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Autore: millyray    07/08/2013    1 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO QUARANTUNO

Finalmente erano arrivate le vacanze di Natale e Grimmauld Place era piuttosto affollata in quei giorni, tra adolescenti che scorrazzavano per questa e quella stanza, membri dell’Ordine che andavano e venivano e i Malandrini che non perdevano occasione per farsi stupidi scherzi. Lily non faceva che sgridarli dicendo che erano molto più bambini loro del feto che aveva in grembo. E come se non bastasse avevano messo in mezzo pure Frank, che non aveva esitato nel diventare il quarto membro.

JamesRemus e Ariel erano seduti sul pavimento del salotto, lui con la fedele chitarra in grembo e lei con una scatola di sfere natalizie davanti a sé che passava a Emmie e Jolie perché le mettessero sull’albero. Joel invece se ne stava spaparanzato su una poltrona a leggere uno dei suoi soliti manga. Se ne stavano in silenzio, stranamente, di certo persi in qualche loro pensiero.

Ad un tratto videro arrivare Martha e tutti i loro sguardi si spostarono su di lei. Persino quello di Joel, che aveva alzato gli occhi dal suo fumetto.
Lei mostrò loro un debole sorriso e si affrettò a raggiungere la cucina.

“Non vi sembra… un po’ sciupata?” chiese Jolie, che aveva notato una certa tristezza negli occhi della donna. Sembrava che nei giorni in cui loro erano ad Hogwarts si fosse lasciata molto andare. Aveva i capelli spettinati, non si truccava più e indossava un grosso maglione di lana che sì, le stava bene, ma non era affatto nel suo stile.

“Sì, l’ho notato anche io”, concordò Emmie, allungandosi ad appendere una pallina sull’albero. “Sembra che qualcosa la turbi”.

“Ma se mia madre è già incinta di me… non dovrebbe esserlo anche la tua, James?” fece Jolie, rivolta al moretto. Lui alzò lo sguardo su di lei e la guardò come se lei non dovesse trovarsi lì. Sembrava non aver seguito il discorso delle due amiche.

“Non lo so”, rispose, con una scrollata di spalle. “Non posso di certo chiederglielo. Lei non sa niente di noi”.

“Ma perché questa scelta di non dirglielo? Anche i miei genitori lo sanno e pure quelli di Jolie”, notò Emmie, osservando l’amico curiosa.
Lui sospirò esasperato. “Non lo so, ragazze. Papà mi ha detto di non dire niente. E’ una questione tra loro due”.

“Sì, ma si tratta di tua madre e di te”, insistette Jolie, frustrata per il disinteresse del ragazzo. Non capiva perché sembrava che a James non importasse, di solito si interessava sempre quando qualcuno a cui voleva bene aveva un problema. “E se tua madre non fosse incinta? Forse…”.

“Non dire idiozie, Jolie!” si intromise Ariel allora, parlando in tono duro. “Certo che è incinta, altrimenti James comincerebbe a sparire come era successo a John. Se non lo vuole dire saranno affari suoi”.

La rossina lanciò un’occhiataccia alla ragazza, ma non aggiunse altro e continuò a decorare l’albero. Forse quello era il periodo mestruale dei Black. Spostò lo sguardo su Joel, cercando di capire se almeno a lui importasse qualcosa, ma lui si limitò a girare un’altra pagina del suo manga senza fare caso a niente e nessuno.

“Piuttosto dobbiamo concentrarci su Harry”, aggiunse Ariel. “Dobbiamo tenere gli occhi bene aperti, è in questo periodo che è morto, no?”

Jolie annuì, sentendo i brividi correrle lungo la schiena. Accostare la parola morto a qualcuno che le stava a cuore le procurava un attorcigliamento allo stomaco. Voleva bene a suo fratello, gliene voleva già quando le uniche cose che aveva di lui erano delle foto e dei racconti, ma adesso che l’aveva conosciuto…

 

Fred, George  e Harry ascoltavano i racconti di James e Sirius divertiti e curiosi di sentire i guai che combinavano quando erano ad Hogwarts. Se fossero ancora stati studenti, i gemelli avrebbero preso degli spunti per farne di loro, ma ciò non toglieva che non avrebbero potuto farne.

“E allora Gazza è corso via urlando e imprecando contro Merlino ogni fottutissimo Santo!” spiegava Sirius ridendo al solo ricordarsi la scena.
Anche i ragazzi scoppiarono a ridere, immaginandosi bene la situazione; dopotutto, anche a loro era capitato di assistere a qualcosa di simile.

“Era pieno di Caccabombe, una cosa schifosa. E correndo è finito addosso all’insegnante di Difesa”, aggiunse James, scatenando altre risate.

“Non vi dico che divertimento. Ho riso per un’intera settimana”.

“Non ditemi che state raccontando quella storia”, li sorprese la voce di Remus, sopraggiunto in quel momento sulla soglia.

“Certo!” rispose Sirius, ridendo come non rideva da tanto tempo. Il licantropo osservò i due amici, divertito anche lui. Era bello riaverli tutti e due, ricostruire quel vecchio gruppo di cui spesso si lamentava ma che era una delle cose più belle che gli fossero capitate.

“Remus”. Si sentì chiamare l’uomo da una voce ben nota. Si voltò trovandosi di fronte il volto di Tonks che lo guardava con una strana espressione. “Ti devo parlare”.

Lei si allontanò dal corridoio e lui la seguì, senza che gli altri si fossero accorti di niente.

 

John e Ted rientrarono in casa tremanti e scossi, le bacchette strette in pugno. Erano solo andati a fare una passeggiata ma a quanto pareva non era andata così bene.

“Mangiamorte…”, biasicò il Metamorfomagus, cercando di recuperare il fiato. “Due… ci hanno attaccati”.

“Oh Merlino! State bene?” chiese Martha, spuntata in quel momento dalla cucina, guardando i due ragazzi con fare preoccupato.
Anche Charlie, che era sceso di corsa per le scale, si era fermato di colpo e stava guardando i due amici ancora ansimanti. In particolare stava indugiando sulla macchia di sangue che gli sporcava la maglietta.

“Sì, ma ci hanno visti entrare qui”, sospirò John, appoggiandosi al muro dietro di lui. “Sicuramente arriveranno con dei rinforzi”.

Neanche il tempo di finire la frase che la porta d’ingresso saltò in aria, travolgendo i due ragazzi appena entrati e un gruppetto di uomini mascherati fece il loro ingresso, le bacchette spianate pronti ad attaccare.

Gli abitanti di Grimmauld non ebbero neanche il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che si ritrovarono a dover affrontare i Mangiamorte per l’ennesima volta. Ma rispetto all’ultima volta, adesso l’Ordine era in minoranza.

Martha si ritrovò spiaccicata nell’angolo della cucina, tra il muro e il frigorifero. La bacchetta le era sfuggita di mano e giaceva a qualche metro di distanza, mentre un Mangiamorte puntava la sua, pronto a scagliarle una maledizione. Lei spostava lo sguardo da lui alla sua arma, cercando il modo di raggiungerla senza rischiare di essere colpita. Ma era sicura che se si fosse mossa, lui non avrebbe esitato a scagliarle una maledizione senza perdono.

“Everte Statim!”

Il mago mascherato venne scagliato contro il muro opposto, sbattendo violentemente la testa e cadendo a terra come un sacco di patate.

“Tutto bene?” le chiese Sirius, la bacchetta ancora stretta in pugno dopo averla usata contro l’aggressore.
Lei annuì un po’ incerta e porse una mano all’uomo perché l’aiutasse a rialzarsi.

“Grazie”.

“Figurati”.

Improvvisamente, l’Animagus vide Martha spalancare gli occhi verso qualcosa alle sue spalle. Il colpo non doveva essere stato così potente perché il Mangiamorte era riuscito a rialzarsi e ora si preparava ad attaccarli di nuovo. Lui era pronto a incassare il colpo perché era sicuro che non avrebbe fatto in tempo a spostarsi né a contrattaccare, ma all’improvviso, in una frazione di secondo, vide la ragazza sferrare un potente pugno alla mandibola del seguace di Voldemort, facendolo crollare a terra, come poco fa.

“Wow!” esclamò Sirius stupefatto, guardando Martha ammirato.

“Vigilanza costante”.

“Sei proprio la degna nipote di Malocchio”.

“Ma chi è?” chiese lei, osservando l’uomo steso a terra, al quale era caduta la maschera.

“Credo sia Yaxley”.

 

“Stupeficium!”

“Impedimenta”.

Ninfadora si lanciò di lato per evitare il brutale incantesimo che il suo avversario stava per lanciarle, lasciando che colpisse il muro, creandoci un gigantesco buco.
A poca distanza da lei vide Remus combattere contro altri due Mangiamorte, mentre dava il tempo a James di riprendersi da un colpo.

La ragazza si preparò a lanciare all’aggressore un altro schiantesimo, ma lui riuscì a pararla con un protego. La maschera però gli cadde, scoprendo il volto di un ragazzo che doveva avere più o meno la sua età ma che non riconosceva. Probabilmente uno nuovo.
Per qualche breve attimo provò dispiacere per lui, ma questo non le impedì di attaccarla di nuovo, centrando il colpo e facendolo finire contro la porta.

Cercò di correre in soccorso del marito, ma ad un tratto sentì qualcuno gridare forte, una voce di ragazze che lei riconobbe come quella di Emmie. No, sua figlia aveva la precedenza.

Corse al piano di sotto zoppicando, arrivando nel salotto devastato e trovandovi la piccola Tassorosso stesa a terra e sovrastata da un energumeno che riconobbe come Greyback. Non fece in tempo a fare niente, però, che si ritrovò quasi a capitombolare per terra dal potente spostamento d’aria provocato da Ted, arrivato di corsa.

“Giù le mani da mia sorella!” gridò il ragazzo, scagliando un Everte Statim contro il Mangiamorte. Quello perse la bacchette, ma non la tenacia né la sete di sangue.

“Toh, un altro lupacchiotto. E molto più appetitoso”, ruggì, scagliandosi contro Ted, preferendo uno scontro fisico. Il Grifondoro crollò sotto il suo peso, ma gli bloccò le mani strette a pugno perché non potesse serrarle attorno alla sua gola. Così tra i due iniziò una lotta, con il ragazzo che cercava di sottrarsi dalla sua presa e il Mangiamorte che cercava in tutti i modi di squarciargli la gola, le zanne snudate e la bava che gli colava dall’angolo della bocca.

Tonks se ne stava immobile con la bacchetta puntata. Voleva aiutare il figlio, ma se tentava un incantesimo avrebbe rischiato di colpire il ragazzo e di sicuro non sarebbe riuscita a toglierglielo di dosso a mani nude. Così andò a soccorrere la figlia che aveva un braccio sanguinante.

Per fortuna in quel momento arrivarono John e Joel. Il primo, con una mazza da Quidditch in mano, picchiò sulla testa di Greyback facendolo crollare addosso a Ted. Joel lo aiutò a scrollarselo di dosso e a rialzarsi, mentre il Mangiamorte se ne stava disteso a terra.

“State tutti bene?” chiese Paciock, dopo aver legato mani e piedi del licantropo.

 

“Harry, attento!” urlò JamesRemus, buttandosi addosso a Harry per impedirgli di prendere il colpo. Jolie, approfittando della distrazione del Mangiamorte che la teneva per la gola, gli mollò un potente calcio sul piede, facendolo urlare per il dolore e mollare la presa su di lei. Allora gliene diede un altro nelle parti basse e, afferratolo per le spalle, gli sbatté la testa contro il vetro della finestra, facendolo svenire e sanguinare.

Poi corse a vedere se gli altri due stavano bene. Il fratello, a parte una sbucciatura al ginocchio, stava piuttosto bene. James invece sanguinava sul fianco. Aveva spinto Harry per evitare che si prendesse l’incantesimo, ma era stato colpito lui.

Jolie gli alzò la maglietta per controllare, sporcandosi le mani col suo sangue. Ce n’era parecchio e stava sporcando pure il tappetto.

“Ho paura ti abbia colpito un organo”, disse, premendo un asciugamano trovato lì sull’emorragia. James intanto cercava di non urlare per il dolore.

 

“E’ morto?” chiese Vicky, entrando nella stanza e trovando Charlie seduto a cavalcioni sopra la pancia di un Mangiamorte, un altro di quelli che non conoscevano.

“No”, rispose il ragazzo, lo sguardo fisso sugli occhi spalancati dell’uomo sotto di lui. Non era morto, nonostante fosse immobile, l’espressione paralizzata in una smorfia grottesca. Era ridotto a un vegetale, in eterno combattimento col suo incubo peggiore, ridotto così dalla dote innata del Serpeverde. Si faceva paura da solo a causa di quella capacità. Non voleva neanche usarla, ma a volte la cosa sembrava prendere il sopravvento, quando era arrabbiato o spaventato.

“Tu stai bene?” fece ancora la ragazza, avvicinandosi cautamente.

“Sì. Tu?”

“Sì”.

 

Ariel aveva raggiunto il padre per aiutare ad affrontare Dolohov, quando ad un tratto videro l’uomo abbassare la bacchetta e alzare la manica del mantello. Il marchio di Lord Voldemort era diventato rosso e sembrava anche bruciare parecchio.
Poi l’uomo puntò la bacchetta verso di sé e si smaterializzò. Così fecero anche gli altri, lasciando i membri dell’Ordine completamente increduli e basiti. Se n’erano andati persino quelli che erano riusciti a sconfiggere, o perché portati via dagli altri o perché il Marchio Nero li aveva fatti riprendere.

Ma tutto quello era strano, fin dall’inizio era stato strano.

 

John era seduto sulla sedia in cucina, lo sguardo fisso in un punto indefinito e l’espressione corrugata in una smorfia di dolore.
Charlie, inginocchiato ai suoi piedi, cercava di curargli una ferita all’avambraccio.

“Cazzo!” imprecò il Grifondoro, sbattendo il pugno sul tavolo.

“E sta’ un po’ fermo!” gli intimò l’amico, tra le mani una pezza umida di disinfettante con cui cercava di pulirgli la ferita sanguinante.

“E tu sta’ attento”.

“Non posso se continui a muoverti”.

“Io sono fermo”.

“No, tu non sei mai fermo”.

“Uff”.

“Dai, ho quasi finito”.

Paciock, allora, cercò di concentrarsi su qualcos’altro. Chissà come se la stava cavando James nell’altra stanza. Avevano chiamato il dottor Kent per controllare i feriti e lui era quello messo peggio.

“Non capisco perché dovevi farlo tu”, si lamentò il biondino, mettendo su un adorabile broncio.

“Perché stavi sanguinando copiosamente e il dottor Kent ci avrebbe messo un po’”.

“Non stavo sanguinando così tanto”.

Charlie gli lanciò un’occhiataccia, come a intimargli di smetterla di brontolare.

“Ammettilo, non sono male come infermiere”, scherzò, allora, per sciogliere la tensione.

“Be’, no. Però non riesci ancora a farti le iniezioni da solo”, lo prese in giro John.

“Quello è diverso”, sospirò il moro, ma non c’era traccia di ironia nel suo tono. Aveva un rapporto strano con le iniezioni e il suo problemino zuccheroso, il Grifondoro l’aveva notato, ma non riusciva a spiegarsene il motivo.

“Charlie?” lo chiamò.

“Hmm?” Intanto il Serpeverde aveva iniziato a fasciargli il braccio con delle bende.

“No, niente”.

 

“Allora, perché vi hanno attaccati?” chiese Moody in tono piuttosto teso. Non era stato presente al combattimento e questo gli stava dando parecchio sui nervi, soprattutto perché c’era sua nipote a rischiare grosso.

Lui e altri membri dell’Ordine, tra cui Alice, Lily e i Signori Weasley, che erano corsi dalla Tana non appena avevano saputo dell’attacco, si erano riuniti nel salotto di Grimmauld per discutere di quell’avvenimento.

“Non ne abbiamo idea”, rispose James, un bicchiere di Whiskey Incendiario in mano. “Non è da Voldemort mandare i suoi seguaci ad attaccare così”.

“No, non lo è”, confermò Frank.

“Forse hanno agito da soli”, propose Martha, seduta sulla poltrona a gambe incrociate.

“Rischiando di far arrabbiare il loro capo?”

“Secondo me era una specie di… iniziazione”, si intromise allora Tonks. Tutti gli occhi si puntarono su di lei, curiosi di questa nuova ipotesi piuttosto strana. “Il Mangiamorte contro cui ho combattuto io era molto giovane, avrà avuto la mia età o anche meno. È probabile che sia appena entrato nelle file di Voldemort e che lui gli abbia chiesto, come dimostrazione di fedeltà, di attaccare qualcuno o ucciderlo. Non mi sembra sia una cosa nuova”.

Malocchio sembrò soppesare le sue parole, così come qualcun altro. “Potrebbe essere un’idea. E chi meglio di qualche membro dell’Ordine. Questo significa che Voldemort ha scoperto di noi e che questo posto non è più sicuro”.
Quelle parole, dette in tono piuttosto glaciale, provocarono non pochi brividi sulla schiena di tutti loro.

“Che facciamo?” chiese Alice, allora, l’espressione angosciata.

“Dobbiamo trovare un altro quartier generale”, annunciò l’Auror. “E devo parlare con Silente”. E si avvicinò al camino, afferrando un po’ di polvere volante.

 

“Dovresti restare a letto”.

“Io? A letto?”  

James si infilò una camicia bianca, cercando di non muoversi troppo. Alla fine non era stato colpito nessun organo come Jolie aveva pensato, però il medico ci aveva messo un po’ a ricucirgli lo squarcio e gli aveva pure dato della Pozione Rimpolpasangue.

Sirius ridacchiò. James era proprio identico a lui.
Gli si avvicinò per spettinargli i capelli scuri. Il figlio, allora, alzò lo sguardo verso di lui, guardandolo con quegli occhi color ghiaccio identici ai suoi, e gli sorrise teneramente.

“Ti voglio bene, papà”.

“Anche io ti voglio bene, campione”.

E si strinsero in un forte abbraccio.

 

 

MILLY’S SPACE

Buonasera, gente. Era parecchio che non mi facevo sentire qua.
Be’, che dire? Un altro po’ di azione. Chissà cosa succederà adesso e se i ragazzi del futuro torneranno nel loro tempo.

Cosa mi dite? Lasciatemi una recensione e venite a fare visita nella mia pagina Facebook : )

https://www.facebook.com/MillysSpace

Baciotti.

PUFFOLA_LILY: i tuoi complimenti mi commuovono sempre. Eh sì, le cose si stanno per complicare un po’. Non bisogna sottovalutare mai niente u.u Tra Martha e Sirius è un po’ complicato, ma vedremo se si risolverà tutto. Chissà. Spero di risentirti, un bacione.

FEDE15498: una Ariel/Draco? Hmmm, chissà ^^ be’, la coppia Harry/Ginny credo sia sacra e nessuno ce la toglie.
Ah, mi dispiace per la storia, ma quella proprio non posso toglierla dal rating rosso, sorry ^^ Ma a dirti il vero penso di averla scritta quando ero minorenne, solo che io ho messo di essere maggiorenne ^^ Tanto nessun poliziotto è venuto a bussare a casa mia XD
Fatti risentire, un bacione…

POTTER_92: pussa via, Jolie *le lancia un osso* alloraaaa… vorresti che le cose si risolvessero per il meglio per tutti? Vedremo, vedremo… intanto, continua a seguirmi.
Bacioni,
M.

DUBHE01: come ho già detto la Harry/Ginny è sacra u.u un po’ come la Lily/James. Alla prossima, bacioni. M.

  
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