Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: _Trixie_    31/07/2013    1 recensioni
Una shot ciascuno per cinque personaggi, Theon, Cersei, Eddard, Daenerys e Aerys, sulle note delle strofe di Viva la Vida dei Coldplay.
Il titolo e le citazioni all’inizio di ogni storia sono tratte dalla canzone.
1. Theon - Rideva, Yara, di quella risata cristallina, quella risata che apparteneva al mare salato.
2. Cersei - Rubai uno stiletto. All’età di sette anni mi introdussi nell’armeria del castello insieme a Jaime e ne rubai uno.
3. Eddard - Anche quel giorno avrebbe voluto condurla fuori dalle cripte, ma non sarebbe servito a nulla. Lyanna era fredda.
4. Daenerys - Lui era tutta la mia famiglia, lui era il Sangue di Drago, a lui dovevo il mio perdono, per qualsiasi cosa mi avesse fatto.
5. Aerys II - Ti vogliono uccidere tutti.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Cersei Lannister, Daenerys Targaryen, Eddard Stark, Theon Greyjoy
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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Autore: Trixie
Rating: Arancione
Genere: angst, sentimentale, malinconico
Lunghezza storia: Raccolta diOne-shot
Tipo di Coppia: Het
Personaggi: Theon Greyjoy, Yara Greyjoy, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Eddard Stark, Lyanna Stark, Daenerys Targaryen, Viserys Targaryen, Khal Drogo, Aerys II Targaryen, Rhaella Targaryen
Contesto:Prima dell’inizio, più stagioni
Note: -
Avvertimenti: Incest, tematiche delicate.
Introduzione: Una shot ciascuno per cinque personaggi, Thoen, Cersei, Eddard, Daenerys e Aerys, sulle note delle strofe di Viva la Vida dei Coldplay.
Il titolo e le citazioni all’inizio di ogni storia sono tratte dalla canzone. 



          

 

Cersei

 

I used to roll the dice 
Feel the fear in my enemy's eyes 
Listen as the crowd would sing: 
"Now the old king is dead! 
Long live the king!" 

 
 
 
Rubai uno stiletto. All’età di sette anni mi introdussi nell’armeria del castello insieme a Jaime e ne rubai uno. Lui aveva già le sue armi, fatte su misura per il primogenito maschio del potente Lord Tywin, mentre io, in quanto femmina, non avevo nulla. La reputavo un’ingiustizia bella e buona. In quanto gemelli, credevo, avremmo trascorso la vita insieme, inseparabili, a fare le stesse cose. Ci saremmo sposati e avremmo governato Castel Granito, uniti, come è naturale che due Lannister come noi dovessero essere. Erano questi i miei sogni da bambina e sono sicura che, se anche Jaime non lo dava a vedere, la pensava esattamente come me.
Per questo motivo mi serviva uno stiletto, perché lui aveva delle armi, e io no, ma noi dovevamo essere uguali. Quello che trovai era ancora in buono stato, anche se la lama non veniva lucidata da settimane. Decisi che, per il momento, poteva fare da surrogato di una spada e lo nascosi sotto al vestito, tra le numerose sottogonne che ero costretta a indossare e nascondendolo ogni sera nella mia camera, perché nessuno potesse venirne a conoscenza.
Non lo volevo usare e nessuno mi aveva mai insegnato a maneggiare un’arma, nemmeno quello che era poco più che un coltello.
Eppure lo feci, in un caldo pomeriggio, in uno dei giardini del Castello.
Ero in compagnia di Jaime e i figli di qualche altro nobile che mio padre aveva convocato per discutere non so quali importanti nuove tasse. Odiavo condividere Jaime con altre persone, che fossero i nostri genitori, i parenti, altri bambini con cui giocare, odiavo che le sue attenzioni venissero reclamate da qualcuno che non fossi io.
Quel pomeriggio c’era una bambina in particolare, di cui nemmeno ricordo il nome, dalle trecce bionde e gli occhi castani, la cui famiglia probabilmente si arrogava il diritto di dirsi legata a noi dal sangue. Non toglieva gli occhi di dosso a Jaime, cercava in continuazione la sua compagnia, si insinuava tra me e lui, facendo gli occhi dolci a mio fratello. Giocando, sfogai la mia rabbia tirandole i capelli e pizzicandola, fingendo poi di non essere stata io. Chi mai avrebbe avuto il coraggio di contraddire la capricciosa figlia di Lord Tywin?
Fu quando ci sedemmo, sul fare della sera, intorno a una fontana a riposare che la rabbia prese il sopravvento. Lei si sedette tra me e Jaime e si accasciò sulla spalla di mio fratello, lamentandosi dei segni rossi che i miei pizzicotti le avevano lasciato e azzardando lasciare un bacio sulla guancia di mio fratello. Mi alzai di scatto, recuperando lo stiletto tra le gonne prima che qualcuno potesse intuire le mie intenzione e poi mi avventai su di lei, con l’arma in mano. Le sfregia il volto, un taglio poco profondo, ma netto, che correva dall’angolo della bocca alla tempia. A causa della forza con la quale mi lanciai contro di lei, quell’insulsa bambina perse l’equilibrio e cadde all’indietro, nella fontana. L’acqua si colorò di un tenue rosa, a causa del sangue che uscì dalla ferita e io, pensando di averla uccisa, scappai a gambe levate stringendo in mano lo stiletto dalla punta insanguinata.
Nelle mie stanze, pulii lo stiletto e lo nascosi, poi mi raggomitolai tra le lenzuola. Non ero pentita del mio gesto, quella stupida oca se l’era meritato, sorridevo nel rivedere nella mia mente lo sguardo terrorizzato dei suoi occhi alla vista dello stiletto tra le mia mani e me ne compiacevo, perché quella bambina mi aveva temuto, continuava a temermi e, sono sicura, chiunque dei presenti mi avrebbe ricordata con terrore e rispetto: mai, mai calpestare i piedi a un Lannister, nemmeno se è una bambina di sette anni.  
Quella sera mi rifiutai di presentarmi a cena, asserendo un forte mal di testa, ma nella notte Jaime si introdusse di soppiatto nelle mie stanze, raccontandomi di come aveva convinto quella ragazzina a tenere la bocca chiusa e a dare la colpa ad un nostro coetaneo.
Ci addormentammo insieme e gli baciai la fronte prima di scivolare nel sonno. Lui mi aveva protetto, come io avevo protetto lui, è così che fanno i leoni, proteggono l’oggetto del loro amore, ad ogni costo.
 
Piangevo spesso, nelle settimane che seguirono il mio matrimonio con Robert Baratheon. Lui era il Re, lui era l’uomo che aveva sconfitto i Targaryen e credevo che mi avesse scelta come sua Regina per le mie doti, non per i soldi di mio padre. Ero giovane e avevo da poco accettato l’idea che io e Jaime non avremmo governato Castel Granito da marito e moglie.
Ed ero anche ingenua, credendo che avrei potuto cancellare il nome di Leanna dal cuore di Robert. Io, sul mio, avevo tirato un riga, cancellando il nome di Jaime e cercando di correggerlo in quello di mio marito.
Sfortunatamente, lui non sembrava disposto a fare lo stesso.
Capii di non potermi imporre chi amare una notte, mentre lui era fuori a caccia e Jaime bussò alle mie stanze. A lui donai il mio primo sorriso dopo settimane di incredibile tristezza e lascia che lenisse le ferite che avevo inferto a me stessa, con quei baci dolci che solo lui sapeva regalarmi, con quelle carezze che solo a lui erano permesse, mostrandogli quella debolezza che solo a lui era conosciuta.
Mi lasciai amare e lui mi amò a sua volta.
I leoni non sono fatti per amare i cervi, ma per cacciarli.
 
Sono passati anni da quella notte. Fu la notte in cui concepii Joffrey e cambiai per sempre. Non sono più una ragazzina ingenua che crede alla Giustizia del Re, sono una donna, sono una leonessa che ha imparato a difendersi, con le unghie e con i denti. E anche con il veleno, all’occorrenza.
Robert è fuori a caccia, ma questa volta sarà l’ultima e se non basterà la sua ingordigia a metterlo fuori gioco, mi occuperò personalmente di lui.
Accarezzo i capelli di Joffrey, ancora ignaro del fatto che, di lì a pochi giorni, secondo i miei piani, siederà sul trono di spade quale legittimo Re.
Il vecchio Re è morto, griderà la folla in festa, lunga vita al nuovo Re!
Un Re Leone, un Re nato per governare e cacciare, un Re Lannister in tutto e per tutto, un Baratheon solo di nome.
In fondo, è curioso come i miei desideri di bambina si siano avverati nonostante tutto, in maniera insospettabile.
Io e Jaime governiamo sui Sette Regni, insieme, uniti, nel nome di Joffrey Baratheon.
 
 
 
 
 

   
 
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