Per quanto Arturya si sforzasse di spegnere le fiamme, tutti i suoi sforzi si dimostrarono inutili mentre i sacerdoti recitavano formule latine.
"Somma Arturya!" le voci concitate dei suoi seguaci e cavalieri la riscossero dallo stato di sconforto e dolore in cui era caduta.
"Shyn-Lu... gli alberi soffrono e implorano il mio aiuto." disse Arturya con le lacrime agli occhi. "Non capisco. Non ho mai recato alcun male alla gente del paese."
Lilith che fino a quel momento era rimasta silenziosa e in disparte si fece avanti, scaraventando a terra i preti e disperdendo con il suo gesto la folla. Poi... cantò: il canto dell'oblio e della rinascita.
Arturya conosceva il potere di Lilith, si era informata quando aveva scoperto la verità sulla sconosciuta dello stagno e Titania le aveva rivelato il nome della vampira.
Per qualche motivo non fece nulla per fermarla, che la causa fosse il suo momentaneo stato di shock o altro lei non si mosse.
I corpi caddero a terra l'uno dietro l'altro. Arturya si chiese se fossero morti o semplicemente addormentati.
Lilith si volse a guardarla e c'era compassione nel suo sguardo millenario, tristezza.
"Non potete restare qui." annunciò la vampira, rivolgendosi a tutti i fatati presenti.
"Qui-qui..." gracchiarono alcuni pixie.
Le guardie di Arturya si fecero avanti con le loro armi, ma Lilith non ne fu impressionata. C'era forse qualcosa che riusciva a preoccuparla?
"Questa è la nostra casa. Da più di cent'anni..." proruppe Shyn-Lu. "Abbandonare la foresta dopo così tanto tempo..."
"Titania vi accoglierà nel Reame." replicò sbrigativa Lilith. "I tempi sono cambiati. Mescolarsi agli umani non sarà più facile come nelle ere passate."
Il calore generato dalle fiamme stava diventando insopportabile e Arturya sentiva il sudore scenderle lungo il collo. Nei suoi occhi d'ametista vedeva il riflesso delle fiamme e il suo cuore le disse che quello era solo un assaggio del fuoco che il mondo avrebbe conosciuto in futuro.

 

 

Aveva imparato a convivere con i sentimenti umani, con le loro paure e debolezze. Si aggirava tra loro indossando maschere mortali, visi così anonimi che ovunque andasse nessuno faceva mai molto caso a lei.
Durante le due grandi guerre che avevano scosso l'equilibrio del pianeta, Freya aveva camminato sulle terre d'Europa aiutando i soldati feriti che incontrava, indiscriminatamente dalla divisa. Per lei non avevano significato bandiere o ideali: il suo unico desiderio era porre sollievo alle sofferenze che i mortali si procuravano a vicenda.
Aveva incontrato Lilith altre tre volte e ogni volta avevano passato ore a parlare delle Due Corti, dei Caduti che sfidavano la parola di Lucifero, degli umani e... Semiael.
"Un giorno ti mostrerò mio figlio. Semiael ha i miei occhi, ma assomiglia più a Lucifero."
C'era amore e orgoglio nelle parole di Lilith e Freya cercò di immaginare come poteva essere provare quel tipo di sentimenti per un figlio.
"Nelle loro filastrocche i pixie lo chiamano Sebastian." intervenne Arturya.
Il volto di Lilith si rabbuiò e una nuvola oscurò la luna.
"Sebastian, sì. Le voci viaggiano anche nel Reame, sembra." commentò mesta.
"Soprattutto nel Reame." rincarò la dose la fata.
La vampira fece un gesto vago della mano, quasi a voler scacciare un insetto molesto. "Il mio adorabile Semiael... Si è convinto che lasciandosi il suo nome celeste alle spalle possa... Francamente Arturya, non ho ben idea di ciò che lui creda di ottenere. Se i miei capelli non fossero già di questo colore bianco-argenteo credo lo diventerebbero presto viste le preoccupazione che mio figlio mi crea." si passò una mano tra i ciuffi ribelli e Arturya si concesse un breve sorriso. "Guarda..." sussurrò Lilith, sfiorando le corolle di alcuni fiori di campo e facendole schiudere sotto la sua mano.
"Hai imparato a controllare il mio dono." osservò Arturya, piacevolmente sorpresa.
"Quanto pensi di rimanere in questo paesino sperduto? Titania è a conoscenza..."
La fata la interruppe con un sospiro. "La mia regina è presa da altre questioni. Morwen ha avuto una figlia, un'erede che intende far salire al trono."
"Cristavia, sì, malaticcia a quanto sembra. Anormale... per una fata." puntualizzò Lilith.
"Potrei guarirla. Credo che il mio sangue..."
"Freya, il tuo sangue è inutile sulla stirpe fatata. E comunque, perché preoccuparsene? La bambina è in tutto e per tutto figlia della Corte Unseelie. Aiutarla non farà cessare la guerra tra il tuo popolo, piuttosto la acuirebbe."

 

"Respira."
"..."
"Respira!"
"..."
"Devi respirare, ho detto!"

 

Alla fine il fuoco aveva, davvero, divorato il mondo. Era cominciato a New York, lingue nere che avevano consumato un grattacielo dopo l'altro e Arturya non aveva potuto far altro che osservare quella metropoli venire distrutta e tramutata in cenere.
C'erano voluti sette giorni, ma alla fine New York era caduta sotto le grida strazianti di umani e vampiri, mentre l'esercitato fatato di Morwen composto da foliot e ifrit invadeva la città mietendo vittime a non finire.
Arturya era giunta in ritardo, i piedi immersi nella cenere e la locandina di un film che svolazzava ai suoi piedi.
Trovò particolarmente ironico che quel poster rappresentasse l'opera cinematografica che aveva come protagonista il figlio di Lilith. Di tutto ciò che poteva salvarsi, proprio quell'immagine...
Aveva saputo da Lilith, un paio d'anni prima, che Sebastian aveva intrapreso una carriera hollywoodiana ed era diventato una star del cinema mondiale. La vampira le aveva regalato tutti i dvd dei suoi film, costringendola a vederli uno per uno.
Superò la locandina, evitando di osservare troppo a lungo alcuni resti carbonizzati appartenenti a persone che non erano riuscite a salvarsi. Se la erano immaginata così l'Apocalisse, gli umani?
Titania l'aveva messa al corrente di ciò l'aspettava andando lì, ma Arturya ne rimase comunque sconvolta. Degli edifici più famosi rimanevano solo scheletri di ferro e qualche blocco di cemento.
Solo una cosa si era salvata, Central Park, che era diventato una sorta di quartier generale della Corte Unseelie.
I suoi occhi si muovevano rapidi da un angolo all'altro del parco e nemmeno lei seppe dire cosa stava cercando finché finalmente non lo vide: lui, il distruttore della città.
Semiael era in ginocchio davanti a Morwen, il capo abbassato in segno di sottomissione, le mani chiuse a pugni e la bocca serrata. Era ricoperto di sangue. Il rosso era ovunque, perfino i capelli gocciolavano scarlatti, e Arturya vacillò vedendolo, rischiando di farsi scoprire dalle creature della regina. Cristavia volteggiava nell'aria alle spalle della madre e aveva tutta l'aria di chi fosse compiaciuta di quanto stava vedendo.
"Il mio paladino." esordì Morwen, mostrando la sua dentatura aguzza.
Semiael grugnì qualcosa che Arturya non capì, ma all'improvviso Cristavia smise di ridere e per un attimo scese un silenzio glaciale.
Morwen fece un ghigno divertito e tra o spazio vuoto tra loro si materializzò un oggetto. Era un orologio dorato, uno di quei monili che Arturya aveva visto in voga tra la nobiltà quasi due secoli prima, e Sebastian fece una scatto in avanti nel vano tentativo di riprenderlo.
"Attento Sebastian, non vorrai che si rompa." Morwen strinse leggermente la presa sull'oggetto e il metallo si incrinò leggermente. "Il mio caro, carissimo, schiavo." aggiunse lei sovrappensiero. "Hai eseguito i miei ordini alla perfezione." si compiacque la regina.
Cristavia ridacchiò mentre gettava addosso al vampiro piccole ciliegie mature che lui nemmeno tentava di evitare.
Arturya aveva sollevato pensierosa le sopracciglia, incredula davanti a quella scena assurda. Perché l'erede di Lucifero si stava facendo trattare a quel modo?
"Ti ucciderò Morwen, dovessi impiegarci l'eternità." ringhiò Semiael con il volto sfigurato dall'ira.
Cristavia atterrò al fianco del vampiro, dandogli un calcio alla schiena e Morwen proruppe in una risata sguaiata. Un moto di rabbia scosse Arturya che si domandò come cinquant'anni prima avesse voluto tentare di aiutare Cristavia.
I giudizi di Lilith e Titania sulla Corte Unseelie le tornarono prepotentemente alla mente.
"Prima dovresti essere sicuro che io non riduca quest'oggetto, questo contenitore d'anime, in polvere e naturalmente... Io non ho intenzione di separarmi molto presto da questo orologio. Sappiamo entrambi come finirà Sebastian, quindi non rendiamo le cose più complicate."
Un ricatto? Arturya non riusciva a capire come Morwen fosse riuscita a distruggere a quel modo l'orgoglio del figlio di Lilith. Lilith era informata della cosa? Sapeva che Semiael era tenuto sotto scacco da Morwen?
"Cosa vuoi che faccia?" domandò il vampiro.
Morwen invitò la figlia a raggiungerla. "Cristavia?" interrogò.
"Los Angeles!" cinguettò, girando più volte su se stessa. "Distruggila! Distruggila! Distruggila!"
E poi in un battito di ciglia Morwen e Cristavia erano scomparse e Semiael era rimasto da solo, furente di rabbia e... dolore.
Lui gridò, il volto deformato dall'odio e dalla furia. Sembrava quasi il lamento di un drago, il ruggito di una bestia ferita a morte.
Alla fine spalancò le ali, nere come la notte, e scomparve dalla vista di Arturya.

 

 



Capitolo betato da: Jales


Vi ricordo: -Il prequel dedicato a Sebastian che potete trovare qui: Soul Hunter
-La raccolta realizzata da Jales su vari personaggi di CS: De Vita
-Il mio account Ask se volete pormi qualche domanda: Qui
-Mi trovate su: Twitter


 

Note: Di ritorno dal mare, sono pronta per aggiornare! ;P
Bene, ora scoprirete un po' per volta, a grandi linee, il passato di Freya. L'intreccio di storie tra lei è Sebastian è strettamente collegato a quanto accade nel prequel: Soul Hunter-La giostra del tempo.
Ci sarà un altro capitolo di ricordi, poi si torna al presente! <3
Che mi dite? *^* Piaciuto il capitolo?
By Cleo^.^


 





   
 
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