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Autore: I Fiori del Male    02/08/2013    3 recensioni
Di tutte le cose create dall'uomo capaci di scuotere l'anima forse la più efficace è la musica. Attraverso essa nascono sentimenti, pensieri, azioni. Eppure spesso avviene il processo contrario, e dalla gamma di sentimenti, pensieri, azioni che ciascuno è in grado di essere può nascere una melodia. Oscar e André e tanti altri che noi conosciamo, immersi in un mondo fatto di note. Questo è quel che leggerete.
AVVISO: al momento, la storia è a rating verde e priva di particolari note, ma dato che non si sa mai dove può andare a parare un autore, sappiate che potrei decidere di cambiare entrambe le cose, in base a dove mi porterà la storia. :)
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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D’AMORE E DI MUSICA

-1-

 
Il sole accennava appena a scomparire dietro alcune basse colline. La campagna francese in quel periodo, e cioè a primavera, era splendida ad ogni ora del giorno e della notte, ma il tramonto, con la sua luce aranciata, ricopriva ogni cosa di uno strato di calore visibile che confortava il cuore.

Solo con quello spettacolo davanti agli occhi Oscar suonava, e forse era nient’altro che una coincidenza che l’aula di musica fosse libera unicamente a quell’ora, ma era ormai tanto avvezza a gustarsi in completa solitudine quell’esatto momento del giorno da credere che non avrebbe mai potuto suonare in un altro momento.

Il pianoforte a coda bianco di fronte al quale era seduta, con le dita leggermente piegate sospese sulla tastiera, era diventato il suo migliore amico in un collegio dove lei, ragazza, femmina in ogni senso, vagava spacciandosi per maschio. Ad aiutarla un po’ c’era il fatto che poteva nascondere il seno in abiti un po’ più larghi, costringendolo oltretutto con delle fasce di lino strette attorno al busto, che all’inizio  le avevano dato non poco fastidio, ma poi si era abituata. L’educazione maschile che aveva ricevuto dal padre faceva il resto: Oscar era in grado di tirare di scherma contro qualsiasi ragazzo e sapeva andare a cavallo splendidamente, oltre a possedere una vasta cultura generica che le permetteva di inserirsi in qualsiasi conversazione, alimentatasi anche grazie alla sua passione per la lettura, seconda solo a quella per la musica.

Ad un tratto un particolare raggio di sole si introdusse nella stanza, andando a scontrarsi proprio coi cristalli del grosso lampadario, sospeso dal soffitto a pochi metri da lei, rifrangendosi in numerose schegge di luce e  generando un minuscolo arcobaleno. Agli occhi di Oscar, alla continua ricerca di ispirazione, non sfuggì quel minuscolo particolare: in una frazione di secondo la sua mente produsse una nuova, semplice melodia.

La suonò ad occhi chiusi, poiché le sue dita ritrovavano da sole la strada sul pianoforte, e poiché non c’era uno spartito da seguire;  lui scelse proprio quel momento in cui lei non poteva vederlo per sporgersi un po’ di più da quell’angolo d’ombra dove si era rintanato, quando lei era entrata nella stanza, senza accorgersi della sua presenza.

Ma  lui si era accorto di lei eccome, e non era certo la prima volta che lei entrava e si sedeva a quel pianoforte e suonava, convinta d’esser sola, portando alla luce il suo segreto.

Perché quando Oscar suonava, solo allora tutta la sua femminilità, repressa in ogni altra ora del giorno, scaturiva. Veniva fuori da ogni singola nota, esibendosi nei gesti delicati, negli arabeschi che le sue mani producevano svolazzando sulla tastiera e nel modo in cui a volte teneva gli occhi socchiusi, e questi sembravano piccole pozze d’acqua cristallina orlate di ciglia lunghe e ricurve. Altre volte le sfuggiva un piccolo sorriso, che piegava leggermente le labbra piene e rosate, alzava un pochino gli zigomi e ne addolciva oltremodo l’aspetto. Qualche volta l’aveva vista perfino piangere in silenzio, ed era a suo modo un incanto anche quello, vedere piccole cascate sgorgare da quegli occhi meravigliosi, anche se lo faceva stare  male non poter uscire allo scoperto per asciugargliele:  se si fossero visti in quel frangente poi lui non avrebbe potuto fare a meno si chiederle che necessità ci fosse di nascondersi dietro abiti e atteggiamenti maschili, quando avrebbe potuto frequentare una scuola femminile, e sapeva che lei non gli avrebbe risposto e che da allora non gli avrebbe più rivolto la parola, malgrado frequentassero la stessa classe. Il come gli era oscuro, ma era sicuro che andata così.

Scosse la testa, come per liberarsi di un insetto fastidioso che gli ronzasse nell’orecchio, e in effetti i suoi pensieri ultimamente erano diventati proprio così: fastidiosi. Confusi, anzi. Si rimise nel suo angolo riparato, smettendo di guardarla e limitandosi ad ascoltare la musica che suonava, fino a quando lei non uscì dalla stanza, di nuovo senza accorgersi affatto di lui, seduto a terra dietro quella colonna. Tra le mani stringeva qualcosa come cinque o sei fogli: un piccolo spartito. L’indomani sarebbe stata domenica, quindi niente lezioni. Aveva composto lui quella musica, per lei, e voleva davvero sentirla suonare quel pezzo, così glielo lasciò lì sul pianoforte. L’indomani sera, prima del suo arrivo, avrebbe controllato che fosse ancora al suo posto.

 
Nella sua stanza Oscar, sdraiata sul letto, era persa nei suoi pensieri.

C’erano cose nella sua vita, a diciotto anni, che nemmeno facendo uso di ogni goccia della sua forza di volontà avrebbe mai potuto controllare del tutto.

Avrebbe potuto nascondere in eterno il suo corpo inequivocabilmente femmineo dentro abiti di taglio maschile. Sarebbe anche potuta arrivare a parlare peggio di uno scaricatore di porto, si sarebbe potuta tagliare i capelli e continuare a ripetersi, davanti allo specchio, di essere maschio, ma questo non avrebbe impedito al suo cuore di battere per un ragazzo.

Era passato quasi un mese ormai, da quando lo aveva visto la prima volta, intento a chiacchierare amabilmente con alcuni amici. Certo, per vederlo lo aveva visto anche prima, erano compagni di classe, ma era stata la prima volta in cui si era concessa di osservarlo, e quando, dopo averlo guardato per un bel pezzo, aveva cominciato a chiedersi come sarebbero stati al tatto i suoi capelli e che tipo di odore avrebbe avuto, aveva compreso di provare qualcosa di speciale per lui. Perché quelle domande non se le era mai poste prima e perché non aveva mai davvero guardato un ragazzo come donna. Un giorno poi lui si era voltato a guardarla, e ciò che lei aveva letto nei suoi occhi era proprio il suo segreto. Lui sapeva! Ma al contrario di quegli altri pochi che erano venuti a scoprirlo non le aveva mai fatto domande. Si era limitato a sorridere leggermente, di un sorriso che la incantava, un sorriso destinato a una ragazza, per poi distogliere in fretta lo sguardo.

E su quegli occhi lei aveva scritto una melodia. Era stata la prima e unica volta in cui aveva composto qualcosa e se l’era scritta, senza affidarsi all’improvvisazione, e in cima al foglio pentagrammato aveva scritto una sola parola: Forête. Foresta. Perché il colore dei suoi occhi non era un verde preciso, ma l’insieme delle sfumature di una foresta illuminata dal sole, e aveva avuto il potere di creare della musica dentro di lei, un potere che apprezzava immensamente, perché immenso era il suo amore per la musica.

Oscar passò così il resto del giorno: sdraiata sul letto, lo sguardo fisso al soffitto senza in realtà vederlo, osservando in verità ogni tratto di quel ragazzo che la memoria le avesse lasciato a disposizione.

 
André se ne stava appoggiato con la schiena sulla solita colonna. Era quasi ora. Ancora poco, e Oscar sarebbe arrivata. Appena entrato aveva controllato che lo spartito fosse sopravvissuto alla giornata, constatando che era rimasto lì indisturbato. Ad un tratto, mentre per passare in qualche modo il tempo osservava i riflessi di luce sulla parete di fronte a lui, sentì la porta aprirsi con uno scatto e un leggero cigolio.

Si voltò lentamente verso la porta, trattenendo involontariamente il respiro per la tensione che provava, e la vide. Anche quel giorno era arrivata. Il suo sguardo le scivolò addosso come acqua, memorizzando ogni frammento di lei come ormai accadeva ogni giorno. Non si sarebbe mai stancato di guardarla, di sorriderle, come a volte gli scappava di fare durante le lezioni, quando incrociava il suo sguardo e questo gli infondeva una serenità inesprimibile a parole. Mai. Ogni giorno trovava qualcosa di nuovo da notare, qualcosa che nel suo piccolo lo sorprendeva.

Stavolta portava con se uno spartito.

Oscar si sedette al piano, come sempre convinta d’esser sola, e nel farlo buttò un occhio sul leggio, malgrado molto spesso non lo utilizzasse affatto. Per un attimo parve non rendersi conto di ciò che André aveva lasciato per lei; poi, quando sembrava ormai che lei avesse intenzione di suonare ciò che aveva portato con se, riprese tra le mani quei fogli.

In cima al primo foglio, in maiuscolo, era scritta una sola parola: Mer. Mare. Il titolo che André aveva scelto per una melodia che era venuta fuori osservando i mille e più riflessi che gli occhi di Oscar erano in grado di assumere, abbeverandosi della luce del tramonto.

La vide mentre leggeva rapidamente lo spartito e qualcosa tra quelle note la faceva sorridere. Risistemò i  fogli al loro posto, abbandonando i propri sulla coda del pianoforte, e dopo un tempo che gli sembrò infinito si decise a posare il dito sul primo tasto.

In quello stesso istante Oscar si rese conto che doveva appena esser scattato un qualche tipo di incantesimo. Le parve di aver scritto lei stessa quelle note; le sentiva sue, pur sapendo che non era così, perché le uniche note che avesse mai scritto da se si trovavano sulla coda del pianoforte. Nonostante quella consapevolezza ogni suono la rimandava alle mille emozioni che fino a quel momento aveva provato, fin dalla prima volta che aveva visto quel ragazzo e aveva finito per perdersi in pensieri che non le parevano ne giusti ne normali, e le venne naturale chiedersi chi avesse composto quella musica, chi fosse stato in grado di entrare dentro di lei in quel modo discreto e brutale assieme.

Suonava e piangeva e rideva insieme, Oscar, e quando ebbe terminato di suonare, ricominciò da capo. Allora André ebbe l’ardire di sporgersi un poco dal suo nascondiglio e la vide suonare senza leggere, con gli occhi socchiusi, come quando si lasciava andare alle sue melodie improvvisate. La vide sollevare gli angoli della bocca in uno di quei sorrisi che lo incantavano e vide le sue iridi farsi liquide e poi sgorgare lacrime, che corsero veloci sulle sue guance, illuminandole di riflessi di sole,  e si intrappolarono fra le sue ciglia rendendole simili a fili d’erba intrisi di rugiada. Rivide il miracolo che aveva composto quella melodia e questo lo rapì tanto da fargli dimenticare ogni cosa e spingerlo a uscire dal suo nascondiglio, per vederla meglio. Ora era lì, accanto alla colonna, allo scoperto, e il sole lo colpiva e se lei avesse voluto avrebbe potuto vederlo ... e d’improvviso, lui non se ne rese conto, la melodia finì ancora una volta, e lei si voltò.

Per un attimo, tutto rimase sospeso nel silenzio, mentre l’ultima nota si spandeva nell’aria. Si guardarono. Lei aveva gli occhi ancora pieni di lacrime, ma erano spalancati per la sorpresa, la bocca semichiusa. Lui la fissava senza batter ciglio, perché era la prima volta che la vedeva rivolgergli uno sguardo tanto ... sfrontato? E questo lo aveva lasciato senza difese, come un fucile che si scarichi nel bel mezzo di una battaglia.

Poi con un rumore sordo, causato dal premersi di diversi tasti tutti assieme, Oscar si alzò. Il suo volto era diventato di pietra, non un’emozione si poteva più leggere. Prese a camminare rigidamente verso di lui e lo oltrepassò senza parlare, per uscire dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle con violenza.

 
*Angolo Autore*

Ciao a tutti!!! Eccomi qui, con una nuova long su Lady Oscar. So che come primo capitolo forse l’ambientazione non è del tutto chiara, e nemmeno il tempo in cui si svolge la storia, ma volevo che questo primo capitolo fosse fatto unicamente di emozioni, per quanto possibile, per cui i chiarimenti conto di rimandarli ai prossimi. Spero comunque che, come primo capitolo, vi piaccia :)
Un bacio
Una rosa di Versailles.
   
 
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