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Autore: MaikoxMilo    26/07/2013    9 recensioni
Svegliarsi da un coma non è facile, né per chi si trova in quella particolare situazione in prima persona, né per chi vi è fuori... No, non esiste "essere fuori" per chi sta rischiando di perdere una persona cara, perché il senso di perdita è così opprimente da toglierti il tuo stesso respiro, da spingerti a fare di tutto per salvarla...
E poi il risveglio, doppio, se possiamo dire... Perché non puoi mai sapere cosa ti riserverà il futuro, perché non puoi mai sapere cosa accade se le vite del passato e del presente si incontrano...
Seguito de "La guerra per il dominio del mondo" della quale è necessaria la lettura. Personaggi Lost Canvas e serie originale.
(Fanfic in fase di riscrittura)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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CAPITOLO 35

 

GENOVA (seconda parte)

 

3 Agosto 2011, primo pomeriggio.

 

Ci mancava giusto questo per rallentarci! Perché diavolo proprio oggi, poi?!” impreco tra me e me, posando le mie dita sulla fronte come a cercare una spiegazione logica a quella assurda faccenda.

"E adesso come la spuntiamo?" si interroga Francesca, ricercando il mio sostegno visivo.

Sospiro, affiancandomi poi a Dègel non appena le mie gambe riescono a muovere qualche passo nella sua direzione. Dal canto suo, quest'ultimo guarda con espressione quasi smarrita il manipolo di persone che ci siamo ritrovati davanti dopo il nostro atterraggio, non aspettandosi di certo un tale comitato di accoglienza.

Mi ritrovo così a pensare per un breve istante a come debba sentirsi lui in questo momento. Certo, io ho già capito che genere di uomini ci troviamo di fronte grazie agli abiti che indossano, ma ciò non si può dire dell'antico Cavaliere dell'Acquario... Che cosa potrebbe pensare nel trovarsi davanti a persone vestite in tal modo?!

E infatti i suoi occhi non smettono di fissare con insistenza il vestiario di tutti gli individui che ci stanno ancora guardando con sgomento e incredulità. Quanto durerà la loro sorpresa di vedere atterrare, proprio oggi, un gruppo di reietti scappati di casa, alias noi, feriti, sgangherati e sporchi di salsedine? Non ancora a lungo, temo...

"Dègel! Marta! Si può sapere perché... santi numi, ma è una festa in maschera?!" esclama improvvisamente Cardia, prendendo a squadrare a sua volta gli uomini davanti a noi.

"Ehm... facciamo una battuta in grande stile? Diciamo che ci siamo sbagliati e che togliamo il disturbo?" domanda Michela, attaccandosi al braccio di Francesca, regalando a tutti un sorriso di circostanza.

"Sai, non credo funzionerebbe, Michy!"le fa notare l'amica, chiedendosi con ogni probabilità perché tra le sue doti non ci sia anche quella di far addormentare tutti con uno schiocco di dita.

"Ma allora come ce la sfanghiamo?!"

Senza capo né coda, ci siamo trovati davanti a un manipolo di persone vestite in maniera bizzarra, almeno per i connotati del XVIII secolo; chi indossa una tuta mimetica e ha un fucile attaccato al braccio, chi invece un pomposissimo completo giacca e cravatta e una discreta quantità di gel sui capelli. Entrambe le tipologie, comunque, hanno un qualcosa in comune: travasano sudore da ogni poro, colpiti e affondati dall'immenso caldo-umido di Genova in questo periodo dell'anno.

Mi strofino leggermente la fronte, sicura di aver scelto un giorno non molto adatto per tornare nella mia città natale, visto che ci troviamo in mezzo ad un gruppo di soldati e politici italiani. Chissà perché poi si ritrovano proprio tutti qua, in questa giornata afosa del 3 Agosto 2011... Spero solo che non sia successo nulla di grave!

Rimaniamo a guardarci ancora per alcuni secondi, incapaci di proferire un costrutto logico avente un minimo di significato. Che dire? Che fare?

Finché...

Dalla folla attorno a noi si fa avanti proprio la persona che avevo individuata appena mi ero sporta dal velivolo, discretamente anziana e vestita di tutto punto. La sua sola presenza ha il potere di trasmettermi riverenza e incredulità allo stesso tempo. Non l'avevo mai visto dal vero, solo nelle apparizioni in TV, e oggi, proprio oggi, me lo ritrovo davanti in maniera del tutto singolare.

"Posso sapere chi siete e cosa fate qui? Il vostro arrivo non era previsto, per questo motivo è sospetto, ma io non so nulla di voi e quindi posso anche pensare che avete semplicemente sbagliato atterraggio. Non sembrate cattive persone, tuttavia..." ci parla proprio lui, schiarendosi la voce, con calma e naturalezza, qualità tipiche di una persona saggia che ha raggiunto una certa età.

Scambio una veloce occhiata a Michela e Francesca, che mi guardano con occhi smarriti alla ricerca di un modo per uscire da una situazione simile senza conseguenze nefaste, ma Cardia, del tutto incapace di tenere a freno la lingua per quel po' che mi sarebbe bastato per pensare, decide di rompere la tensione proprio nella maniera più inappropriata.

"Semmai chi sei tu, vecchio decrepito, e soprattutto perché, di grazia, ci troviamo davanti ad un comitato di accoglienza di gente vestita praticamente tutta uguale?!"

Ecco, siamo fottuti...

Ho appena il tempo di scoccare un'occhiata truce e ricca di significato al mio migliore amico, che sento il click delle sicure sbloccate. Un secondo esatto dopo, ci ritroviamo tutti i soldati presenti a puntare le armi contro di noi e a fissarci con astio.

"Ehi! Che avete in mente?! Perché le vostre espressioni sono così minacciose?! Ah, ho capito chi siete: è stato il Mago a spedirvi qui, vero? Per darmi il colpo di grazia e impedirci di compiere la nostra missione, ma non avete ancora capito con chi avete a che fare! Preparatevi quindi a..."

"Scorpio!!! Ci vuoi stare zitto?!" lo richiamo, avendo cura di non usare il suo vero nome. Poi, con un rapido movimento, essendo lui vicino a me, lo tiro indietro, vicino al jet dove Aiolia e Aiolos sono rimasti semi nascosti nell'ombra.

"Ehi, non accetto di essere chiamato così proprio da te, Mar... AHIA!"

Gli ho pestato il piede più forte di quanto avrei voluto, spazientita. Già così abbiamo rischiato molto, ci stavano per sparare, solo il gesto di attesa di quella encomiabile persona li ha trattenuti, ma non ci andrà di lusso una seconda volta!

"Ssshh!!! Dannazione, parli troppo, Car! Ci hai già messo nei guai con il tuo modo di fare!" gli sussurro, sibilando sinistramente.

C- COSA?!? Ma è quello che non sa cosa significhi la buona creanza!!! Chiede informazioni a noi, ma lui non si presenta! Per me è un nemico, aspetta qua che lo sistem... OUCH!”

Lo scappellotto che gli infliggo proprio dietro alla nuca lo fa momentaneamente tacere. Mi osserva offeso.

Sssshhh!!! Ma vuoi parlare a bassa voce?! Non ti hanno mai insegnato ad avere rispetto per le persone anziane?! Lui non ha bisogno di presentarsi, lo conosciano tutti!"

"Io no! Io non so chi cazz... E BASTA!"

Altro scappellotto, meno violento ma più esaustivo, come la mia occhiata torva: "E moderalo questo linguaggio! Sai che hai commesso anche un reato?!”

U-un reato di cosa?! Ho solo detto quello che è: un vecchio d...”

NO, Cardia!!! Hai insultato nientepopodimeno che il rappresentante del popolo italiano! Lui è...”

"Che mi frega di chi è... è comunque un vecchio!" esclama ancora, riottoso, ma un nuovo click lo fa tacere.

"Presidente, stia attento! Questi figuri potrebbero essere dei potenziali criminali e risultare un pericolo per la vostra incolumità! Se ci date l'ordine, spareremo senza pietà!" afferma un soldato visibilmente agitato.

Rabbrividisco, mentre nella mia testa prende piede l'ipotesi di finire crivellata da costoro. Altro che salvare i nostri amici, altro che disintegrare quel bastardo, ma morire qui, come una quaglia cacciata... no, non posso permetterlo!

No, non occorre! Abbassate momentaneamente le armi, anche perché non sembrano avere cattive intenzioni, anzi il loro aspetto mi pare stravolto da innumerevoli fatiche. Di fatto, sono innocui!” spiega il presidente della Repubblica, mettendosi davanti ai soldati e avvicinandosi di qualche passo a Dègel, probabilmente colui che gli ispira più fiducia tra noi.

Ma, Eccellenza, quello là dietro che l'ha insultata sembra tutto fuorché inoffensivo!” continua un altro soldato, teso.

Fate come vi ho detto!” dice ancora il rappresentante del popolo italiano, in tono imperioso e solenne. E subito le armi vengono abbassate.

Le gambe mi fanno giacomo-giacomo, mi ritrovo a sospirare, un poco più tranquilla. Fortuna che il nostro Presidente della Repubblica è ragionevole, deve averci studiato a lungo per stabilire la nostra non pericolosità

"P-Presidente? Eccellenza? Ne deduco che ci troviamo davanti ad un individuo estremamente importante..." balbetta Dègel sottovoce, dandomi un'occhiata di circostanza per capire come agire.

"Sì, Dègel, fai finta di parlare ad un monarca!" mormoro, sorridendo appena e ricordandomi che l'epoca di Dègel è antecedente alla Rivoluzione Francese, ragion per cui il Cavaliere non può di certo sapere il significato moderno di Repubblica né tanto meno quello di Presidente.

Dègel annuisce, facendomi capire di aver inteso, poi si volta e, compiuti due passi, dopo un breve inchino, inaspettatamente si inginocchia.

Michela, Francesca e Sonia lo guardano incredule, strabuzzando gli occhi, mentre io mi copro il viso con una mano, trattenendo a stento una risata: avrei dovuto spiegarmi meglio quando ho tirato fuori la parola 'monarca'!

Perdonate, Eminenza! Siamo ambasciatori venuti da un regno molto lontano per riferire un'informazione urgente! Abbiamo dovuto fare un lungo viaggio, e mi dolgo a nome di tutti per esserci presentati a Voi in questa miserabile tenuta. Purtroppo le circostanze funeste lo richiedevano, così come l'urgenza del messaggio!” comincia Dègel in un italiano parecchio artificioso, soppesando bene le parole da usare e discorrendo con estrema solennità.

Bravo, Dègel, così prendiamo tempo! - sussurro tra me e me, ancora una volta ammirata, voltandomi poi verso Aiolia e Aiolos. Lo stesso fa Sonia.

E' l'occasione giusta, andate e non voltatevi più indietro! Mi raccomando, arrivati al Tempio curatevi i tagli!” dice lei, abbracciandoli almeno con lo sguardo, perché fisicamente non può, visto che siamo ancora sotto tiro.

Loro fanno altrettanto, gli occhi lucidi di fronte alla nuova separazione forzata, per quanto sia desiderio di tutti che la situazione si sistemi, permettendo così a noi di tornare in pianta stabile nel tempo a cui apparteniamo.

Anche tu stai attenta, Sonia, e anche voi ragazze... mi raccomando, prendetevi cura di quello scapestrato di Cardia!” afferma Aiolos, guardando me e le altre con affetto.

"Quello scapestrato di Cardia è qui e sente benissimo ciò che hai detto, Sisif... cioè come ti chiami! - ribatte il mio migliore amico, inarcando un sopracciglio - E comunque sarò io a prendermi cura di queste mocciose, l'ho promesso anche a Milo!”

Grazie di tutto! - intervengo io, usurpando la parlantina di Cardia - Se non fosse per voi non saremo arrivati per tempo, vi saremo eternamente grate!”

I due fratelli annuiscono con la testa, poi si voltano in direzione dei comandi con l'intento di partire il più in fretta possibile da lì.

Tornerò... torneremo! Quando Milo e Camus si saranno ripresi, troveremo un modo per viaggiare nel tempo e ritorneremo in quest'epoca! Quindi non preoccupatevi per noi, ci riabbracceremo presto!” aggiunge ancora Sonia, quasi commossa.

Sii prudente e stai con le altre. La vita di Milo e Camus dipende da voi, ricordatevelo!” afferma Aiolia, sorridendole un'ultima volta prima di voltarsi del tutto.

Contiamo su di voi, quindi! Sappiamo che riuscirete a salvarli, abbiamo piena fiducia nella vostra riuscita!” afferma a sua volta Aiolos, gli occhi luminosi e fieri, poi, con maggiore accuratezza possibile, chiude la porta del jet.

...quello che dice non ha senso! Vedo anche io stesso che siete pieni di tagli e sfiniti da un lungo viaggio, ma... - balbetta intanto il Presidente, diffidente – un'informazione urgente?! Non sapevo nulla al riguardo!”

E'... è un messaggio estremamente criptico, per questo non potevate saperlo!” risponde Dègel, confuso dal 'lei' rivoltogli. Non lo sa, non immagina che in quest'epoca il 'voi' è praticamente caduto in disuso.

Presidente, la stanno ingannando, è più che evidente, ormai! Costoro sono troppo sospetti per...” fa per dire uno dei soldati, ma il violento rumore del motore del jet, pronto a ripartire, concentra tutta l'attenzione verso il mezzo che si libra in aria, innalzando un forte vento.

Caos generico, urla, schiamazzi. Con la coda dell'occhio vedo i politici inginocchiarsi a terra e mettere la testa tra le mani per ripararsi dal forte vento, mentre alcuni militari alzano il fucile per poi sparare qualche colpo in direzione del mezzo in movimento, fortunatamente senza colpirlo minimamente (o forse è proprio il jet ad essere a prova di proiettili?!)

Accidenti, è l'occasione per andarcene ma come facciamo con queste persone che ci intralciano?! Certo, noi con armi simili non dovremmo correre alcun pericolo, ma questi qua rischiano di farsi male tra di loro se si fanno prendere dal panico!” esclama Francesca, cercando una soluzione.

"Fra, parla per te! - si lagna Michela, spaventata da tutto quel frastuono - Marta, Sonia ed io non siamo a prova di fucile, se ci pigliano..."

"Ma vi proteggerei io, testa di rapa!" ribatte Francesca sicura di sé.

All'improvviso mi viene un'illuminazione che, per quanto azzardata, potrebbe essere l'unica via per uscire da questa situazione così intricata.

Ci penso io! La neve ci aiuterà!” affermo, cominciando ad espandere il mio cosmo senza alcuna esitazione.

Marta! Non vorrai...?” mi richiama Dègel, capendo i miei piani, in tono di chi mi vorrebbe fermare, ma ormai è troppo tardi.

Infatti, intorno a noi, cominciano a cadere dei grossi fiocchi di neve che causano una nebbiolina bianca che diminuisce drasticamente la visibilità. I soldati e i politici, ancora più smarriti di prima, iniziano a guardarsi intorno con espressioni ricolme di stupore, alcuni addirittura toccano i fiocchi come per saggiarne la concretezza, altri si stringono le spalle, raggelati dal brusco calo termico. Beh, effettivamente la neve nell'aeroporto di Genova in piena estate... già mi immagino i titoli di giornale il giorno dopo!

L'unico che sembra imperturbabile è il Presidente della Repubblica. Lo osservo confusa, non capendo che cosa si celi in quegli occhi neri che fissano con tranquillità il cielo, ora bianco splendente, sopra di noi. Un esempio di compostezza e sollennità anche con uno sbalzo termico di circa trenta gradi!

Adesso ho capito... - lo sento biascicare, sorridendo appena - effettivamente deve proprio trattarsi di una emergenza..."

Non ho comunque il tempo di indagare oltre perché la presa di Francesca mi fa riscuotere.

Svelta, è il momento! ” mi incita la mia amica, iniziando a correre tenendomi per il braccio sano.

La seguo senza obbiettare insieme agli altri. Non arrestiamo il nostro moto fino alla porta di uscita dell'aeroporto, lì Dègel si ferma di botto e mi scocca un'occhiata omicida, non curandosi bellamente di tutte le persone che, ricolme di bagagli, si sono fermate a fissarci con espressioni perplesse.

Non deve essere molto piacevole neanche per loro vedere sei reietti con i vestiti stracciati che sembrano appena scappati da un carcere di massima sicurezza... ma al momento ho altro di cui preoccuparmi!

Marta, ma come ti è saltato in mente?! Far nevicare in piena estate?! Ti credevo più prudente, invece hai agito... hai agito come Cardia!”

Il rimprovero che Dègel mi rivolge è come una pugnalata al cuore di consapevolezza. Credo sia la prima volta in assoluto che lo fa, e in questi momenti sembra paurosamente mio fratello, fa impressione. So di avere agito senza pensare alla conseguenze e di aver attirato troppo l'attenzione, ma non mi è venuto in mente nient'altro in quel frangente, la situazione stava precipitando ed io... non posso fermarmi in alcun modo!

In ogni caso ho fatto nevicare solo in quella zona...” riesco infine a mormorare, raschiandomi la gola.

Non ha rilevanza questo! C'erano troppe persone per agire così, dovevamo mantenere un profilo basso, e invece abbiamo attirato troppo l'attenzione, perché sia te che Cardia avete agito di testa vostra, se lasciavate fare a me potevamo risolvere tutto semplicemente a parole!”

Ehi, calmati Dègel! Non c'è bisogno di trattarla così! Ha fatto semplicemente ciò che andava fatto! Non credo proprio che con le tue belle paroline, seppur forbite, avresti cavato qualche ragno dal buco o come cavolo si dice! Quindi non ha senso arrabbiarsi per questo!” prende posizione Cardia, protettivo nei miei confronti. Purtroppo il suo intervento non cambia l'umore dell''amico, anzi...

"Fate sempre comunella voi due, eh... ho capito!" dichiara, trattenendosi a stento, lo vedo, da manifestare in altro modo la sua rabbia latente.

Le mie amiche nel frattempo osservano turbate la situazione e al contempo la miriade di persone che si stanno fermando incuriosite dal baccano.

"Dégel..."

Tento un approccio un po' più calmo, ma lui, sbuffando, si gira e se ne va senza darmi il tempo di parlare o di fermarlo. Il suo atteggiamento, ancora una volta così simile a Camus, mi indispone. Sottilmente, a bassa voce, lo mando a rivedere le sue priorità come farei con mio fratello, mi volto, stizzita: se vuole andarsene, che se ne vada!

Ma... è mestruato? Sapete, ho letto che anche i maschi ne soffrono. Certo non sanguinano ma capita spesso che siano di cattivo umore, forse anche più di noi donne!” interviene Michela, sempre più interdetta.

No... è soltanto sotto pressione per tutti gli avvenimenti antecedenti, inoltre è preoccupato da morire per gli altri...” mormora tristemente Sonia.

"Che vada a quel paese pure lui!" ringhio, ormai di umore inverso.

"MARTA!" mi richiama Francesca, sorpresa dal mio tono di voce.

Massì, che si vada ad imbelinare da qualche parte, che...

Poi all'improvviso vengo trafitta da un altro pensiero: Dègel rischia davvero di imbelinarsi da qualche parte e di perdersi, perché non è affatto pronto ad affrontare da solo i cambiamenti avvenuti nel mondo in questi duecentocinquant'anni!

Dègel!!!" lo chiamo frettolosamente, correndogli dietro a più non posso.

"Prima litigano, poi si inseguono... io non credo di aver ancora capito le dinamiche umane circa l'innamoramento..." commenta intanto Francesca, confusa, mentre sento gli sghignazzamenti di Cardia e Michela in sottofondo.

Esco in fretta e furia dalle porte automatiche, mi guardo intorno. Non lo vedo, l'ho già perso. Invece no, eccolo! Distinguo la sua chioma verde, la sua figura, che si muove quasi ondeggiando come se avesse le vertigini, noto altresì che si sta dirigendo verso la strada trafficata. Mi viene un colpo, perdo qualche battito, mentre mi viene da insultarlo mentalmente in tutti i modi che conosco: razza di cretino, dove pensi di andare tutto da solo in un mondo che non conosci?!

Un rumore sordo di clacson mi investe, e investe anche lui, a giudicare da come sussulta, stordendolo ancora di più. Capisco in un lampo che se non faccio qualcosa nell'immediato sarà presto investito da qualcos'altro di discretamente più incisivo che un semplice suono acustico.

"STAI ATTENTO!!!"

Ho appena il tempo di spingerlo violentemente di lato che, esattamente nel punto in cui si trovava prima, passa una macchina a discreta velocità. Neanche ci ha provato a rallentare 'sto pezzo di merda.

"E GUARDATE DOVE ANDATE, NON SAPETE NEANCHE CAMMINARE!!!" urla il conducente, con tanto di dito medio fuori dal finestrino.

Ah, ma gliene viene pure a lui, non ci vedo più. Mi alzo furente e gli grido di rimando: "E TU INFICCATELA NEL DERETANO L'ALTA VELOCITA', ASSASSINO!!! E' UNA STRADA QUESTA, NON UN CAMPIONATO DI..."

"M-Marta..."

Lo ammetto, ero quasi tentata di utilizzare nuovamente i miei poteri per creare un piccolo incidente, senza che quello stronzo si facesse male, chiaro, ma l'impulso comunque ce l'ho avuto. Solo che Dègel mi ha preso la mano, me l'ha stretta, portandomi ad abbassare lo sguardo, e vedermelo lì, quasi tremante, spaurito, gli occhi un poco sgranati, ha anestetizzato i miei propositi. Capisco che è disorientato, fa tenerezza, e che probabilmente una macchina non farebbe nulla ad un Cavaliere d'Oro, ma è anche vero che il suo corpo da essere umano è già debilitato in seguito alle fatiche del viaggio e all'attacco del Mago. Butto fuori l'aria, rilassandomi. Anche la rabbia che provavo prima scema fino a scomparire... quasi, perché una piccola rivincita me la voglio comunque prendere.

C-cosa era quella roba? N-no anzi, c-cosa è tutto questo? L'aria è pesante, entra nei polmoni e fa male, cough, ed è tutto così opaco, grigio... con queste cose che... che sfrecciano per...” biascica da terra, incredulo, cercando di orientarsi.

Dègel, il mondo è cambiato molto in questi due secoli e mezzo... molto di più, per intenderci, che nei due secoli e mezzo anteriori alla tua nascita!” gli spiego, in tono caldo, cercando di rassicurarlo.

"L-lo si percepisce di primo acchito questo, m-ma io... c-cosa era quella cosa che è passata? Mi sono impietrito nel cercare di comprenderlo, c'era un uomo dentro, la guidava come nelle nostre carrozze, ma non c'erano animali a tirarla, come può dunque andare?!"

E ora come gli spiego tutto questo? No, è decisamente impossibile!

"Grazie ad un motore, così come il jet, il mezzo con il quale siamo arrivati qua. Quella cosa che hai visto si chiama, banalmente, macchina"

Lui giustamente mi fissa allibito, non sembra neanche abbia la forza di alzarsi, lo incentivo io a farlo, porgendogli anche l'altra mano per posargliela sul braccio, come a dirgli che è tempo di muoversi.

"Vedrai tante cose strane qui, Dègel, non le capirai... ti invito a non farti domande, anche se so che è tua natura portele, ti fanno solo che male e non servono per la riuscita della missione - ora sono io a sembrare Camus, vabbé... - Siamo con te, non devi essere confuso né spaventato, non sei solo..."

"Marta..." i suoi occhi si illuminano, avverto i suoi muscoli rilassarsi un poco, mentre mi sorride con gratitudine e si rimette in piedi.

Anche io gli sorrido affabile, prima di aggiungere: "Proprio per questo, perché tu qui sei poco più che un poppante di cinque anni, ti invito a non allontanarti più di un metro da me, altrimenti ti farò passare un brutto quarto d'ora... chiaro, sì?!"

Dègel si irrigidisce nuovamente, vagamente inquietato dal mutamento del mio tono, che è passato da essere aperto e caldo a poco più di un sibilo, ma sempre con il sorriso stampato sulle mie labbra, il che probabilmente esemplifica il tutto. Vedo le sue labbra tremare, alla ricerca delle parole, prima di annuire senza dire altro.

L'ho ferito volutamente nell'orgoglio, me ne dispiaccio, ma mi sembra costantemente di correre, che tutto mi sfugga, ed io rimango indietro; anche prima, quando me lo sono visto così vulnerabile a rischiare di essere investito, mi è preso un coccolone. E questa continua sensazione di non farcela, di perdere le persone che amo, che tutto sia già scritto, inevitabile, non fa che esacerbare il malessere che provo.

Ehiiiii, di qua, non abbiamo tempo da perdere!" ci richiama la voce di Francesca, sbracciandosi nella nostra direzione. La raggiungiamo. Dégel, docile, colpito dalla mia frase precedente mi segue, non lasciando il mio fianco e stando ben attento a non sforare il metro di distanza.

Intanto Michela e Sonia stanno trattenendo Cardia per le braccia, arrivando persino a puntellare i piedi, perché lo Scorpione, come se si trovasse nel paese dei balocchi, ha preso a fissare a bocca aperta tutta la sequela di palazzi e le macchine che sfrecciano, desiderando, lo vedo bene dai muscoli pronti all'azione, inseguirli in corsa per stabilire chi sia il più veloce. Un bimbo, c'è poco da fare, ma almeno l'ha presa meglio del suo migliore amico.

"Marta, tua madre lavora all'ospedale pediatrico, giusto?” mi chiede Michela in cerca di conferma.

Annuisco, prendendo di riflesso il polso di Dègel per solleticarglielo un poco. Lui continua a guardare fisso l'asfalto per terra come a non voler incrociare i miei occhi. E' davvero molto più delicato e vulnerabile di mio fratello, in questo, mi sembra quasi di aver calpestato impunemente una stella alpina, specie protetta, e di averla così condannata a morte.

Allora dobbiamo prendere un treno che ci conduca fino a Quarto dei Mille, forza!” ci incita ancora Francesca, decisa, prendendo in mano la situazione come solo lei può fare.

 

****************************

Uuuoooaaa, ma questa diavoleria è magica!!! Altro che le noiose carrozze del nostro tempo! Questa è roba dell'altro mondo!” esclama a viva voce Cardia, affacciato al finestrino del treno e intento ad ammirare il paesaggio esterno.

Ehm, Cardia, abbassa il tono! Stiamo attirando nuovamente troppo l'attenzione!” lo richiamo, quasi sibilando impercettibilmente, cosa che comunque non evita alcuni sguardi decisamente poco discreti da parte di alcuni passeggeri.

Dovunque andiamo le persone si fermano ad osservarci con un misto di pietà e soggezione. Come dargli torto, soprattutto considerando le manovre evasive di Cardia che, incuriosito dall'ambiente, ad ogni più piccola variazione, si mette a guardare e toccare di tutto e di più!

Prima aveva anche rischiato di farsi investire dal treno precedente a questo. In pratica, mentre stavamo archittettando un piano su come muoverci e su cosa dire a mia madre, ci è sparito dal sotto naso.

Prese dal panico, ci siamo messe a cercarlo, finché non lo abbiamo visto in mezzo ai binari a calciare una delle due rotaie con curiosità. Ho perso dieci anni di vita che si sono raddoppiati quando, tutto euforico, si è messo a urlare: "Ma qui vibra tutto!!!"

Stava arrivando il treno e lui era ancora lì, ignaro del pericolo. Si è lanciata Sonia, seguita da Michela, anche loro in mezzo alle rotaie, rischiando grosso, per strattonarlo via. Tra gli schiamazzi generali dei passanti, lo hanno spintonato sul marciapiede, al sicuro. Abbiamo avuto appena il tempo di tirare un sospiro di sollievo che è uscito il macchinista inferocito, ci ha chiesto se ci credavamo al luna-park o se fossimo direttamente ammattiti nel cervello. E noi a chiedere umilmente scusa, dicendo che non eravamo di lì, che non eravamo abituati a tutto quel viavai che ci ha frastornato, mentre Cardia rideva, divertito dalla cosa, e Dègel arrossiva vergognosamente a seguito dell'ennesimo rimbrotto.

Alla fine fortunatamente è arrivato anche il nostro treno e il tutto si è concluso nel migliore dei modi. Saremo giusto passati per un gruppo di squinternati, ma almeno...

Aaaahhh!! E' diventato buio all'improvviso!” echeggia un certo punto Cardia, facendo un salto indietro per lo spavento.

Continuiamo a sembrare una clinica psichiatrica che porta in giro i propri pazienti, lo riesco a presagire dagli sguardi, ora divertiti, ora irritati, degli altri. Le loro occhiate mi imbarazzano oltremisura, vorrei sprofondare e sto pregando di non incontrare nessuno di conosciuto, anche se non avessi chissà quali rapporti. La città, per me, è stata sempre troppo fredda e caotica per le relazioni umane.

Ahahah! Cardia, mi fai morire!!! Si chiama galleria, scemo! Passa sotto i monti per accorciare il percorso!” ridacchia Sonia, seduta comodamente del tutto incurante dell'ambiente intorno a lei ad eccezione di noi. La invidio un po' in questo momento.

Sì, la Liguria è tutta mare e monti. E' molto stretta, sai? Non abbiamo molto spazio tra la riviera e gli Appennini ma a noi piace anche così!” aggiunge Francesca, tirando su il finestrino con la manovella per evitare che Cardia si sporga troppo.

Sorrido tra me e me, lasciandomi debolmente andare, tranquillizzata dal fatto di essere insieme a loro. Tuttavia, poco dopo, il mio sguardo si posa automaticamente sulla figura di Dègel, seduto sul sedile opposto a guardare pensieroso dal finestrino. E' già da prima che si è chiuso in un silenzio insostenibile, lo stesso silenzio di mio fratello Camus quando sta cogitando a qualcosa che non vuole condividere con nessuno. Il rammentare di ui mi da una fitta al cuore, lo sto evocando così tante volte in questi giorni, come se volessi trattenerlo, ma lui mi sta scivolando via, lo sento sempre più flebile e... NON CI DEVO PENSARE! Scacciando a a forza il groppo che mi si è formato in gola, non dando peso al pizzicore sotto le ciglia, prendo posizione di fianco a lui, cercando un modo per sostenerlo.

Cosa ti cruccia, o meglio, cosa ti cruccia più di altro?” gli chiedo, guardandolo preoccupata.

Oh, non è nulla... è una quisquilia!” ribatte lui, arrossendo impercettibilmente.

Uhm, se sei in questo stato non mi sembra tanto una sciocchezza! Ricordi cosa ti ho detto? So che avrai il cervello gremito di domande, Dègel, ma, per quanto possibile, cerca di non portele!” insisto, cercando di acciuffare il suo sguardo che vaga smarrito fuori dal finestrino. Non mi dire che è ancora offeso dal nostro diverbio di oggi...

Davvero, Marta, non ho nulla, stai tranquilla!”

Va bene! - sancisco, facendo spallucce, prima di alzarmi con l'intento di tornare alla mia postazione di partenza, quella al fianco di Cardia - Ho già un fratello a cui devo estorcere le parole di bocca nel tentativo di dischiuderlo dal guscio, non ho forze, non ora, per ripetere il procedimento con altri!”

Lo sto trattando nuovamente male, me ne rendo conto. Non lo merita e non vorrei neanche, ma sono stravolta da questo mio continuo rincorrere, vorrei stargli vicina, ma se lui non me lo permette non... la presa ferrea della sua mano sulla mia blocca i miei pensieri. E, di nuovo, è il calore della sua pelle, prima delle parole a riscaldarmi e farmi sentire meglio.

Perdonami, non volevo trattarti in malo modo prima, ma siamo un po' tutti sotto pressione e... e finiamo per accappigliarci tra noi. E'... è sbagliato!” si schiarisce la voce, le sue guance di nuovo del colorito della porpora.

Dispiace anche a me, Dègel... tanto!” annuisco a mia volta, riprendendo posto al suo fianco e appoggiandomi di riflesso sulla sua spalla.

Dègel trema per una serie di secondi, ha come l'impulso di accarezzarmi una guancia, ma si trattiene a forza, tornando ad osservare fuori dal finestrino l'avvicendarsi del paesaggio urbano intramezzato dal buio delle gallerie.

"E' tutto così frenetico in questo vostro mondo..."

Sollevo un poco il capo, sorpresa dal tono adoperato, come di rassegnazione. Ora che siamo nel buio di un tunnel vedo il riflesso di Dègel sul vetro, le labbra sottili sono stese a formare un'unica, singola, linea, le sopracciglia un poco arcuate sopra il naso, e il dito indice della mano sinistra che picchietta contro il finestrino. Attendo che si spieghi, anche se forse sto già incominciando a capire.

"Il mondo, per quel poco che ho visto, ha subito un'accelerazione esiziale mai verificatasi precedentemente. Mi sento sballottato, smarrito, come se fossi in caduta libera e non mi potessi fermare. - prende una breve pausa, tornando a guardarmi con quei suoi meravigliosi occhi blu notte - Non è facile da spiegare, non a te che sei abituata a tutto ciò, ma io non so davvero dove sbattere la testa, Marta! E' tutto così veloce, la gente corre frenetica, come se avesse costantemente fretta... come fate a vivere in un mondo simile?!" mi interroga poi, smarrito.

"Abitudine suppongo... noi nasciamo già in un mondo fatto così, non sappiamo cosa voglia dire prendere respiro, prendere tempo, vivere in un mondo che non sia così accelerato... - gli dico, prima di sorridere - Ma non è dappertutto così, per fortuna, io ho vissuto molto anche in campagna, lì è tutto diverso, più vero, più sincero... vorrei fartelo vedere, Dég, il luogo dove sono cresciuta con i miei nonni, è nel bel mezzo degli appennini, è un po' selvatico, ancora parzialmente incontaminato e soprattutto.. meraviglioso!" gli racconto, in tono evocativo, tanto da riuscire a tranquillizzarlo un poco.

Mi sorride con garbo, prendendomi la mano e immagianandosi, per qualche secondo, il luogo di cui gli ho parlato, prima di farsi forza e continuare. Le dita che si stringono sulle mie alla ricerca di un sostegno.

La verità è che mi sento impotente, come un'ape prigioniera in una ragnatela infinitamente più grande di lei, così lontana dal suo alveare, così lontana dalle proprie compagne...”

Abbasso lo sguardo, capendo alla perfezione lo stato d'animo di Dègel. Qualcosa di simile è capitato a me appena risvegliata nel passato, anche se all'inverso. Io, in effetti, contrariamente a lui, mi sono sentita rallentata, costretta, in un mondo pieno di barriere insormontanili, sola e distante dagli affetti più intimi... la sensazione di straniamento però, quella, deve essere stata uguale alla sua di adesso.

Anche per questo motivo prima ti ho attaccato, anche se non avrei mai voluto... Volevo risolvere la situazione con il vostro Presidente da solo, ma di nuovo sono stato un incapace. Se non fosse stato per il tuo intervento probabilmente saremmo finiti in un bel guaio!” aggiunge poi, sorridendo amaramente.

Mi dispiace... posso dire di capirti molto bene, poiché anche io mi sono sentita così smarrita nella vostra epoca! Sembrava tutto più lento, io stessa ero come rallentata, appesantita...” sussurro, poggiando la mano sul sedile, la testa ricolma di ricordi sulla mia vita passata e su questa stessa.

Lo so, Marta... da quando ti conosco ho sempre ammirato la tua forza d'animo, che presumo tu abbia ereditato da tuo fratello: ti sei ritrovata in un'epoca sconosciuta piena di estranei, lontana dai tuoi affetti, ma sei comunque riuscita ad andare avanti senza scoraggiarti! - mi accarezza delicatamente la testa mentre lo dice - Ora, che mi trovo nella tua stessa situazione, capisco appieno il tuo coraggio; coraggio che io, puntualmente, non riesco a trovare! Mi sembra... mi sembra di essere perso. Non riesco neanche a provare curiosità, come invece sta facendo Cardia!” cerca di farsi capire, scoccando un'occhiata ricolma d'affetto al suo amico.

Quest'ultimo intanto è alle prese con il finestrino e si diverte come un matto a tirare su e giù il finestrino, nonostante su questo treno ci sia l'aria condizionata e quindi, in teoria, nemmeno si potrebbe.

Nascondo un risolino divertito nel vedere la sua espressione da bambino curioso che scopre l'acqua calda, mentre Francesca tossicchia, rammentandogli se non è il caso di fare il ventenne qual'è piuttosto che il decenne, età che ha già passato da un pezzo.

Cardia non è solo curioso, è proprio un inguaribile scemo già di suo! Questo lo facilita di certo in un mondo matto come questo! - commento, scrollando il capo – Comunque ciò che dici non è vero, Dègel! Camus ed io non siamo così audaci come tu dici, anzi, più e più volte ci siamo ritrovati persi, malgrado, entrambi, abbiamo tentato, con ogni mezzo in nostro possesso, di non arrenderci. Tu stesso hai avuto molto coraggio a venire qui e a guidarci fino a questo punto; è grazie soprattutto a te se ci è stata possibile seguire quest'ultima speranza, ricordalo sempre e non abbatterti in alcun modo!” affermo, decisa, regalandogli un largo sorriso.

Io sarei stato utile?! Marta, i miei compagni d'armi mi chiamano 'l'uomo più intelligente del Grande Tempio', ma in questa situazione non posso essere di nessun aiuto, perché non conosco assolutamente nulla di questo mondo! Pensa, non so neanche come si chiama questo mezzo su cui stiamo viaggiando, eppure me lo hai detto diverse volte!” ribatte, socchiudendo gli occhi nel vano tentativo di ricordare.

Si chiama treno..."

"Vedi? In fondo hai ragione tu, non sono altro che un fantolino di cinque anni qui, né più né meno. Ho bisogno io che mi guidiate, altrimenti non..."

"Dègel, ascolta! E' più che naturale sentirsi confusi e scoraggiati ora, nesuno ti sta chiedendo di avvezzarti ad un mondo che non ti appartiene. Nonostante le enormi difficoltà che avverti, tu stai combattendo per accompagnarci al luogo prestabilito, ed è questo per me che... MISERIAAAAA! C'è il controllore!!!” urlo ad un certo punto, alzandomi in piedi di scatto, prima di tapparmi la bocca di riflesso. Fortunatamente non vengo udita perché è ancora dall'altra parte della carrozza.

C-controllare... cosa?” balbetta Dègel, confuso, sporgendosi di riflesso verso la mia direzione nel tentare di capire cosa mi abbia turbato così tanto.

Istintivamente guardo fuori dal finestrino, accorgendomi che il treno si sta fermando a Sturla, la fermata prima di Quarto dei Mille (ebbene sì, proprio dove Garibaldi partì per unificare l'Italia tanto tempo fa!). Che iella, oh, non mancava così tanto al nostro obiettivo!

Va bene, manca comunque poco... piano di battaglia!” dico, rivolta alle mie amiche, buttando un occhio verso il controllore che, con aria corrucciata, cerca qualcosa nell'enorme borsone che si porta dietro.

Che possiamo fare? Ci multerà? Non abbiamo i biglietti!!! - si agita Michela, in panico - Potremmo provare a dirgli la verità, però!"

"E cosa gli diciamo, Michy? Che veniamo da un lontano passato, o da una galassia lontana lontana e che siamo in missione per salvare i nostri amici dalla peste e sconfiggere un nemico interdimensionale?! Questo, gli vuoi dire?!" inarca un sopracciglio Francesca, nervosa.

"Perché no, non si vede, forse, che siamo feriti e che, per giungere qui abbiamo attraversato innumerevoli pericoli?! Magari è comprensivo..."

Invidio la fiducia assoluta che Michela ha ancora per il genere umano...

"Vero, siamo ridotti tutti e sei ad uno straccio... - conferma Sonia, annuendo - Ma penso che sia più facile per lui pensare che siamo un nugolo di pazzi scappati da una clinica psichiatrica, che non viaggiatori da un altro tempo!"

"E allora cosa facciamo?! Si sta avvicinando..." ci fa notare Michela, abbassando la voce, gesticolando a più non posso.

E' Cardia a prendere in mano la situazione: "Se non si convince, lo convinco IO! - afferma, estraendo il pungiglione dello scorpione dal dito indice della mano destra - So essere parecchio... incisivo!

"Che idea geniale, Cardia! - ironizzo, prendendogli la mano e abbassandogliela a forza in modo che la gente non veda il pungiglione scarlatto - Vuoi bucherellare un poveraccio che sta solo facendo il suo lavoro?!" lo fulmino con lo sguardo.

"Se ci ostruisce e non troviamo altre alternative... sì!"

"NO, tonto! Non funzionano così le cose, non poss..."

Una mano sul mio braccio...

Ho più o meno compreso la situazione: ci penso io! Copritemi le spalle finché non dobbiamo scendere - asserisce Dègel, imprimendo fermezza nel suo sguardo. Fa per allontanarsi, ma si ricorda della mia raccomandazione precedente - Mi permettete di discostarmi da voi per più di un metro, Madamigella Marta?"

Il tono rivoltomi, lo stesso suo sguardo, è un poco scanzonato. Mi sorride e mi fa l'occhiolino, ed io mi ritrovo ad arrossire di netto, il cuore mi accelera istantaneamente nel petto: "Andate, mio Messere, conto sulla riuscita del vostro piano!" gli rispondo, con lo stesso tono, chinandomi leggermente in segno di assenso.

Lui fa altrettanto, distanziandosi poi da me con la solita andatura leggera ed elegante. Lo osservo intensamente, non posso fare altrimenti.

"Come pensa di risolvere il tutto?" si domanda Sonia, incuriosita.

la risposta non tarda ad arrivare...

Perdonate, buon uomo, non riesco a capire il Teorema di Pitagora, me lo può spiegare?” gli chiede Dègel, sembrando il più naturale possibile.

IL TEOREMA DI PITAGORA... SERIAMENTE?! E' questo il suo piano?! Stordirlo, circuirlo con il sapere?!

Eh? Cosa?”

Se Socrate sa di non sapere... dobbiamo valutare di eliminare tutti i preconcetti come diceva René Descartes?!”

Signore, io...”

Io vorrei solo sapere se le idee di Platone permangono in noi fino alla morte!”

Nel frattempo noi, nascosti dietro ai sedili, facciamo di tutto per non scoppiare a ridere per evitare di fare rumore. Io in particolare soffoco dentro di me il moto di ilarità che mi ha colto, perché davvero questo è uno di quei casi in cui urlerei dal ridere.

"Con la filosofia... ecco come voleva ammansirlo!" commenta Sonia, in un misto tra l'ammirazione e l'incredulità.

Pfff!! Dègel è un grande, lo stimo troppo!Secondo voi, se ne parliamo a Camus quando si rimetterà, lo accetterà come co-maestro?” mormora Michela, trattenendosi la pancia per non ridere sguiatamente.

Guardo fuori dal finestrino, accorgendomi che il treno sta finalmente rallentando la sua corsa. L'odore di salsedine che permea l'aria è sufficiente a farmi capire che siamo arrivati alla nostra destinazione.

Ragazzi, dobbiamo scendere!” li avverto, guardandoli.

Va bene, voi passate sotto i sedili e uscite senza farvi beccare dall'omino vestito di grigio, io vado a recuperare Dègel, prima che lo rinchiudano per davvero nel manicomio più vicino!” sancisce Cardia, alzandosi in piedi dopo averci fatto l'occhiolino.

Le mie amiche ed io annuiamo con riluttanza, sentendoci davvero stupide a fare una cosa simile. Nonostante ciò, facciano quanto raccomandatoci, gattonando fino all'uscita del vagone per poi alzarci di scatto e scendere dal treno nel momento esatto in cui si aprono le porte.

Di certo questa è la cosa più stupida che abbia fatto da un po' di anni a questa parte. CHE SCHIFO! Necessito urgentemente quantomeno di un disinfettante, perché non so cosa ho toccato sul pavimento e non lo voglio decisamente sapere!” commenta Francesca, spolverandosi i vestiti alla ben meglio, il disgusto ben tangibile in lei.

Io di una doccia! - si lagna a sua volta Michela, toccandosi poi i capelli con spregio - Sembrano delle alghe, bleah, mi sento uno scoglio da quanto sale ho appiccicato alla pelle!"

Pochi secondi dopo anche Dègel e Cardia scendono dal treno, il primo completamente rosso in viso, il secondo con il solito sorriso sarcastico sulle labbra e la voglia a mille di continuare quella bizzarra avventura.

Cardia! Potevi trovare un'altra scusa, no?! Non c'era bisogno di dire che ero ubriaco!” lo rimprovera Dègel, sbuffando.

Scherzi?! Sembravi completamente fatto, cosa avrei dovuto dire d'altro?! E' risaputo che la tua sbornia consiste nel dire frasi filosofiche e precetti di vita vissuta! E poi so essere convincente io! Quasi quasi avrei potuto recitare in un teatro, ahahahaha!” risponde Cardia, sogghignando.

Dègel arrossisce ancora di più, ma l'abbraccio che gli regala Michela non gli permette di controbattere.

Sei mitico, Dègel! Ce la siamo sfangata grazie a te!” si congratula lei, stringendolo in una delle sue solite morse da boa costrittore.

Sì, davvero! - ripeto, sorridendogli – Hai visto che la tua sapienza è servita, alla fine?!” gli faccio coraggio, ricambiandogli l'occhiolino di prima.

Dègel abbassa lo sguardo e si strofina gli occhi, imbarazzato, un leggero sorriso gli solca le guance. Non si abituerà, no, a questo mondo così accelerato, non deve neanche farlo, del resto, ma ho l'impressione che si senta decisamente meglio rispetto a prima.

Grazie... a tutte!” riesce infine a biascicare, posando una mano sopra la testa di Michela, la quale, tutta contenta, aumenta la stretta su di lui.

 

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Il lontano rumore delle onde che si infrangono sugli scogli fa da cornice perfetta al paesaggio intorno a noi, luogo in cui i grandi edifici dell'ospedale pediatrico sono stati sapientemente costruiti in un equilibrio perfetto e già prestabilito. I vari plessi, divisi in reparti per ogni specializzazione, non distano moltissimo uno dall'altro, e sono completamente circondati dal verde degli alberi e dall'allegro cinguettare delle cocorite. Un luogo paradisiaco che sembra distare anni luce dal frastuono della città, se non ci trovassimo in un ospedale!

Esattamente davanti al padiglione in cui lavora mia mamma, ci siamo bloccati e siamo rimasti fissi immobili a guardare l'edificio, come se una forza arcana, chiamata insicurezza, avesse improvvisamente invaso i nostri cuori, rendendoli insicuri e incerti.

Abbasso lo sguardo, stringendo i pugni con forza. Proprio ora che sono così vicina alla mia meta, mi rendo conto di non avere le parole giuste per affrontare la questione proprio con mia madre e, anzi, avverto lo scoramento, già preesistente, impadronirsi sempre più di me. Riuscirò veramente a salvare Milo, Camus e Regulus da una peste che non ha nulla di naturale?! E' vero, Francesca ha ipotizzato ottimisticamente che il Mago è esausto e che non avrebbe quindi più attaccato, eppure... eppure sento distintamente il suo cosmo dentro mio fratello, non ha nulla di debole o fiacco, anzi è sempre più intenso.

Quanto diavolo sarà passato nel 1741?! Sarà già tardo pomeriggio? E... e Camus?

Bene, direi che serve a poco rimanere qui a fissare questo edificio ora che siamo così vicini alla meta. Entriamo e cerchiamo la madre di Marta!” afferma Dègel, nuovamente nel pieno delle sue facoltà e desideroso di guidarci proprio fino alla fine.

Annuisco, sforzandomi di muovere i primi passi, ma poco dopo avverto come se il fianco sinistro, dove sapevo di avere Cardia, fosse scoperto, e infatti, voltandomi, lui non c'è. Mi blocco nuovamente, sentendomi smarrita e arrabbiata al tempo stesso: se è di nuovo andato a bighellonare in giro proprio in un momento decisivo come questo, gli tiro le orecchie e stavolta gliele canto, suono, tutte insieme e a ritmo diverso, tuttavia lo vedo invece poco indietro, fermo e immobile come una statua mentre legge un cartello, cosa assolutamente non da lui!

Cardia?” lo richiamo, corrugando la fronte.

E-eh?!” biascica Cardia, dando un'occhiata di puro terrore prima a me e poi all'edificio. Sembra quasi spaventato.

Hai... hai qualche remore ad entrare?” intuisco, avvicinandomi a lui.

L'ospedale... è come il sanatorio, giusto?! - chiede lui in tono tremante – Io non vado... non vado molto d'accordo con questi posti, mi danno un senso di soffocamento!”

Capendo il problema, tornano indietro anche gli altri.

Cardia, ti capisco, però ora siamo vicini al nostro traguardo dopo tanto patimento, non possiamo desistere adesso! Fallo per i nostri amici!” afferma Dègel, una scintilla di speranza che attraversa i suoi occhi blu, seppur tremendamente stanchi.

Diavolo, lo so che ci siamo quasi! Convinci però le mie gambe a muoversi, perché proprio non ci riescono!” esclama sarcastico Cardia, sbuffando.

Istintivamente mi avvicino a lui per fargli coraggio, anzi... per farci coraggio insieme.

Se ti tengo la mano... - e faccio come appena proferito – te la senti di entrare? Non sei da solo, Car, e sei qui solo come visitatore temporaneo, nessuno ti infilerà a forza in un letto!” gli dico, sorridendogli con calore.

E del resto chi, se non Cardia, è in grado di farmi sentire a proprio agio, come se fossi sempre a casa?! Proprio lui, e lui soltanto! Anche per questo spero di fare altrettanto in questa situazione. Comprendo bene le sue difficoltà, che si accentueranno, già lo so, una volta dentro, quando capirà che genere di specializzazione ha mia madre, ma non possiamo esitare, non più, la clessidra è davvero agli sgoccioli.

Cardia sorride a sua volta, stringendomi la mano con forza, poi senza esitare ulteriormente si mette in testa al gruppo con me al suo seguito. Passando accanto a Dègel con rinnovata baldanza. Quest'ultimo sorride tiepidamente, seguendoci senza più esitare.

Una volta entrati, mi dirigo con sicurezza dove so per certo che si trovi mia madre. Del resto, è tremendamente facile superare il presidio delle sentinelle, poiché tutti in questo padiglione mi conoscono almeno di vista, mi salutano persino, con un cenno della testa, sebbene, nel vedere le mie condizioni e il seguito che mi accompagna, rimangano un poco stupiti

Sorrido tra me e me, ricordandomi delle volte, non molte in realtà, in cui mamma, primario di grande prestigio, mi aveva portato a visitare tutto il complesso di padiglioni per non lasciarmi sempre sola a casa. Sembrano passati anni luce ormai...

Non ho mai amato l'ospedale, ma è capitato a volte di trovarmici, per esempio quando Michela ha avuto l'appendicite, o anche quando il mio amico d'infanzia ha rischiato di sviluppare la tubercolosi. Per un motivo o per l'altro, a volte essere qui era persino meglio che stare sola a casa, se non altro i colleghi di mia madre mi consideravano una sorta di mascotte e avevo compagnia.

Ehi, ma dove stiamo andando c'è il mio nome ovunque!!!” esclama Cardia ad un certo punto, guardando i cartelli in alto con la stessa ingenuità pari ad un bambino.

Cardiologia, cardiochirurgia, cardiopatia... sì, Cardia, mia mamma opera e pratica sui cuori dei bambini, soprattutto quelli che nascono già con malformazioni congenite... come te!” dico, tesa all'inverosimile, aumentando la stretta sulla sua mano nel sentirmelo irrigidirsi.

Ah! Beneee! Quando si parla di coincidenze...” biascica lui, ridendo nervosamente per mascherare la stillettata di fifa che deve aver appena provato.

Pratica interventi sui cuori!? Aspetta, Marta, vuoi forse dirmi che in questa epoca è possibile...” esclama Dègel in tono alto, ma quando vede che arresto improvvisamente il mio passo e fisso nervosa una porta chiusa, tace all'istante.

"E'... è qui, il suo ufficio..."

Marta, se vuoi andiamo noi a parlare con tua mamma, possiamo tentare di spiegarle la situazione!” propone Michela, mettendomi una mano sulla spalla nel comprendere le mie difficoltà.

Potete farlo veramente? Io non... saprei... da dove incominciare!” balbetto, abbassando lo sguardo.

Certo che sì, mi sono anche già preparata il discorso! Andiamo immediatamente!” sancisce Francesca, facendo un cenno a Michela ed entrando, più veloce della luce, nella stanza.

Sonia, Cardia, Dègel ed io rimaniamo quindi nel corridoio, gremito di pazienti, a fissare le pareti opache tipiche di un ospedale. Sbatto più volte le palpebre e mi affretto a distogliere lo sguardo da quel bianco spettrale, assurdo, e pure soffocante che è il colore principale di questo luogo.

E' strano come, quando si è bambini, certe cose si affrontino in maniera diversa, perfino la morte stessa. Passiamo la vita a cercare di tenerla lontana, relegandola ad un fatto lontano nel tempo, ma... non sempre è così! Per me, che ho avuto la mia prima crisi esistenziale già ad otto anni, invece, il suo pensiero mi ha tenuto compagnia a lungo. Inoltre, dopo questi due mesi passati a combattere, a uccidere e a rischiare di finire a mia volta ammazzata, avverto ancora più ripugnanza verso la Nera Signoria e... paura!

Fisso di riflesso Cardia che, completamente preso dal panico accanto a me, continua nervosamente a girare su sé stesso, a passeggiare, di qua e di là, cercando di non vedere, di non udire. Realizzo la profonda differenza di disagio che intercorre tra me e lui: per quanto io non riesca ad accettare tutto l'ambiente intorno a me, non ho l'immediato pensiero di rischiare di finirci improvvisamente, salvo se si verificassero determinate circostanze; ma per lui, malato di cuore, la paura è ben più tangibile, come il rischio di terminare i suoi giorni in un letto d'ospedale.

Dègel e Sonia hanno preso posto contro il muro, anche loro si sentono a disagio, ragione per cui hanno preso a parlare tra loro, mentre il mio migliore amico continua ad aggirarsi nervoso per il corridoio, sussultando al minimo rumore e guardando con sgomento i piccoli pazienti che passano in barella, tutti bambini o neonati.

Ma porca di quella... pure gli infanti, qui?! Hanno tutti problemi al cuore?!” biascica, teso.

Sono solo infanti qui, Car... è un ospedale pediatrico! - tento di spiegargli, toccandogli il braccio - Ci sono anche le partorienti ma in un altro padiglione decisamente più felice di questo!"

Nello stesso momento passa un'altra barella, il 'beeep' dei macchinari mi frastorna l'orecchio, procurandomi malessere, ma non abbasso lo sguardo, cosa che invece fa Cardia, che impallidisce subitaneamente.

Ma... ma lo hai visto quello che è appena passato?! Non avrà che due mesi e già sembra mezzo moribondo! Cosa gli vanno a fare?! Dove lo portano?!” strepita, ancora più terrorizzato di prima.

Cardia... sono bambini che hanno vari problemi al cuore di origine diversa, so che per te sembrerà assurdo, ma sono qui perché provano a farli star meglio. A volte, perché ciò accada, è pure necessario fare degli interventi grossi e, per questi, ci devono pensare i cardiochirurghi come mia madre. Il più delle volte li riescono a salvare, consegnandogli un futuro migliore rispetto a quello che avrebbero avuto” cerco di schiarirmi la voce, perché mi esce a fatica.

"Li... riescono a salvare?" chiede conferma Cardia, gli occhi che si illuminano brevemente.

"S-sì, spesso sì, e..."

Il rumore della porta che si apre mi blocca irrimediabilmente. Il cuore mi rimbalza in gola, mentre mi volto in direzione della fonte sonora.

Martaaa!!! Tua madre sa già tutto, Efesto e gli altri dei l'hanno già avvertita!” dice la voce trillante di Michela, precedendo l'uscita di mia mamma accompagnata da Francesca.

Efesto...?! Ah, sì, mio padre... ma allora deve importargli qualcosina di noi!

Ho appena il tempo di pensare a questo che la vista di mia madre, esattamente così come è nella mia immagine mentale, mi spinge ad approcciarmi a lei con urgenza.

Mammaaaa!!!” la chiamo scattando verso di lei per abbracciarla con enfasi. Le lacrime, trattenute fino a questo momento, che trovano istantaneamenye sbocco.

Marta!!!” esclama a sua volta lei, stringendomi forte a sé, e subito il suo profumo, l'odore di casa, mi investe le narici, incrementando il painto. Malgrado lei sia abituata a mantenere il sangue freddo in reparto, per un istante le emozioni hanno avuto la meglio anche su di lei, rischiando di farla cadere in ginocchio, sopraffatta.

Io, che invece del mantenere la calma senza mostrare i propri sentimenti non mi è mai importato, tremo con forza, desiderando non staccarmi più da lei.

"Ooooooh, mi sei mancata... quanto mi sei mancata, Mami!" la chiamo con il diminutivo che utilizzavano da bambina, fuori di me dalal gioia, dalla paura e persino dall'urgenza, perché so che non posso crogiolarmi troppo tra le sue braccia. Ancora una volta, il tempo manca!

"Anche tu, mia piccola gabbianella, - anche lei usa il nome con il quale mi chiamava da piccola - Anche tu!"

Con la coda dell'occhio vedo Cardia avvicinarsi cautamente a me, mentre Dègel, probabilmente sbalordito dalla nostra somiglianza, si permette di produrre un breve mormorio di sorpresa.

Oh, oh cielo! Sembra passato così tanto dall'ultima volta che ti ho vista, come stai, tesoro? Sei piena di tagli, ferite e abrasioni!” mi sussurra ancora mia madre, accarezzandomi dolcemente i capelli.

Mamma, io sto bene, ma Camus... Camus sta molto male!” rispondo, singhiozzando, non riuscendo proprio a trattenermi.

"L-lo so, piccola, l-lo so..."

"Ho... ho paura che non ce la faccia, Mami, ho... paura!"

In testa ho sempre ben chiaro il viso pallido e sofferente di mio fratello, questa immagine da sola è in grado di trasmettermi un dolore lancinante al petto che ha ben poco da spartire con i tagli presenti sul mio corpo. Anche mia madre si irrigidisce a seguito delle mie parole, trema per qualche istante, prima di ricondurre tutto sotto una pallida calma.

Vostro padre mi è apparso in sogno e mi ha riferito tutto. E' peste, giusto?”

Dovrei rispondere, ma il magone nella mia gola è diventato insostenibile, Lo fa qualcun altro al mio posto.

Sì... per questo siamo qui. Marta ci ha detto che nella vostra epoca esiste la cura!” interviene Dègel, avvicinandosi in evidente stato di disagio.

Malgrado la calma ferrea di cui lei riesce a disporre in ogni circostanza, lo stupore invade comunque il viso di mia madre nello scorgere il volto della persona che le ha appena appena parlato. Come darle torto?! Trovarsi davanti la fotocopia di Camus, pur sapendo che non si tratti di lui, non deve essere affatto facile.

Uh... perdonate il mio intervento, mia signora, capisco che sia un momento difficile per voi, visto che vostro figlio rischia la vita e vi siete trovata davanti una persona che, fisicamente, ricorda lui in tutto e per tutto, ma abbiamo poco tempo, per questo ho deciso di farmi avanti!” continua Dègel, intuendo i suoi pensieri.

Inaspettatamente mia madre scrolla la testam sospirando. Poi si stacca da me per avvicinarsi a lui e posargli la mano sulla guancia, che accarezza come se fosse un petalo di una margherita, in un gesto ricolmo di affetto che mi ricorda nitidamente il ritrovarsi con mio fratello dopo tanti anni di separazione. Altrettanto sorprendentemente l'Acquario, solitamente restio ad ogni contatto, non si discosta da quel tocco, come se quella carezza arrivasse direttamente alla sua anima, che sarà poi quella di Camus, e la rinfrancasse.

Non ti preoccupare, Dègel, Efesto mi aveva avvertita anche di questo, sei davvero così simile a mio figlio.... - mia mamma si ferma un attimo, cercando di mascherare un singhiozzo – Perdonami, so che avete poco tempo, ma è comunque emozionante vederti!”

Dègel arrossisce leggermente, ma subito dopo le stringe dolcemente la mano, trattenendola sulla sua guancia. Un sorriso rassicurante misto ad una malinconia senza limiti gli compare sul bel volto

Ehm, scusate... odio dover interrompere questa scenetta commovente e strappalacrime ma, come avete anche più volte detto voi, dobbiamo sbrigarci, il tempo stringe! Ah, comunque io sono Cardia, piacere mio!” interviene il mio miglior amico, con la sua solita naturalezza disarmante, prendendo in mano la situazione.

"Il piacere è anche mio, Cardia, io sono Antoinette... - si presenta lei, staccandosi da Dègel per porgergli la mano, al quale viene immediatamente stretta dalla morsa poderosa dello scorpione - la mamma di Marta!" aggiunge ancora, con un sorriso.

"Oh, lo vedo bene questo! - schiocca la lingua lui, tutto gaudente - Siete due gocce d'acqua, ad eccezione degli occhi, quelli..."

"Li ha presi dal papà, sì! - finisce per lui mia madre, prima di concentrarsi su Sonia - E tu, piccoletta, quale è il tuo nome?"

"Sonia, signora, sono una nuova amica di Marta, Michela e Francesca!" esclama lei, tutta felice di presentarsi a sua volta.

Bellissimo nome anche il tuo! - si congratula ancora mia mamma con un sorriso sincero, prima di farsi seria - Per tornare alla tua domanda, Dègel, nella nostra epoca non solo esiste la cura per la malattia, ma la peste è stata debellata nei Paesi sviluppati! Per questo motivo non ho il rimedio specifico qui in ospedale!” spiega mia mamma, un poco cupa in volto.

C-cosa?! Ma allora come possiamo fare?!” esclama Dègel, ingoiando a vuoto nella paura che tutto il nostro lungo pellegrinare si possa, infine, rivelare inutile e vuoto.

Venite con me, presto!” taglia corto mia madre, facendoci un cenno verso sinistra e precedendoci nel corridoio.

La seguiamo senza esitare con il cuore gonfio di emozioni, la speranza frammista al timore che ci ha accompagnato per tutto il viaggio. L'agitazione di tutti noi sale, adesso, che sembriamo così vicini al nostro obiettivo, persino più di prima.

I pazienti sono già privi di coscienza?” chiede mia mamma ad un certo punto, forzatamente calma, fermandosi davanti ad una porta di colore verde.

Sì, sono incoscienti già da un po', questo potrebbe essere un problema per l'assunzione del medicinale, giusto? ” chiede Dègel, cercando a sua volta di mantenere la calma.

Oltre a ciò, mi fa presagire che il decorso della malattia sia già vicino allo stadio finale... dobbiamo sbrigarci!” afferma mia mamma, aprendo d'impulso la porta per farci entrare dentro.

Mi guardo intorno, notando che, in quella particolare stanza, i muri sono verdi anziché bianchi, e che alcuni armadietti in acciaio danno l'idea che la sala venga utilizzata come deposito di medicinali, o qualcosa di simile.

La vedo dirigersi con sicurezza verso un oggetto quadrangolare un po' più piccolo degli altri. Lo apre con delle chiavi che prende direttamente dalla tasca del camice, scoprendo così il suo contenuto: un grosso recipiente pieno di una miriade di fialette contenenti liquidi dello stesso colore.

L'unica soluzione che abbiamo è usare questi antibiotici: steptomicina e tetraciclina. Dipende dal loro fisico il decorso favorevole o... meno!” spiega mia madre, non riuscendo a mascherare il tremore della sua voce nel pronunciare l'ultima parola.

Va bene ma come facciamo a darglieli? Versano già in stato comatoso... costringerli ad ingerire qualcosa non aumenta il rischio di soffocamento?” domanda Dègel, avvicinandosi alle fialette con circospezione.

Bisogna inocularglieli per via endovenosa!” intuisco io, fremendo visibilmente

Esatto, tesoro, e tu sai come si applica tutto il procedimento, giusto? Te l'ho insegnato!” chiede conferma mia madre, sorridendomi con dolcezza.

Sì, lo so mami! Bisogna prima eliminare l'aria e poi agire, conosco anche le zone migliori per farlo, conta su di me!” affermo, decisa, guardandola negli occhi per farle percepire tutta la mia determinazione.

Perfetto! Vi darò un po' di scatole per portare più agevolmente gli antibiotici, aspettate un attimo, cerco di fare più velocemente possibile!” dice ancora lei, cominciando a preparare il tutto.

"Ti diamo una mano anche noi!" esclama Michela, propositiva, mentre si adopera insieme a Francesca per sistemare compostamente e ordinatamente le fialette dentro i contenitori che le ospiteranno per il viaggio.

Rimaniamo in silenzio per un po', cercando, per quanto possibile, di fare ognuno la propria parte, almeno finché Dègel, vincendo la riluttanza, non decide di esporre un quesito.

Perdonatemi, mia signora, volevo solo avere conferma su quanto sono riuscito ad intuire dai discorsi di Marta: in quest'epoca esiste una cura per le malformazioni cardiache?”

Attimi di silenzio in cui mia mamma, non aspettandosi un simile quesito, ha giusto il tempo di alzare lo sguardo verso la reincarnazione di suo figlio Camus, poi...

Che cazzo stai sproloquiando, Dègel?!? Non se ne parla minimamente!!!” urla Cardia, innervosito, rischiando quasi di buttare giù le scatole che teneva in mano, fortunatamente ancora vuote.

Ma Cardia, rifletti: potremmo trovare una cura definitiva per il tuo cuore malato che non sia una panacea come il mio gelo... è una possibilità da non escludere!” ribatte Dègel, in tono alto, come a voler difendere la sua posizione.

"Din, don, SVEGLIA! E' tutto bellissimo il tuo piano, ma ricordi, sì, che io sono nato nel 1721 come te, e che apparteniamo ad un'epoca dove queste cose neanche esistono ancora?!" bercia lo Scorpione, oltraggiato.

"Stiamo... stiamo portando dei medicinali, non della nostra epoca, nel passato, stiamo già contravvenendo alle regole della Storia, perché quindi non farlo una seconda volta, per te?!" si oppone ancora Dègel cercando di farlo ragionare.

"Perché stiamo portando la cura a gente di questo secolo presente che si è trovata arenata in un'altra epoca perché un mitomane fuori di testa vuole assoggettare a sé tutte le dimensioni! Ci sei, Dègel?! Solo per questo contravveniamo, giusto? Solo per questo!"

"Tra le persone coinvolte c'è anche Regulus... secondo questo ragionamento dovremmo salvare solo Milo e Camus e lasciare da solo Leo a vedersela con..."

Certo che sei un bel tipo, soprattutto coerente... insulti e picchi Camus perché vuole sradicare via il mondo per salvare Marta e le altre, poi salti su tu, bel bello, con la brillante idea di fare lo stesso per me... ed io come posso infervorare la mia esistenza se il mio cuore non fosse più malato?!? ” esclama ancora Cardia, stringendo convulsamente i pugni.

Cardia... io ho chiesto solo una cosa, non intendo rivelare anzitempo a tutto il mondo degli interventi cardiaci, ma se mi spiegassero le modalità, forse, potrei provare a ripeterle con te, e solo con te!” tenta ancora Dègel, cercando di far comprendere i suoi intenti all'amico, sebbene le veritiere, e acuminate, parole dello Scorpione sulla poca coerenza, tipica anche di Camus, lo abbiano scosso fin nel profondo. E si vede!

Sei completamente suonato, te lo dico io! In ogni caso, non hanno importanza le mie condizioni adesso, dobbiamo solo preoccuparci di tornare indietro e salvare i nostri amici!” decreta la fine del discorso Cardia, voltandosi dall'altra parte come ad intendere che non gli risponderà più.

Ca-Cardia, io volevo solo...”

Dai ragazzi, basta litigare! Cardia! Dègel ha solo fatto una domanda per sapere, di certo non voleva metterti a disagio e men che meno ribaltare il mondo, mi sembra normale il suo interessamento per le tue condizioni: è il tuo migliore amico!” interviene Sonia, mettendosi in mezzo nel tentativo di fare da paciere.

Chiedigliele a lui le sue intenzioni, che si fa venire certe idee in momenti simili!” esclama ancora lo Scorpione, sempre più stizzito.

Ehm, scusate... - interviene mia madre, guardando un attimo prima Dégel e poi Cardia – non ho voce in capitolo, però...”

KABOOOOOOOM!

Un rumore assordante, appena preceduto da un intenso lampo di colore azzurrino, ci impedisce di concludere il discorso. Finiamo tutti a terra, tappandoci istintivamente le orecchie che sembrano esplodere a seguito di un fragore infernale. Il pavimento sotto di noi prende a tremare consistentemente, i muri intorno si crepano, rischiando di franarci addosso.

Che cosa sta...?!” tenta di dire Michela, ma la sua frase svanisce tra le urla delle persone fuori che, prese dal panico, schiammazzano sempre di più.

Mi faccio coraggio, balzo in piedi e mi butto istantaneamente fuori nel tentare di capire cosa diavolo stia succedendo, ma non ho nemmeno il tempo di capacitarmi della situazione che vengo spinta brutalmente indietro, finendo così a terra. Qualcuno dietro di me chiama il mio nome, ma la mia attenzone è tutta per l'infermiera che, vittima del terrore, non riesce a far altro che urlare in lungo e in largo, sbracciandosi come uan forsennata.

Tossisco, si è elevato del fumo nero, acre, denso. Capisco con un brivido di rabbia più che di paura: siamo di nuovo sotto attacco, maledizione!

  
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