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Autore: SakiJune    15/02/2008    3 recensioni
Sei sempre stato una persona prudente. Fino al fanatismo. Ma davanti a due occhi neri che ti scaldano il cuore, e al ritorno di un amico che credevi perduto, le tue difese si allentano, fino a scomparire... non è vero Mad-Eye?
Una storia d'amore e di guerra ambientata subito dopo il sesto libro, tra vecchi e nuovi membri dell'Ordine della Fenice. Piccoli spoiler, relativi all'identità e ai retroscena dei personaggi, e non agli avvenimenti del settimo libro.
CONCLUSA!
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alastor Moody, Remus Lupin, Severus Piton, Sorpresa, Voldemort
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler! | Contesto: Da VII libro alternativo
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Grazie a lyrapotter, Rainsoul, BonniefrankJoplin e Nonna Minerva. Sono contenta che vi piaccia Sev, perché sto sudando sette camicie per riuscire a parlare di lui e mantenerlo IC. Spero di aggiornare prima di Pasqua, perché sapete quanto sono impegnata con l'altra fic (nonché con la scuola... dettagli)^^ Scusate se Moody non compare in questo chap... ma tornerà!







Gwenie sarebbe rimasta molto volentieri a stuzzicare Lupin, e a flirtare con Caradoc, e a mangiare a sbafo. Ma possedeva sufficiente buon senso da rispettare il suo contratto con le Harpies e annunciare al Mondo Magico di essere ancora viva e vegeta. Così aveva salutato tutti quanti (non c'era timore che rivelasse l'ubicazione del nascondiglio, per via di un certo Patto con un imprecisato membro della famiglia Weasley) e se n'era andata: non prima però di aver strappato un bacio sulle labbra al biondo misterioso.


- Non dico si sia davvero innamorata di te, ma... pensi di fare sul serio con lei, Cary?

La testa gli faceva così male da non riuscire nemmeno a voltarsi verso di lei.

- Sai, quando ti chiamo... sembra quasi che tu-

Cosa stava per dire? Cosa sospettava?
Non voleva essere costretto ad ucciderla, no! C'era qualcosa di tremendamente oscuro dentro di lui, ormai l'aveva capito... ciò che l'aveva spinto ad obbedire ciecamente a Voldemort, a Dolohov, a Lestrange... ma non doveva più ascoltarla, quella voce, doveva lasciare che i veri ricordi, la sua vita precedente, il suo vero io si liberasse.


Le partite di Quidditch contro la squadra di Ravenclaw, quando cercava di deviare il bolide esattamente verso quella testa matta di Lovegood...
E lei, Dorcas, irraggiungibile e sfuggente, quella sua bellezza strana, così simile a quella di Gwenog, ora se ne rendeva conto.
Le serate a sbronzarsi con Sirius, per dimenticare che lei non degnava di uno sguardo né l'uno né l'altro. Le notti sobrie di attesa e paura, quando bastava davvero uno sguardo velocissimo per capirsi con i compagni, i loro Patronus che sfrecciavano nel cielo, portatori di speranza o dell'eco di una brutta notizia nell'aria gelida o soffocante...
Ma quella notte non c'era nulla che splendesse, nemmeno la luna. Nuvole nere, mantelli neri, il terrore puro e incontrollabile...


- Che cosa ti sembra, Hestia? Che vi stia mentendo?

- No, non è questo - rispose lei con semplicità. - E' solo una sensazione... come se ti suonasse strano, il tuo nome, come se nessuno lo usasse da tempo. - Aggrottò le sopracciglia, a cercare le parole adatte. - Come se... ti stessi risvegliando da un lungo sonno.

Sentì un moto di sollievo provenirgli dal ventre. D'istinto si passò una mano sulla fronte improvvisamente sudata. Doveva restare calmo e cercare di non trasmettere la sua insicurezza a Hestia. Ma perché li avevano lasciati soli? Era tutto più difficile.

- Forse è così. In fondo, la memoria non mi è tornata di colpo. Ma c'è un motivo per quello che dici...

Lei lo guardava con tenerezza, le guance accese, il sorriso sulle labbra.

- Nessuno, da anni e anni, aveva più pronunciato il mio nome con affetto. Perché non si sono mai fidati veramente di me, non mi tenevano a parte dei loro segreti, ero soltanto uno da sguinzagliare qui e là, ben nascosto dalla maschera, e mi tenevano d'occhio tutto il tempo.

Hestia annuì. - Avevano ragione a non fidarsi. Tu sei uno dell'Ordine, lo sei sempre stato, tanto tempo prima di me, no? Ti prego, Cary... rimani sempre con noi, Alastor ti adora! Non l'avevo mai visto così, come dopo averti ritrovato... non l'avevo mai visto sorridere davvero!

Il sollievo si andava trasformando in un terribile senso di colpa, che peggiorò man mano che la ragazza snocciolava, senza quasi rendersene conto, i suoi pensieri lieti e dolorosi, mille piccoli frammenti della sua vita...

- Eri a Hufflepuff come me, no? Ma immagino che quando tu frequentavi Hogwarts non ci fosse ancora la temibile professoressa Sprout... cioè, era gentile con tutti tranne che con me e Tonks... ti ho parlato di Tonks, mi pare. E' la ragazza di Remus. Sta alla Tana... cioé, a casa Weasley, perché Remus non vuole che stia in pericolo...

"Non mi dire più niente, dannazione! Tappati quella bocca! Voldemort, o Snape... mi leggeranno queste informazioni nella mente, se sarò costretto a tornare da loro! Stupida!"

Per un attimo gli era venuto l'impulso di schiaffeggiarla, proprio.

- E tu, Hestia? Non hai paura? - disse finalmente, esasperato. Il suo tono era ironico al massimo grado. - E Alastor non ha paura per te? Se fossi in lui... ti terrei nascosta, come un tesoro... non ti lascerei con nessuno di cui non fossi sicuro...

La risposta di lei lo lasciò senza fiato:
- Ma lui si fida ciecamente di te.

Hestia se ne andò in cucina a preparare il caffé, e lui rimase solo.
Le tempie ripresero a pulsare forte, il dolore era così insopportabile che non riusciva a parlare, ma d'altronde non c'era niente da aggiungere... sarebbe dovuto fuggire, era un pericolo per tutti loro... ma come? Non esisteva un altro posto per lui, nulla! C'erano il calore e i sorrisi di oggi, e l'atrocità del passato, e c'era un tempo ancora più remoto in cui era stato se stesso.

Poteva raccontare tutto... e poi? Cosa sarebbe accaduto? Poteva sfuggire a Voldemort, poteva tradirlo impunemente?
No, certo che no. Ma non poteva nemmeno tradire Alastor... e tutti loro. Doveva sparire... per il bene di tutti. E l'avrebbe fatto ora, senza rimpianti, senza perdere un minuto. Avrebbe trovato una scusa con lei, perché non si spaventasse troppo, e poi...

Fu in quel turbinìo di pensieri che pronunciò la prima parola sbagliata di tutta la sua folle missione.

- Hettie?



Il sedicente segretario del Primo Ministro Babbano si difendeva egregiamente, schivando i suoi lampi multicolori con destrezza. Non che Jugson si fosse aspettato di trovare la strada libera, i suoi l'avevano ben avvisato che ci sarebbe stato qualcuno dell'Ordine a difendere l'ufficio. Ma quello era un fior di Auror, altroché. E i duelli alla pari lo entusiasmavano.
Erano fuggiti tutti, restavano solo loro due, a zigzagare tra i corpi dei Babbani uccisi o Schiantati.
La sua maschera era saltata via, rivelando l'escrescenza orribile che gli era rimasta al posto della testa. Faceva una certa impressione, anche ai suoi colleghi Mangiamorte.
- Tu saresti Jugson, dico bene? Ti sei fatto ridurre così da un paio di ragazzini, l'anno scorso - lo schernì l'altro.
Era troppo per il suo orgoglio ferito. Aveva cominciato a lanciare una maledizione dopo l'altra, il divertimento della battaglia era finito, ora voleva soltanto ucciderlo, chiudergli quella fogna che osava ricordargli il fallimento più grande che avesse avuto al servizio dell'Oscuro Signore...
La luce porpora invase la stanza, mentre pronunciava quella formula quasi impossibile da recitare a memoria, desiderando farlo soffrire il più possibile prima di dargli il colpo di grazia.
Ma dimenticò di bloccarlo, sicuro com'era che non avrebbe avuto la forza di smaterializzarsi.
Si sbagliava, e se ne rese conto immediatamente: l'uomo era ancora abbastanza in sé, considerata la potenza dell'incantesimo che gli era stato scagliato, e Jugson gli udì biascicare qualche parola prima di vederlo scomparire con il ben noto schiocco.
Qualche parola. Un nome.


- Come mi hai chiamato, Cary? - fu la voce improvvisamente severa della donna, dall'altra stanza.

Un bagno di sudore. Immobilità assoluta. Il cuore che salta un battito.

- Non... ti piace? - balbettò Caradoc. Doveva andarsene. Adesso.

- Dove l'hai sentito? Remus ti avrà pur detto che nessuno mi deve chiamare in quel modo.

No, accidenti, Remus Lupin non gli aveva detto mai nulla, da quando stava con loro. Conosceva tutti i segreti del Primo Ordine, ma non sapeva nulla di Hestia Jones, e dei suoi soprannomi vietati. Gli era sembrato... oh, merda.

Hestia, per la prima volta quella sera, cominciò ad avere paura. E non era nulla di razionale. Era un diminuitivo comune. Una coincidenza, senz'altro...

Ancora non sapeva di essere rimasta sola in casa: di essere, per la prima volta da molto tempo, veramente al sicuro.



*************



- Severus? C'è qualcosa che vuoi dirmi?

Era un miglioramento, per lo meno adesso lo chiamava per nome.
Mangiava, e molto. Non che da un individuo simile si fosse aspettato lo sciopero della fame.

- Solo quando sarà pronto ad ascoltarmi, professore.

- Non credo di avere altra scelta, siccome devo stare qui dentro - rispose sarcastico Horace.

- Oh, no. Posso costringerla a sentire, ma non ad ascoltare, capisce... non a credermi.

La porta della cella rimaneva sigillata, ma la barriera tra loro stava crollando.
Nel silenzio che seguì si sciolse qualcosa, ed era la consapevolezza che sì, Albus non poteva essere stato un ingenuo, che c'era stato qualcosa di terribile dietro, che forse non c'era stata davvero altra scelta...

- Ti credo, Severus. Dimmi la verità.

Era tutto così semplice e crudele.
Era stato lui l'ingenuo.
Aveva dimostrato a Dumbledore il suo pentimento, con tutta l'anima, lasciandosi leggere i pensieri senza nessun filtro, in cambio della sua protezione... ammirandolo perdutamente.
Aveva seguito i suoi ordini alla lettera, sempre. Finché quel giorno di un anno prima era stato costretto a stringere il Patto Infrangibile con Narcissa Malfoy. E Albus non si era arrabbiato, no, non si era mostrato nemmeno triste, anzi... l'aveva incoraggiato a compiere il suo dovere fino in fondo, senza rimpianti.
Sarebbe morto comunque, a causa della maledizione sull'anello dei Gaunt. Nessuna pozione l'avrebbe guarito totalmente, era inutile, la sua vita era comunque compromessa.

"Salverai il futuro di Draco e te stesso. Riavrai la fiducia di Voldemort e potrai giocare un ruolo fondamentale affinché la profezia si compia. E' giusto che vada in questo modo, Severus"

- Io sono stato uno strumento ignobile nelle sue mani. E lo sono ancora, anche se lui non c'è più.


Silenzio. La porta si aprì, cigolando.

- Coraggio, se ne vada, scappi, torni a Hogwarts... io ho da concludere. Sarà tutto finito, prestissimo.

- Che cosa?

- Dovrò uccidere di nuovo, ma sarà l'ultima volta. Non sentirete mai più parlare di me. Ma la prego... faccia di tutto... perché io non sia giudicato troppo duramente... nei ricordi di chi verrà.

   
 
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