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Autore: PeaceS    15/07/2013    4 recensioni
« Ogni volta che penserai che ti ho abbandonato, ti basterà guardare questo segno per ricordarti che tornerò. Non so’ quando, Draco, e nemmeno se mi vorrai ancora quando lo farò, ma io tornerò sempre da te » gli promise, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
Draco abbozzò un sogghigno placido, quasi dolce e in contrasto con i suoi occhi… tristi.
« Certo che tornerai sempre da me, Mezzosangue. È così che deve andare » mormorò con voce roca, sbilanciandosi appena quando lei gli buttò le braccia al collo, impetuosa.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Pansy, Luna/Ron
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo XIV -
Warrior






Anastasija strinse i denti con forza, sentendo le ossa scricchiolare pericolosamente. Lo sentiva, lo sentiva così prepotentemente da sentire il fiato mancare: Alekseij la stava chiamando con il sangue e la sua anima – che sembrava apparire sempre nei momenti più peggiori – si dibatteva per raggiungere sangue del suo sangue.  Spostò gli occhi verso la figura imbacuccata in sciarpe e guanti alla sua destra, sogghignando appena con le labbra rosse.
« Purgatum »
Fiamme rosse e languide lambirono il braccio di Hermione Granger che – con gli occhi serrati – cercava di far scorrere quel calore dal petto alle dita, frementi, come se avessero capito di essere il centro di quell’energia distruttiva.
« Purgatum » ripeté, stringendo le labbra e cercando di mantenere l’equilibrio, mentre, attorno a sé, gli altri trattenevano il respiro.
Anastasija, più pallida del solito, si fece da parte e il suo sogghigno divenne sempre più diabolico.
« Avanti, Hermione, mettici più rabbia! » sibilò e la riccia, come se fosse completamente soggiogata dal freddo delle sue fiamme, sprigionate dal suo corpo, mentre lei provava la magia più difficile di tutte: cercando di domarle per attaccare.
Se essere una Ignis all’inizio l’aveva terrorizzata, in quel momento vedeva il lato positivo della cosa: poteva aiutare Harry e Draco in quella guerra con un potere che nessuno conosceva.
Purgatum.
Era quella la magia d’attaccato, la parola che avrebbe dovuto pronunciare prima di scatenare un Inferno di fuoco. Non sembrava nemmeno così terribile. Purgatum. Purificazione. Eliminazione. Il fuoco avrebbe espiato le loro colpe. Il fuoco li avrebbe liberati dal loro male.
« Purgatum! » urlò e questa volta i ragazzi dovettero abbassarsi per non venire lambiti e bruciati dalla lava incandescente che scaturì dalle dita pallide della ragazza.
Anastasija respirò a pieni polmoni, mentre vedeva quegli occhi bruni accendersi di una luce particolare, viva, bruciante. I suoi occhi divennero di un arancione strabiliante, simili a ciocchi ardenti, e le fiamme sgretolarono i muri delle celle sotterranee, dove Anastasija li aveva portati per allenarsi.
Era buio e tetro e alcune catene appese al muro producevano sinistri rumori, ma se le fiammelle verde dapprima li avevano quasi resi ciechi per la scarsa veduta, ora il sotterraneo era illuminato da una nuova luce.
Purificazione. Eliminazione. Era quello il profumo che emanavano quelle fiamme, mentre le catene e le sbarre si liquefacevano al contatto col fuoco. No, quelle non erano fiamme normali, per niente. Era un potere che veniva dritto dall’anima e che, volente o nolente, avrebbe eliminato e purificato ogni cosa.
« Miseriaccia! » alitò Ron, con le mani sul capo e lo sguardo sbarrato: tutti sapevano cosa stava guardando. Gli occhi di Hermione erano di una bellezza straordinaria, ma non incutevano terrore, anzi; era qualcosa che travalicava ogni cosa di umanamente possibile.
E Draco, ancora una volta, riuscì a perdersi in quello spettacolo unico: le fiamme la lambivano, la stringevano e quegli occhi brillavano d’orgoglio, fierezza, simile allo sguardo di un leone che è pronto a sbranare la propria preda.
No, non c’era nulla da sorprendersi: lei era capace di tutto, anche di sopraffare la morte, volendolo.  « Merlino! » sbottò Harry, prima di correre nella sua direzione e afferrarla per i fianchi, evitando che si spiaccicasse con la faccia sul pavimento di pietra grezza.
« Tranquilli, ragazzi… fatele aria, è solo stanca » bisbigliò Anastasija, battendole le mani e guardandola con perverso compiacimento.
« Ci sei riuscita, finalmente. Divina, assolutamente divina!» si complimentò, mentre Hermione sorrideva sfinita.
Erano settimane che si allenava e ora finalmente ce l’aveva fatto, ricreando quella magia d’attacco che Anastasija aveva cercato di insegnarle; diceva che aveva fatto un giretto nel sud America e che aveva trovato cose davvero interessanti. Come, per esempio, un gruppo di Ignis alquanto incazzate che aveva quasi dovuto pregare per saperne un po’ di più su di loro.
Quasi era stata incenerita per quella mocciosa, ma – vedendo quello spettacolo unico – ne era valsa davvero la pena. Sorrise, veramente, per poi spostare lo sguardo su quella ventina di mocciosi raggruppati tutti in un angolo.
« Sono gli unici di cui mi fido davvero e che hanno lottato già una volta al mio fianco durante l’ultima guerra magica » disse Harry, sorridendo addolcito.
« E naturalmente sono molto più pochi dell’anno scorso, giusto? » mormorò Ana, mentre Blaise sospirava depresso, visto che quel testone di Theo non aveva voluto dirgli che diavolo gli passasse per la testa.
Si era rifiutato categoricamente di portarsi Astoria e aveva minacciato tutti di morte cruenta se ne avessero fatto parola con lei… in compenso non aveva fatto storie con Daphne, che ancora in via di guarigione si guardava attorno con un sogghigno disgustato.
« Perché, lei crede che ci sia qualcuno che voglia difenderci? Tutto questo sarà inutile, finiremo tutti quanti al creatore ancora prima di pronunciare “Avada Kedavra”! » sibilò ironica, mentre i Grifondoro s’infiammavano alle sue parole.
« Non fare tanto la santarellina, Greengrass! Voi serpi siete stati i primi a voler portare Harry alla gogna!  » sbottò Dean Thomas, inalberandosi e fissandola con rabbia.
Daphne puntò gli occhi gelidi su di lui, guardandolo con scherno. « Sta zitto, Thomas, che fai un favore all’universo. Voi siete qui solo perché il vostro orgoglio vi impedisce di girarci le spalle, ma covate così tanto rancore nei nostri confronti che non biasimate affatto i Santi! » sputò velenosa, lanciando quella stoccata micidiale e zittendo gli animi.
Anastasija sospirò: purtroppo aveva ragione lei. Tutti, in quella stanza, volevano combattere solamente per riscattare il bambino sopravvissuto… ma nessuno avrebbe rischiato le penne per quei ragazzi. In quella stanza c’era tanto astio e nessuno avrebbe difeso l’altro da un attacco alle spalle.
« Basta, state zitti. Non m’importa cosa vi ha spinto qua, a farvi allenare per combattere i Santi… ma sia chiaro. Al minimo cenno d’avvisaglia, di traditore o peggio, spione, giuro che prima vi dissanguerò e poi ballerò sulla vostra inutile carcassa. Ci siamo spiegati bene? » e il tono lugubre di Anastasija e i suoi occhi rossi come l’Inferno più buio, convinsero i presenti a tenere la bocca ben chiusa.
« In poche parole: o moriamo per mano tua o per mano dei Santi, giusto? » frecciò Seamus Finnegann,  sarcastico, guadagnandosi un battito di mani da Ana, che sbatté civettuola le lunga ciglia.
« Dieci punti a Grifondoro! » cinguettò melensa, mentre Harry si tratteneva dallo sbellicarsi dalle risate. Cazzo, quando si arrabbiava era un vero portento! La vide girare come un avvoltoio tra i pazzi che era riuscito a raccattare e schioccare la lingua infastidita.
Erano una decina di Grifondoro, otto Serpeverde e due Corvonero, tutto là. Tutti diciassettenni, tutti impauriti e ad occhio e croce a malapena sapevano usare l’Experliarmus. Ana respirò a fondo, massaggiandosi le tempie. Diavolo, se c’era da lavorarci!
« Okay, abbiamo Hermione ed è già un gran passo avanti, quindi direi che non siamo in completo svantaggio. Crediamo di sapere con certezza quando attaccheranno… » iniziò Anastasija, venendo interrotta da un occhiata curiosa di Neville Paciock, sempre più uomo e coraggioso, per orgoglio della vecchia nonna e dello stesso Harry, che gli sorrise sghembo.
« Appunto, come facciamo a sapere il giorno in cui quei maledetti ci verranno a fare la pelle? » abbozzò, timido come sempre, ma questa volta senza arrossire. Hermione sorrise, ma questa volta aveva assunto la stessa aria diabolica della vampira.
« La fase della Strega, la luna nuova. Avverrà il ventinove aprile, quest’anno, e sarà il novilunio perfetto… perché, dall’alba dei tempi, si dice che i vampiri scelgano sempre le notti di rinascita per accrescere i loro poteri e diventare – in un certo senso – invincibili. Mio fratello, encomiabile testa di cazzo, accecato dal suo narcisismo sceglierà sicuramente questa notte, ma, giusto per esserne sicuri, gli farò visita al più presto » borbottò Ana, schioccando la lingua irritata e incrociando le braccia al petto.
« Non ci saranno molti vampiri, comunque… non credo che Alek sia riuscito a convincerne molti, tranne quelli impuri che non hanno una ceppa da fare che rompere le palle a noi. Attenti al collo, i vampiri sono così veloci da potervi spezzare in due prima ancora di visualizzarli; attrezzatevi di spade d’acciaio, visto che abbiamo la pellaccia dura e puntate alla testa: una volta tagliata provvederò io a farli incenerire strappandogli il cuore » iniziò, mentre parecchi di loro impallidivano e diventavano cianotici a sentire quelle parole.
« Per i Santi, dobbiamo aggrapparci a delle tattiche. Sono maghi come voi, ma sembra che a pochi interessi chi di voi muoia… se ci sono di mezzo i serpentelli  » e qui scoccò un occhiata ai Serpeverde, che cincischiavano come se il fatto non li riguardasse.
« Ci faremo aiutare dai professori: magie di attacco e difesa, conosciuta o sconosciuta, maggiore al vostro livello o minore non mi interessa. Vi metterete d’impegno e cercherete di imparare il più possibile.
Il professor Lumacorno mi ha dato il suo consenso nell’aiutarvi con alcune pozioni che potrebbero servirci durante l’attacco: bombe, pozioni per addormentare o addirittura uccidere, quindi passerete del tempo anche con lui, oltre che con me e il professor Vitius. La preside cercherà di non farci beccare, coprendoci le spalle » disse Anastasija, guardandoli ad uno ad uno con occhio cinico.
Sì, era arrivato il momento di combattere, ma questa volta ad armi pari e Ana guardò Harry: quella volta non sarebbe morto nessuno, no, avevano già perso troppo in quegli anni ed era arrivato il momento di dire basta.
Socchiuse gli occhi, mentre Harry le dedicava una leggera carezza sulla spalla nuda. Ed era arrivato anche il momento di scoprire i piani di suo fratello, attaccarlo e infine… ucciderlo.
 
 
Quella sera, i soliti sette mentecatti, perché oramai solo così potevano essere chiamati, erano come sempre svaccati nella Torre Nord, che da un periodo a quella parte era diventata un vero e proprio porcile. Tra Draco Malfoy ed Harry Potter che non facevano altro che punzecchiarsi, Hermione Granger che studiava come un invasata e come se non ci fosse un domani, Ron Weasley e Blaise Zabini che consumavano il loro tempo a giocare  a poker – giocandosi pure il fegato, visto l’alcool spropositato che ingurgitavano – e Theodore Nott che cominciava a chiedersi quando sarebbe arrivata la sua fine, non c’era più pace.
A loro, poi, si erano aggiunti anche Daphne Greengrass, intenta a ripassare alcuni incantesimi che le aveva dato Anastasija, Neville Paciock con Ginny Weasley a seguito e la bolgia era diventata invivibile. « Che Merlino ti fulmini, maledizione! » urlò Ron, buttando all’aria il mazzo di carte e guardando, come uno spiritato, Blaise Zabini, che snocciolò la situazione con un gesto seccato della mano.
« Zitto e sgancia i soldi, pezzente! » sibilò con alterigia, mentre Pansy Parkinson – appena apparsa alla porta di mogano – li guardava schifati oltre ogni dire.
« Siete la vergogna di tutti i maghi » sbottò, sedendosi accanto a Draco e scuotendo il capo, mentre Daphne le passava alcune fotocopie dei “compiti” speciali che Ana aveva assegnato loro quel giorno.
Neville si guardava attorno come se l’avessero lanciato in una dimensione parallela, ma si guardò bene da dire qualcosa a proposito, limitandosi a storcere la bocca in un sorriso divertito « Certo che se un anno fa mi avessero detto che mi sarei ritrovato in compagnia di un gruppo di Serpeverde sarei scoppiato a ridere senza ritegno » mormorò, benevolo.
Ginny guardò Blaise di striscio, mordendosi con forza le labbra: da quando Ron aveva quasi ammazzato Zabini, questo non si era fatto vedere nemmeno di striscio. Non che si disperasse, chiaro, ma Ginny ancora si chiedeva come aveva fatto a finire nel letto di un Serpeverde. Gay. Ma che per tutto il tempo – mentre si erano dati da fare – l’aveva guardata in faccia e non le aveva chiesto una volta di girarsi, togliendole tutti i dubbi che sfogasse per lei solo perché non c’erano chiappe invitanti a Hogwarts. Perché? Era questa la domanda che si poneva ogni giorno.
Perché?
Blaise Zabini aveva fatto sesso con lei, in modo rude, in modo dolce, senza mai staccare lo sguardo dal suo. Perché? « Guarda che mi consumi » bisbigliò Blaise, facendo in modo che sentisse solo lei, seduta di tre quarti sul pavimento tra il divano di pelle nera e il tavolino di acero scuro.
« Sia mai che consumi il grande Blaise Zabini. Ma vatti a ricoverare, spostato » sibilò in risposta, girando l’ennesima pagina del libro che stava studiando e afferrando la  birra babbana che si era scolata fino a quel momento, tracannando l’ennesimo sorso.
Blaise sorrise di sbieco, rubandogliela dalle mani e poggiando le labbra carnose sul collo lungo della bottiglietta scura, mentre Ginny scuoteva il capo.
« Sì, magari mi ci porto pure te. Zitta e in un letto sei centomila volte meglio » sbuffò Blaise, beccandosi un calcio di traverso dalla sua adorata rossa.
« Donna della malora! Spero che Morgana ti togli il gusto del sesso e dell’orgasmo » sibilò a bassa voce, mentre Ginny sogghignava a mezze labbra e si accendeva una sigaretta alle rose.
« Me l’hai tolto tu tempo fa, Zabini, quando abbiamo fatto sesso per la prima e ultima volta » frecciò apatica, quasi facendolo strozzare con la birra.
« Eretica! » urlò, vedendola sganasciarsi come una pazza e facendosi guardare strano da tutti. Ah, al diavolo la Weasley! Cosa credeva? Che non avesse visto come l’aveva osservato tutta la sera? Certo, non come un affamata nel deserto come aveva desiderato, ma lo aveva studiato con molta attenzione.
Quegli occhi bruni, poi… che credeva, non avesse visto il lampo di dubbio e malizia che li aveva attraversati? « E comunque, non sembravi così dispiaciuta quando hai urlato come un invasata il mio nome » sibilò, cattivo, facendola arrossire e guadagnandosi un libro dietro la testa. Era di spalle, quindi non vide chi era stato, ma spalancò la bocca a palla verso i presenti.
« Traditori! Fate sempre i bastardi a comunella quando si tratta di me, eh? » sbraitò, alzandosi di scatto e massaggiandosi la parte lesa.
Hermione alzò gli occhi al cielo, mentre Ginny – che aveva visto benissimo chi l’aveva colpito – si copriva la bocca per non ridere apertamente in faccia a quel beota « Tu, Weasley, invece di pensare alla vita sessuale di tua sorella, dovresti creartene una tu e cominciare a rispolverarti un po’ le regole del gioco! » sibilò il ragazzo di colore verso Ron, che divenne cianotico nel giro di due secondi.
« Ma ammazzati, Zabini! » salto su’ il Grifondoro e arrivarono pure alle mani – sotto lo sguardo divertito di Draco, che si stava godendo lo spettacolo – se con la telecinesi non fossero stati sbattuti sul divano con forza.
« Fermi e zitti, mi state disturbando »
Era stata Hermione, che con la sua calma invidiabile e i suoi occhi marroni, accesi dall’irritazione, li fissava con astio. Ron sbuffò, risedendosi sulla poltrona rosso-oro che era apparsa ore prima con un livido viola sullo zigomo e i capelli rossi scompigliati e lo stesso fece Blaise, sul divanetto di pelle, che si mise a gufare come un ossesso.
Uomini, pensarono all’unisono tutte le donne presenti.
« Potter, smettila, Potter! » tutti quanti si girarono per vedere Pansy Parkinson – con la sua flemma invidiabile – assestare un pugno ad Harry e spaccargli gli occhiali in due.
« Ma sei impazzita, psicopatica della malora? » tuonò Harry, piagnucolando e tenendosi il naso sicuramente rotto. Draco scoppiò a ridere e Pansy assottigliò gli occhi neri come la pece.
« No, non sono impazzita, ma tieni le tue zampacce lontano da me! » sibilò rabbiosa, mentre Blaise si versava del whiskey in un bicchiere e se lo sorbiva tutto tranquillo come fosse tè, guardando la scena come se fosse stato a teatro.
« Volevo solo un po’ di coccole, serpente velenoso » borbottò Harry, mentre Hermione – con uno sventolio di bacchetta – gli curava il naso anche a distanza e gli aggiustava gli occhiali.
Senza nemmeno guardarlo. Strano. « Ehi, Herm, non è che stai pasticciando con quei libri? Ultimamente sei migliorata parecchio » borbottò, guardandola di striscio e vedendola sobbalzare.
« Sto solo cercando di salvarti la pellaccia per l’ultima volta » ironizzò Hermione, facendo sogghignare Ron per i ricordi che gli erano sfrecciati nella mente. Già, era lei la mente lucida del gruppo, quelli che li salvava sempre in extremis come nemmeno gli Auror erano riusciti a fare. Le sorrise e venne ricambiato pienamente, in ricordo di quello che erano stati, di quello che erano. Ma sì, il tempo avrebbe anche potuto farli litigare a morte, portarli ad ucciderli l’uno contro l’altro, ma loro non si sarebbero mai divisi. Il loro amore – del tutto fraterno – sarebbe sempre stato lì, presente, costante, in simbiosi con loro, con ciò che erano riusciti a diventare dopo tutto quello che avevano passato.
Sempre insieme, ecco qual’era la promessa. Nel bene e nel male. In salute e in malattia. Harry, Ron ed Hermione non si sarebbero mai divisi, perché solo grazie all’amicizia che li aveva uniti dal principio li aveva salvati, li aveva visti crescere e diventare quel che erano.
Piccoli maghi, ma con grandi poteri.
« È permesso? » gli occhi verde – come le foglie in autunno – di Terry Steeval comparvero alla porta d’acero scuro, facendosi guardare curioso da mezza Torre. Arrossì malamente, perché non si aspettava che ci fosse tutta quella gente, e si grattò il capo, imbarazzato, abbozzando un sorriso tutto timido che fece salire il traverso di bile a Blaise.
Ecco, ora ci mancava solo l’ex innamorato della rossa e stavano apposto! Lo guardò di malo modo, schioccando la lingua irritato, e tornò a gufare e bersi il suo whiskey in tutta tranquillità.
« Ciao, Terry. Che fai sulla porta? Entra, su » disse Hermione, sorridendo dolcemente verso il ragazzo Corvonero, che molte volte aveva passato giornate interminabili in biblioteca con lei.
« Ecco, non mi aspettavo tutte queste persone, ma sono venuto appena ho saputo da Cho e Luna! » disse, guardando principalmente Harry, che sospirò, mordendosi le labbra e scusandosi con lo sguardo.
« Mi spiace non averti avvisato, Terry… ma non sapevo ancora di chi potermi fidare ciecamente » borbottò, vergognandosi di se stesso. Terry aveva fatto parte dell’ES e aveva combattuto contro Lord Voldemort, dirgli che poco si fidava di lui era come dire lo stesso agli altri presenti.
« Non devi scusarti, in fondo lo sanno anche i muri che mio padre fa parte dei Santi » mormorò Terry, lasciando tutti di stucco.
« Tuo padre COSA? » urlò Blaise, balzando in piedi e sguainando la bacchetta insieme a tutti i Serpeverde presenti. Terry si fece indietro, alzando le mani come per proteggersi e guardarli ad uno ad uno con aria supplichevole, ma quando parlò si rivolse solamente ad Harry.
« Te lo giuro, Harry, io non condivido affatto le idee di mio padre! Quest’estate me ne sono andato di casa e mi ha ospitato Luna, che poi mi ha avvisato di quello che stavate facendo… non lo sento da allora e – in realtà – odio quello che sta facendo. Non posso stare con le mani in mano quando posso in parte rimediare il sangue che sta anche sulla mia testa » mormorò, guardandolo afflitto.
Harry aveva saputo che la madre di Terry, una mezzosangue, era stata uccisa quando il Ministero era nelle mani dei Mangiamorte. Probabilmente per quel motivo suo padre, ora, faceva parte di quei uomini che avevano intenzione di sterminare l’edera dalla radice.
« Io non mi fido! » sbottò Draco dal bancone che divideva in due parti il piccolo salottino della Torre. Lo aveva fatto apparire lui due giorni prima, perché diceva che il tavolino non poteva contenere tutto quello che doveva contenere – cioè gli alcoolici – insieme ad un tavolo grande che ora ospitava tutte scartoffie e appunti per le lezioni speciali.
In effetti era vero, dovette ammettere Hermione con un sospiro. Draco era spaventato e mettersi qualcuno –  di cui non erano sicuri – in casa era da suicidi. Con la coda dell’occhio vide Harry mordersi con forza le labbra e passarsi una mano tra i capelli già disastrati di suo e sorrise, già conoscendo il suo verdetto.
« Lui è James » e Terry, facendo sgranare gli occhi a tutti, si spostò di lato: un bambino di nemmeno cinquanta centimetri stava alle sue spalle e si guardava attorno con gli occhi sbarrati e spiritati. Sembrava tanto spaventato che in un attimo gli animi si calmarono.
« La notte che scoprii che qualcosa non andava, seguii mio padre. Dove poteva andare un uomo addolorato dalla perdita di sua moglie… vestito interamente di bianco? Cominciavo a capire, ma anche a rifiutare. Quella notte si recarono dagli Avery. Rasero al suolo tutto il maniero, ma fuori, nascosto accanto al pozzo della casa, c’era James; ha cinque anni e si è salvato solamente perché era rinchiuso nelle segrete e – sentendo le urla – è riuscito a scappare per il giardino maledetto. Ma era pur sempre figlio di Rafeline Avery e prima che scoprissero che qualcuno era scappato al massacro, l’ho smaterializzato via, a casa di Luna, dove lei si è presa cura di noi fino all’inizio delle lezioni » mormorò, guardando la massa liscia e uniforme dei capelli neri di James.
« Non è mai stata registrata la sua nascita e io quest’anno compirò gli anni per prenderlo sotto la mia giurisdizione. Ho intenzione di prendermi cura di lui... anche perché c’era un motivo per cui l’avessero rinchiuso nelle segrete. Oltre ad essere nato fuori dal matrimonio, James ha un potere speciale  » continuò Terry, sorridendo dolcemente al marmocchio, che alzò gli occhioni grigi su di lui, agitato.
« Lui è un manipolatore. Può, solo toccando una persona, manipolare le sue emozioni e i suoi pensieri a suo piacimento; ora è troppo piccolo per farlo e quando tocca qualcuno riesce solamente a trasmettere la paura e l’angoscia che lo attanaglia, ma diventerà un grande mago, proprio come ha detto Silente » disse divertito, mentre James alzava le braccia esili e magre per farsi prendere in braccio.
Era un chiodo: quel bambino era così magro da far spavento e molti di loro rabbrividivano; attraverso la maglia blu che indossava, Harry riusciva a vedere e quasi a contare le sue costole, mentre aveva l’impressione che se solo l’avesse stretto un po’ più forte, si sarebbe potuto spezzare.
Il volto era scarno, incavato, quasi mostruoso, ma la bellezza di un bambino, la ingenuità e l’innocenza, erano racchiusi nei suoi occhioni da cerbiatto, così grandi e spalancati da far mancare il respiro.
« Potete sottopormi al Veritaserum, lanciarmi maledizioni per impedirmi di parlare con chiunque, ma la verità è che io sono qui per discolparmi… e per proteggere James da chiunque voglia fargli del male » finì, mentre Hermione si lasciava andare contro il divanetto imbottito e rilasciava un lungo sospiro.
Quel bambino… sembrava così piccolo e indifeso, quasi bisognoso d’aiuto. « Ti sottoporremo solamente all’incantesimo che usammo durante l’ES per scoprire se ci fosse stata una spia, per il resto… beh, sei il benvenuto » disse Harry, sorridendogli per fargli capire che veramente lo era.
Tutti si rilassarono e Terry si fece avanti, tenendo sempre James tra le braccia.
« Nessuno sa chi è suo padre, ecco perché, a differenza di tutti gli Avery, lui è normale. Sua madre era l’ultima, scappò di casa e per un anno non si fece vedere; quando ritornò aveva un bambino tra le braccia e la consapevolezza che non sarebbe andata lontano. Tutti conoscono la storia di Rafeline, serpeggiava in sottofondo ad ogni ballo d’alta società. Fu uccisa per disonore, ma a quanto pare mentirono su suo figlio » bisbigliò Daphne, mentre Pansy annuiva di colpo, ricordando i bisbigli di una sua bisbetica prozia – anni fa, durante un ballo a casa Malfoy –  che sapeva tutto di tutti e che quando sarebbe morta avrebbe fatto un piacere al mondo.
« Quei bastardi dissero che avevano ucciso anche il bambino… ma forse si sono accorti che aveva un potere speciale, in lui, e l’hanno rinchiuso finché non fosse maturato tanto da poterlo sfruttare » disse, mettendo una capelli neri dietro l’orecchio e fissando il bambino con più dolcezza del solito, sorprendendo tutti.
« Qui sei al sicuro, James » mormorò e il bambino, che con Luna era stata più reticente, sorprendendo Terry e gli altri, sporse le braccine verso Pansy. Un po’ impacciata e insicura lo prese e James – senza pensarci due volte – poggiò una manina ossunta sulla sua guancia.
Fu buio. Era come essere sotto legiliments, ma non faceva male: era meno invasivo, più dolce. « Lo ha fatto anche con me. Attraverso le emozioni che sente – grazie al suo potere – riesce a capire quando qualcuno gli è ostile o no » spiegò Terry, mentre una lucina si accendeva nella testa di Theodore.
Il marmocchio… il marmocchio riusciva a capire chi era ostile! Forse aveva trovato qualcuno che li avrebbe salvati dal baratro. Forse, quel bambino, era la manna dal cielo che stava aspettando.
« Silente dice che questa cosa deve restare tra di noi e che a lui farà bene stare un po’ coi bambini » ridacchiò il Corvonero, mentre Pansy si scuoteva e guardava – sorridendo timidamente – James.
Per Harry, che aveva sempre visto il suo lato velenoso e scostante, fu quasi una scoperta: il volto di Pansy aveva lasciato la durezza e ora era così dolce e luminoso da… togliergli il respiro, ecco.
« Non essere triste, Pà. Non sei sola » James aveva parlato a voce così bassa che solo lei riuscì a sentirlo, ma furono le parole più belle che le avessero mai detto. Il suo sorriso si illuminò, divenne dolce, riverente.
« Grazie, Jamie. E non esserlo nemmeno tu, ora non sei solo  »
E da lì non lo staccarono più da Pansy, ma Terry non sembrò prendersela eccessivamente, perché sedendosi accanto ad Hermione – e facendo imbestialire Draco – si ricopiò gli appunti delle lezioni “speciali” e ce ne furono per le lunghe.
Come osava starle così vicino? Pensò Draco, sdegnato, versandosi un bicchiere di brandy e guardando la scena con un diavolo per capello.
Si accorse anche che a forza di stare in quella torre stesse diventando un alcolizzato, visto che iniziavano a bere dalle dieci di mattina e finivano alle quattro di notte, ma se ne fregò: in fondo era metà Black e metà Malfoy, essere alcolizzati era di famiglia.
Che Merlino fulminasse i Santi, Hogwarts, Steeval e pure tutti i Mezzosangue sulla faccia della terra! Pensò furibondo, mollando un calcio nella gamba di Potter per stizza.
Quello, che se ne stava tutto imbambolato appoggiato al bancone per guardare Pansy parlottare con il marmocchio, bestemmiò pesantemente, facendosi guardare male da tutti, mentre la Parkinson aveva tappato in tempo le orecchie del bambino.
« Maledizione a me e che non ti ho accoppato quando ne avevo l’occasione, Malfoy! » e da lì una serie di imprecazioni che fecero impallidire anche i più arditi.
Vennero cacciati a pedate nel sedere, come se poi quella Torre non fosse stata affibbiata a loro per punizione, e se ne andarono per un diavolo per capello.
« Muori, sfregiato! » gli urlò dietro Draco, ancora incazzato nero.
« Dopo di te, amante dei Mezzosangue » e lì non ce ne fu per nessuno: Draco era sbiancato e poi si era buttato su Harry e arrivare alla rissa fu facile.
Se ne diedero di tutti colori, quasi ammazzandosi come cani e poi si ritirarono nelle loro rispettive stanze con due occhi viola a testa, un sopracciglio rotto per Harry e un polso slogato per Draco e un grandissimo “vaffanculo” che ancora aleggiava nell’aria.
 

***

 
Blaise si accese una sigaretta, alzando il volto verso la fine del corridoio e sorridendo appena, sogghignando come una iena e chiedendosi come fosse finito in quella situazione.
“A dopo” le aveva sussurrato, in modo che sentisse solo lei, dandole poi le spalle e uscendo dalla Torre. Lei lo aveva capito e non ci aveva messo molto per seguirlo. Anche sul suo volto alleggiava un espressione sorridente, quasi consapevole di quello che sarebbe successo. Di quello che già stava succedendo.
Era strano. Per tutta la vita sei convinto di qualcosa e poi tutto crolla, come un castello di sabbia. Come se non fosse mai esistita nessuna convinzione, come se tutto fosse labile come il fumo, come se fosse facile sfuggire, come se il passato non fosse mai esistito.
Blaise allargò il sorriso, mostrando una schiera di denti bianchi, in netto contrasto con la pelle color moka; giocava al gatto e topo, si ritrovò a pensare Ginny, indietreggiando in quel corridoio buio, dove il silenzio e la notte regnavano sovrani.
Hogwarts era piombata nel sonno da ore, oramai, ma loro ancora si accarezzavano con gli occhi, stringendosi anche senza toccarsi.
 
La stava soffocando.
 
Più si avvicinava e più si sentiva di venir meno sotto quegli occhi languidi, lussuriosi, che non abbandonavano mai il suo corpo. Erano di una bellezza stupefacente e lei si sentiva tremare come una foglia, con lo sguardo appannato dal desiderio.
 
Le stava chiedendo di abbandonarsi.
Abbandonarsi a lui.
 
Ginny non ricordava di aver mai provato qualcosa di simile dentro sé, se non con Harry, ma ora c’era consapevolezza in quegli occhi. Ora, l’uomo che la guardava, desiderava lei e basta.
 
La voleva interamente, indissolubilmente, completamente.
 
Quegli occhi desideravano i suoi capelli rossi, i suoi occhi marroni e la sua pelle lattea, il suo corpo minuto, il suo carattere forte. Blaise non immaginava un'altra donna lì a sfuggirgli, ma lei e basta.
Lei, che lo stava facendo impazzire con quell’espressione di puro appagamento femminile; l’orgoglio, ah, l’orgoglio femminile… quant’era affascinante. Ginny aveva preso fuoco sotto il suo desiderio e sembrava apprezzare la lussuria che lo accecava e non gli permetteva di vedere nient’altro che lei.
Era malato, diamine, se lo era, ma la consapevolezza che Ginny sapesse quanto la desiderasse non faceva altro che aumentare la voglia di possederla.
« Guardami » mormorò Blaise e lei lo fece, passando dai suoi occhi obliqui dal suo naso fine, alla bocca carnosa agli zigomi pronunciati e lentamente, quasi senza fretta, come se volesse assaporarlo.
Ah, l’orgoglio. Ecco perché le Grifondoro avevano quel tocco in più che facevano perdere il senno; quando il loro sguardo bruciava, lo faceva anche il loro animo ed era meraviglioso vederle infiammarsi, mentre nel loro sguardo passava un barlume di piacere nel constatare quanto il loro potere fosse forte.
Lei si morse con forza le labbra rosee e lui non aspettò oltre, altro, e in un attimo le fu accanto, incastrandola tra il muro e il proprio corpo, senza lasciarle via di fuga, senza lasciarla nemmeno respirare per il bisogno impellente di sentire la sua carne a contatto con la propria.
Blaise le afferrò i capelli sulla nuca, appropriandosi della sua bocca con una brutalità che – forse – nemmeno voleva usare; i loro corpi sfregavano l’uno contro l’altro e le loro lingue sembravano essersi ritrovate. Sembravano non aver fatto altro nella vita che lottare tra di loro, accarezzarsi, cercare di prevalere l’una sull’altra. Le mani di Blaise erano veloci, scattanti, a volte tenere, a volte così violente da lasciarle segni rossastri sulla pelle accaldata.
Ginny sospirò sulla sua bocca e inclinò il capo, permettendogli di afferrare le sue gambe e portarsele alla vita, mentre il proprio bacino quasi agognava di sfregarsi contro il suo. Lentamente – questa volta – la lingua di Blaise guizzò sul suo mento e poi lungo la gola, dove morse ancora e ancora, ancora e ancora.
Ora le mani del ragazzo erano nel suo interno coscia e stringevano con rabbia, passione, mentre tutto attorno a loro spariva, diventava un cumulo di colori e suoni ovattati, sospiri e gemiti. Tutto sembrava spegnersi e riaccendersi ad intermittenza, mentre i loro visi trasfiguravano in maschere di piacere puro.
A che gioco stavano giocando? Questo nemmeno loro lo sapevano, ma quando – ancora una volta – i loro occhi s’incrociarono, non fu abbastanza toccarsi in quel modo. Senza nemmeno staccarsi cominciarono a muoversi per il corridoio del quarto piano, completamente desolato. Le fiammelle languirono al loro passaggio, mentre i quadri nemmeno sembravano disturbati dal loro sonno profondo. Le mani di Blaise intaccarono in un pomello d’ottone e i suoi occhi s’illuminarono.
Bingo, pensò, aprendo la porta dello stanzino delle scope – che oramai sembrava un porcaio per gli studenti di Hogwarts – e trascinandola con sé. Questa volta le strappò senza nemmeno pensarci la camicetta della divisa, beandosi del reggiseno rosso fuoco che le copriva i seni piccoli e sodi.
« Ah, quanto adoro la tua malizia, Weasley » sibilò, mentre lei lo zittiva attaccandolo al muro. Questa volta conduceva lei e sogghignò, scoprendosi più eccitato del solito. Le gambe – scoperte dalla gonna e coperte da calze nere e spesse – si mossero di un passo per annullare definitivamente la distanza e il suo seno aderì completamente al suo petto, facendolo impazzire.
« Invece sai io cosa amo? Condurre il gioco » mormorò Ginny, schioccando la lingua e fissandolo con sfida.
« Bugia » sussurrò Blaise, afferrandola per il braccio e quasi ribaltando le posizioni: ora era lui a sovrastarla e lei attaccata al muro, completamente soggiogata dal suo sguardo ipnotico.
« A te piace essere sovrastata, perché la soddisfazione di non essere spezzata ti anima a tal punto da aver permesso a Potter di averti per un anno intero »
Eccolo, secco, doloroso, come una spina dritta al petto. Da quanto aspettava che quelle parole uscissero dalla bocca di qualcuno? Lei non voleva pena, commiserazione, no. Non se ne faceva niente di tutto quello, Ginny Weasley ci sputava miseramente sopra.
Lei aveva sconfitto Harry Potter, perché aveva combattuto per lui fino all’ultimo. Aveva ignorato chiunque, persino i sentimenti di Harry per averlo, per farlo sentire un verme per non amarla come lo amava lei.
E aveva vinto, perché lei non si era lasciata spezzare, no. Era viva e vegeta, con il cuore un po’ recalcitrante, ma ancora così giovane e vivo, tutto da vivere.
Ginny sorrise, buttando la testa all’indietro e scoppiando in una risata così cattiva che sembrò stringergli il cuore  « A quanto pare non sei l’unico a cui piace acchiapparlo in un determinato posto, Zabini… non sei felice? » sibilò, dura come il marmo, facendolo assottigliare gli occhi.
Ah, che Merlino lo maledicesse, ma lui amava anche quello delle donne: la cattiveria pura, intrisa, che sapevano scatenare una marea di emozioni.
Sapevano colpire e quando lo facevano… faceva un male cane. Le donne non lo facevano mai se non sapevano dove affondare, ma quando capivano… quando capivano non c’era nulla che potesse tenerle.
Le unghie di Blaise le strapparono i collant e le graffiarono le gambe, ma lei rimase nella stessa posizione di prima, immobile come una Dea e impietosita come un Dio dinnanzi a morti ingiuste. Ma questo lui già lo sapeva. Ginevra era una Dea e considerava il resto solo formiche, perché niente era in grado di uguagliarla. Niente era in grado di spezzarla. Nemmeno la morte di suo fratello, da cui si era alzata dignitosamente.
« Ah, mea Dea » sospirò sulla sua bocca, baciandole con dolcezza la clavicola.
Ginny tremò, guardandolo con occhi infiammati: sembrava venerarla, con quei suoi occhi da serpente. Chiuse gli occhi, mordendosi le labbra quando sentì le mani dell’altro raggiungere sempre di più l’orlo della gonna.
Poteva permettersi di pensarlo?
Mea Dea. Sembrava una maledizione, una condanna, non un elogio. Blaise le morse la spalla e lei inclinò il capo, lasciando che le labbra si schiudessero per il piacere. Ora le mani di Blaise erano sparite sotto la sua gonna e lei fremeva tra le sue braccia, senza però abbandonare quell’espressione da regina.
Mea Dea. Era quello. La sua Dea. Lo aveva detto in latino, come se volesse che solo lei capisse quelle parole. Come se volesse che quello rimanesse il loro piccolo segreto.
E, per un po’, lo sarebbe stato ancora.
   
 
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