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Autore: MelKaine    07/02/2008    32 recensioni
Il piccolo Harry Potter ha sei anni e non ha assolutamente idea di cosa significhi essere felice. Quando viene portato via dalla famiglia dei suoi zii la sua vita è destinata ad intrecciarsi con quella di Severus Snape, giovane maestro di Pozioni. Una storia sulla compassione e l'affetto, il cuore di tutto ciò che è amore.
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
Capitoli:
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The Heart of Everything 10
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Salve! Eccomi!! Scusate il ritardo, ho avuto un po’ di problemi personali, ma non mi sono dimenticata del piccolo Harry. Wow! Non so che dire, tantissime recensioni e, come al solito, non so come ringraziarvi. Vi prometto che cercherò di aggiornare anche martedì e di ristabilire l’ordine ed il ritmo precedente (mex per bombottosa: Il ritmo!!Attenta al ritmo!!). Passo subito a rispondere alle recensioni (metto insieme quelle del capitolo 8 e del capitolo 9, come promesso la volta scorsa).
iaco:Grazie mille, scusa se ho fatto attendere quest’ultimo aggiornamento, grazie per entrambe le recensioni (8 e 9).
Rotavirus: Grazie mille, spero davvero di riuscire a tenere Snape In Character. Se così non fosse ti autorizzo a farmelo notare subito. Grazie per lo spunto.
Jerada: Grazie! Oh, penso proprio che ce la faranno...
sparta: Grazie, ecco il nuovo aggionamento
Tigre94: Sono felicissima che il chap ti sia piaciuto, grazie. Il tuo grido quasi -inquisitoriale- mi ha divertito moltissimo! Sono d’accordo con te! Se vuoi puoi unirti ad Aki-chan nel ruolo di boia ufficiale... Sì, bravissima, hai indovinato in parte quello che accade dopo...
iaia: Sì, vedrai che Snape capirà molto di più fra poco...
Kary91: Sto cominciando ad adorare il fatto di commuovere i lettori, oh, non è una cosa che dovrebbe rendermi felice... grazie dei commenti e dei complimenti.
dunky: In effetti hai colto una sottigliezza nel capitolo 8, sì, ma ancora non posso confermare con chi rimarrà Harry, perché nei prossimi chap volevo inserire una sorpresa... Oddio, in effetti la descrizione a inizio chap 9 mi ha rattristata moltissimo mentre la scrivevo e posso capire che appaia un po’ pesante. Grazie per i commenti! Ecco qui il nuovo cap!!
sma89: Ripeto, adoro commuovere la gente, soprattutto se poi ci guadagno un megamonumento, grazie mille per il commento, per la reazione di Dumbledore bisognerà aspettare un altro po’ mi sa...
freejha: Grazie mille, di cuore.
Elysion: Ah, ah, ah. Oramai l’abbiamo definita in tutti i modi. Pancetta, prosciutto, salame... che ne pensi di fesa di tacchino? Poveeeero Sev...(beh un po’ se lo merita). Terrò Snape più In Character possibile. Grazie mille per i commenti.
pikkola prongs: Sì, era tutta un’esca... grazie mille per i complimenti e per le due recensioni ( 8 e 9).
Vale Lovegood: Ciao, colgo l’occasione per ringraziarti anche dei due commenti sull’altro sito. Non mi hai affatto annoiata con il tuo commento, anzi... è una riflessione importante che spero molti abbiano fatto sulla mia ff. Grazie mille.
jillien: Grazie di cuore.
Lady Snape: Eccomi, in effetti con il 9 non ho fatto attendere (cosa che non posso dire con questo, perdonoo). Sì, ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio (o nel passato) e Sev non è da meno... Mi hai dato un ottimo suggerimento, proverò ad inserire qualche pensiero e ricordo del nostro Sev...
Aki-chan: Il tuo entusiasmo è davvero contagioso. Sono più che contenta di sentire che i tuoi zii non sono come i Dursley e giusto ieri sera pensavo alle possibili punizioni che metterò nel capitolo in questione, non penso ci andrò leggera... uhuhuh... oh, anch’io adoro brandire falci ogni tanto, quando sarà il momento ti farò senz’altro accomodare nel salotto di casa Dursley, cara... e poi ci penserai tu...
Chrystal_93: Non preoccuparti per le recensioni passate, ti assicuro che tutte le vostre recensioni fino a questo momento sono molto, molto, molto più di quello che avevo pensato di ottenere quando pubblicai il primo capitolo...Grazie mille per tutte e due i commenti.
lilica: Ciao, grazie mille per i tuoi commenti sul mio stile, sono contenta che ti piaccia... sì, la realtà sugli abusi è orribile, lo ripeto ancora una volta. Anche a me piace pensare che a Snape interessasse Lily, condivido questa teoria anche se preferirei vederlo con qualcun altro...
briciola88: In effetti, per il mio bene, dovrei smetterla di lasciare i capitoli in sospeso... Oh, ti assicuro che Sev ci metterà almeno una decina di capitoli prima di scoprire il vero Harry...
bufyna: Oh, ho fatto tirocinio in un reparto di cardiologia, ma la convenzione non me l’hanno voluta fare... peccato! Oh, sì. Sev gli farà vedere cos’è l’amore, ma non subito altrimenti mi va in OOC... Grazie mille per il commento.
hocuspocus: Grazie mille per gli auguri per il mio compleanno! In effetti non avevo ragionato sulle abitudini familiari dei pinguini, ma adesso che lo hai portato alla mia attenzione noto una lieve nota d’ironia del destino in tutto questo... Ti confesso che adoro il tuo modo di scrivere le recensioni, ho un debole per il linguaggio impegnato!!! Grazie anche per l’altra recensione.
bimba358: Grazie mille per aver letto la mia ff!!
bombottosa: Rosticcia a chi? Grazie mille per i regali Su, e per essere sempre disponibile, anche quando ti faccio ordinare calendari alle 2 di notte... Grazie anche per i commenti nel forum e per le recensioni... e per la giornata di -studio+shopping!!
Lexie89: Eh, lo so, me lo dicono spesso che sono cattiva e penso ormai che abbiano ragione, ma mi piace ricorrere spesso al vecchio trucchetto del lasciamo_tutto_in_sospeso_così_la_gente_mi_può_maledire... uhuhuh! Grazie per entrambi i tuoi commenti, cara.
clarissa parker: Grazie mille per aver letto la mia storia e per averla recensita, oh, ti assicuro che le parole che hai trovato vanno benissimo e mi fanno felice. Grazie ancora. E scusa il ritardo nell’aggiornamento.
Ron von Bokky: Grazie, oddio, sto cominciando ad imbarazzarmi... Grazie mille, la continuerò senz’altro.
irelaw: Grazie per il commento, sono felice di essere riuscita a strutturare un po’ i miei personaggi e sono molto interessata al tuo commento sui pensieri di Sev, ci ho pensato molto, so di essere ripetitiva spesso e volentieri quando parlo di alcune azioni di Sev, fammi sapere, se vuoi, se hai ritrovato questo problema anche nei capitoli successivi...
Psike: Sì, hanno gettato le basi, finalmente direi... grazie mille per il tuo commento.
LagoAiram: Sì, anche io adoro Sev ed Harry. E scrivere di loro mi entusiasma, quindi non penso smetterò tanto presto ^__^
Lake: Ciao! Oh, davvero stai scrivendo di Harry e Sev anche tu?? Interessante!! Eh eh eh lo so che mi conosci, dopo tutta la prima epica di Segrete non ne avevo dubbi, uhuhuh. Scusa il ritardoooooo!!
Kaled: Grazie mille, confesso che ho letto diverse ff inglesi sull’argomento e ho deciso di cimentarmi nell’impresa perché qui in Italia non ne sono state scritte, cmq sono felicissima che piaccia...
Summers84: Eh eh Sev un po’ se lo merita però... grazie mille per il commento...
nihal93: Grazie mille per aver letto la mia ff e per avermi lasciato un commento!
rosy823: Mi dispiace molto, invece, averti fatto attendere più del dovuto. Grazie per aver letto la mia ff  e per il commento che hai avuto il tempo di lasciarmi.
lady of t war: Grazie anche a te per il commento. Anch’io adoro il pg di Snape e anch’io non condivido la visione della Rowling, al tempo stesso però la ringrazio per aver inventato il nostro mitico Sev! No, Dumbledore è un finto rimbambito, te lo assicuro io! Sì, hai colto nel segno, adoro scrivere!!
Nezu: Per la resa dei conti con i Dursley bisognerà aspettare un pochino, ma Snape già comincia a vederci. Oddio, non dovrei in realtà, ma sono contenta di averti tenuta incollata allo schermo se questo significa che la mia storia ti ha trasmesso qualcosa... Grazie mille per il tuo commento!
ila: Grazie, cercherò di farlo!
lucy6: Grazie per aver seguito le mie ff su Slam Dunk e grazie per aver seguito questa! In effetti avevo un po’ di dubbi quando ho cominciato, ma mi sto appassionando molto. Grazie mille per le tue parole ed il tuo incoraggiamento!
hermy88: Grazie mille, spero di riuscire a tenere alto l’onore ed il Character di Snape anche nei prossimi capitoli, intanto grazie di cuore!
gokychan: Thanks per il commento. Oh, ti assicuro che Sev se ne renderà ampiamente conto!! Grazie ancora!

Sperando di non aver dimenticato nessuno, penso di aver concluso, due parole per ringraziare Amelia per le sue mail ed un bacione enorme alle tre gentilissime donzelle che hanno pubblicizzato la mia ff nel forum (kisa86, briciola88 e bombottosa).
Buona lettura!

P.S. Note e traduzioni come sempre alla fine!

 

 

Mel Kaine

 

 

 

 

                                                                    The Heart of Everything

 

 

 

Capitolo 10 - / Can’t do on my own /





Il momento venne interrotto da un suono lontano.
Lugubre risuonare di passi nell’oscurità.

Rapidamente Snape pulì di nuovo il viso del bambino e lo coprì ancora meglio con il mantello, come a volerlo nascondere. Se quei passi erano per loro Severus giurò che avrebbe fatto di tutto per far fuggire almeno il piccolo Potter.

“Harry non dire una parola, se dovessero chiederti qualcosa, qualsiasi cosa, tu non rispondere. Promettimelo!” sussurrò Severus con urgenza.

Il bambino annuì, ma non sembrava abbastanza. L’uomo lo stava guardando come in attesa di qualcos’altro.
“Sì, signore. Lo prometto” si affrettò, quindi, ad aggiungere.

Severus annuì e rivolse lo sguardo alla porta, una delle sue braccia, inconsciamente, si avvolse attorno al bambino.

Ma così come quei passi erano stati uditi così se ne andarono ed il silenzio inondò quell’attimo di agitazione.

Era tempo di scappare.
Severus se ne convinse una volta di più adesso che l’imminente pericolo era stato sfiorato così da vicino e poi scongiurato.
L’alba stava per sorgere.

In fretta il maestro di Pozioni alzò il piccolo Potter e lo sistemò in piedi accanto a sé.
Non senza una smorfia di fastidio, l’uomo si alzò in piedi a sua volta.
Con attenzione provò a spostare una parte del suo peso sulla caviglia malandata.
Sembrava reggere…

Il bambino lo guardava, apprensivamente.

Snape si sentì in dovere di fornirgli una breve spiegazione:

“Dobbiamo fuggire, adesso. Seguimi senza fare rumore”.

Il piccolo Harry annuì. Afferrò gli straripanti bordi del mantello che ancora indossava e si preparò a seguire l’uomo-Sevreus. Anche se non capiva dove potessero andare. Quel portone cigolante era ancora chiuso…

Severus si accostò con estrema circospezione alla porta. Trattenne il fiato, ascoltando attentamente, in cerca di qualsiasi suono, anche un fruscio, che potesse tradire la presenza di qualcuno nel corridoio fuori dalla loro prigione.

Silenzio.

Fece cenno al bambino-Potter di avvicinarsi.
Poi chiuse gli occhi, concentrandosi un istante, prima di sussurrare:

“Alohomora”.

La porta di pesante legno si aprì con un gemito.

Severus si volse.
Il bambino-Potter lo guardava a metà fra l’ammirato e l’atterrito.
Una volta usciti da quel posto dimenticato da Dio, Snape si ripromise di indagare a fondo i motivi per i quali il figlio di Lily sembrava temere e detestare la magia.

“Vieni”.

In perfetto silenzio le due figure, una alta e sottile, l’altra piccola e infagottata, scivolarono accanto oltre la soglia. Rapidamente Severus prese una delle piccole manine di Harry nella sua, facendo attenzione che fosse la destra. Non aveva alcuna intenzione di abusare ulteriormente il braccio sinistro del bambino, certamente non prima di averlo portato da MadamPomfrey per un’accurata visita di controllo…

Snape guidò il bambino nella penombra, cercando di ricordare la strada che avevano fatto all’andata. In realtà poco importava ritornare al punto di partenza, la cosa fondamentale era uscire dal sottosuolo e trovare una finestra, una porta, qualsiasi cosa che conducesse all’esterno. Una volta attraversata la barriera anti-apparizione sarebbero potuti tornare a Hogwarts.

Il bambino-Potter lo seguiva docilmente, quieto come gli aveva ordinato.

Una scala.

Snape prese a salirla, rasente al muro, attento ad ogni più piccolo suono. Arrivati in cima Severus prese fiato. La caviglia aveva sopportato malvolentieri quell’ulteriore fatica e protestava più o meno ferocemente, a momenti.
Cautamente si affacciò, volgendo la testa in ambo le direzioni.
Il corridoio di quel piano sembrava libero.
Il respiro del bambino si era fatto un poco più pesante. Snape non poté fare a meno di ricordare che il piccolo Potter non era riuscito a mangiare niente o, più precisamente, non era riuscito a tenere niente nello stomaco così a lungo da poterlo digerire e assimilare.
Lentamente riprese ad avanzare. Dovevano tornare ad Hogwarts al più presto.
I loro piedi non fecero rumore sulla moquette rossa che adornava il pavimento e Severus fu lieto che i proprietari di quella casa non avessero deciso di investire i loro soldi in parquet e malefiche, scricchiolanti assi di legno. Non vedeva nessuna finestra e sospettava che tutte le porte che stavano oltrepassando non fossero altro che stanze.

Un suono. Voci lo fecero girare di scatto, come una lepre nel folto del sottobosco.
E non solo voci.
Voci che si avvicinavano.

Il sole stava sorgendo, era soltanto questione di tempo prima che si accorgessero della loro fuga e Snape sperava vivamente di essere già molto lontano prima di quel momento.

Il piccolo Harry si guardava attorno, incerto.
Non sapeva perché, ma si sentiva come se stessero facendo qualcosa che non dovevano e si aspettava da un momento all’altro di veder spuntare uno di quegli uomini e di sentire ancora tutto il male che aveva sentito prima, nella stanza chiusa, quando uno dei signori incappucciati aveva voluto a tutti i costi sollevargli il braccio. Oh, Harry rabbrividì di paura al pensiero. In tutto quello soltanto la mano dell’uomo-Sevreus lo rassicurava. Fino a che l’uomo-Sevreus era con lui Harry sapeva che tutto andava bene, perché se anche l’uomo-Sevreus faceva quello che faceva Harry allora non aveva motivo per punirlo.
E poi la mano dell’uomo-Sevreus era grande e calda, però era diversa dalla mano di Zio Vernon, era una mano grossa, sì, ma non faceva male ed era stata gentile, soprattutto quando si era posata sul suo viso.
Le uniche cose che Harry avesse mai ricevuto sulla faccia erano sempre stati schiaffi. Alle volte anche pugni. Una volta sola un colpo di bastone. Ma il segno bluastro era rimasto così a lungo da bastare per tutte le altre volte.
Invece l’uomo-Sevreus aveva dato ad Harry il suo lungo vestito nero per stare al caldo e lo aveva fatto mangiare (anche se Harry non c’era riuscito) e poi lo aveva tenuto sulle gambe e lo aveva fatto dormire e lo aveva toccato gentilmente sul viso. Oh, Harry non poteva negarlo. L’uomo-Sevreus gli piaceva molto e anche se sapeva che non avrebbe dovuto permettersi di parlargli e di domandare (perché domandare non era mai, mai permesso) e quindi, anche se sapeva che doveva essere punito per quello, era abbastanza contento e non gli dispiaceva essere punito dall’uomo-Sevreus. Improvvisamente sentì che la mano che lo teneva si era stretta attorno alla sua e guardò in alto. Il viso dell’uomo-Sevreus aveva un’espressione strana. Sembrava, d’un tratto, un grosso pinguino preoccupato…

Severus soffocò con autorità ogni sensazione di panico che minacciava di serrarsi attorno a lui.
Sapeva perfettamente che la sua magia senza bacchetta avrebbe potuto fare poco contro quattro o cinque Death Eater armati ed assetati di sangue e vendetta. Immediatamente fissò lo sguardo verso una delle porte laterali.
Con ogni probabilità, data la sua scarsa dose di fortuna, sarebbero entrati in una sala da ballo stracolma di seguaci del Signore Oscuro, dediti a misteriosi riti di sacralità atti a riportarlo in vita. Già immaginava la scena…
Eppure era un rischio che dovevano assolutamente correre. Le voci si stavano facendo sempre più vicine…

Severus decise.
Afferrò il bambino e prendendo un respiro profondo si rifugiò dietro una di quelle porte.

Per puro orgoglio tenne la testa alta mentre scrutava la stanza.

Molto bene, niente Death Eater.
E niente sala da ballo.
Ancora meglio.

Il soffuso chiarore di un lucernaio illuminava pigramente quello che sembrava essere un vecchio studio.
Niente di diverso da quello che il maestro di Pozioni avrebbe tenuto in uno dei suoi.
Una scrivania di buon legno, una sedia di pelle, un vecchio camino, un vecchio armadietto, un paio di robuste poltrone ed un grande orologio.

Severus sospirò mentalmente.
Adesso potevano solo sperare che le persone alle quali appartenevano quelle voci non decidessero, fra tutte le stanze, di venire a discorrere esattamente in quella.

Una fitta acuta di dolore convinse Snape che attendere in piedi non avrebbe giovato alla loro situazione in alcun modo.
Si lasciò scivolare a terra, sperando che pochi minuti di riposo portassero via due dei loro principali problemi.

Voci e dolore.

L’attesa fu molto più lunga dei pochi attimi previsti e sperati.
La stanza non offriva vie di fuga immediate e tornare nel corridoio, senza sapere se i loro rapitori fossero ancora nelle vicinanze o meno, era ancora più rischioso che giocare a Quidditch fra le fronde del Whomping Willow. Eppure non potevano restare nascosti nella stanza ancora a lungo. Il sole minacciava di sorgere ad ogni momento e niente li avrebbe condannati più dell’alba rosea.

Il bambino-Potter si stava comportando più che bene.
Per tutto quel tempo era rimasto a sedere accanto a lui, senza una parola, senza piangere, senza lamentarsi, senza domandare cibo, acqua, luce, sonno o qualsiasi altra cosa.
Severus era certo che se avesse dovuto affrontare l’intera situazione in compagnia del piccolo Malfoy sicuramente a quest’ora, in tutta la casa, sarebbero risuonate le sue urla inferocite su quanto quella ridicola, polverosa situazione non fosse adatta all’erede di una delle più illustri famiglie di Pureblood di tutto il Regno Unito.
Poteva quasi sentirlo: ‘Un giovane Malfoy non sta seduto nella polvere, la fa mangiare agli altri!’.
O altre simili, isteriche amenità.
Per quanto trovasse impossibile, in tutta la sua rinnovata umanità, gioire del perché il piccolo figlio dei Potter fosse così diverso dal giovane Malfoy, non se ne poteva dire dispiaciuto al momento.
Se questo contribuiva a tenerli in vita…

Il silenzio li confortò ancora un po’ e Severus osservò più accuratamente la stanza.
La luce che penetrava dall’alto illuminava meglio la composizione di quella camera ed una cosa in particolare risaltò agli occhi attenti del giovane uomo. Tutte le ante di un piccolo armadio dietro la scrivania sembravano socchiuse, lasciate al caso, probabilmente vuote, tranne una. Anche da lontano pareva ermeticamente chiusa ed il contrasto colpiva fortemente.

L’uomo si alzò, facendo cenno al bambino di restare al suo posto. Con accortezza si avvicinò, scrutando la piccola serratura d’ottone. Sussurrò un ‘Alohomora’ per puro amore della curiosità e con sua lieve sorpresa l’anta scattò, aprendosi.

Gli occhi di Snape s’illuminarono.

Un Pensatoio.

Piccolo, di marmo chiaro. Poteva sembrare una coppa di gusto antico, ma la sua superficie scintillante e liquida non lasciava dubbi. Severus sorrise, divertito.
Non importa quante volte la assaggi, la vendetta era un sapore di cui pochi riuscivano a stancarsi.
Concentrò tutte le sue forze nell’eseguire un veloce incantesimo di ridimensionamento e preservazione e s’infilò il prezioso oggetto in tasca, lieto di avere un grazioso souvenir da offrire ad Albus, una volta terminato il suo ‘soggiorno’ in quella inospitale località.

Un raggio di sole squarciò poco a poco la penombra.
Severus seppe che non c’era più tempo, dovevano andare.

Senza una parola fece alzare il bambino e di nuovo lo prese per mano.
Trattenne il respiro mentre riapriva la porta.
Dallo spiraglio lasciato socchiuso non giungevano rumori di natura pericolosa.
Quindi Severus avanzò.

Il corridoio che avevano percorso fino a quel momento non lasciava molte possibilità. Era chiaro, adesso, che non conducesse ad una finestra o una porta e tentare in un’altra stanza era impensabile. Severus non aveva alcun desiderio di sfidare la Dea Bendata una seconda volta. Dovevano tornare indietro. Verso le voci che avevano udito.

Dannazione.

Con ogni cautela e circospezione l’uomo guidò il bambino nella direzione opposta e pregò di non incontrare il famoso ‘gathering’ precedentemente immaginato. Si immersero quindi in un nuovo corridoio e silenziosamente presero a percorrerlo.

Voci.
Nuovamente.
E anche questa volta non erano soltanto voci.
Erano voci infuriate.

Che avessero scoperto la loro fuga?

Severus accelerò il passo.
Erano ancora più vicine della volta precedente.
Scale.

Salirono.
Uno sguardo a destra, uno a sinistra.
Da basso si udirono suoni secchi di porte sbattute e stivali contro la pietra.
Finalmente il maledetto secondo piano aveva una dannatissima finestra.
Ovviamente in fondo, dopo una fila infinita di porte e stanze dal possibile contenuto mortale.

Ma non c’era tempo per la codardia e le domande retoriche. Finalmente avevano una via di fuga. Severus si spostò a grandi passi verso la luce dei vetri, il bambino faticava a seguirlo. Uno dei suoi passi erano quattro di quelli di Potter. Severus non aveva dimenticato le voci, sempre più vicine, sempre più pericolose. Si volse, prese il bambino in braccio e quasi corse alla finestra.

Oh, il piccolo Harry pensò che quella fosse già la terza volta. E tutto in pochissimo tempo. L’uomo-Sevreus lo aveva già preso in braccio tre volte. Oh, Harry era così felice che quasi non gli importava il pensiero della punizione una volta tornati a casa…

Snape raggiunse la finestra e la aprì. Ansiosamente osservò la distanza fino a terra.
L’altezza non era proibitiva, ma era comunque considerevole.
Dannazione!
Stra-dannazione!

Posò a terra il bambino e si inginocchiò davanti a lui.

“Harry – sussurrò piano, con ancora più urgenza dell’ultima volta che gli aveva parlato. – Harry, non abbiamo scelta. Adesso salterò da questa finestra e, quando te lo dirò, tu farai lo stesso. E’ importante. Ti prenderò io, devi soltanto saltare. Intesi?”

Il piccolo Potter lo scrutava.
Era impossibile non leggergli sul viso il terrore e l’apprensione.

Oh, Merlino.

Non c’era tempo per convincerlo, eppure non potevano saltare insieme. Un uomo adulto non avrebbe avuto problemi, ma un bambino rischiava seriamente di rompersi il collo.
Severus prese fra le mani il viso di Potter.

“Harry, te lo prometto. Ti prenderò io, non ti lascerò cadere. Ma tu devi fare come ti dico. Dobbiamo fuggire, non abbiamo tempo”.

Il bambino annuì, con troppa incertezza.

Severus sospirò. Ben presto i loro rapitori avrebbero finito di cercare ai piani inferiori. Dannazione!

“Harry, hai avuto paura degli uomini che ci hanno imprigionato?”

“Sì, signore” rispose il bambino, lieto di avere finalmente qualcosa di facile a cui rispondere.

“Non pensi che sarebbe ancora peggio se adesso ci trovassero? Non pensi che dovremmo fuggire prima che ritornino?”

“Sì, signore”.

“Dimmi, Harry, ho mai mentito? Ho mai detto qualcosa che non ho fatto?”

Il piccolo Harry prese a pensare. Ricordava molte cose dei loro giorni passati insieme. Ma non poté trovare una singola occasione in cui l’uomo-Sevreus gli avesse mentito.

“No, signore”.

“E quindi non ho motivo di farlo adesso, su una cosa così importante. Capisci?”

“Sì, signore”.

“Io ho promesso, Harry. Prometti anche tu. Prometti che salterai”.

Oh, era una cosa così difficile. Harry aveva così tanta paura da non saperlo nemmeno dire. Harry sapeva cosa succedeva ai bambini che cadevano dalle finestre. Sapeva che faceva tanto male, che si poteva finire anche in cielo, come mamma e papà. Se fosse stato Zio Vernon a chiedergli una cosa simile Harry non avrebbe nemmeno esitato. Neanche per tutte le punizioni del mondo avrebbe ubbidito. Ma non era Zio Vernon a chiederglielo, non erano di Zio Vernon quelle mani gentili.

Harry guardò negli occhi neri del suo uomo-Sevreus.



Quello era l’uomo-Sevreus.



“Lo prometto, signore”.



Snape gli strinse con delicatezza le spalle ed annuì.
In un attimo prese fiato e si gettò dalla finestra.

Un istante dopo Severus maledisse Albus Dumbledore ad ogni respiro.
La sua caviglia gridava vendetta contro il mondo intero e contro tutte le dannate, disgustose ville ottocentesche senza finestre ai piani inferiori. Lentamente il giovane uomo si rialzò, imprecando.
Sollevò la testa.
Adesso lo attendeva la vera sfida.

Il bambino si sarebbe fidato di lui?

Severus guardò in alto.

Il piccolo Potter era affacciato e, a sua volta, lo guardava.

“Salta” ordinò Severus.

Harry non si mosse.

Suoni, rumori, vicini, troppo vicini.

“Salta!”

Harry piano, piano si issò sulla finestra. Ma ancora rimaneva fermo.

Non c’era tempo, non c’era affatto tempo.

“Ho promesso! Salta, adesso!”

Voci troppo vicine, gridavano troppo forte: “Presto, nel giardino, nel giardino!”

“Fidati! Salta!”

Ed Harry saltò.
Il suo uomo-Sevreus lo chiamava ed Harry poteva solo, voleva solo, ubbidire.
E anche se aveva paura, l’uomo-Sevreus lo aveva difeso e non voleva fargli male e non gliene aveva fatto nemmeno quando poteva.
Quindi Harry saltò.

Snape stese la mano.
“Wingardium Leviosa”.

Ed Harry discese lentamente verso terra, scivolando verso le braccia aperte dell’uomo-Sevreus.

L’uomo lo prese al volo, così come aveva promesso e si guardarono.

“Bravo Harry” gli disse.

Il bambino sorrise.
Ma non c’era davvero tempo per celebrare ulteriormente la dimostrazione di fiducia con la quale Harry aveva graziato l’uomo.
I loro nemici si stavano avvicinando.

Senza posare a terra il bambino Snape prese a correre.
Stringendo i denti, mordendosi la lingua fino a sentire il sapore del sangue invadergli la bocca.
Il dolore al piede lo stava facendo impazzire ed oltre al proprio doveva sostenere anche il peso del bambino.
Il piccolo Potter non sarebbe mai riuscito a correre fra le fronde. L’erba era alta quasi quanto Harry stesso ed il mantello che Snape si rifiutava di portargli via era un impaccio notevole. E così mise da parte ogni incertezza, ogni dubbio e ogni egoistica volontà.
Voleva salvare il bimbo che teneva in braccio, voleva fuggire e finalmente fare qualcosa di giusto, di innegabilmente puro nella sua vita.
Qualcosa di buono.

Passi. Suoni. Grida. Ordini. Rami. Alberi. Verde. Verde. Ovunque.
Severus espanse una volta ancora la propria magia, sperando di sentire la fine della barriera anti-apparizione, ma si sentiva debole. Il dolore gli annebbiava la vista e le troppe magie senza bacchetta lo avevano lentamente esaurito. Avrebbe voluto fermarsi, riposare, prendere anche solo un respiro, ma non poteva. Li stavano inseguendo. Li sentiva dietro di sé e malediceva ogni legno che scricchiolava sotto ai suoi piedi, ogni fronda che produceva rumore e tradiva la loro presenza.

Il bosco era piano e poco folto, non offriva alcun riparo.
E Snape corse. Il caldo peso del bambino contro il petto gli ricordava qual era il suo compito. Qual era il suo dovere. E così Severus poteva convincersi. Poteva obbligarsi ad andare avanti. Anche senza fiato, anche senza lucidità.

Mentre il sole brillava glorioso ad est, vicino ai monti.

Il piccolo Harry provava paura solo a tratti. Prima sentiva le voci degli uomini tutti incappucciati dietro di loro (e sapeva che erano lì per fargli del male), un attimo dopo avvertiva il solido, forte braccio dell’uomo-Sevreus attorno al suo corpo e si calmava nel calore del contatto e nell’improvvisa sensazione di sicurezza.
L’uomo-Sevreus non lo aveva lasciato cadere anche se Harry si era gettato dalla finestra.
L’uomo-Sevreus lo aveva preso al volo, come aveva promesso.
Perché l’uomo-Sevreus (e adesso Harry lo sapeva con ogni certezza) non gli mentiva mai.


Un tronco cavo. Dietro fronde rigogliose.
Oh, Severus era così tanto senza fiato, così tanto senza forze.
La testa girava vorticosa in una violenta danza di verde e marrone, il terreno sotto ai suoi piedi pareva scomporsi infinite volte mentre le sue gambe cedevano e le braccia intorpidite scivolavano via dal suo prezioso fardello.
Ma non ebbe tempo per godere della sosta.

Un’ombra oscura comparve davanti a loro e Snape si trovò faccia a faccia con la punta di una bacchetta.

“Fine del gioco, Snape!” disse l’uomo.

Severus lo riconobbe dal timbro roco. Era lo stesso che aveva tentato di incatenare il piccolo Potter.
Non che Snape avesse bisogno di ulteriori motivi per odiarlo in quel momento…

“Ammetto che la tua fuga ci ha colti di sorpresa, ma ritengo fosse quanto di meglio potevamo aspettarci da un Death Eater… E’ un peccato che tu non sia rimasto buono nella tua cella, avevamo appena contattato i tuoi amichetti, Snape, non ti va di incontrarli? Non trovi sia una giornata splendida per un bel ritrovo di famiglia?”

Il tono, da suadente e mellifluo, cambiò improvvisamente.

“In piedi, cane e non fare scherzi. Ho giusto in serbo per te e per quel dannato moccioso un paio di vecchie maledizioni che non vedo l’ora di usare. Non costringermi”.

Gli occhi del maestro di Pozioni si ridussero a due sottili, furenti fessure.
Con ogni grammo della sua volontà si alzò, ergendosi fra l’uomo ed il piccolo Potter.

“Il bambino non si tocca! Se osi levare un dito contro di lui pregherai di scomparire all’inferno prima che io possa trovarti. Chi ha servito il Signore Oscuro non conosce pietà, ricordalo!”

L’uomo sembrò imporsi di non indietreggiare, nonostante il fatto che il significato di quella reale minaccia cominciasse a scivolargli sottopelle.

Il piccolo Harry, ancora coperto dal suo vestito nero, rimase immobile mentre i due signori grandi si parlavano. Oh, Harry aveva ancora paura, l’uomo cattivo era arrivato all’improvviso, come ogni tanto faceva Zio Vernon quando tornava la sera ed Harry era già stato chiuso nel sottoscala. Vide l’uomo-Sevreus alzarsi in piedi e mettersi fra lui e l’uomo cattivo. Senza pensarci Harry si aggrappò ad una delle lunghe gambe nere che lo stavano proteggendo dalla vista di quel signore malvagio e si nascose lì dietro. Si fidava dell’uomo-Sevreus, l’uomo-Sevreus lo aveva aiutato giù nella stanza chiusa e lo stava aiutando anche adesso. L’uomo-Sevreus lo aveva persino tenuto in braccio…

I due maghi si scrutarono a vicenda, un brillio pericoloso illuminava le profondità oscure degli occhi di Severus.
Se vi era una cosa di cui non si doleva di essere stato spogliato durante il suo servizio per il Lord Oscuro quella era la pietà.
Nessuna misericordia, nessun perdono, nessuna compassione né incertezza.
Parole di morte avevano oltrepassato per anni le sue labbra e mai ne erano uscite senza compimento.
Severus Snape non era uomo che soleva promettere la morte senza poi arrecarla.
Ed era grato che il bambino, dalla sua posizione, non potesse vedere il ghigno crudele che gli si era dipinto sul viso all’ovvia constatazione di avere di fronte un misero, tremante agnello vestito da lupo.
E vestito male, per giunta.

Dimentico del dolore, Severus fece un passo avanti, intimidatorio. Sentiva il peso del bambino avvinghiato alla gamba e si rese improvvisamente conto di essere riuscito, in qualche modo, ad impadronirsi di un altro pezzo dell’infranta e sfuggevole fiducia del piccolo Potter.

Il loro nemico stese con braccio malfermo la bacchetta, puntandola contro il viso di Snape.

“Non un passo o…”

“O cosa? Osi dunque sfidarmi? Con quegli occhi deboli, con quella mano insicura e vacillante pensi di ingannarmi?”

“Fa’ silenzio, lurido animale! Traditore della causa, verme infido e disgustoso”.

“Oh, certo, perché tu sai di quale causa parli? Hai ucciso per il Signore Oscuro? Hai mentito, hai tradito, hai torturato, hai privato della vita decine e decine di persone, hai udito le loro urla, hai il loro sangue sulle tue patetiche, malferme mani?”

“Ora basta, n…”

Un suono di fronde, di erba.
E l’uomo incappucciato perse il contatto visivo con Snape per accertarsi della natura del nuovo arrivato.

Fatale errore.

Severus Snape aveva ucciso grazie a molto meno.

In un attimo fu su di lui, sperando che il bambino-Potter non si fosse fatto troppo male per il suo gesto improvviso.
Lo disarmò e lo colpì con tutte le forze che poteva ancora trovare.
Caddero a terra e Snape sentì letteralmente la vittoria in pugno quando strinse fra le dita la bacchetta dell’uomo.

Un pandemonio di luce rossa fu quello che accadde e di nuovo il silenzio riempì quei convulsi momenti.
L’uomo incappucciato giaceva immobile a terra, ma era ben chiaro che stesse ancora respirando.
Merlino solo sapeva quanto Snape avesse desiderato castare un Avada Kedavra.
Ma non solo Potter era con lui, ma Albus ed il Ministero non sarebbero stati contenti del suo scatto d’ira.
Schiantarlo era abbastanza, per il momento.

Severus riprese il filo logico dei suoi pensieri.
Il suono di prima era ancora un pericolo.
In fretta raccolse il bambino da terra e riprese a correre.

E di nuovo ogni cosa da capo.

Verde. Alberi. Fronde. Verde. Marrone. Suoni. Dolore. Respiro.
Sentiva un fuoco marcio nei polmoni, l’aria pareva irrespirabile, troppo povera di ossigeno, troppo densa. Il bambino troppo pesante. La sua stessa magia lo stava abbandonando.
Corse per quella che sembrava una lunga, agonica eternità.

Era allo stremo, lo sapeva, lo sentiva e ancora non aveva avvertito il familiare passaggio attraverso le barriere.
E a cosa sarebbe servito poi?
Non aveva alcuna forza per potersi smaterializzare e, sempre illudendosi di potercela fare, aveva ogni certezza sul fatto che non sarebbe riuscito comunque ad andare lontano. I loro rapitori li avevano condotti in quel luogo con una dannatissima Passaporta. Era più che certo di trovarsi in un luogo molto, molto lontano dall’Inghilterra.

La mente di nuovo annebbiata, i sensi che scivolavano a tratti e parevano mescolarsi, il dolore, il dolore era qualcosa che Snape aveva quasi scordato dall’ultima volta che le venefiche, innaturali labbra del Signore Oscuro gli avevano rivolto un sorriso demoniaco ed un ‘Crucio’. Immagini di Lily, capelli rossi nel vento, occhi verdi come la foresta nella quale correva per salvare suo figlio, il figlio dell’unica donna della sua misera, inutile vita. La foresta nella quale correva per provarsi di essere migliore, per lasciare nella sua storia un segno, positivo, indelebile, una salvezza alla quale appellarsi nel giorno del giudizio del suo operato.

Ed un radice interruppe il suo cieco fuggire.
Sentì che le ginocchia cedevano e che la gravità lo conduceva inesorabilmente verso terra.
Ebbe soltanto la lucidità per girarsi ed atterrare violentemente di schiena.
Non avrebbe permesso che il suo prezioso carico si facesse del male.

Cadde come un corpo morto ed il brutale, feroce contatto con il suolo gli fece quasi esplodere la testa, mentre il respiro gli schizzava fuori dal petto assieme ai polmoni. Tossì, tentando di continuare a respirare e allentò la presa sulla coscienza.
E comunque, in ogni caso, la sentiva scivolare via, indipendentemente dalla sua volontà.

Sentiva il bambino muoversi sopra di lui e poi al suo fianco.
Poteva quasi avvertire il suo sguardo, magari preoccupato, più verosimilmente sollevato.

Nessuno avrebbe volontariamente deciso di restare con un uomo simile. Traditore, assassino, rude e aspro.
Lasciò uscire un sospiro che assomigliava troppo ad un rantolo esausto e socchiuse gli occhi.

“Fuggi, Harry. Fuggi a Hogwarts. Scap-pa”.

E l’ultima sillaba si perse nell’immobilità.
Un ultimo, triste pensiero.

‘Questo, Lily, è tutto quello che posso fare, tutto quello che sono riuscito a fare… inutile e patetico, non trovi? Hai scelto bene quando non hai scelto me…’

E scivolò nell’oblio.


Il piccolo Harry di nuovo si sentì al sicuro mentre le braccia dell’uomo-Sevreus lo tenevano con forza. Con una manina si aggrappò alla manica bianca della camicia dell’uomo e non la lasciò andare.
E poi sentì che cadevano. Ed Harry era davanti quindi sarebbe finito dritto a terra, sotto l’uomo. Oh, chiuse gli occhi, sperando di non farsi troppo male, anche se non ci credeva veramente…

Ed invece niente. Niente dolore, niente terreno, solo cielo e alberi, mentre si guardava attorno e non capiva come, ma adesso era sul petto dell’uomo-Sevreus e stava bene e anche se davvero non aveva capito, sapeva che era stato ancora grazie al suo uomo-Sevreus.

Ma adesso l’uomo-Sevreus non stava bene. Respirava molte volte ed in modo strano, gli occhi erano tutti nebbiosi come quando uno si sveglia e dapprima non vede quasi nulla, come se ci fosse un velo davanti.
No, il signore Sevreus non stava molto bene…

Harry si accostò al suo viso e lo guardò, l’uomo-Sevreus aveva adesso gli occhi socchiusi, ma sembrava perso in un mondo lontano, così come alle volte anche Harry si perdeva nelle sue fantasie e nelle sue avventure.
Eppure l’uomo-Sevreus non aveva un’espressione felice e quindi Harry pensò che non dovessero essere delle belle fantasie.

Il piccolo lo sentì sospirare, ma anche quello era un sospiro strano e sembrava doloroso.
Harry non voleva che l’uomo-Sevreus stesse male, non voleva che l’uomo-Sevreus provasse dolore, perché Harry conosceva il dolore e non voleva che anche l’uomo-Sevreus lo conoscesse, perché era stato buono con lui anche se all’inizio era sembrato cattivo.

Oh, l’uomo-Sevreus gli stava parlando.

Ma Harry non voleva ubbidire perché era grande abbastanza da capire che scappare significava lasciare lì l’uomo-Sevreus ed Harry non voleva, non voleva affatto.
Oh, di nuovo gli stava disubbidendo, ma era pronto ad essere punito per quello e non si sarebbe tirato indietro quando l’uomo-Sevreus l’avrebbe picchiato, perché presto l’uomo sarebbe stato meglio, Harry lo sperava, Harry lo voleva.
E poi nulla.

Immobile e fermo, come tutti i soprammobili che Harry aveva spolverato per mesi a casa dei Dursley.
Immobile.

Harry lo guardò ancora, intensamente, sperando di svegliarlo.
Ma l’uomo-Sevreus non sembrava accorgersene e continuava a non stare bene.
Il piccolo Harry sentì gli occhi farsi bagnati, ma non voleva piangere.
Si pulì il viso sul vestito nero e realizzò che forse il suo uomo-Sevreus sarebbe stato meglio se Harry gli avesse restituito il suo vestito nero. Perché Harry era stato meglio quando l’uomo glielo aveva dato nella stanza tutta chiusa…

Quindi Harry si tolse il vestito e con cura lo spiegò sopra l’uomo, cercando di coprirlo tutto, tranne il viso, esattamente come il signore Sevreus aveva fatto con lui. Soddisfatto Harry tornò a guardare il viso dell’uomo, certo che adesso si sarebbe svegliato…


Ma l’uomo-Sevreus non si svegliò.


Piccole, rotonde lacrime scivolarono nell’erba. Harry tese le manine, disperato e toccò il volto dell’uomo. Con le sue piccole, calde manine, che a stento coprivano metà di quelle guance ruvide, pallide.

“Non mi lasciare solo, signore Sevreus, non dormire, non te ne andare lontano…”

Rumori, voci, suoni.
Vicini.

Harry capì che erano gli uomini tutti coperti, quelli cattivi e che avrebbero fatto del male a lui e all’uomo-Sevreus, perché Harry non era grande abbastanza per difendere l’uomo-Sevreus, Harry non era grande abbastanza nemmeno per difendere se stesso e aveva così tanta paura che le lacrime presero a scendere come acqua, lungo le guance, giù sul collo, fino ai bordi della sua bella maglietta nuova.
Quella che l’uomo-Sevreus gli aveva regalato.

Oh, i rumori dei cattivi erano sempre più vicini, sempre più forti ed Harry sentiva le loro voci e li poteva riconoscere.
“Sono qui dietro, li posso vedere, Wilkes, presto da questa parte!”
Si sistemò velocemente accanto al viso dell’uomo e gli abbracciò la testa, anche se sapeva che non avrebbe dovuto toccarlo (nemmeno prima) voleva nasconderlo, non voleva che gli uomini cattivi lo trovassero, non voleva.
E lo strinse forte.
“Per favore, signore Sevreus, per favore, non dormire, non mi lasciare solo, non voglio, signore Sevreus, non voglio essere solo, non voglio andare via da solo, non posso da solo, non voglio…”
Un singhiozzo a metà, mentre sentiva che era tardi, che non ce l’avrebbe fatta, che tutto era perduto.
E pensava ‘Via, via, via di qua, via, via…’ come innumerevoli volte aveva pensato dai Dursley, ma adesso sapeva dove voleva andare, sapeva dove potersi sentire bene ed immaginò la stanza con il camino dell’uomo-Sevreus, le sue belle poltrone verde e argento, quelle dove si era potuto persino sedere… ‘Via, via, via…’


Ed improvvisamente, come per magia, scomparvero.
Insieme.




 


 




Continua…

 

 

 

Nota grammaticale: per mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati, ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’. Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.

 

Whomping Willow: Platano Picchiatore;
Pureblood: Purosangue

 

Note del capitolo: Alohomora è un incanto che permette di far aprire le porte o gli oggetti chiusi. Wingardium Leviosa è un incanto che permette di far levitare le cose.

 

   

   
 
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