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Autore: Green_Eye    09/07/2013    4 recensioni
Il 31 Ottobre 2027, come ogni altro 31 Ottobre da quasi trentanni a questa parte, a Casa del Ministro Della Magia, Kingsley Shacklebolt, si tiene un ricevimento a cui partecipa gran parte dell'Alta Società del Mondo Magico.
E' una occasione di puro divertimento, un luogo di incontro in cui scambiarsi pettegolezzi, un posto sicuro e protetto come pochi. Come ogni anno, dopo una lunga serata fatta di piccoli scandali e avvenimenti sorprendenti, il Ministro si alza e brinda alla salute dei presenti. Come ogni anno, il Ministro fa un lungo discorso nel quale ringrazia i suoi collaboratori e le autorità che lo aiutano nel suo gravoso compito.
Quel 31 Ottobre 2027, qualcosa cambiò.
Una fitta serie di eventi, sotterfugi politici, personaggi privi di morale e misteri intricati tesseranno intorno ai nostri protagonisti una ragnatela davvero difficile da sbrogliare.
In un mondo in cui tutto è apparenza, di chi ci si può veramente fidare?
In un mondo in cui tutto sembra brillare, in cui tutti sorridono benevoli, come si fa a comprendere la differenza fra bene e male?
Rose Weasley, in tutto questo ha capito una sola cosa.
Non bisogna mai fidarsi dei "posti sicuri". Sono sempre i più pericolosi.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Victorie Weasley | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Angolo delle Autrici

Lo so, lo so.
Volete sbranarci? State per sbranarci? Non me ne sorprendo troppo.
Come al solito siamo davvero, davvero, davvero in ritardo! Credo che sia inutile ripetere la nostra solita solfa: quanto sia difficile mettersi d'accordo, quanto i nostri impegni sembrino essersi messi d'accordo per non darci tregua, come tutto sia così complicato e come l'ispirazione sia una brutta bastarda...
Siete delle persone intelligenti, dopotutto, queste cose le capite da sole.
Eppure, una piccola parentesi, per questo assurdo ritardo devo prendermi la maggior parte della colpa. Ivana, pur avendo affrontato con ottimi risultati (perchè la mia socia spacca i culi) l'esame di maturità è riuscita a mettere insieme i suoi pezzi sin da inizio Giugno ed erano brillanti e bellissimi come al solito. La colpa? La motivazione per cui il capitolo arriva in ritardo di un bel mese (oddio, siamo già a Luglio! Che ansia!) bisogna ricercarla nella mia orribile ispirazione e nella mia pigrizia! Quindi, tirate a me i pomodori, gente! In ogni modo spero che il capitolo possa piacervi, ci sono un sacco di novità e, con il primo paragrafo del capitolo, è ormai conclusa la presentazione dei personaggi principali della vicenda!
Se avete dubbi, domande o anatemi da rivolgerci... fatevi avanti, lasciate un commento, mandateci un messaggio, un segnale di fumo...
Va beh, un bacione da parte mia e della mia collega Ivana <3
Fra/Flaqui

Capitolo V
Bitch

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I’m a bitch when I walk my dog
I’m a bitch when I fall in love
I’m a bitch when I give a kiss
I’m a bitch when I sing like this
I’m a bitch …
I’m a bitch …
I’m a bitch did you realize ?

I’m a bitch every time
 

Dominique Weasley si chiuse il portone alle spalle, guardandosi intorno con circospezione.
Non le piaceva aspettare da sola, fuori, al buio, ma quella sera era pervasa da una strana ansia, un’ansia che non le permetteva di restare a casa, tranquillamente seduta ad aspettare la Limousine che sarebbe passata a prelevarla. Era ormai abituata a quelle macchine lussuose, non ne aveva mai abbastanza: era forse uno dei motivi per cui le piacevano gli uomini di potere.
E lei piaceva a loro, senza alcun dubbio.
Sua sorella Victoire le ripeteva in continuazione che quello non era il modo giusto di avere relazioni, che avrebbe dovuto trovarsi un ragazzo per bene, normale, della sua età. Balle. Dominique si divertiva e aveva tutto quello che voleva, quando voleva. E poi, che ne poteva capire Vic? Una vita dietro a quel Teddy per poi ritrovarsi triste e delusa – perché a lei non la dava a bere, sua sorella era proprio distrutta.
Ecco a cosa portano i sentimenti.
Si ritrovò a rabbrividire di freddo, nonostante l’elegante pelliccia che copriva l’abitino leggero. Cercò la bacchetta che aveva distrattamente gettato nella pochette - Incanto Estensivo Irriconoscibile – e sussurrò un “Lumos”. Quando alla debole luce della bacchetta apparve un volto fin troppo noto, lanciò un gridolino, per poi riprendere un contegno degno della sua persona.
«Da quanto sei qui?» chiese, squadrando il ragazzo che le stava di fronte – a una manciata di centimetri di distanza, in realtà – dalla testa ai piedi.
«Da un po’» Rispose evasivo lui, i penetranti occhi blu brillanti anche alla luce della bacchetta. «E tu, cosa aspetti? Fammi indovinare… oh, un membro del Wizengamot. No, no, un Auror! O meglio ancora, un Indicibile… sai, il mistero…»Concluse, ridacchiando.
Dominique lo colpì al braccio con la pochette, indispettita, mentre l’altro si avvicinava ancora, un’espressione sfrontata dipinta sul bel volto.
Calma e finezza, Dom. Calma e finezza.
«Oh, piano, Minnie!» Esclamò lui, la voce intrisa di ironia. Sapeva benissimo che Dominique odiava quel soprannome – risalente a dieci o quindici anni fa, quando ancora giocavano insieme nel parco dietro l’angolo, prima della loro secolare rivalità.
«Muori, Jack»Sibilò Dominique. «E anche se fosse? Non vedo quale sarebbe il tuo problema.»
«Oh, io non ho nessun problema, cara.» Stavolta fu Jack a squadrarla dall’alto in basso, sussurrandole parole velenose ad una distanza impercettibile dal suo viso. «Per me puoi benissimo continuare a fare la squillo d’alto borgo.»
Si allontanò di qualche passo, sorridendo, lasciandola nuovamente preda dell’aria fredda di fine ottobre. Per quando volesse negarlo, Dominique doveva ammettere che aveva fascino.
I fari di una macchina illuminarono i profili delle case in fondo alla strada, proiettando ombre scure intorno alle mura e posandosi sul viso divertito di Jack.
«Vai!»Dominique minacciò il vicino a denti stretti, agitando la borsetta che teneva ben salda nella mano sinistra, stringendola come antistress. «Vai!»
Jack alzò le mani, le fece ricadere pigramente in tasca e si voltò, camminando lentamente verso la palazzina di fronte. Fu in quel momento che Dominique notò che era piuttosto elegante per i suoi standard.
Non vorrà mica venire alla festa… no, impossibile.
Per un attimo aveva sperato – temuto – che ci sarebbe stato anche lui nella villa del ministro Shacklebolt. Non avrebbe retto le sue occhiate derisorie, quasi di rimprovero, per tutta la sera. Fece un respiro profondo e abbassò lo sguardo sulla lucente auto nera che le stava davanti.
-Probabilmente avrà un qualche appuntamento con la prima sciacquetta rozza che ha trovato- Pensò, con una punta di acidità, non del tutto convinta che uscisse con una “sciacquetta rozza”. Jack aveva buon gusto, nonostante a Dominique sembrasse di essergli totalmente indifferente.
Il maggiordomo aprì lo sportello posteriore, con un inchino rispettoso – oh, come amava sentirsi potente. Si sistemò il vestito prima di prendere posto nel sedile in cui il suo accompagnatore la aspettava.
«Ah, carino il vestito»La voce beffarda di Jack la fece rimanere immobile, incapace di sedersi o di fare altro. «Un po’ troppo corto, forse… ma per quello che servirà!»
Dominique afferrò la maniglia con rabbia e chiuse lo sportello con un po’ troppa forza, prima che lo sconvolto autista potesse farlo, ma fece comunque in tempo a sentire la risata sonora di Jack. Si sentì arrossire, con sua immensa vergogna, e si voltò verso il finestrino.
«Benvenuta, cara»Mormorò il proprietario della Limousine – Lord Henry Wotton, proprietario di un’importante azienda di pozioni – un uomo sulla trentina piuttosto affascinante.
Dominique lo guardò con un sorriso ammaliante, sbattendo le ciglia scure con fare civettuolo per nascondere l’imbarazzo del momento precedente.
«Chi era quello?»Domandò Lord Henry, pensieroso, mentre l’auto iniziava il suo viaggio veloce verso la villa più lussuosa della Londra magica e non.
«Oh, nessuno» Rispose Dominique, cercando di controllarsi. «Uno stupido zotico.»

***

Rose Weasley non aveva trovato un accompagnatore per il ballo.
A dire il vero, non lo aveva nemmeno cercato, troppo presa dai suoi mille impegni – ovvero procurarsi una casa, un lavoro e prepararsi per quel maledetto, improvviso ballo. Suo fratello si era gentilmente offerto di andare con lei – forse per far finalmente il bravo figlioletto e rendere fiera loro madre – e, altrettanto gentilmente, si era dileguato per cercare prede, o almeno così le era parso di sentirlo borbottare. Così, per non fare la figura della perfetta idiota o della ragazzina capitata lì per caso, aveva preso posto al bancone del bar allestito per l’occasione, insieme a sua cugina Lily, che sorseggiava pensierosa il suo drink. Lily aveva sempre un certo fascino, ma quella sera era veramente esplosiva nel suo abito scollato, che metteva in risalto i capelli rossi, lunghi e setosi più che mai – leggermente differenti da quella stoppa che si ritrovava e che Dom aveva cercato di acconciare in boccoli ben lontani dalla perfezione, ma tutto sommato passabili. Quella sera, in effetti, anche lei era molto elegante; aveva addirittura indossato un abito lungo e piuttosto ingombrante, seguendo il consiglio – l’ordine – di Dominique. La cugina era arrivata qualche minuto prima in compagnia di un elegante signore di una decina di anni più vecchio di lei, dall’aria spocchiosa e sicura di sé. Ordinò un altro drink distrattamente e Lily le rivolse un sorriso smagliante, accennando a un brindisi. Forse persino Hugo, vedendola vestita così, ci avrebbe fatto un pensierino.
Non fece nemmeno caso a Lily che si alzava e si allontanava, quando adocchiò una figura conosciuta nell’angolo opposto della sala.
Scorpius Malfoy avanzava tra la folla salutando almeno cinque persone ad ogni passo, ostentando una simpatia che – Rose ne era certa – non gli apparteneva più di tanto.
Giocò un po’ con la cannuccia, agitando le bollicine, tanto per distogliere lo sguardo da quel biondino che la metteva un po’ in soggezione e che, se proprio doveva ammetterlo, in smoking stava davvero bene.

«Buonasera» Una voce alle sue spalle le fece immediatamente abbandonare la sua interessante occupazione.
Si voltò, pur sapendo che la voce apparteneva proprio a Scorpius, e lo salutò con aria vaga, come se avesse appena notato che fosse lì anche lui.

«Oh, buonasera a te» Alzò entrambe le sopracciglia e lo guardò a lungo, con un sorrisetto che faticava a reprimere. Riprese immediatamente a rigirare la cannuccia nel bicchiere, per darsi un’aria annoiata e distante. Quella serata era finalmente diventata interessante.
Scorpius sorrise a sua volta e fece per dire qualcosa, ma una voce melliflua lo interruppe prima che potesse aprir bocca. 

L’atmosfera che si respirava nella Sala Ricevimenti era confusionaria, avvolgente nelle fragranze delicate dei profumi delle signore presenti; stordente, quasi, nel continuo chiacchiericcio degli invitati. A Scorpius bastò un’unica occhiata per comprendere l’andazzo della festa e prevedere quanto mortalmente si sarebbe annoiato.
Cercò qualcuno di interessante fra la folla, con la segreta speranza di incontrare Rose Weasley e i suoi fiammeggianti capelli rossi, ma gli unici profili familiari che incontrò in quella prima scansione appartenevano a vecchi amici di famiglia dai quali si premurò di tenersi alla larga.
Dopo quasi un’oretta buona passata a guardarsi intorno e a nascondersi in provvidenziali angoli della Sala al passaggio di conoscenze indesiderate, ebbe le scatole piene di rimanersene lì e decise di dare una mossa alla serata.
Si diresse al bancone del bar, già pronto a soffocare il crescente senso di oppressione e noia con un MagiMartini frizzante, ed evitò di andare a sbattere contro una ragazzina dal vestito dorato che sembrava aver bevuto troppo con una mossa veloce.
La ragazzina ridacchiò, completamente incurante della situazione, e lo guardò con una smorfia vagamente maliziosa che a Scorpius ricordò quelle che le sue compagne di casata mettevano su ai tempi della scuola, quando cercavano di blandire i loro fidanzati. Quanto tempo era passato, da quando era uscito con qualcuna?
Troppo, si disse, davvero troppo tempo.
Questo pensiero lo spinse con ancor più decisione verso il bar e, una fugace apparizione di una chioma rossa vicino agli alti sgabelli del bancone, lo fecero accelerare ancora di più l’andatura.
Aveva cercato Rose Weasley tutta la sera e, improvvisamente, l’aveva trovata non appena la sua mente l’aveva lasciata andare. Scorpius era stato Corvonero e sapeva che le cose, nella vita, andavano spesso così.
Non c’era destino, predestinazione, fato e stelle. C’erano momenti giusti, momenti sbagliati e diversi modi per sfruttare le situazioni.
Rose portava un abito rosso come i suoi capelli –scelta avventata e discutibile- ma la sua schiena era scoperta e Scorpius riusciva a visualizzare e a concentrarsi solo su quella. Stringeva fra le mani uno scadente bicchiere di champagne –Scorpius l’aveva assaggiato e gli aveva dato il voltastomaco- e uno dei piedi che si intravedevano sotto la gonna lunga batteva ritmicamente a tempo con la musica. Stava parlando sottovoce con un ragazzo dai capelli scuri, che Scorpius riconobbe come suo fratello, e una ragazza vestita di verde che, a giudicare dalla chioma rossa, doveva essere un’altra sua parente e lui decise di aspettare che quelli si allontanassero, prima di avvicinarsi a lei.
Dopo poco, infatti, Hugo Weasley si allontanò, catturato da qualche ragazza dallo sguardo provocante o dalla gonna troppo corta –Scorpius, da quel poco che l’aveva conosciuto a scuola, si era fatto l’idea che il giovane Weasley pensasse con quello che aveva nei pantaloni- e, dopo qualche altro minuto anche la ragazza in verde scomparve fra la folla,  così che Scorpius fu pronto all’azione.
Si divertiva un mondo, ad apparire così all’improvviso.
Lui e Rose non erano mai stati molto amici ma Scorpius delle volte si era ritrovato a fissarla –soprattutto dopo l’incidente nell’aula di Pozioni-, qualche volta si erano parlati e quei pochi momenti gli erano bastati per delinearla come una con la testa perennemente fra le nuvole.
Quello non era cambiato, a quanto gli sembrava, ma della ragazzina che si sorprendeva per ogni cosa e faceva esplodere il suo calderone era rimasto poco e niente.

«Buonasera» le disse, mentre lei si girava verso di lui, il bicchiere di champagne ancora in mano e un sorriso sulle labbra.
Aveva le labbra davvero rosse, quella sera, Rose e Scorpius perse per un attimo la concentrazione, mentre aspettava che rispondesse al saluto.

«Oh, buonasera a te» esclamò lei.
Scorpius fissò ancora le sue labbra rosse, rosse come i suoi capelli, come il suo vestito e come il sangue che all’improvviso sembrava essergli defluito completamente dal cervello e aver raggiunto i pantaloni.
Sapeva che era idiota, esagerato e forse anche un po’ inopportuno fare di certi pensieri ma in quel momento avrebbe voluto solo prenderla per un braccio, artigliare forte quelle spalle pallide fino a graffiarle e lasciarle dei segni rossi –rosso come il vestito, le labbra, i capelli, rosso, rosso- e sentire la sua voce nell’orecchio che parlava, che sussurrava, che affannav…

«Scorpius Malfoy?»
La voce femminile che lo aveva chiamato non era quella di Rose.
Questa fu l’unica cosa che Scorpius riuscì a realizzare prima di girare su sé stesso, a fronteggiare il suo interlocutore. Era una donna sulla cinquantina, forse qualche anno in meno ma certamente più grande di sua madre –Scorpius non era mai stato bravo, a dare un’età alla gente, il che, essendo un Auror, non andava certamente a suo vantaggio- e portava i capelli biondi corti sulle spalle. Le ciocche chiare le ricadevano ordinate, con una riga sulla sommità del capo che li suddivideva perfettamente a metà e nessun capello fuoriusciva dalla complicata acconciatura in cui erano raccolti solo in parte.
Ebbe l’impressione di averla già vista, da qualche parte, ma il suo viso continuava a sfuggire dalla sua memoria, come cercare di trattenere l’acqua a mani nude.

«Si, sono io» disse, sentendosi estremamente stupido l’attimo dopo.
«Sono Marissa Yaxley, un vecchia amica di tuo padre» la donna, nel parlare, inclinò appena la testa, quasi stesse scrutando una specie rara e in via di estinzione «Mi chiedevo se potresti seguirmi un attimo...»
Scorpius cercò di non apparire troppo scorbutico e scocciato ed era proprio sul punto di dire qualcosa come “mi dispiace, ma al momento non posso proprio”, quando Marissa Yaxley fece un breve cenno in direzione di Rose.
«E’ un affare privato» disse, e Scorpius sentì Rose poggiare con più forza del dovuto il suo drink sul bancone «Se tu fossi disposto ad ascoltarmi…»
La donna sorrise, ma i suoi occhi rimasero freddi e immobili.
Scorpius giunse alla conclusione che non sarebbe riuscito ad evitare quella spiacevole situazione neanche volendo, soprattutto visto che Rose sembrava, ogni attimo di più, sempre meno propensa a far avverare la sua fantasia di poco prima.

«Rose, ti dispiace?» disse comunque, girandosi verso di lei con una espressione di scuse molto sentita «Nel caso ci rivediamo più tardi»
Rose si strinse nelle spalle, cercando di darsi un contegno «Come vuoi»
Aveva un’espressione indifferente ma a Scorpius, che era stato Corvonero e che aveva a che fare con persone anche più criptiche di lei –suo padre, per esempio- capì che c’era rimasta male. Con la promessa di ritornare il prima possibile da lei si affrettò a seguire la scia di profumo di Marissa e la raggiunse accanto ad una porta vetrata che dava sul giardino.
«Mi dispiace di aver disturbato la tua serata, Scorpius Malfoy» Marissa aveva le braccia incrociate sotto il seno e una espressione dura in viso «Immagino che avresti preferito rimanere in compagnia della tua amica. Eppure Draco mi aveva detto che saresti stato più che felice di raggiungerci e trattenerti al nostro tavolo, questa sera»
Scorpius non ebbe altra scelta che convenire all’implicito ordine di seguirla e, mentre la precedevano sottobraccio –Marissa glielo aveva afferrato con una inaspettata forza e lo aveva spinto sotto il suo- e si avviavano, non poté fare a meno di lanciare uno sguardo di desiderio al bancone del bar, dove Rose Weasley continuava a bere tutta sola il suo champagne.

***

Cassandra si stava stranamente divertendo.
Scorpius Malfoy era biondo, alto e di un anno più piccolo di lei.
Inoltre, oltre ad essere in grado di portare avanti una conversazione praticamente da solo, cosa che risultava essere estremamente provvidenziale con lei, sembrava dotato di una gran cortesia. Certo, nel suo modo di parlare c’era sempre un sottile strato di malizia, quasi la stesse segretamente e garbatamente prendendo in giro, e poi i suoi occhi volavano sempre per la Sala, alla ricerca di qualcosa di cui Cassandra non era stata messa a conoscenza; ma era quasi piacevole starlo ad ascoltare e, in breve, persino le occhiate sibilline di Emma, seduta di fronte a lei persero interesse e importanza.
Dopo una mezzoretta che discutevano del più e del meno –o, per lo meno, Scorpius recitava un perfetto monologo sfruttando tutti gli argomenti derivanti dal luogo in cui si trovavano- il ragazzo si interruppe di colpo. Cassandra lo fissò perplessa e, seguendo con lo sguardo la direzione verso cui si era voltato, scorgeva un fornito gruppo di persone che parlavano, vicino al bancone del bar. A Cassandra non erano sconosciuti, indubbiamente li aveva già visti da qualche parte, ma non era mai stata una forza con i nomi e le facce, perciò si limitò a riconoscere i due ragazzi con cui Emma aveva flirtato ad inizio serata e, forse, le loro accompagnatrici, una ragazza dal lungo vestito rosso e una con i capelli biondi che sembrava quasi scintillare sotto la luce del lampadario, forse per il vestito di paiette che indossava.
Scorpius, intanto, si era ripreso, aveva scosso la testa -come a scacciare via qualche brutto pensiero- e aveva incrociato per un attimo lo sguardo severo di sua madre, a pochi metri da loro. Cassandra distolse il suo, giocherellando con il tovagliolo che portava in grembo.
Il Ministro, che mentre loro conversavano aveva fatto il suo ingresso in Sala, aveva dato il benvenuto agli ospiti e, dopo aver rimandato le questioni importanti al brindisi di Mezzanotte, come ogni anno, aveva augurato a tutti una buona serata e aveva, schioccando le dita, fatto apparire le pietanze ai tavoli.
Scorpius si era servito velocemente, portandosi una porzione abbondante di tutto sul piatto. Stava per iniziare a mangiare quando, forse con un residuo automatico della sua buona educazione, si preparò a riempire anche il piatto di Cassandra.
«Signorina Morland, potrete mai perdonarmi? Ho dimenticato, fra questi piacevoli discorsi, di portare a termine i miei doveri di cavaliere! Ho praticamente parlato solo io e non vi ho chiesto assolutamente nulla di stupido per tutta la sera! Se dobbiamo fare questa sceneggiata della dama e del cavaliere ottocenteschi, almeno facciamola bene!»
Cassandra non sapeva se le era concesso ridere, forse nemmeno ci sarebbe riuscita, con lo sguardo gelido di zia Marissa sulla schiena, ma un sorriso le scappò, facendole sollevare l’angolo della bocca e brillare gli occhi.
«Oh, ma non si preoccupi»disse piano e sottovoce. Se fosse stata sua sorella Emma, pensò Cassandra, le cose sarebbero andate diversamente. Innanzitutto gli avrebbe già dato del “tu” e avrebbero condotto una conversazione di certo più piacevole e divertente, invece di nascondersi dietro la cortesia e le regole della buona società purosangue.
«Ma devo preoccuparmi, Cassandra! Quindi ecco la buona dose di domande che un gentiluomo deve propinare alla sua dama, perché possa essere definito tale e perché la strana coppia che formiamo possa essere riconosciuta tale come tutti!»
Scorpius parlava come se fosse appena uscito da uno dei libri sull’Ottocento e a Cassandra venne da ridere. Se prima aveva sospettato che lui la stesse prendendo in giro, con i suoi modi affettati e esageratamente cortesi, ora ne aveva la certezza. Chissà perché, la cosa non la disturbava più di tanto.
«Dunque, Cassandra, ho sentito che avete frequentato Hogwarts!»disse, aggiustandosi meglio la cravatta e passandosi due dita oltre il colletto della camicia, come ad allontanarla e renderla meno aderente «Non è vero?»
Cassandra pensò che, in effetti, la sua espressione artefatta era davvero divertente e rispose compitamente «Oh, certo, ero una Tassorosso!»
«Ma davvero?»Scorpius spalancò la bocca e si sventolò il viso pallido con una mano, in una stramba imitazione di una nobildonna ottocentesca.
«E perché ve ne stupite tanto?»
«Perché? Mi state davvero chiedendo perché una cosa così banale come l’andare all’unica scuola di magia d’Inghilterra possa stupirmi?»la voce di Scorpius era salita in un ridicolo falsetto ma, finita la frase, ritornò alla sua normale tonalità «Non so, pensavo che la vostra risposta meritasse una forte emozione da parte mia, che sono il vostro cavaliere. E la sorpresa è di gran lungo l’emozione più facile da fingere!»
Cassandra, questa volta, si concesse un risolino perché la faccenda della recita, della dama e del cavaliere era carina e le sarebbe piaciuto che Scorpius fosse rimasto con lei un altro po’, invece di alzarsi sotto ordine di suo padre e raggiungerlo fuori.
«Mia cara dama adorata»disse, con la voce seria e lo sguardo ardente, proprio come i cavalieri dei romanzi «Ora devo rivolgervi un sorriso affettato e tornare ad essere ragionevole, perché mio padre mi chiama e non credo che se mi rivolgerò a lui in questo modo l’apprezzerà come lo apprezziamo noi!»
Cassandra fece un educato cenno con il capo, sentendosi una regina a cui i servitori chiedevano il permesso di congedarsi.
«Che brutta figura che farò sul vostro diario!»lo sentì dire mentre si allontanava.
«Cosa? Diario?»
«Ma certo, il diario dove scrivete le vostre meravigliose avventure, i colori dei vostri vestiti e le proposte dei vostri corteggiatori»Scorpius fece un cenno con la mano, come a sminuire le stupidaggine che aveva appena detto «So già che scriverete cose terribili su di me! Qualcosa come “un pazzo questa sera ha iniziato a sparare stronzate sul 1800 e ho dovuto essere accondiscendente per paura che mi uccidesse e nascondesse il mio corpo martoriato, sfruttando la sua posizione di Auror per insabbiare la cosa!”»
«Non ho un diario!»esclamò Cassandra.
«E allora siete una dissoluta ragazzina del ventunesimo secolo, non certo una nobildonna!» esclamò Scorpius, con una finta espressione oltraggiata, prima di sorridere e voltarle le spalle.
Cassandra rise e la sua risata attirò lo sguardo sorpreso di zia Helen e quello freddo di zia Marissa. Ma Cassandra era tutta presa a guardare Scorpius, a trovarlo bello e gentile e a farselo piacere più di quanto avrebbe dovuto.
Perché nessuno era mai stato tanto gentile e simpatico con lei, nessuno l’aveva mai trattata diversamente da un soprammobile di nemmeno tanta bellezza e Cassandra sentiva il cuore batterle forte al pensiero di passare il resto della serata con lui e, per Merlino!, ballare a Mezzanotte con lui.

***

 
Ophelia non capiva perché avesse accettato di andare a quella stupida festa del Ministero. Sua madre si era entusiasmata fin quasi a svenire, quando l’aveva vista tornare a casa col permesso di due giorni –un weekend, la preside non aveva fatto tante storie per accordarlo a lei e a Lucy, visto che si trattava di un evento del Ministero. Aveva passato tutto il giorno a blaterare sulla nuova, meravigliosa possibilità che le veniva offerta, quella di entrare nell’élite. Suo padre, invece, le aveva proposto di presentare la sua azienda a qualche importante imprenditore del mondo magico, così da allargare la sua clientela anche al di fuori della popolazione babbana. Peccato che possedesse un’industria che produceva computer, ma Ophelia aveva annuito distrattamente per non deluderlo. Le avevano fatto infilare a forza il vestito che sua madre si era precipitata a comprarle, e le sarebbe anche piaciuto se non fosse stato così dannatamente corto e scomodo. Almeno, era riuscita ad ottenere un compromesso: aveva lasciato i capelli sciolti, senza costringerli in elaborate – e insopportabili – acconciature.
Si era guardata allo specchio, prima di andare, e si era trovata insolitamente carina. Pensava che nessuno avrebbe avuto il coraggio di guardarla con disprezzo, quella sera. E che forse, se anche Albus Potter fosse stato presente alla festa, l’avrebbe notata. Non nel modo in cui facevano tutti, ma come una ragazza. Quella sera, Ophelia si sentiva particolarmente orgogliosa e coraggiosa.
In quel momento, però, quell’ottimismo che aveva provato prima di entrare nella Sala più grande che avesse mai visto, si era sgonfiato veloce come un palloncino. Albus Potter c’era e come, a quella festa. C’era, in quel vestito che attirava come una calamita gli sguardi su di se. C’era, con una ragazza in abito rosso che non aveva tardato a riconoscere come una del suo anno particolarmente antipatica. Non era particolarmente carina, anzi era piuttosto bassa e tozza. I suoi capelli risultavano di un biondiccio anonimo e fastidioso, e aveva un’espressione cattiva che non le donava affatto. Ophelia – accidentalmente – aveva seguito Albus con lo sguardo per tutta la sera, aspettando il momento propizio in cui parlargli, passargli davanti o fare qualsiasi cosa per attirare la sua attenzione. Non che la volesse, chiaro. Lei odiava Albus Potter e odiava i suoi occhi così dannatamente verdi.
Ma da quando Sephora Jordan si era appiccicata a lui come una piovra, aveva gettato la spugna. Non le andava che lei raccontasse a tutti della sua fama al castello. Albus avrebbe potuto pensare che era strana… e da quando a lei importava l’opinione della gente? Di un ragazzo – che per giunta odiava?
Si era detta che era meglio evitarlo. La verità era che si stava nascondendo, perché lei non era coraggiosa. Lei aveva paura. Si avvicinò ai piccoli tavoli rotondi cautamente, dopo aver verificato che Albus non fosse nei paraggi. Lucy era praticamente sparita, e con lei il cugino, Louis Weasley. Probabilmente stavano litigando come sempre e non gli era parso carino farlo nel bel mezzo di una festa.
Prese la sedia di un tavolo occupato solo da una giacca elegante che poteva appartenere a un uomo di mezza età e si sedette, sospirando. Si sentiva immensamente ridicola a star lì, da sola, mentre gli altri intrattenevano rapporti sociali molto probabilmente fittizi con gente che, forse, non stava simpatica nemmeno a loro. Persa nei suoi pensieri, non si accorse della gente che si avvicinava al tavolo.
Marissa Yaxley prese posto con disinvoltura, ignorandola, quasi come se fosse un’altra giacca depositata distrattamente sulla sedia. Anche Ophelia non fece caso alla signora che aveva appena preso posto accanto a lei, almeno fino a quando un colpo di tosse non la fece sobbalzare. Si voltò e vide una donna sulla cinquantina, dall’aspetto arcigno, che controllava con grande attenzione un modulo. Ricordava di averla vista da qualche parte, forse sulla Gazzetta del Profeta un paio di settimane prima. Presto, la raggiunse anche un’altra donna che le somigliava molto, ma sembrava avere un’aria decisamente più svampita. Anche lei si mise a controllare i fogli che quella che doveva essere la sorella teneva in mano, e cacciò un urletto di disperazione. A Ophelia piaceva osservare la gente. Per esempio, aveva già capito che la nuova arrivata non doveva essere particolarmente intelligente o interessante. La aveva etichettata come una di quelle solite signore dell’alta società che cercano a tutti i costi di entrare nel giro e rimanerci. E non aveva torto.
«Marissa!»Esclamò, in preda alla disperazione, facendo voltare un gruppetto di persone poco lontano «Mancano due ragazze! Io lo sapevo, la serata è compromessa, il Comitato verrà destituito e… oh, cielo, cosa dirò alle mie nipoti…»
Marissa le gettò un’occhiata gelida che la fece ammutolire immediatamente.
«Vedi, Helen cara»Disse con voce piena di tagliente ironia. «La Sala è piena di ragazze. Forse dovresti indossare i tuoi occhiali, magari sembreresti meno sciocca e vedresti meglio la gente attorno a te»
Helen si limitò a digrignare leggermente i denti, ma non rispose. Si vedeva chiaramente che Marissa la metteva in soggezione. E anche Ophelia si sentiva allo stesso modo davanti a quella signora dagli occhi gelidi. Era una di quelle persone con cui sperava di non aver mai a che fare.
«Per esempio…»Borbottò, e guardò proprio lei. Ophelia si affrettò a distogliere lo sguardo, ma era troppo tardi. «Lo so che stavi origliando, carina»Disse Marissa, mentre Helen si portava una mano alla bocca con aria sconvolta.
«Oh, no, io…»Cercò di giustificarsi, ma non le venivano le parole. Era come se quello sguardo la incatenasse alla sua sedia e le impedisse di contraddirla.
Helen sussurrò qualcosa all’orecchio di Marissa, indicando l’orologio argenteo. Evidentemente, aveva fretta.
«Non preoccuparti»Marissa agitò una mano come a scacciare qualcosa, e sorrise. «Dunque, dicevo… per esempio, questa graziosa ficcanaso potrebbe aiutarci»
«I-io?»Balbettò Ophelia. Poi, in uno slancio di impudenza, aggiunse. «La ficcanaso non è intenzionata ad aiutarvi» Non appena ebbe realizzato ciò che aveva appena detto, sgranò gli occhi e sentì uno strano impulso che la spingeva a scappare.
«La ficcanaso»ripeté Marissa, questa volta minacciosa. «Deve aiutarci, visto che mancano cinque minuti al ballo»Si alzò, la prese per un braccio e si guardò intorno. Agguantò il braccio di una ragazza dai capelli rossi cugina di Lucy e la trascinò verso un gruppo di ragazze piuttosto agitate, non lontane dal centro della Sala.
«Cosa vuoi da me, Marissa?»Chiese la ragazza, liberandosi della presa con uno strattone.
«Oh, Weasley, solo che tu prenda parte al Ballo. Sai, tua cugina non ci ha volute deliziare della sua presenza, questa sera. E mi aspetto che almeno una donna della tua famiglia partecipi. Lasciamo da parte i rancori.»
«Non è vero, Marissa, tu sai benissimo che mi stai mettendo in difficoltà.»Ringhiò Rose, ma la sua voce fu coperta dal suono del walzer appena cominciato dai violini.
«Un due tre un due tre, due passi a destra, uno a sinistra»Suggerì Marissa ad alta voce, con un sorrisino malefico, mentre Ophelia e Rose realizzavano che, in mezzo alle ragazze che avanzavano lentamente verso la pista da ballo e con la Sala improvvisamente al buio, rischiarata solo nella parte centrale – quella in cui si trovavano – sarebbe stato impossibile scappare.
Ophelia cercò di copiare il passo delle altre ragazze e sentì che stava sudando freddo.
Calma, Oph. Sei nel tuo mondo. E nessuno ti sta guardando.
Quando una schiera di ragazzi in smoking emersero dall’oscurità, di fronte a loro, si levò un applauso dapprima contenuto, poi sempre più forte. Ophelia riconobbe, tra i tanti, un paio di inconfondibili occhi verdi. Il suo cuore si fermò.
Accanto a lei, Sephora la guardava sconvolta, chiedendosi cosa ci facesse ad un Ballo di Gala, da protagonista. Ophelia sostenne il suo sguardo, lanciandole un’occhiata di superiorità che avrebbe benissimo potuto appartenere alla rivale. Non era difficile guardarla dall’alto in basso, soprattutto su quei tacchi vertiginosi. Quando si voltò, la Sala non esisteva più per davvero. Si fermò insieme alle altre, Albus Potter a pochi centimetri da lei, di fronte a Sephora. Forse doveva essere il suo cavaliere, pensò con un tuffo al cuore. Incontrò il suo sguardo, e Albus le fece un occhiolino che non prometteva nulla di buono. Improvvisamente, tutte le ragazze si mossero verso i rispettivi cavalieri, ma Sephora non ebbe il tempo di raggiungere Albus, perché lui aveva già raggiunto Ophelia, posandole una mano sulla schiena nuda, avvicinandole a sé e sussurrandole all’orecchio «Ciao, Ophelia»
Ricordava il suo nome. Ophelia posò le sue mani sulle spalle di Albus, incerta, e cominciarono a danzare insieme alle altre coppie, che sembravano in verità molto più esperte di loro. Fortunatamente, Albus se la cavava abbastanza bene e non faceva notare più di tanto che lei era un’assoluta frana. La sua vicinanza le risultava quasi fatale. Non riusciva a pensare, a parlare, a togliersi dalla faccia quell’espressione da ebete che doveva avere in quel momento.
«Gira»Mormorò Albus, e Ophelia sentì un brivido. Si allontanò e fece un giro incerto, per poi ritornare di botto tra le sue braccia. Adesso la musica era cambiata. E l’atmosfera era più calda. La paura era del tutto scomparsa. Restava solamente l’imbarazzo di trovarsi letteralmente appiccicata ad Albus.
«Sei brava»Le sussurrò «A proposito, che ci fai qui?»
Ophelia decise di giocare a quel gioco anche lei. Si sporse verso il suo orecchio, facendosi più vicina. Il cuore le batteva all’impazzata.
«Tuche ci fai qui?»
Al soffocò una risatina e la fece girare lentamente, in perfetta sincronia con le altre coppie. Poco distanti da loro, Rose e un ragazzo biondo cercavano di tenere il passo, senza molto successo.
«Io sono Albus Potter»Esclamò il ragazzo, ancora con lo stesso ghigno furbo che Ophelia odiava. O fingeva di odiare.
«E io sono Ophelia Greene» Replicò lei, seccata. Albus la strinse più forte e si avvicinò al suo collo, lasciandola letteralmente paralizzata. Parlò a uno spazio infinitesimale dalla sua pelle, facendo attenzione a scandire le parole.
«Moderiamo il sarcasmo, signorina Greene.»Si spostò un po’ più in alto, e Ophelia deglutì. «Sei nelle mie mani, ora. Potrei farti quello che voglio.»Calcò sulle parole quello che voglio con quel suo tono sicuro e sconvolgente.
«Non ho paura»Mormorò Ophelia, distraendosi e sbagliando un passo.
«E allora» Albus sorrise, trionfante. «Perché stai tremando?»
Ophelia non si era nemmeno accorta di aver cominciato a tremare. Né di star stringendo la sua giacca con troppa forza, né di aver rovesciato la testa leggermente all’indietro, come se fosse in un altro mondo. Un mondo che non era più solo suo.

  
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