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Autore: MissShinigami    26/07/2013    3 recensioni
La storia si svolge in Inghilterra, almeno all'inizio, dei Mezzosangue che non sanno la verità sui propri genitori, altri che sono stati inviati in missione, altri ancora che combinano casini.
Due ragazzi vogliono sovvertire l'ordine del mondo, facendo cadere gli dei ... almeno si pensa ... ma qualcuno gli metterà i bastoni fra le ruote!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho scoperto che mi piace confondere le persone. Buona lettura ...



Il sole era basso ad est. Sul continente ad ovest si stavano raggruppando noiose nuvole grigiastre.
Ginny sbuffò sonoramente. “Mia, dobbiamo inoltrarci là dentro?”
La donna le stava accanto scrutando la costa. “Sì, una volta raggiunto Sherbrooke per i rifornimenti, ripartiremo.  Là conosco una buona merceria, ci faranno un buon prezzo.” sorrise.
La figlia di Afrodite contraccambiò.
Si spostarono dal parapetto andando dalle altre ragazze.
Aurea osservava la scena dalla cima della torre di poppa.
“Non stai facendo nulla.”
“Lei resta seduto a gambe incrociate sospeso a mezz’aria per tutto il tempo.”
Zefiro fece una strana smorfia con la bocca, cercava di non far vedere alla cacciatrice che stava per ridere. “Bhè … sai che non ti posso aiutare.”
La ragazza annuì e si sedette a terra ad occhi chiusi. Come fare a svelare i piani di Mia? Era furba e sapeva come far leva sulle debolezze degli altri. Come faceva a conoscerle così bene? Era davvero … premurosa … come una mamma …
Scattò in piedi.
“Hai capito qualcosa.” asserì il dio.
“Sì e no. Non so ancora come devo fare  o cosa ma almeno adesso ho una vaga idea di contro cosa sto combattendo.” strinse i pugni. “Spero … spero davvero di sbagliarmi.”
Sherbrooke era una cittadina perfettamente tranquilla: strade larghe, case bianche con giardino, zona pedonale per accedere alla biblioteca. Era là che Mia le stava portando.
“Sapete, il secondo piano della biblioteca è protetto dalla Foschia e i mortali pensano sia perennemente in ristrutturazione. In realtà ci abita una mia vecchia amica!” rise. “Chissà che non ci scappi un po’ di sconto!”
Anche le altre risero, a parte Aurea che restava sempre in fondo alla fila. Vedeva che Mia ogni tanto le si avvicinava e tentava di conquistarsi la sua simpatia con piccoli gesti, quelli stessi che avevano convinto  anche le altre. Ma non c’era niente che quella donna potesse usare per entrare nella sua testa, all’età di 78 anni non aveva certamente questioni in sospeso o rimpianti: mancanza, sconforto e abbandono erano cose già provate molto tempo prima ed era stata salvata, adesso Artemide era sua madre. E fu a causa di questo che Mia iniziò ad odiarla, certamente non in modo aperto e chiaro, non poteva svelarsi alle altre. Non ancora. Altrimenti il suo piano non sarebbe giunto a compimento.
Ma qual’era il suo piano?
Mentre la cacciatrice si arrovellava con questi dilemmi giunsero alla biblioteca, una non poi così grande struttura bianca con una veranda sul davanti sorretta da colonne in stile dorico, chiaro segno dello zampino di qualche ospite millenario. Sul retro c’era un grande campo verde, con l’erba corta; in lontananza si distinguevano delle pecore, se ne udivano i belati.
“Che posto carino.” sorrise Selena.
“Peccato per le nuvole!” fece Sue con un po’ di broncio.
In effetti sopra le loro teste si stavano addensando nuvoloni grigiastri che lasciavano intravedere pigramente qualche tenue raggio di sole.
Aurea si guardò attorno: sarà stato il suo umore ma tutto le sembrava forzato, si sentiva sull’orlo di una crisi isterica. Stava per esplodere, per urlare, per saltare addosso a Mia per strapparle quel sorriso materno dalla faccia. Poi fece un respiro profondo e si tranquillizzò. Crisi finita per ora … seguì le altre dentro.
L’ingresso principale era ampia e piena di libri, a destra si vedeva una traballante scala di legno sbarrata da un cartello con su scritto: ‘Pericolo: non salire.’
Salirono.
Furono accolte da un’aria pesante e calda, quel piano sembrava avere solo quella sala. Opposto al muro delle scale, c’era un bancone enorme e dietro di questo una piccola signora ricurva sul suo lavoro a maglia.
Le vide arrivare e salutò Mia con un lento movimento del capo. “Tu, qui …” osservò una per una le ragazze poco dietro di lei. “ … Mia …” lo disse ridendo.
La donna si irrigidì un attimo. “Sì, siamo venute per delle provviste. Dobbiamo arrivare fino al porto di New York.” poi riprese il controllo di sé. “Però abbonda con i cibi e le spezie, voglio preparare una cena speciale d’addio l’ultimo giorno.”
A quel punto fu la vecchietta a diventare seria. “Capisco.” e fece cenno di seguirla.
Il gruppetto eseguì inoltrandosi in un corridoio reso stretto da tutte le cose che erano accatastate in terra, appese ai muri e attaccate al soffitto.
“Ovviamente sapete che dovrete pagare ... o, per meglio dire, dovrete dimostrare di essere all’altezza di proseguire.”
Sbucarono in una camera larga con tante finestre larghe sul lato opposto alla porta.
La vecchietta era al centro della stanza circondata da mucchi di lana da filare e tessuti malamente intrecciati. “Benvenute nel mio laboratorio tessile.” iniziò con voce profonda e rauca mentre la sua stazza aumentava e la sua pelle diveniva coriacea. “Questa sarà la vostra ultima prova.”
La vecchietta non c’era più, al suo posto un gigantesco demone squamato sollevò le braccia nella loro direzione.
Le ragazze fecero un passo indietro sconcertate.
“Importava trasformarsi in questo modo per mostrar loro la strada?” chiese protettiva Mia.
“Devo rendere la cosa formale. E poi mi hanno detto che devo fermale qua.” rise lasciva mostrando la lingua biforcuta; si avvicinò alla donna, ferma e neanche intimidita dal demone orribile che si trovava davanti. “Non come non sei stata capace tu fino adesso.”
“Ma di cosa stai parlando!?”
“Mia non ci hai mai ostacolate! Non potrebbe!”
“Lei ci ha sempre aiutate e sostenute!”
“È dalla nostra parte!!”
Ginny, Selena, Sue e Sonny si fecero avanti, parandosi tra Mia e il demone.
La figlia di Zeus fece un ulteriore passo avanti, digrignando i denti. “Tu non sai niente di lei.”
Il demone rise fragorosamente, così forte da far tremare le mura ed il pavimento.
Aurea fece un passo indietro e si voltò, coprendosi la bocca con le mani.
“Accettiamo quest’ultima prova!” si fece ancora avanti Sonny.
La cacciatrice si rese conto di quello che stava facendo: rideva. Rideva come il demone.
“Benissimo …”
Mia la osservava, alle sue spalle.
“La prova è semplice.” il demone le guardò per bene una ad una. “Dovrete confezionare un vestito.”
Gli occhi della figlia di Afrodite si illuminarono come fossero due diamanti.
“Ma ci sono due condizioni!” alzò il grande dito indice. “Non potrete uscire da questa stanza per nessun motivo e …” sorrise. “ … dovrete farlo con un tessuto immortale.”
Le ragazze si guardarono attorno: c’era solo lana, giganteschi mucchi di lana, niente più.
Il demone si avvicinò alle finestre in fondo alla stanza. “Sapete, la stessa Psiche mi ha procurato quella lana tanto tempo fa, ma, in tutti questi anni sono riuscita solo a filarla e non ho più l’età per usare ago e filo.” si voltò nuovamente e mentre parlava si avvicinò ad un mucchio più piccolo degli altri, coperto da un telo di lana grezza. “Non vorrei sprecare tutto questo tessuto di lana d’orata!” e lo scoprì.
A terra era stato ripiegato ordinatamente un enorme telo d’oro che brillava e riluceva nonostante la poca luce nella stanza. I suoi riflessi rapirono subito lo sguardo di tutte le presenti.
“ lo faccio io!” scattò Ginny.
Il demone rise. “Che giovane caparbia! Come ti chiami?”
“Guenevre Boutè!”
“Perfetto piccola Boutè! A te i macchinari ma solo tu potrei usarli!!” schioccò le dita e dal nulla, in una nuvoletta di fumo, comparvero un grande tavolo con una macchina da cucire, forbici, nastri, aghi, spilli e fili di ogni genere.
“Avete un giorno!” poi il demone scomparve lasciandole nella semi oscurità, chiuse in quella stanza dove si reggeva un precario equilibrio di forze.
Aurea rimase da un lato e Mia da un altro, sempre opposte: la ragazza dai capelli biondi e la donna dai capelli corvini, si osservavano a vicenda, cercando di capire le rispettive mosse e di prevedere quale sarebbe stata quella più adatta alla situazione. Nessuna delle altre sembrava accorgersi della situazione.
Ginny stava osservando il tessuto di lana dorata. Lo misurò e ne considerò la consistenza poi scelse ago e filo adeguati, e anche qualche cambio in caso di bisogno, poi osservò una ad una le persone presenti nella stanza. “Ho bisogno di qualcuno che mi faccia da modello.”
Si guardarono tutte le une con le altre.
La ragazza continuò. “Se il vestito è per quella donna dovremmo scegliere la persona che le somiglia di più come corporatura.”
Allora tutti gli sguardi si posarono su Selena alta quanto la signora demone, prima della trasformazione ovviamente.
La figlia di Zeus rivolse a tutti uno sguardo sconcertato. “Mi fate rimpiangere Fran.” disse mentre alzava le braccia per consentire all’amica di prendere le spalle.
“Prenderò uno o due centimetri in più così il vestito starà sicuramente bene a quella cosa!” era un po’ arrabbiata.
“E noi che facciamo?” chiese Sonny che non riusciva a restare ferma per più di qualche minuto.
Ginny la guardò. “Non lo so, ma ci dobbiamo rimanere un giorno qui … anzi … datemi una mano o non riuscirò a finire in tempo.” era già assolutamente presa dal lavoro e dava direttive e ordini.
“Ha detto che questa è l’ultima prova.” osservò Selena.
“Sì … effettivamente questa era l’ultima prova anche per Psiche, giusto?”  chiese Sonny mentre reggeva una parte del tessuto per consentire a Ginny di ritagliare la parte che le serviva.
“Non esattamente. Sembra che tutte le prove che abbiamo dovuto affrontare siano già state affrontate.”
diede voce al suo pensiero Sue. “Come se noi stessimo proseguendo il cammino di Psiche. Però lei affrontò quattro prove, questa per noi è solo la terza.”
“Ce ne sarà un’altra allora?” chiese ancora Sonny.
“No.” Aurea si mosse dalle finestre. “L’ultima prova di Psiche consisteva nel prendere il Vaso del Sonno eterno da Persefone, ma quello ce l’ha già Fran e lo ha anche aperto.”
Rimasero in silenzio.
“Stai dicendo che se non riuscissimo a liberarla dall’Ade, lei resterebbe sempre là a … dormire?” la voce di Selena era preoccupata.
Aurea pensò che forse se continuava a parlare di Fran sarebbe riuscita a slegare le amiche dalla presa psicologia che Mia aveva posto loro. “Sì, eternamente addormentata da qualche parte nel Tartato. E quando morirà è probabile che la sua ombra resterà là senza riuscire a trovare una sede. È come non essere mai esistiti.”
“Momentaneamente però non sa quello che sta accadendo. Non si accorgerà del tempo che passa.” intervenne Mia. “Abbiamo tempo.” continuò guardando Aurea dritta negli occhi. “Non possiamo permetterci di rischiare neanche minimamente di correre un qualche pericolo.”
La cacciatrice si trattenne a stento dall’urlarle in faccia quanto le faceva schifo il suo essere. Non reggeva più quegli atteggiamenti e, adesso, il danno era fatto: non era più una persona che doveva solo svolgere il suo compito, stava diventando piano piano, nelle menti delle ragazze, una specie di capo, la loro guida … loro madre.
Si voltò di scatto e tornò alle finestre. La rabbia le stava facendo esplodere le tempie, il sangue le rombava nelle orecchie e gli occhi le pizzicavano. In quel momento era sola. Poggiò la testa sul vetro freddo e cercò di restare calma. Si straniò del resto del gruppo e, sconvolta da quello stato di semi-lucidità, iniziò a pensare ad un piano.
“Ahi!”
“Scusa scusa! Ma se riuscissi a stare ferma, magari non ti bucherei così spesso!”
“Sono iperattiva per la miseria! Potrò essere agitata?!” Selena aveva la voce un po’ più alta del solito.
“In questa situazione poi vorrei ben dire.” Mia le stava accanto, le posò una mano sulla testa e la accarezzò un attimo.
La figlia di Zeus si voltò e le sorrise grata.
Dopo qualche ora Ginny batté forte le palme delle mani sul tavolo facendo girare tutte. “Non ce la faccio più!” e crollò a sedere sul posto.
Sonny rise un attimo e piano, per non farsi sentire e non beccare qualche rimprovero. Mia comunque le rivolse uno sguardo più che eloquente e la ragazza non poté non abbassare lo sguardo dispiaciuta.
“Su, piccola. Se sei stanca non ci sono problemi. Come ho detto non c’è fretta: riposati e riprenditi.”
Ginny scosse la testa, un movimento tra l’oscillare e l’annuire. “Ma dobbiamo rimetterci in viaggio in fretta e …”
Le prese il volto tra le mani. “No, no. Non ti devi preoccupare o non riuscirai mai a tornare in forze.”
La mora ripropose il gesto con le mani in grembo, erano intorpidite e con qualche puntura d’ago qua e là; anche gli occhi le facevano male. Li chiuse e dopo poco si addormentò poggiata alla donna.
Sonny ancora non riusciva a star ferma e giocava a morra cinese con Sue e perdeva sempre.
“Rinuncio! Hai vinto!”
“Wow … è la prima volta da anni che mi lasci vincere.”
La figlia di Apollo si sdraiò a terra. “Basta!” sussurrò.
L’amica rise.
C’era un’atmosfera tranquilla, come se non fossero state rapite da un demone enorme e nessuno stesse per morire. Dopo poco si erano quasi tutte addormentate.
La cacciatrice tentava di restare sveglia ma c’era qualcosa nell’aria, una specie di torpore, che le offuscava la vista e le faceva girare la testa. In breve si addormentò anche lei.
Ginny era seduta al centro di una stanza buia. Sentiva intorno a se dei sibili contorti e striscianti che si insinuavano nella sua testa infilandosi nella sua mente nonostante la sua resistenza. Lentamente iniziò a girarle la testa ma non avrebbe saputo dire se era solo una sensazione o se tutta la stanza si stesse muovendo davvero. All’improvviso qualcosa brillò nel buio: degli occhi assolutamente celesti la scrutarono dalle ombre. Poi la luce, accecante. Cinque sagome scure davanti a lei, apparse dal nulla, si squagliarono. Del sangue, più avanti, un corpo a terra …
Aurea era in piedi con l’arco teso in mano. Tremava, non le capitava più da quando Artemide le aveva insegnato a tenerne uno in mano. Ma la scena davanti a lei era raccapricciante. Le sue amiche erano a terra, le ferite erano profonde, artigli spessi, gli occhi vacui, inespressivi, morti. Dietro di loro una figura alta si stagliava contro la luce del sole: aveva la testa inclinata di lato e si leccava le labbra. Era enorme. Prese a pulirsi le mani artigliate.
“Non ci sei riuscita.” disse gorgogliando nel sangue che le scendeva in gola. “Sono state un ottimo pasto.” si concentrò su di lei. “Ma con te non ha funzionato niente, dico bene?” guardò, godendoselo, lo spettacolo sotto di lei. “La carne non è buona se non c’è fiducia …” le parole sfumarono in un ringhio.
La cacciatrice scagliò la freccia nello stesso istante in cui la creatura scattò.
Si svegliò di soprassalto con gli occhi sbarrati e il gelo nelle vene. Era buio ma vedeva distintamente, alla luce della luna, Mia fissarla inespressiva. Non posso permettermi di farmi trovare vulnerabile e finché io sarò vigile non potrà attaccare neanche le altre …
Poi notò che Ginny era nuovamente all’opera. Ora stava passando i pezzi di tessuto sotto la macchina da cucine, sembrava a buon punto. Aveva il volto concentrato e straniato dalla realtà, ma una cosa la cacciatrice la capì: era terrorizzata.
“Ho finito!” la sua voce trillante svegliò tutte le altre che il sole era appena spuntato dal mare piatto come una tavola.
“He!? Non stavo dormendo!” scattò subito Sonny con un colpo di reni incredibile.
“Ma sta zitta …” le fece Sue molto più realista e impastata dal sonno.
“Selena, devo vedere se tutte le cuciture tornano, se sono adeguate e controllare che siano resistenti. Altrimenti tutto il lavoro che ho fatto sarà inutile!”
La mora si alzò barcollando e alzò le braccia.
“Guarda che non lo puoi mettere indossando la felpa …” le fece notare la nera.
“Ah …” fu la risposta ad occhi chiusi.
Con un po’ di difficoltà riuscirono a far indossare il capo alla ragazzina e a svegliarla del tutto.
“Incredibile!!! È spelindo! Wow! Ma come hai fatto! Caspiterina!”
“Sì, ho capito! Commina! Devo vedere come si muove.”
L’abito era perfetto: le maniche leggere erano a sbuffo, alle spalle i ricami facevano si che si creassero increspature nel tessuto dorate che scintillavano anche con quella pochissima luce mattutina come se fossero colpite dal sole d’agosto, la gonna calava fino a terra con un cortissimo strascico che rendeva tutto più elegante e principesco.
La figlia di Afrodite sorrise. “Possiamo chiamare quel demone di vecchietta.”
Mia schioccò le dita.
Da una nuvoletta di fumo grigio spuntò l’anziana signora che le aveva accolte nel suo bazar solo qualche ora prima, non aveva l’aspetto del terrificante demone che aveva imbastito quella prova.“Sì?” gracidò.
“Ho finito.”
La donnina si voltò verso Selena che mostrò l’abito sfavillante in tutto il suo fulgore. Inclinò la testa prima da un lato … poi dall’altro. “Be’ …” si raddrizzò con la schiena e il suo corpo iniziò a mutare, le squame presero il posto della pelle e le zanne quello dei denti.
Sonny, Sue e Aurea si frapposero, armi in pugno, tra il demone e le altre, pronte allo scontro.
Ma Ginny fece un passo in avanti. “No, questa cosa la risolvo alla Boutè.” avanzò tra le amiche armate. “Forse non è di tuo gradimento!?” dalla voce si capiva che era furiosa, gli occhi le lampeggiavano come fossero stati quelli di un diavolo reincarnato.
Il demone ebbe un tentennamento poi allungò una gigantesca mano verso di lei. “È questa la forma che per contratto devo assumere per concludere … un ottimo affare!”
E la gracilina figlia della dea dell’amore strinse la mano ad un demone di vecchietta, o forse sarebbe meglio dire che il demone le strinse un braccio e la scosse su e giù per qualche secondo. Poi ci fu una festa in cui la donnina, nuovamente umana, indossò l’abito. Le calzava a pennello, nonostante fosse comunque assolutamtne ridicola con un abito tanto elegante addosso, le misure erano perfette, Ginny ci aveva visto lungo scegliendo Selena come modello. D’altronde la ragazza dai capelli caramello non fu lusingata dalla cosa, ma era felice che tutto fosse andato per il meglio e che adesso potevano tornare tutte alla nave, cariche di cibo, e, anche se stanche morte, insieme come una famiglia.
La bionda cacciatrice era in coda, pensava: niente le risultava adatto per sconfiggere quella donna.
Solo forse una cosa.
Lentamente formulò quel pensiero quasi inconsciamente: avrebbe dovuto uccidere Mia.




Gestazione lunga per scelte difficili: ora siamo agli sgoccioli, nel prossimo capitolo succederà la cosa che molti sperano! Credo ... fate un po' voi!
Dopo un Filler caotico e ssolutamnte surreale, anche per questa storia, un po' di sangue ci voleva e avverto: più sono cattiva con i personaggi più scrivo bene perciò ...
^^   grazie per aver letto e se faccio qualche casino avvertitemi che sono molto distratta in questi giorni!   @o@  
  
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