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Autore: Demoiselle An_ne    26/07/2013    6 recensioni
Questa è una storia di tenebre, luci, amori e dolori.
Cosa sarebbe successo se Oscar si fosse vista portar via il suo André? Si sarebbe accorta prima di sentimenti da sempre assopiti?
E se André avesse incontrato qualcuno così vicino alla figura di Oscar, eppure così lontano? Come sarebbero andate le cose?
Questa storia non intende cambiare lo splendido affresco tracciato dalla Ikeda, è un modo per vedere le cose sotto una luce un po' differente.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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André ancora non poteva credere alle parole del generale, Oscar DOVEVA sposarsi. Che lei lo volesse o no e lui aveva il compito di convincerla. Tutto questo gli riportò alla mente la volta in cui, anni prima, il generale gli aveva ordinato di parlare con Oscar per convincerla ad essere un soldato. Allora l’anima di André si era appena affacciata all’idea che quel sentimento che da sempre nutriva per Oscar non era solo fraterno.
A distanza di anni quel sentimento mal taciuto era cresciuto a dismisura e gli divampava nel cuore come un incendio che niente avrebbe mai potuto placare. Che fare? Si sentiva beffato dalla Dea Bendata per l’ennesima volta, perché proprio lui? Quanti avvenimenti si erano dovuti succedere nel tempo perché lui incontrasse la donna della sua vita? Lui non poteva amarla, né  sperare di poterle donare un futuro roseo a causa di mere differenze sociali. Già, mere, ma quanto contavano allora? Si convinse di esser nato nel momento sbagliato, questo suo struggersi per lei l’aveva convinto che forse anche solo il fatto d’esser nato fosse un errore madornale. Una parte di lui sentiva però quanto fosse giusto essere lì, come avrebbe fatto lei senza lui? Non era per presunzione, conosceva la sua Oscar: senza lui probabilmente non sarebbe stata così forte perché nessuno l’avrebbe amata come solo lui sapeva fare. Sarebbe stata forte fino a un certo punto, André sembrava il solo a vedere quel limite. Era anche il solo in grado di vedere con ogni cellula del suo essere Oscar, in ogni minima ombra, luce e sfaccettatura. Quanto l’amava! Lei sapeva, sì, ma non completamente e probabilmente se avesse solo avuto un’idea più definita del sentimento che animava l’amico forse ne sarebbe stata spaventata. Pur non rientrando la paura nelle caratteristiche di quella donna. Oppure, forse, ne sarebbe stata lusingata. Quanti forse!
Se solo lei avesse espresso, anche solo velatamente, il desiderio di fuggire da quella gabbia lui l’avrebbe assecondata. Egoisticamente ne sarebbe stato lieto, l’idea di qualcuno che potesse anche solo sfiorarla o persino pensare di entrare nel suo mondo lo tormentava senza tregua. Tutto lacera e niente distrugge, vero, ma lui si sentiva vicino alla distruzione. Non poteva farle questo, non l’avrebbe fatto. Per volere egoistico, perché la conosceva, ma soprattutto perché sapeva che nessuno avrebbe mai potuto influenzarla. Oscar era sempre stata così, un rapace libero e indipendente, nutrito solo dal desiderio di libertà e giustizia. Forzarla l’avrebbe massacrata nel profondo, André lo sapeva bene, provare a plagiarla sarebbe stato un insulto all’intelligenza di entrambi. E poi, lui non voleva! Nessuno l’avrebbe mai costretta, mai più. Eppure ce l’aveva con lei, sapeva che nonostante tutto suo padre esercitava un certo potere sulla sua figura. Non si era mai perdonata di esser nata donna, in certi momenti neppure lui la perdonava per questo. Era certo che se lei non fosse stata donna, lui non avrebbe perso la ragione e non sarebbe morto con l’immagine di lei, tangibile seppur lontana, nel cuore.
“Cosa mi hai fatto Oscar? Perché posso provare ad allontanarmi e appartenerti sempre? Perché? Oscar, io ti amo dal profondo del mio cuore, che c’è di sbagliato in questo? Perché devo ferire te, e per primo me, anche stavolta? Perché posso lasciarti e mai abbandonarti? Perché? Perché? Ti prego, amami…”
Questo avrebbe voluto gridare André, avrebbe voluto issarla sul cavallo e portarsela via.
                                                                      §§§
Laurent non era mai stato un uomo timorato di Dio, non aveva mai badato ad essere un uomo corretto o generoso e mai una volta lo scrupolo aveva sporcato la sua coscienza. Quella sera fu diverso, non lo avrebbe mai detto ma, per un secondo pensò che se fosse morto quella sera, pensò che di certo sarebbe finito all’inferno. Semmai esisteva. Qualcosa doveva esistere, pensò nell’osservare quella figuara asessuata con il volto di una maschera bianca e rigida. Senza bocca. Due occhi di brace che lo fissavano e risucchiavano tutto ciò che li circondava, anche lui si ritrovò senza bocca e quindi l’urlo d’allarme gli morì in gola. La lama che riluceva contro i pallidi raggi lunari, che bagnavano le finestre, non c’entrava niente. No, a fargli paura era stato quello sguardo. Così, in una notte fatta di paura e silenzio,  il Duca Laurent-Maurice de Germain fu portato via. Il pendolo battè dodici rintocchi. L’ora delle streghe.
Non sapeva dove si trovasse, l’avevano bendato, tutto ciò che riusciva a percepire era odore di polvere da sparo, vino e legno. Si sentiva stordito e si convinse di non esser lì realmente.
“Vecchio depravato, ti ordino di parlare. Dov’è? Dove sta? Che ne hai fatto? Devo saperlo, se non me lo dici ti ucciderò con le mie stesse mani e mi ci farò un bel bagno in quel tuo sangue nobile quanto immondo!”
Quella voce non riusciva proprio a distinguerla, più scavava nella sua memoria e più non riusciva a trovare un nesso. Si ridestò e il suo orgoglio ruggì come una tigre malese, ricordò quando suo padre lo aveva costretto a sparare a quel servo perché aveva imbrattato il casato Germain con la sua impudenza. “L’orgoglio prima di tutto, Laurent! Non piegarti mai, capito?”, quelle parole lo colpirono in pieno e con tono minaccioso disse “Non so di cosa tu stia parlando, vigliacco! Tu puoi vedere me, io non posso vedere te…perché dovrei dirti quello che non so?!”.
Un dolore lancinante gli trafisse la mano destra e involontariamente si ritrovò ad urlare come un animale sgozzato, quel bastardo lo aveva colpito. “Non mentirmi! Io so cosa avete fatto, voi tutti! Pretendo di saperlo, dov’è? Se non me lo dici ti taglierò anche l’altra mano, è con quelle che hai macchiato tante anime, fosse per me non meriteresti un secondo di più in questo mondo. Sai di cosa parlo, pensa all’affare più sporco della tua vita!”.
Laurent finalmente capì, un impeto di rabbia lo travolse, non poteva confessare! L’aveva giurato, farlo avrebbe significato essere la barzelletta di Versailles. Solo sua maestà sapeva e per sommi capi, aveva modificato la situazione per uscirne con l’onore indenne.
“Non parlerò, sappilo. Non so come tu conosca la storia, ma io sarò muto”.
Il suo aguzzino gli strappò la benda dal volto, era lo stesso di prima. La maschera bianca infieriva su di lui, “E’ qui, vero? “. Una risata sinistra deturpò il volto del duca “Sì, questo posso dirtelo. Ora uccidimi pure, l’onore è la prima cosa e se parlassi tante persone ne uscirebbero macchiate. Uccidimi e sarai un assassino, io rimarrò un uomo rispettabile e da dove sarò potrò osservarti mentre ti affanni nelle ricerche…da quel che so non ti resta molto tempo, arriverai tardi…”
Quel sadismo fu la cosiddetta goccia, il vaso trabboccò e ne sgorgò  sangue. Copioso. Il duca lasciò questa terra fiero della sua scelta.
“L’hai ucciso? Cos’hai fatto? Dobbiamo fuggire, ora!”
                                            §§§
Robespierre entrò in quella cantina buia e squallida e la prima cosa che il suo corpo avvertì fu il puzzo di sangue e l’odore della morte, vide un’ombra accovacciata ai piedi del cadavere e urlò “Tu, idiota, guarda cos’hai fatto! Che ti passa per il cervello? Dovevi catturarlo, non ucciderlo…sai cosa accadrà quando si verrà a sapere? Non ci serve questa propaganda!” – livido in volto afferrò Saint-Just per il bevero della giacca e con occhi iniettati di sangue disse “Io me ne lavo le mani, annega da solo, sadico che non sei altro!”.
Saint-Just gli lanciò uno sguardo colmo di risentimento e sfida “Purtroppo non sono stato io, ma i tuoi amici britannici. Hanno fatto un ottimo lavoro, ma io sono più meticoloso…”-disse arricciando il naso, Robespierre lo strattonò violentemente e lo lasciò ricadere a terra- “Dannazione e adesso?”
“Adesso ci disfiamo del corpo e daremo la colpa ad altri… Hai idee migliori? Piuttosto, sai perché l’hanno fatto?” – “No…”
                                                                        §§§
La mattina successiva, palazzo Jarjayes.
“Entra pure, André” Oscar si stiracchiò pigramente e si allontanò dal piano, André la guardò con fare imperscrutabile poi scoppiò a ridere. Oscar lo osservò interdetta, ma che aveva?
“Tuo padre è venuto da me domandandomi di parlarti. Immagini il motivo?”. Oscar fissò André con sguardo vitreo e riassumendo il controllo di sé, disse “Lo immagino, sì… Perché ridi?”
“Mi chiedi perché rido, Oscar? Perché non ne posso più, è ironico il fatto che sia proprio io a doverti convincere. Non trovi sia un insulto all’intelligenza di entrambi? Io sono stanco, Oscar. Non mi sento di parlarti di matrimonio, sai bene come la penso per quel che riguarda te e le tue decisioni. Nessuno può condizionarti, men che meno io. Altrimenti, già da un po’…lascia stare. Tanto seguirai gli ordini di paparino come sempre e io non potrò fare altro che tacere. Da una vita sono spettatore e nient’altro, vedo il sipario alzarsi e calare. Conosco le battute a memoria, i passi e mai mi allontano rassegnato. Come un lettore avido, mi sono affezionato ai personaggi della commedia e mio malgrado ne sono parte. La scena non cambierà finché non batterai il tuo nemico più temuto: te stessa. Semmai decidessi di distruggerti, anche stavolta, potrei non voler restare. Potrei voler dare la mia dipartita, lasciare lo spettacolo, tanto continuerà, tu che diresti?”.
Oscar aveva taciuto e ascoltato in silenzio, incassato i colpi. Che André avesse ragione? L’occhio malinconico la studiava attendendone la reazione, non poté non trovarlo bellissimo. Avrebbe accettato la dipartita di André? Avrebbe continuato da sola? Il sol pensiero le toglieva aria, la uccideva. Non lo avrebbe mai confessato, ma André era un’estensione indispensabile del suo corpo e del suo animo. Di tutte le cose che le aveva detto, non ne aveva tralasciata una. Orgoglio, rabbia, indignazione, stupore. Lei non era avvezza a situazioni del genere e l’unico uomo col quale era stata a stretto contatto la stava trattando come una donna. Il solo, il primo.
“André, non so cosa farò, come sai, tu sei libero e la vita non è l’opera che affermi tu. Puoi andartene quando vuoi, io deciderò più avanti se sposarmi o no. Di sicuro non conosco quest’uomo e voglio capire chi è e perché mi reclama come moglie. Mio padre nasconde qualcosa, intendo scoprirlo. Se tu vorrai essermi d’aiuto ne sarò lieta. Nel caso contrario, farò da sola. Non offendere mai più la mia intelligenza, sai bene che ho sempre scelto da sola. Ce l’hai con me perché pensi che io non voglia farti frequentare quella donna? Sbagli, in tutti questi una cosa ho sempre voluto: vederti felice, se è con lei, ben venga”.
Nel dirlo gli occhi le si erano velati di lacrime, ultimamente erano in un  purgatorio emozionale senza fine e non ne capiva il motivo. Il pensiero di lui con un’altra la infastidiva, si sentiva privata di qualcosa, non sapeva di cosa. André, dal canto suo rimase amareggiato ma anche stavolta non poté non illudersi che qualcosa in Oscar si fosse smosso e pertanto decise di aiutarla. Avrebbe aiutato anche Eleonor, la sua amica. Nient’altro che compagna di sventura, naufraghi che si sostenevano. Tuttavia, non smentì Oscar, lasciò credere al suo soldato che Eleonor fosse qualcosa di più. L’istinto glielo suggeriva, si aggrappò con tutte le forze all’idea che il generale potesse celare qualcosa di losco.  Come Icaro che si avvicinò al sole, lui decise di volare ancora accanto ad Oscar. L’opera non era finita e le maschere non ancora calate.
“Lo farò” disse infine.
Marron corse trafelata e senza bussare spalancò la porta, col fiato corto e i polmoni in procinto di esplodere disse
“Oscar, sia sua maestà il Re che la Regina ti richiedono a corte. C’è stato un omicidio e c’è un’altra cosa che devi sapere…”
 
 
 
 

 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Care e pazienti madamigelle, vedo che l’entusiasmo cresce e il sostegno pure. Io vi ringrazio di cuore, se mi sono rimessa in gioco è anche e soprattutto merito vostro. Grazie per il tempo, l’entusiasmo e la pazienza. Dubito sempre di me, voi mi invogliate a scrivere e a non mollare. Chiedo scusa per l’attesa, ma ho avuto un esame dietro l’altro all’università! In più ho dovuto aiutare con un trasloco, capirete il macello. Domenica parto per le vacanze e rientrerò una settimana prima di ferragosto. Non potevo lasciarvi così per un bel po’, non abbandonerò la storia. L’ho promesso! Infatti partirò armata di carta e penna, chissà che non ne esca un capitolo decente. Spero che questo capitolo non vi deluda, se pazienterete ancora un po’, vedrete che arriverranno le turbolenze. Spero di non avervi annoiate, buone vacanze.
  
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