Disclaimers: These
characters don’t belong to me. Eventual issueing gets me no profits. All
rights reserved to the legitimate owner of the copyright.
Salve! Eccomi!! Scusate il ritardo, ho
avuto un po’ di problemi personali, ma non mi sono dimenticata del piccolo
Harry. Wow! Non so che dire, tantissime recensioni e, come al solito, non
so come ringraziarvi. Vi prometto che cercherò di aggiornare anche martedì
e di ristabilire l’ordine ed il ritmo precedente (mex per bombottosa: Il
ritmo!!Attenta al ritmo!!). Passo subito a rispondere alle recensioni
(metto insieme quelle del capitolo 8 e del capitolo 9, come promesso la
volta scorsa).
iaco:Grazie mille, scusa se ho fatto attendere quest’ultimo aggiornamento,
grazie per entrambe le recensioni (8 e 9).
Rotavirus: Grazie mille, spero davvero di riuscire a tenere Snape In
Character. Se così non fosse ti autorizzo a farmelo notare subito. Grazie
per lo spunto.
Jerada: Grazie! Oh, penso proprio che ce la faranno...
sparta: Grazie, ecco il nuovo aggionamento
Tigre94: Sono felicissima che il chap ti sia piaciuto, grazie. Il tuo
grido quasi -inquisitoriale- mi ha divertito moltissimo! Sono d’accordo
con te! Se vuoi puoi unirti ad Aki-chan nel ruolo di boia ufficiale... Sì,
bravissima, hai indovinato in parte quello che accade dopo...
iaia: Sì, vedrai che Snape capirà molto di più fra poco...
Kary91: Sto cominciando ad adorare il fatto di commuovere i lettori, oh,
non è una cosa che dovrebbe rendermi felice... grazie dei commenti e dei
complimenti.
dunky: In effetti hai colto una sottigliezza nel capitolo 8, sì, ma ancora
non posso confermare con chi rimarrà Harry, perché nei prossimi chap
volevo inserire una sorpresa... Oddio, in effetti la descrizione a inizio
chap 9 mi ha rattristata moltissimo mentre la scrivevo e posso capire che
appaia un po’ pesante. Grazie per i commenti! Ecco qui il nuovo cap!!
sma89: Ripeto, adoro commuovere la gente, soprattutto se poi ci guadagno
un megamonumento, grazie mille per il commento, per la reazione di
Dumbledore bisognerà aspettare un altro po’ mi sa...
freejha: Grazie mille, di cuore.
Elysion: Ah, ah, ah. Oramai l’abbiamo definita in tutti i modi. Pancetta,
prosciutto, salame... che ne pensi di fesa di tacchino? Poveeeero Sev...(beh
un po’ se lo merita). Terrò Snape più In Character possibile. Grazie mille per i commenti.
pikkola prongs: Sì, era tutta un’esca... grazie mille per i complimenti e
per le due recensioni ( 8 e 9).
Vale Lovegood: Ciao, colgo l’occasione per ringraziarti anche dei due
commenti sull’altro sito. Non mi hai affatto annoiata con il tuo commento,
anzi... è una riflessione importante che spero molti abbiano fatto sulla
mia ff. Grazie mille.
jillien: Grazie di cuore.
Lady Snape: Eccomi, in effetti con il 9 non ho fatto attendere (cosa che
non posso dire con questo, perdonoo). Sì, ognuno ha i suoi scheletri
nell’armadio (o nel passato) e Sev non è da meno... Mi hai dato un ottimo
suggerimento, proverò ad inserire qualche pensiero e ricordo del nostro
Sev...
Aki-chan: Il tuo entusiasmo è davvero contagioso. Sono più che contenta di
sentire che i tuoi zii non sono come i Dursley e giusto ieri sera pensavo
alle possibili punizioni che metterò nel capitolo in questione, non penso
ci andrò leggera... uhuhuh... oh, anch’io adoro brandire falci ogni tanto,
quando sarà il momento ti farò senz’altro accomodare nel salotto di casa
Dursley, cara... e poi ci penserai tu...
Chrystal_93: Non preoccuparti per le recensioni passate, ti assicuro che
tutte le vostre recensioni fino a questo momento sono molto, molto, molto
più di quello che avevo pensato di ottenere quando pubblicai il primo
capitolo...Grazie mille per tutte e due i commenti.
lilica: Ciao, grazie mille per i tuoi commenti sul mio stile, sono
contenta che ti piaccia... sì, la realtà sugli abusi è orribile, lo ripeto
ancora una volta. Anche a me piace pensare che a Snape interessasse Lily,
condivido questa teoria anche se preferirei vederlo con qualcun altro...
briciola88: In effetti, per il mio bene, dovrei smetterla di lasciare i
capitoli in sospeso... Oh, ti assicuro che Sev ci metterà almeno una
decina di capitoli prima di scoprire il vero Harry...
bufyna: Oh, ho fatto tirocinio in un reparto di cardiologia, ma la
convenzione non me l’hanno voluta fare... peccato! Oh, sì. Sev gli farà
vedere cos’è l’amore, ma non subito altrimenti mi va in OOC... Grazie mille per il
commento.
hocuspocus: Grazie mille per gli auguri per il mio compleanno! In effetti
non avevo ragionato sulle abitudini familiari dei pinguini, ma adesso che
lo hai portato alla mia attenzione noto una lieve nota d’ironia del
destino in tutto questo... Ti confesso che adoro il tuo modo di scrivere
le recensioni, ho un debole per il linguaggio impegnato!!! Grazie anche
per l’altra recensione.
bimba358: Grazie mille per aver letto la mia ff!!
bombottosa: Rosticcia a chi? Grazie mille per i regali Su, e per essere
sempre disponibile, anche quando ti faccio ordinare calendari alle 2 di
notte... Grazie anche per i commenti nel forum e per le recensioni... e
per la giornata di -studio+shopping!!
Lexie89: Eh, lo so, me lo dicono spesso che sono cattiva e penso ormai che
abbiano ragione, ma mi piace ricorrere spesso al vecchio trucchetto del
lasciamo_tutto_in_sospeso_così_la_gente_mi_può_maledire... uhuhuh! Grazie
per entrambi i tuoi commenti, cara.
clarissa parker: Grazie mille per aver letto la mia storia e per averla
recensita, oh, ti assicuro che le parole che hai trovato vanno benissimo e
mi fanno felice. Grazie ancora. E scusa il ritardo nell’aggiornamento.
Ron von Bokky: Grazie, oddio, sto cominciando ad imbarazzarmi... Grazie
mille, la continuerò senz’altro.
irelaw: Grazie per il commento, sono felice di essere riuscita a
strutturare un po’ i miei personaggi e sono molto interessata al tuo
commento sui pensieri di Sev, ci ho pensato molto, so di essere ripetitiva
spesso e volentieri quando parlo di alcune azioni di Sev, fammi sapere, se
vuoi, se hai ritrovato questo problema anche nei capitoli successivi...
Psike: Sì, hanno gettato le basi, finalmente direi... grazie mille per il
tuo commento.
LagoAiram: Sì, anche io adoro Sev ed Harry. E scrivere di loro mi
entusiasma, quindi non penso smetterò tanto presto ^__^
Lake: Ciao! Oh, davvero stai scrivendo di Harry e Sev anche tu??
Interessante!! Eh eh eh lo so che mi conosci, dopo tutta la prima epica di
Segrete non ne avevo dubbi, uhuhuh. Scusa il ritardoooooo!!
Kaled: Grazie mille, confesso che ho letto diverse ff inglesi
sull’argomento e ho deciso di cimentarmi nell’impresa perché qui in Italia
non ne sono state scritte, cmq sono felicissima che piaccia...
Summers84: Eh eh Sev un po’ se lo merita però... grazie mille per il
commento...
nihal93: Grazie mille per aver letto la mia ff e per avermi lasciato un
commento!
rosy823: Mi dispiace molto, invece, averti fatto attendere più del dovuto.
Grazie per aver letto la mia ff e per il commento che hai avuto il
tempo di lasciarmi.
lady of t war: Grazie anche a te per il commento. Anch’io adoro il pg di
Snape e anch’io non condivido la visione della Rowling, al tempo stesso
però la ringrazio per aver inventato il nostro mitico Sev! No, Dumbledore
è un finto rimbambito, te lo assicuro io! Sì, hai colto nel segno, adoro
scrivere!!
Nezu: Per la resa dei conti con i Dursley bisognerà aspettare un pochino,
ma Snape già comincia a vederci. Oddio, non dovrei in realtà, ma sono
contenta di averti tenuta incollata allo schermo se questo significa che
la mia storia ti ha trasmesso qualcosa... Grazie mille per il tuo
commento!
ila: Grazie, cercherò di farlo!
lucy6: Grazie per aver seguito le mie ff su Slam Dunk e grazie per aver
seguito questa! In effetti avevo un po’ di dubbi quando ho cominciato, ma
mi sto appassionando molto. Grazie mille per le tue parole ed il tuo
incoraggiamento!
hermy88: Grazie mille, spero di riuscire a tenere alto l’onore ed il
Character di Snape anche nei prossimi capitoli, intanto grazie di cuore!
gokychan: Thanks per il commento. Oh, ti assicuro che Sev se ne renderà
ampiamente conto!! Grazie ancora!
Sperando di non aver dimenticato
nessuno, penso di aver concluso, due parole per ringraziare Amelia per le
sue mail ed un bacione enorme alle tre gentilissime donzelle che hanno
pubblicizzato la mia ff nel forum (kisa86, briciola88 e bombottosa).
Buona lettura!
P.S. Note e traduzioni come sempre alla
fine!
Mel Kaine
The Heart of Everything
Capitolo 10 - / Can’t do
on my own /
Il momento venne interrotto da un suono lontano.
Lugubre risuonare di passi nell’oscurità.
Rapidamente Snape pulì di nuovo il viso del bambino e lo coprì ancora
meglio con il mantello, come a volerlo nascondere. Se quei passi erano per
loro Severus giurò che avrebbe fatto di tutto per far fuggire almeno il
piccolo Potter.
“Harry non dire una parola, se dovessero chiederti qualcosa, qualsiasi
cosa, tu non rispondere. Promettimelo!” sussurrò Severus con urgenza.
Il bambino annuì, ma non sembrava abbastanza. L’uomo lo stava guardando
come in attesa di qualcos’altro.
“Sì, signore. Lo prometto” si affrettò, quindi, ad aggiungere.
Severus annuì e rivolse lo sguardo alla porta, una delle sue braccia,
inconsciamente, si avvolse attorno al bambino.
Ma così come quei passi erano stati uditi così se ne andarono ed il
silenzio inondò quell’attimo di agitazione.
Era tempo di scappare.
Severus se ne convinse una volta di più adesso che l’imminente pericolo
era stato sfiorato così da vicino e poi scongiurato.
L’alba stava per sorgere.
In fretta il maestro di Pozioni alzò il piccolo Potter e lo sistemò in
piedi accanto a sé.
Non senza una smorfia di fastidio, l’uomo si alzò in piedi a sua volta.
Con attenzione provò a spostare una parte del suo peso sulla caviglia
malandata.
Sembrava reggere…
Il bambino lo guardava, apprensivamente.
Snape si sentì in dovere di fornirgli una breve spiegazione:
“Dobbiamo fuggire, adesso. Seguimi senza fare rumore”.
Il piccolo Harry annuì. Afferrò gli straripanti bordi del mantello che
ancora indossava e si preparò a seguire l’uomo-Sevreus. Anche se non
capiva dove potessero andare. Quel portone cigolante era ancora chiuso…
Severus si accostò con estrema circospezione alla porta. Trattenne il
fiato, ascoltando attentamente, in cerca di qualsiasi suono, anche un
fruscio, che potesse tradire la presenza di qualcuno nel corridoio fuori
dalla loro prigione.
Silenzio.
Fece cenno al bambino-Potter di avvicinarsi.
Poi chiuse gli occhi, concentrandosi un istante, prima di sussurrare:
“Alohomora”.
La porta di pesante legno si aprì con un gemito.
Severus si volse.
Il bambino-Potter lo guardava a metà fra l’ammirato e l’atterrito.
Una volta usciti da quel posto dimenticato da Dio, Snape si ripromise di
indagare a fondo i motivi per i quali il figlio di Lily sembrava temere e
detestare la magia.
“Vieni”.
In perfetto silenzio le due figure, una alta e sottile, l’altra piccola e
infagottata, scivolarono accanto oltre la soglia. Rapidamente Severus
prese una delle piccole manine di Harry nella sua, facendo attenzione che
fosse la destra. Non aveva alcuna intenzione di abusare ulteriormente il
braccio sinistro del bambino, certamente non prima di averlo portato da
MadamPomfrey per un’accurata visita di controllo…
Snape guidò il bambino nella penombra, cercando di ricordare la strada che
avevano fatto all’andata. In realtà poco importava ritornare al punto di
partenza, la cosa fondamentale era uscire dal sottosuolo e trovare una
finestra, una porta, qualsiasi cosa che conducesse all’esterno. Una volta
attraversata la barriera anti-apparizione sarebbero potuti tornare a
Hogwarts.
Il bambino-Potter lo seguiva docilmente, quieto come gli aveva ordinato.
Una scala.
Snape prese a salirla, rasente al muro, attento ad ogni più piccolo suono.
Arrivati in cima Severus prese fiato. La caviglia aveva sopportato
malvolentieri quell’ulteriore fatica e protestava più o meno ferocemente,
a momenti.
Cautamente si affacciò, volgendo la testa in ambo le direzioni.
Il corridoio di quel piano sembrava libero.
Il respiro del bambino si era fatto un poco più pesante. Snape non poté
fare a meno di ricordare che il piccolo Potter non era riuscito a mangiare
niente o, più precisamente, non era riuscito a tenere niente nello stomaco
così a lungo da poterlo digerire e assimilare.
Lentamente riprese ad avanzare. Dovevano tornare ad Hogwarts al più
presto.
I loro piedi non fecero rumore sulla moquette rossa che adornava il
pavimento e Severus fu lieto che i proprietari di quella casa non avessero
deciso di investire i loro soldi in parquet e malefiche, scricchiolanti
assi di legno. Non vedeva nessuna finestra e sospettava che tutte le porte
che stavano oltrepassando non fossero altro che stanze.
Un suono. Voci lo fecero girare di scatto, come una lepre nel folto del
sottobosco.
E non solo voci.
Voci che si avvicinavano.
Il sole stava sorgendo, era soltanto questione di tempo prima che si
accorgessero della loro fuga e Snape sperava vivamente di essere già molto
lontano prima di quel momento.
Il piccolo Harry si guardava attorno, incerto.
Non sapeva perché, ma si sentiva come se stessero facendo qualcosa che non
dovevano e si aspettava da un momento all’altro di veder spuntare uno di
quegli uomini e di sentire ancora tutto il male che aveva sentito prima,
nella stanza chiusa, quando uno dei signori incappucciati aveva voluto a
tutti i costi sollevargli il braccio. Oh, Harry rabbrividì di paura al
pensiero. In tutto quello soltanto la mano dell’uomo-Sevreus lo
rassicurava. Fino a che l’uomo-Sevreus era con lui Harry sapeva che tutto
andava bene, perché se anche l’uomo-Sevreus faceva quello che faceva Harry
allora non aveva motivo per punirlo.
E poi la mano dell’uomo-Sevreus era grande e calda, però era diversa dalla
mano di Zio Vernon, era una mano grossa, sì, ma non faceva male ed era
stata gentile, soprattutto quando si era posata sul suo viso.
Le uniche cose che Harry avesse mai ricevuto sulla faccia erano sempre
stati schiaffi. Alle volte anche pugni. Una volta sola un colpo di
bastone. Ma il segno bluastro era rimasto così a lungo da bastare per
tutte le altre volte.
Invece l’uomo-Sevreus aveva dato ad Harry il suo lungo vestito nero per
stare al caldo e lo aveva fatto mangiare (anche se Harry non c’era
riuscito) e poi lo aveva tenuto sulle gambe e lo aveva fatto dormire e lo
aveva toccato gentilmente sul viso. Oh, Harry non poteva negarlo. L’uomo-Sevreus
gli piaceva molto e anche se sapeva che non avrebbe dovuto permettersi di
parlargli e di domandare (perché domandare non era mai, mai permesso) e
quindi, anche se sapeva che doveva essere punito per quello, era
abbastanza contento e non gli dispiaceva essere punito dall’uomo-Sevreus.
Improvvisamente sentì che la mano che lo teneva si era stretta attorno
alla sua e guardò in alto. Il viso dell’uomo-Sevreus aveva un’espressione
strana. Sembrava, d’un tratto, un grosso pinguino preoccupato…
Severus soffocò con autorità ogni sensazione di panico che minacciava di
serrarsi attorno a lui.
Sapeva perfettamente che la sua magia senza bacchetta avrebbe potuto fare
poco contro quattro o cinque Death Eater armati ed assetati di sangue e
vendetta. Immediatamente fissò lo sguardo verso una delle porte laterali.
Con ogni probabilità, data la sua scarsa dose di fortuna, sarebbero
entrati in una sala da ballo stracolma di seguaci del Signore Oscuro,
dediti a misteriosi riti di sacralità atti a riportarlo in vita. Già
immaginava la scena…
Eppure era un rischio che dovevano assolutamente correre. Le voci si
stavano facendo sempre più vicine…
Severus decise.
Afferrò il bambino e prendendo un respiro profondo si rifugiò dietro una
di quelle porte.
Per puro orgoglio tenne la testa alta mentre scrutava la stanza.
Molto bene, niente Death Eater.
E niente sala da ballo.
Ancora meglio.
Il soffuso chiarore di un lucernaio illuminava pigramente quello che
sembrava essere un vecchio studio.
Niente di diverso da quello che il maestro di Pozioni avrebbe tenuto in
uno dei suoi.
Una scrivania di buon legno, una sedia di pelle, un vecchio camino, un
vecchio armadietto, un paio di robuste poltrone ed un grande orologio.
Severus sospirò mentalmente.
Adesso potevano solo sperare che le persone alle quali appartenevano
quelle voci non decidessero, fra tutte le stanze, di venire a discorrere
esattamente in quella.
Una fitta acuta di dolore convinse Snape che attendere in piedi non
avrebbe giovato alla loro situazione in alcun modo.
Si lasciò scivolare a terra, sperando che pochi minuti di riposo
portassero via due dei loro principali problemi.
Voci e dolore.
L’attesa fu molto più lunga dei pochi attimi previsti e sperati.
La stanza non offriva vie di fuga immediate e tornare nel corridoio, senza
sapere se i loro rapitori fossero ancora nelle vicinanze o meno, era
ancora più rischioso che giocare a Quidditch fra le fronde del Whomping
Willow. Eppure non potevano restare nascosti nella stanza ancora a lungo.
Il sole minacciava di sorgere ad ogni momento e niente li avrebbe
condannati più dell’alba rosea.
Il bambino-Potter si stava comportando più che bene.
Per tutto quel tempo era rimasto a sedere accanto a lui, senza una parola,
senza piangere, senza lamentarsi, senza domandare cibo, acqua, luce, sonno
o qualsiasi altra cosa.
Severus era certo che se avesse dovuto affrontare l’intera situazione in
compagnia del piccolo Malfoy sicuramente a quest’ora, in tutta la casa,
sarebbero risuonate le sue urla inferocite su quanto quella ridicola,
polverosa situazione non fosse adatta all’erede di una delle più illustri
famiglie di Pureblood di tutto il Regno Unito.
Poteva quasi sentirlo: ‘Un giovane Malfoy non sta seduto nella polvere, la
fa mangiare agli altri!’.
O altre simili, isteriche amenità.
Per quanto trovasse impossibile, in tutta la sua rinnovata umanità, gioire
del perché il piccolo figlio dei Potter fosse così diverso dal giovane
Malfoy, non se ne poteva dire dispiaciuto al momento.
Se questo contribuiva a tenerli in vita…
Il silenzio li confortò ancora un po’ e Severus osservò più accuratamente
la stanza.
La luce che penetrava dall’alto illuminava meglio la composizione di
quella camera ed una cosa in particolare risaltò agli occhi attenti del
giovane uomo. Tutte le ante di un piccolo armadio dietro la scrivania
sembravano socchiuse, lasciate al caso, probabilmente vuote, tranne una.
Anche da lontano pareva ermeticamente chiusa ed il contrasto colpiva
fortemente.
L’uomo si alzò, facendo cenno al bambino di restare al suo posto. Con
accortezza si avvicinò, scrutando la piccola serratura d’ottone. Sussurrò
un ‘Alohomora’ per puro amore della curiosità e con sua lieve sorpresa
l’anta scattò, aprendosi.
Gli occhi di Snape s’illuminarono.
Un Pensatoio.
Piccolo, di marmo chiaro. Poteva sembrare una coppa di gusto antico, ma la
sua superficie scintillante e liquida non lasciava dubbi. Severus sorrise,
divertito.
Non importa quante volte la assaggi, la vendetta era un sapore di cui
pochi riuscivano a stancarsi.
Concentrò tutte le sue forze nell’eseguire un veloce incantesimo di
ridimensionamento e preservazione e s’infilò il prezioso oggetto in tasca,
lieto di avere un grazioso souvenir da offrire ad Albus, una volta
terminato il suo ‘soggiorno’ in quella inospitale località.
Un raggio di sole squarciò poco a poco la penombra.
Severus seppe che non c’era più tempo, dovevano andare.
Senza una parola fece alzare il bambino e di nuovo lo prese per mano.
Trattenne il respiro mentre riapriva la porta.
Dallo spiraglio lasciato socchiuso non giungevano rumori di natura
pericolosa.
Quindi Severus avanzò.
Il corridoio che avevano percorso fino a quel momento non lasciava molte
possibilità. Era chiaro, adesso, che non conducesse ad una finestra o una
porta e tentare in un’altra stanza era impensabile. Severus non aveva
alcun desiderio di sfidare la Dea Bendata una seconda volta. Dovevano
tornare indietro. Verso le voci che avevano udito.
Dannazione.
Con ogni cautela e circospezione l’uomo guidò il bambino nella direzione
opposta e pregò di non incontrare il famoso ‘gathering’ precedentemente
immaginato. Si immersero quindi in un nuovo corridoio e silenziosamente
presero a percorrerlo.
Voci.
Nuovamente.
E anche questa volta non erano soltanto voci.
Erano voci infuriate.
Che avessero scoperto la loro fuga?
Severus accelerò il passo.
Erano ancora più vicine della volta precedente.
Scale.
Salirono.
Uno sguardo a destra, uno a sinistra.
Da basso si udirono suoni secchi di porte sbattute e stivali contro la
pietra.
Finalmente il maledetto secondo piano aveva una dannatissima finestra.
Ovviamente in fondo, dopo una fila infinita di porte e stanze dal
possibile contenuto mortale.
Ma non c’era tempo per la codardia e le domande retoriche. Finalmente
avevano una via di fuga. Severus si spostò a grandi passi verso la luce
dei vetri, il bambino faticava a seguirlo. Uno dei suoi passi erano
quattro di quelli di Potter. Severus non aveva dimenticato le voci, sempre
più vicine, sempre più pericolose. Si volse, prese il bambino in braccio e
quasi corse alla finestra.
Oh, il piccolo Harry pensò che quella fosse già la terza volta. E tutto in
pochissimo tempo. L’uomo-Sevreus lo aveva già preso in braccio tre volte.
Oh, Harry era così felice che quasi non gli importava il pensiero della
punizione una volta tornati a casa…
Snape raggiunse la finestra e la aprì. Ansiosamente osservò la distanza
fino a terra.
L’altezza non era proibitiva, ma era comunque considerevole.
Dannazione!
Stra-dannazione!
Posò a terra il bambino e si inginocchiò davanti a lui.
“Harry – sussurrò piano, con ancora più urgenza dell’ultima volta che gli
aveva parlato. – Harry, non abbiamo scelta. Adesso salterò da questa
finestra e, quando te lo dirò, tu farai lo stesso. E’ importante. Ti
prenderò io, devi soltanto saltare. Intesi?”
Il piccolo Potter lo scrutava.
Era impossibile non leggergli sul viso il terrore e l’apprensione.
Oh, Merlino.
Non c’era tempo per convincerlo, eppure non potevano saltare insieme. Un
uomo adulto non avrebbe avuto problemi, ma un bambino rischiava seriamente
di rompersi il collo.
Severus prese fra le mani il viso di Potter.
“Harry, te lo prometto. Ti prenderò io, non ti lascerò cadere. Ma tu devi
fare come ti dico. Dobbiamo fuggire, non abbiamo tempo”.
Il bambino annuì, con troppa incertezza.
Severus sospirò. Ben presto i loro rapitori avrebbero finito di cercare ai
piani inferiori. Dannazione!
“Harry, hai avuto paura degli uomini che ci hanno imprigionato?”
“Sì, signore” rispose il bambino, lieto di avere finalmente qualcosa di
facile a cui rispondere.
“Non pensi che sarebbe ancora peggio se adesso ci trovassero? Non pensi
che dovremmo fuggire prima che ritornino?”
“Sì, signore”.
“Dimmi, Harry, ho mai mentito? Ho mai detto qualcosa che non ho fatto?”
Il piccolo Harry prese a pensare. Ricordava molte cose dei loro giorni
passati insieme. Ma non poté trovare una singola occasione in cui l’uomo-Sevreus
gli avesse mentito.
“No, signore”.
“E quindi non ho motivo di farlo adesso, su una cosa così importante.
Capisci?”
“Sì, signore”.
“Io ho promesso, Harry. Prometti anche tu. Prometti che salterai”.
Oh, era una cosa così difficile. Harry aveva così tanta paura da non
saperlo nemmeno dire. Harry sapeva cosa succedeva ai bambini che cadevano
dalle finestre. Sapeva che faceva tanto male, che si poteva finire anche
in cielo, come mamma e papà. Se fosse stato Zio Vernon a chiedergli una
cosa simile Harry non avrebbe nemmeno esitato. Neanche per tutte le
punizioni del mondo avrebbe ubbidito. Ma non era Zio Vernon a
chiederglielo, non erano di Zio Vernon quelle mani gentili.
Harry guardò negli occhi neri del suo uomo-Sevreus.
Quello era l’uomo-Sevreus.
“Lo prometto, signore”.
Snape gli strinse con delicatezza le spalle ed annuì.
In un attimo prese fiato e si gettò dalla finestra.
Un istante dopo Severus maledisse Albus Dumbledore ad ogni respiro.
La sua caviglia gridava vendetta contro il mondo intero e contro tutte le
dannate, disgustose ville ottocentesche senza finestre ai piani inferiori.
Lentamente il giovane uomo si rialzò, imprecando.
Sollevò la testa.
Adesso lo attendeva la vera sfida.
Il bambino si sarebbe fidato di lui?
Severus guardò in alto.
Il piccolo Potter era affacciato e, a sua volta, lo guardava.
“Salta” ordinò Severus.
Harry non si mosse.
Suoni, rumori, vicini, troppo vicini.
“Salta!”
Harry piano, piano si issò sulla finestra. Ma ancora rimaneva fermo.
Non c’era tempo, non c’era affatto tempo.
“Ho promesso! Salta, adesso!”
Voci troppo vicine, gridavano troppo forte: “Presto, nel giardino, nel
giardino!”
“Fidati! Salta!”
Ed Harry saltò.
Il suo uomo-Sevreus lo chiamava ed Harry poteva solo, voleva solo,
ubbidire.
E anche se aveva paura, l’uomo-Sevreus lo aveva difeso e non voleva fargli
male e non gliene aveva fatto nemmeno quando poteva.
Quindi Harry saltò.
Snape stese la mano.
“Wingardium Leviosa”.
Ed Harry discese lentamente verso terra, scivolando verso le braccia
aperte dell’uomo-Sevreus.
L’uomo lo prese al volo, così come aveva promesso e si guardarono.
“Bravo Harry” gli disse.
Il bambino sorrise.
Ma non c’era davvero tempo per celebrare ulteriormente la dimostrazione di
fiducia con la quale Harry aveva graziato l’uomo.
I loro nemici si stavano avvicinando.
Senza posare a terra il bambino Snape prese a correre.
Stringendo i denti, mordendosi la lingua fino a sentire il sapore del
sangue invadergli la bocca.
Il dolore al piede lo stava facendo impazzire ed oltre al proprio doveva
sostenere anche il peso del bambino.
Il piccolo Potter non sarebbe mai riuscito a correre fra le fronde. L’erba
era alta quasi quanto Harry stesso ed il mantello che Snape si rifiutava
di portargli via era un impaccio notevole. E così mise da parte ogni
incertezza, ogni dubbio e ogni egoistica volontà.
Voleva salvare il bimbo che teneva in braccio, voleva fuggire e finalmente
fare qualcosa di giusto, di innegabilmente puro nella sua vita.
Qualcosa di buono.
Passi. Suoni. Grida. Ordini. Rami. Alberi. Verde. Verde. Ovunque.
Severus espanse una volta ancora la propria magia, sperando di sentire la
fine della barriera anti-apparizione, ma si sentiva debole. Il dolore gli
annebbiava la vista e le troppe magie senza bacchetta lo avevano
lentamente esaurito. Avrebbe voluto fermarsi, riposare, prendere anche
solo un respiro, ma non poteva. Li stavano inseguendo. Li sentiva dietro
di sé e malediceva ogni legno che scricchiolava sotto ai suoi piedi, ogni
fronda che produceva rumore e tradiva la loro presenza.
Il bosco era piano e poco folto, non offriva alcun riparo.
E Snape corse. Il caldo peso del bambino contro il petto gli ricordava
qual era il suo compito. Qual era il suo dovere. E così Severus poteva
convincersi. Poteva obbligarsi ad andare avanti. Anche senza fiato, anche
senza lucidità.
Mentre il sole brillava glorioso ad est, vicino ai monti.
Il piccolo Harry provava paura solo a tratti. Prima sentiva le voci degli
uomini tutti incappucciati dietro di loro (e sapeva che erano lì per
fargli del male), un attimo dopo avvertiva il solido, forte braccio dell’uomo-Sevreus
attorno al suo corpo e si calmava nel calore del contatto e
nell’improvvisa sensazione di sicurezza.
L’uomo-Sevreus non lo aveva lasciato cadere anche se Harry si era gettato
dalla finestra.
L’uomo-Sevreus lo aveva preso al volo, come aveva promesso.
Perché l’uomo-Sevreus (e adesso Harry lo sapeva con ogni certezza) non gli
mentiva mai.
Un tronco cavo. Dietro fronde rigogliose.
Oh, Severus era così tanto senza fiato, così tanto senza forze.
La testa girava vorticosa in una violenta danza di verde e marrone, il
terreno sotto ai suoi piedi pareva scomporsi infinite volte mentre le sue
gambe cedevano e le braccia intorpidite scivolavano via dal suo prezioso
fardello.
Ma non ebbe tempo per godere della sosta.
Un’ombra oscura comparve davanti a loro e Snape si trovò faccia a faccia
con la punta di una bacchetta.
“Fine del gioco, Snape!” disse l’uomo.
Severus lo riconobbe dal timbro roco. Era lo stesso che aveva tentato di
incatenare il piccolo Potter.
Non che Snape avesse bisogno di ulteriori motivi per odiarlo in quel
momento…
“Ammetto che la tua fuga ci ha colti di sorpresa, ma ritengo fosse quanto
di meglio potevamo aspettarci da un Death Eater… E’ un peccato che tu non
sia rimasto buono nella tua cella, avevamo appena contattato i tuoi
amichetti, Snape, non ti va di incontrarli? Non trovi sia una giornata
splendida per un bel ritrovo di famiglia?”
Il tono, da suadente e mellifluo, cambiò improvvisamente.
“In piedi, cane e non fare scherzi. Ho giusto in serbo per te e per quel
dannato moccioso un paio di vecchie maledizioni che non vedo l’ora di
usare. Non costringermi”.
Gli occhi del maestro di Pozioni si ridussero a due sottili, furenti
fessure.
Con ogni grammo della sua volontà si alzò, ergendosi fra l’uomo ed il
piccolo Potter.
“Il bambino non si tocca! Se osi levare un dito contro di lui pregherai di
scomparire all’inferno prima che io possa trovarti. Chi ha servito il
Signore Oscuro non conosce pietà, ricordalo!”
L’uomo sembrò imporsi di non indietreggiare, nonostante il fatto che il
significato di quella reale minaccia cominciasse a scivolargli sottopelle.
Il piccolo Harry, ancora coperto dal suo vestito nero, rimase immobile
mentre i due signori grandi si parlavano. Oh, Harry aveva ancora paura,
l’uomo cattivo era arrivato all’improvviso, come ogni tanto faceva Zio
Vernon quando tornava la sera ed Harry era già stato chiuso nel
sottoscala. Vide l’uomo-Sevreus alzarsi in piedi e mettersi fra lui e
l’uomo cattivo. Senza pensarci Harry si aggrappò ad una delle lunghe gambe
nere che lo stavano proteggendo dalla vista di quel signore malvagio e si
nascose lì dietro. Si fidava dell’uomo-Sevreus, l’uomo-Sevreus lo aveva
aiutato giù nella stanza chiusa e lo stava aiutando anche adesso. L’uomo-Sevreus
lo aveva persino tenuto in braccio…
I due maghi si scrutarono a vicenda, un brillio pericoloso illuminava le
profondità oscure degli occhi di Severus.
Se vi era una cosa di cui non si doleva di essere stato spogliato durante
il suo servizio per il Lord Oscuro quella era la pietà.
Nessuna misericordia, nessun perdono, nessuna compassione né incertezza.
Parole di morte avevano oltrepassato per anni le sue labbra e mai ne erano
uscite senza compimento.
Severus Snape non era uomo che soleva promettere la morte senza poi
arrecarla.
Ed era grato che il bambino, dalla sua posizione, non potesse vedere il
ghigno crudele che gli si era dipinto sul viso all’ovvia constatazione di
avere di fronte un misero, tremante agnello vestito da lupo.
E vestito male, per giunta.
Dimentico del dolore, Severus fece un passo avanti, intimidatorio. Sentiva
il peso del bambino avvinghiato alla gamba e si rese improvvisamente conto
di essere riuscito, in qualche modo, ad impadronirsi di un altro pezzo
dell’infranta e sfuggevole fiducia del piccolo Potter.
Il loro nemico stese con braccio malfermo la bacchetta, puntandola contro
il viso di Snape.
“Non un passo o…”
“O cosa? Osi dunque sfidarmi? Con quegli occhi deboli, con quella mano
insicura e vacillante pensi di ingannarmi?”
“Fa’ silenzio, lurido animale! Traditore della causa, verme infido e
disgustoso”.
“Oh, certo, perché tu sai di quale causa parli? Hai ucciso per il Signore
Oscuro? Hai mentito, hai tradito, hai torturato, hai privato della vita
decine e decine di persone, hai udito le loro urla, hai il loro sangue
sulle tue patetiche, malferme mani?”
“Ora basta, n…”
Un suono di fronde, di erba.
E l’uomo incappucciato perse il contatto visivo con Snape per accertarsi
della natura del nuovo arrivato.
Fatale errore.
Severus Snape aveva ucciso grazie a molto meno.
In un attimo fu su di lui, sperando che il bambino-Potter non si fosse
fatto troppo male per il suo gesto improvviso.
Lo disarmò e lo colpì con tutte le forze che poteva ancora trovare.
Caddero a terra e Snape sentì letteralmente la vittoria in pugno quando
strinse fra le dita la bacchetta dell’uomo.
Un pandemonio di luce rossa fu quello che accadde e di nuovo il silenzio
riempì quei convulsi momenti.
L’uomo incappucciato giaceva immobile a terra, ma era ben chiaro che
stesse ancora respirando.
Merlino solo sapeva quanto Snape avesse desiderato castare un Avada
Kedavra.
Ma non solo Potter era con lui, ma Albus ed il Ministero non sarebbero
stati contenti del suo scatto d’ira.
Schiantarlo era abbastanza, per il momento.
Severus riprese il filo logico dei suoi pensieri.
Il suono di prima era ancora un pericolo.
In fretta raccolse il bambino da terra e riprese a correre.
E di nuovo ogni cosa da capo.
Verde. Alberi. Fronde. Verde. Marrone. Suoni. Dolore. Respiro.
Sentiva un fuoco marcio nei polmoni, l’aria pareva irrespirabile, troppo
povera di ossigeno, troppo densa. Il bambino troppo pesante. La sua stessa
magia lo stava abbandonando.
Corse per quella che sembrava una lunga, agonica eternità.
Era allo stremo, lo sapeva, lo sentiva e ancora non aveva avvertito il
familiare passaggio attraverso le barriere.
E a cosa sarebbe servito poi?
Non aveva alcuna forza per potersi smaterializzare e, sempre illudendosi
di potercela fare, aveva ogni certezza sul fatto che non sarebbe riuscito
comunque ad andare lontano. I loro rapitori li avevano condotti in quel
luogo con una dannatissima Passaporta. Era più che certo di trovarsi in un
luogo molto, molto lontano dall’Inghilterra.
La mente di nuovo annebbiata, i sensi che scivolavano a tratti e parevano
mescolarsi, il dolore, il dolore era qualcosa che Snape aveva quasi
scordato dall’ultima volta che le venefiche, innaturali labbra del Signore
Oscuro gli avevano rivolto un sorriso demoniaco ed un ‘Crucio’. Immagini
di Lily, capelli rossi nel vento, occhi verdi come la foresta nella quale
correva per salvare suo figlio, il figlio dell’unica donna della sua
misera, inutile vita. La foresta nella quale correva per provarsi di
essere migliore, per lasciare nella sua storia un segno, positivo,
indelebile, una salvezza alla quale appellarsi nel giorno del giudizio del
suo operato.
Ed un radice interruppe il suo cieco fuggire.
Sentì che le ginocchia cedevano e che la gravità lo conduceva
inesorabilmente verso terra.
Ebbe soltanto la lucidità per girarsi ed atterrare violentemente di
schiena.
Non avrebbe permesso che il suo prezioso carico si facesse del male.
Cadde come un corpo morto ed il brutale, feroce contatto con il suolo gli
fece quasi esplodere la testa, mentre il respiro gli schizzava fuori dal
petto assieme ai polmoni. Tossì, tentando di continuare a respirare e
allentò la presa sulla coscienza.
E comunque, in ogni caso, la sentiva scivolare via, indipendentemente
dalla sua volontà.
Sentiva il bambino muoversi sopra di lui e poi al suo fianco.
Poteva quasi avvertire il suo sguardo, magari preoccupato, più
verosimilmente sollevato.
Nessuno avrebbe volontariamente deciso di restare con un uomo simile.
Traditore, assassino, rude e aspro.
Lasciò uscire un sospiro che assomigliava troppo ad un rantolo esausto e
socchiuse gli occhi.
“Fuggi, Harry. Fuggi a Hogwarts. Scap-pa”.
E l’ultima sillaba si perse nell’immobilità.
Un ultimo, triste pensiero.
‘Questo, Lily, è tutto quello che posso fare, tutto quello che sono
riuscito a fare… inutile e patetico, non trovi? Hai scelto bene quando non
hai scelto me…’
E scivolò nell’oblio.
Il piccolo Harry di nuovo si sentì al sicuro mentre le braccia dell’uomo-Sevreus
lo tenevano con forza. Con una manina si aggrappò alla manica bianca della
camicia dell’uomo e non la lasciò andare.
E poi sentì che cadevano. Ed Harry era davanti quindi sarebbe finito
dritto a terra, sotto l’uomo. Oh, chiuse gli occhi, sperando di non farsi
troppo male, anche se non ci credeva veramente…
Ed invece niente. Niente dolore, niente terreno, solo cielo e alberi,
mentre si guardava attorno e non capiva come, ma adesso era sul petto
dell’uomo-Sevreus e stava bene e anche se davvero non aveva capito, sapeva
che era stato ancora grazie al suo uomo-Sevreus.
Ma adesso l’uomo-Sevreus non stava bene. Respirava molte volte ed in modo
strano, gli occhi erano tutti nebbiosi come quando uno si sveglia e
dapprima non vede quasi nulla, come se ci fosse un velo davanti.
No, il signore Sevreus non stava molto bene…
Harry si accostò al suo viso e lo guardò, l’uomo-Sevreus aveva adesso gli
occhi socchiusi, ma sembrava perso in un mondo lontano, così come alle
volte anche Harry si perdeva nelle sue fantasie e nelle sue avventure.
Eppure l’uomo-Sevreus non aveva un’espressione felice e quindi Harry pensò
che non dovessero essere delle belle fantasie.
Il piccolo lo sentì sospirare, ma anche quello era un sospiro strano e
sembrava doloroso.
Harry non voleva che l’uomo-Sevreus stesse male, non voleva che l’uomo-Sevreus
provasse dolore, perché Harry conosceva il dolore e non voleva che anche
l’uomo-Sevreus lo conoscesse, perché era stato buono con lui anche se
all’inizio era sembrato cattivo.
Oh, l’uomo-Sevreus gli stava parlando.
Ma Harry non voleva ubbidire perché era grande abbastanza da capire che
scappare significava lasciare lì l’uomo-Sevreus ed Harry non voleva, non
voleva affatto.
Oh, di nuovo gli stava disubbidendo, ma era pronto ad essere punito per
quello e non si sarebbe tirato indietro quando l’uomo-Sevreus l’avrebbe
picchiato, perché presto l’uomo sarebbe stato meglio, Harry lo sperava,
Harry lo voleva.
E poi nulla.
Immobile e fermo, come tutti i soprammobili che Harry aveva spolverato per
mesi a casa dei Dursley.
Immobile.
Harry lo guardò ancora, intensamente, sperando di svegliarlo.
Ma l’uomo-Sevreus non sembrava accorgersene e continuava a non stare bene.
Il piccolo Harry sentì gli occhi farsi bagnati, ma non voleva piangere.
Si pulì il viso sul vestito nero e realizzò che forse il suo uomo-Sevreus
sarebbe stato meglio se Harry gli avesse restituito il suo vestito nero.
Perché Harry era stato meglio quando l’uomo glielo aveva dato nella stanza
tutta chiusa…
Quindi Harry si tolse il vestito e con cura lo spiegò sopra l’uomo,
cercando di coprirlo tutto, tranne il viso, esattamente come il signore
Sevreus aveva fatto con lui. Soddisfatto Harry tornò a guardare il viso
dell’uomo, certo che adesso si sarebbe svegliato…
Ma l’uomo-Sevreus non si svegliò.
Piccole, rotonde lacrime scivolarono nell’erba. Harry tese le manine,
disperato e toccò il volto dell’uomo. Con le sue piccole, calde manine,
che a stento coprivano metà di quelle guance ruvide, pallide.
“Non mi lasciare solo, signore Sevreus, non dormire, non te ne andare
lontano…”
Rumori, voci, suoni.
Vicini.
Harry capì che erano gli uomini tutti coperti, quelli cattivi e che
avrebbero fatto del male a lui e all’uomo-Sevreus, perché Harry non era
grande abbastanza per difendere l’uomo-Sevreus, Harry non era grande
abbastanza nemmeno per difendere se stesso e aveva così tanta paura che le
lacrime presero a scendere come acqua, lungo le guance, giù sul collo,
fino ai bordi della sua bella maglietta nuova.
Quella che l’uomo-Sevreus gli aveva regalato.
Oh, i rumori dei cattivi erano sempre più vicini, sempre più forti ed
Harry sentiva le loro voci e li poteva riconoscere.
“Sono qui dietro, li posso vedere, Wilkes, presto da questa parte!”
Si sistemò velocemente accanto al viso dell’uomo e gli abbracciò la testa,
anche se sapeva che non avrebbe dovuto toccarlo (nemmeno prima) voleva
nasconderlo, non voleva che gli uomini cattivi lo trovassero, non voleva.
E lo strinse forte.
“Per favore, signore Sevreus, per favore, non dormire, non mi lasciare
solo, non voglio, signore Sevreus, non voglio essere solo, non voglio
andare via da solo, non posso da solo, non voglio…”
Un singhiozzo a metà, mentre sentiva che era tardi, che non ce l’avrebbe
fatta, che tutto era perduto.
E pensava ‘Via, via, via di qua, via, via…’ come innumerevoli volte aveva
pensato dai Dursley, ma adesso sapeva dove voleva andare, sapeva dove
potersi sentire bene ed immaginò la stanza con il camino dell’uomo-Sevreus,
le sue belle poltrone verde e argento, quelle dove si era potuto persino
sedere… ‘Via, via, via…’
Ed improvvisamente, come per magia, scomparvero.
Insieme.
Continua…
Nota grammaticale: per
mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni
altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini
inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati,
ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’.
Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di
ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.
Whomping Willow:
Platano Picchiatore;
Pureblood: Purosangue
Note del capitolo:
Alohomora è un incanto che permette di far aprire le porte o gli oggetti
chiusi. Wingardium Leviosa è un incanto che permette di far levitare le
cose.
|