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Autore: TaliaAckerman    09/07/2013    6 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Dubhne alzò il viso dal proprio lavoro a maglia e guardò fuori dalla finestra, per quella che doveva essere la milionesima volta. Il sole era ormai all'altezza delle colline; stava per tramontare. Finalmente.
La bambina si stiracchiò le gambe intorpidite e sbadigliò forse un po' troppo sonoramente, beccandosi un'occhiataccia da parte di Alesha. Frettolosamente, Dubhne ricominciò ad intrecciare ago e filo, ma sul suo viso c'era l'ombra di un sorrisetto.
Infatti pochi secondi dopo Heixa, la sorvegliante del loro reparto, batté le mani annunciando:- Portate qui i tessuti da ricamare, finiremo domani il lavoro. Avanti, svelti.
Dubhne e Alesha si alzarono portando la tovaglia su cui avevano lavorato sul tavolo in fondo alla stanza, e uscirono parlottando.
Quello era per Dubhne il quinto giorno come apprendista sarta. Inutile dirlo, era un lavoro faticoso. All'alba dovevano essere sempre tutti in piedi, già vestiti e pronti per i turni di inizio giornata. La mattina Dubhne lavorava al telaio assieme a Richard, Johanna, Norik e altri ragazzi di cui non conosceva ancora i nome. Invece di pomeriggio, fortunatamente, incrociava Alesha nelle ore di ricamo. La "classe" era composta perlopiù da ragazze, e il loro compito era quello di abbellire e rifinire tovaglie, fazzoletti e abiti con fili e spaghi colorati. Le dita della bambina si erano presto riempite di taglietti e piccoli fori, provocati dagli aghi appuntiti. Aveva avuto solo una mezza giornata per imparare tutto sul lavoro dei sarti, e di certo non poteva ancora considerarsi un'esperta.
- Mi fanno male i polsi...- si lamentò con Alesha, mentre le due si avviavano verso il refettorio.
La ragazza annuì gravemente. - Lo so Dubhne, me lo ripeti tutti i giorni... ma devi abituartici. Questa ormai è la tua vita.
Dubhne avrebbe voluto risponderle di essere meno pessimista, ma proprio in quel momento dietro di loro comparvero Dills e Charlons che correndo urtarono bruscamente la bambina, facendola inciampare a terra. - Ahia!
- Quei due imbecilli!- inveì Alesha sottovoce, aiutandola a rialzarsi. Dubhne si tastò un ginocchio, dove presto sarebbe comparso un vistoso livido violaceo. - Non li sopporto più...- piagnucolò, stringendosi al braccio dell'amica. - Ma perché ce l'hanno con me? Che cosa gli ho fatto?
- Mmm, non credo che sia una questione di
cosa - rispose Alesha pensierosa. - Semplicemente hanno trascorso qui praticamente ogni singolo giorno della loro infanzia e, diciamocelo, non è stata un'esperienza propriamente felice. E così adesso che sono loro i grandi, vogliono che per tutti i nuovi arrivati qui sia un inferno.
- Un inferno?- ripeté Dubhne, più nervosa di prima. - Davvero non smetteranno mai di darmi fastidio?
Alesha inaspettatamente scoppiò a ridere. - No Dubhne, stai tranquilla. Forse per i primi mesi le cose andranno così, ma vedrai che col tempo verrai accettata dal gruppo, come tutti gli altri.
- Dici?- fece Dubhne poco convinta.
Deglutì. Odiava quel posto, odiava il signor Tomson e odiava gli altri apprendisti. Persino i sorveglianti parevano avercela con lei.
L'unica persona con un po' di rispetto e amicizia era Alesha. Sì, in pratica da quando Dubhne era arrivata erano diventate inseparabili. Una coppia piuttosto strana: lei, Alesha, la più anziana e matura apprendista della sartoria e Dubhne, l'ultima arrivata, bambina fragile e incerta presa di mira da tutti. Per lei, Alesha era la cosa più vicina ad una famiglia che avesse, in quel luogo così estraneo e inospitale.
E infine giunse l'ultimo giorno del mese. Finalmente Dubhne avrebbe potuto rivedere i suoi genitori. La bambina non era ancora sicura di averli perdonati per ciò che le avevano fatto, ma comunque aveva bisogno di rivederli. Le erano mancati terribilmente in quelle poche settimane di permanenza a Célia, e a volte la bambina aveva versato qualche lacrima di solitudine, stesa nel suo letto quando tutti gli altri dormivano. Quello d'altronde era l'unico momento che aveva per se stessa. Per il resto, gli orari erano talmente fitti e faticosi che a malapena la bambina aveva tempo per mangiare fra un lavoro e l'altro. Non era una bella vita. Lei non era più felice che a casa sua. Affatto. Era vero, aveva pasti caldi e un letto tutti i giorni, ma avrebbe scambiato tutto all'istante con piacere, pur di ricevere un po' di calore.


- Dubhne, bambina mia, quanto mi sei mancata!- strillò Camlias abbracciando la figlia in lacrime per la commozione. Dubhne rispose a quella stretta, cercando disperatamente di trattenere il pianto. Anche suo padre la abbracciò forte, e le sussurrò con affetto:- Ci sei mancata tanto tesoro.
Quando poi si separarono, però, calò il silenzio. Dubhne non aveva idea di cosa dire per rompere l'imbarazzo. Avrebbe voluto piangere, tempestare i suoi genitori di calci, pregarli di riportarla a casa. E invece non aprì bocca.
- Allora, ehm... come ti sembra il tuo nuovo lavoro?- fece suo padre esitante, incerto quanto lei.
Come mi sembra? Come mi sembra? pensò Dubhne infuriata, ma non lo disse, e si costrinse ad alzare le spalle con enorme fatica.
- Hai trovato qualche nuova amica?- chiese Camlias timidamente. La bambina fece di nuovo spallucce. - Mah sì... qualcuna...- mentì. Non le andava di rivelare che in realtà in quel maledetto posto l'unica a rivolgerle la parola in modo gentile era Alesha. Seguì un silenzio imbarazzato. Poi all'improvviso, Dubhne scoppiò a piangere. - Oh mamma!- esclamò, buttandosi fra le sue braccia. - Non ce la faccio, non ce la faccio più! Non voglio restare in questo posto!
- No no Dubhne... non piangere, ti prego...- cercò di tranquillizzarla Camlias, accarezzandole i capelli. Poi la fece sedere sul suo grembo. - Ascoltami, ascoltami. Lo so che è dura... ma è l'unico modo, capisci? Devi stare tranquilla. Qui sarai al sicuro dalle malattie, dalla fame. Non dovrai mai preoccuparti di nulla, va bene?
Ma come faccio a non preoccuparmi se il signor Tomson è così esigente, se gli altri apprendisti mi odiano e l'unica a trattarmi con un po' di decenza è Alesha?
Suo padre la guardò con occhi carichi di comprensione, e per un attimo lei pensò che avesse compreso come stessero veramente le cose. Ma allora, perché la costringeva ancora a rimanere lì?
Nonostante tutto, il resto del pomeriggio trascorse serenamente. Dubhne ottenne addirittura il permesso di uscire dalla sartoria con i genitori per qualche ora.
Camminarono per le viuzze affollate di Célia, sederono sulle panchine della piazza centrale e Michael comprò alla bambina persino un pezzo di focaccia integrale, comprata dal fornaio. Era da settimane che la bambina si sentiva così in pace con se stessa e gli altri. Il sole - oh, se le era mancato!- le scaldava le gote rosee da bambina, e i suoi genitori la tenevano per mano.
Più di una volta, scorgendo le colline dietro i tetti delle case, la bambina fu presa dalla tentazione di scappare, fuggire da quel luogo tanto orribile. Ma, in cuor suo, sapeva di non avere molte speranze. Il signor Tomson sarebbe venuto a riprenderla personalmente, e allora tanti saluti al suo già precario filo di sopportazione. Per non parlare delle visite periodiche dei suoi genitori.
Così, appena il sole cominciò a tramontare all'orizzonte, Dubhne fu costretta a tornare a malincuore alla sartoria, e dire arrivederci ai genitori fino al mese seguente. Congedandosi da loro, la bambina avrebbe voluto piangere, ma decise che era tempo di piantarla con tutte quelle lacrime: aveva Alesha. Aveva i suoi genitori. E aveva ancora la speranza che quella non sarebbe stata la sua vita.





Note: per chiunque stesse seguendo la mia storia, ho da poco modificato la struttura della fan fiction; i capitoli che avete letto finora appartengono al passato della protagonista, mentre d'ora in avanti essi si intrecceranno con quelli del suo presente Il primo capitolo (che diverrà il secondo), verrà sostituito da un nuovo capitolo che parla del presente. I capitoli sul passato li differenzierò scrivendoli interamente in corsivo. Spero che questa revisione contribuisca a rendere la storia più coinvolgente e scorrevole.
Come al solito, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, recensite in tanti:) Bye bye.
  
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