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Autore: Misaki Kudo    07/08/2013    11 recensioni
« I trust you, Shinichi! »
Sono passati cinque anni, l'Organizzazione è stata appena sconfitta.
Shinichi è ancora intrappolato nel corpo di Conan, ormai undicenne, mentre l'antidoto per l'apotoxina non è ancora stato ultimato. Il giovane continua a vivere a casa di Ran, che non riesce più a sopportare la lontananza dell'"amico", rivedendolo negli stessi occhi di Conan.
Situazioni complicate continueranno a caratterizzare la vita del giovane Kudo, la speranza è l'ultima a morire si sa, ma l'antidoto preparato da Haibara riuscirà a sconfiggere l'APTX?
Shinichi riuscirà, finalmente, a confessarsi a Ran dopo cinque anni di bugie?
Riuscirà a dire le cose che non le ha mai detto?
•••
In una folla, in una città. Lei avrebbe sempre ricercato il suo modo di camminare, i suoi saluti sinceri, il suo sguardo che riusciva a spiazzarla. Quegli occhi di un blu così intenso da fare invidia al cielo. Quel senso di pace che solo lui riusciva a procurarle. Una strana sensazione che ultimamente, provava anche quando era con Conan. O semplicemente la provava da sempre, ma lo ignorava. Perché Conan e Shinichi non potevano essere la stessa persona, no?
[Long ShinRan♥ - Conclusa.]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'ShinRan♥: between friendship and love.//'
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;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

10.
Resta con me.


Si rivestì in tutta fretta, evitando di produrre il più silenzioso tra i rumori.
Cosa avrebbe fatto se lei si fosse svegliata? Come le avrebbe spiegato tutto in una volta? 
Ma cosa stava andando a pensare. Non poteva più spiegarle niente, Haibara era stata chiara e ancora una volta lui era andato contro la sua parola, contro la sua razionalità. Solo per ascoltare il suo egoismo.
Solo per non vederla più soffrire, piangendo davanti alla loro foto come se fosse una lapide, un ricordo lontano. Aveva sbagliato fin dall'inizio, adesso era davvero arrivata la fine.

-Diciamo che dovrebbe essere definitivo ma non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti. Ricorda che dopo questo, c'è il nulla. Se non funziona tornerai ad essere Conan, per sempre. Meglio non correre troppo Kudo-kun...-
Lasciò tutto lì com'era, contorcendosi ancora per il dolore lancinante che gli colpiva il petto. Un ultimo sguardo rivolto verso la ragazza, verso la sua Ran. Dormiva beata, cosa poteva saperne?
Aveva il volto sereno di chi finalmente aveva raggiunto la felicità, si fidava di lui al cento per cento, tanto da bloccarlo prima ancora che le dicesse tutto, solo per colmare il vuoto che sentiva nel cuore.
Cosa ne sarebbe stato della loro storia? Della vita insieme che da sempre sognavano? Un cumulo di ricordi.
L'accarezzò malinconicamente e dopodiché fuggì via, verso il laboratorio di Haibara.
Sentiva il vento che gli scompligliava i capelli, la brezza del mattino era sempre piacevole tranne che in quel caso. Si sentiva sudare come non mai, le ossa cominciarono a bruciargli nel corpo, come se volessero lentamente evaporare. Si sentiva uno stupido, un fallito.
Arrivò ansimando alla porta del dottor Agasa, bussò con violenza torcendosi su stesso, quella era una delle fitte finali, oramai le conosceva benissimo. Le odiava da sempre, perché ogni qualvolta rovinavano tutto.
Haibara aprì la porta spalancando gli occhi, non ebbe nemmeno il tempo di pensare che il detective le cadde tra le braccia ormai privo di forze, il suo presentimento si era avverato davvero.

Gli bastarono solo tre minuti per tornare quello di un tempo. E con quello di un tempo si parla sempre di lui, Conan Edogawa, ragazzino undicenne diventato ormai come una maledizione per Shinichi Kudo.
Colui che non riusciva a fargli vivere la sua vita, colui che aveva rovinato tutto con la sua comparsa.

«K-Kudo-kun...?», lo chiamò tentennando Shiho, convinta del fatto che tra un po' la stessa identica cosa sarebbe toccata anche a lei. Odiava ammetterlo, ma non le dispiaceva affatto.
«.....è finita», rispose la voce da ragazzino. 
«Io te l'avevo detto, non avevo la sicurezza...però forse..», continuò la scienziata seria, cercando di non essere troppo dura. Anche se in realtà sapeva benissimo che era tutto inutile.
«Nessun però, voglio solo una risposta. E' finita, si o no?», chiese serio il mini detective penetrando con gli occhi blu quelli speculari della ragazza che aveva di fronte.
«...Sì», rispose quella osservandolo per un istante, portando poi lo sguardo al soffitto.
Shinichi non rispose, spalancò le iridi portandosi le mani alla fronte. La testa bassa, i denti stretti in una morsa, il vuoto assoluto per una volta riusciva a colmare il suo cervello, la sua assoluta razionalità.
«Le tue cellule sono riuscite a produrre una difesa anche per l'antidoto definitivo, il tuo organismo si è ormai abituato alla presenza dell'apotoxina, diventata parte integrante del tuo corpo. Qualunque cosa che la contrasti viene ritenuta un batterio e lentamente viene eliminata, sempre più in fretta», concluse Shiho.
Quelle parole penetravano nella mente del detective, rimbombando con una forza ed un rumore assordante, rumore che riusciva a perforargli i timpani, rumore che non voleva sentire nemmeno.
Era come se il suo organismo fosse appeso ad un filo, soggetto a continue pulsazioni che continuavano a tenerlo in vita. E lui viveva sì, ma solo grazie a quelle pulsazioni.
Adesso era come se gli avessero tolto le fondamenta, e quel gran palazzo che prima riusciva ad essere così confortevole ed accogliente, adesso appariva come un cumulo di macerie.
Si avvicinò lentamente verso la scrivania, dopodiché aprì uno dei cassetti dove trovo i suoi occhiali da Conan. Li indossò silenzioso.
 «Bene, adesso scusami ma devo andare», rispose secco il ragazzino, alzandosi e dirigendosi verso l'uscita.
Haibara non provò nemmeno a fermarlo, lo osservò incamminarsi in lontananza silenzioso come un'anima morta.

I raggi del sole filtravano nella stanza, illuminando il volto della giovane karateka. Adorava quel tiepore che sentiva al mattino sulla pelle, riusciva a portarle vigore dopo una lunga dormita.
Si stropicciò ripetutamente gli occhi, sorridendo beata. Poteva finalmente gridare al mondo tutta la sua felicità, non riusciva più a trattenersi, tanto il suo cuore stava scoppiando di gioia. Era come se dopo una vita intera i suoi sentimenti fossero arrivati dritti al cuore di Shinichi, nella loro più immensa purezza.
Sentiva un misto di sentimenti contorcerle il cuore, ansia e smarrimento avevano fatto posto ad un calore nuovo, ad una nuova esistenza con l'unica persona che per lei esisteva al mondo. 
Quella gioia però, riuscì a svanire in un istante, insieme all'oggetto dei suoi desideri che non era più accanto a lei. Uno strano presentimento le albergò in mente ma non ci fece caso, sentiva di potersi fidare al cento per cento di Shinichi, come di nessuna persona al mondo.
Tante volte aveva ripromesso a se stessa di non farlo, ma il più delle volte riusciva a rimanerci fregata, ingannata dal suo stesso cuore che le diceva di amarlo, facendole dimenticare ogni più remota forma di strana razionalità. I presentimenti sfuggirono quindi dai suoi pensieri, magari era solo in cucina no?
Lo chiamò a gran voce, avanzando a piccoli passi verso la stanza accanto. Una volta aperta la porta, il suo bel sorriso scomparve immediatamente dal candido volto: Shinichi non era nemmeno lì.
Decise di chiamarlo al cellulare, magari aveva avuto un contrattempo e non era riuscito ad avvisarla o più semplicemente, non le andava di svegliarla. Era una cosa che gli si addiceva.
Uno squillo, due squilli e poi niente. Il vuoto o meglio, la voce della segreteria che comunicava che il cellulare era appena stato spento. Che motivo aveva di spegnerle il telefono in faccia?
Magari era stato coinvolto in qualche caso e adesso si trovava sulla scena del crimine, era impensabile che le rispondesse. Doveva essere andata così, sicuramente.
Decise di non pensarci e tornare a casa, magari si sarebbe fatto risentire lui pomeriggio, senza bisogno che lei lo assillasse di continuo. Si sentiva una vera mogliettina e arrossiva al solo pensiero. Tanto era l'imbarazzo che si dimenticò di un piccolissimo particolare: suo padre l'aspettava a casa la sera prima e le avrebbe urlato contro non appena tornata. Aveva ventanni sì, ma per Kogoro era pur sempre la sua bambina e non era certo abituato a vederla dormire fuori la sera, figuriamoci con il suo amato Shinichi.
Chiuse la porta di fretta cominciando a correre verso l'agenzia che distava pochi isolati da Villa Kudo, nella mente cominciava già a creare tutto il discorso da dire al padre in segno di scuse.
Era talmente presa da quei ragionamenti che urtò senza accorgersene una piccola figura che camminava a testa bassa senza fissara la strada.

«Ehi piccolo devi stare attento qu-...eehh?! C-Conan-kun, sei tu?!», lo sguardo della ragazza si illuminò di immensa felicità. Se solo avesse saputo come stavano le cose in realtà...
«Oh, scusami Ran-neechan», rispose secco il "fratellino" cercando di mantenere il solito sorriso infantile.
«Qualcosa non va? Non dovresti essere con i tuoi a Los Angeles?», chiese la ragazza accarezzandogli il volto.
«Oh, siamo tornati qui per un po'..», rispose il ragazzino occhialuto.
«Ma che bello! Andiamo subito a dirlo a mio padre, sarà felice! Oh, Conan-kun non è che hai visto Shinichi vero?», chiese quella più diretta che mai.
Un colpo al cuore. Una lama nello stomaco. Un veleno in corpo.
«No, non lo vedrò più», rispose quello, serio come non mai curvando un sorriso malinconico. «Ehm, volevo dire che non lo vedo da un po' e che visto che non c'è mai forse io sarò già partito, quando lui sarà tornato», concluse cercando di essere più convincente che mai.
«Oh ecco, mi sembrava che tu stessi per andare non so dove adesso o che fosse successo qualcosa di brutto a lui, perché sai è tornato già da un po', anche se tu non hai avuto modo di vederlo», rispose quella sorridendo.
«Ah, bene allora forse potrò salutarlo», rispose quello continuando a recitare. «Comunque scusami Ran-neechan, ma devo andare ad avvisare Genta e gli altri che sono tornato, erano in pensiero», concluse.
«Va' pure, tranquillo! Stasera per festeggiare ti preparerò il tuo piatto preferito!», e si allontanò allegra.
Ran io non merito niente, non merito di starti accanto...perdonami se puoi...

Continuò ad avanzare a passo lento, era come se ogni parte di linfa vitale gli fosse stata asportata dal corpo. Tutto fino all'ultima goccia, si sentiva morire. In quel momento non poteva di certo andare dai giovani amici del club dei detective, non poteva proprio. In quel momento, erano tre le cose che avrebbero potuto risollevargli il morale: il suo aspetto da Shinichi, la compagni di Ran oppure...un incontro con il suo migliore amico di sempre, il detective dell'Ovest che non lo abbandonava mai.
Inutile dire che escludendo per forze maggiori le prime due possibilità, l'unica rimasta fu senza dubbio la terza. Telefonò quindi all'amico detective, scoprendo che in realtà quello si trovava a pochi isolati da lui.

«Ehi Kudo! Qual buon vento? Sai le coincidenze del destino, sono proprio sotto casa tua! Aspetta ma...questa v-voce...non dirmi che..», il ragazzo di Osaka non ebbe nemmeno il tempo di parlare che la voce del ragazzino confermò ogni suo sospetto. «Dimmi dove sei precisamente, arrivo subito», concluse.

Si videro dopo pochi minuti, i loro sguardi si incontrarono e parvero capirsi in un istante. Accadeva sempre così, in ogni momento e in ogni situazione. Che si parlasse di casi da risolvere o di scuse da inventare, riuscivano sempre ad essere i due lati opposti e identici di una stessa medaglia, le due facce complementari.

«..sei proprio sicuro che non c'è più niente da fare?», chiese malinconico Heiji.
«Il mio corpo si è abituato e ritiene normale la presenza dell'effetto apotoxina, di conseguenza il mio vero corpo per me è come se fosse un estraneo batterio..», rispose Shinichi, con un sorriso malinconico.
«Dannazione! Non è giusto Kudo...t-tu, tu non lo meriti affatto!», esordì l'amico di Osaka sbattendo ripetutamente il pugno contro il muro. 
«Hattori è tutto inutile...devo rassegnarmi», rispose quello.
«KUDO! Ma cosa cazzo ti succede?! Io non ti riconosco più, tu non sei quello che lotta fino alla fine per scoprire la verità? Quello che non si arrende mai, anche quando sembra arrivata la fine? Dov'è quello che considero il mio più degno rivale? Dov'è il mio migliore amico?», rispose secco Heiji, alzando leggermente il tono di voce. Conosceva bene l'amico, sapeva più di ogni altro che doveva riuscire a smuoverlo.
«Quello di cui parli è Shinichi Kudo, Hattori. Haibara mi ha chiaramente detto che non tornerà più», rispose.
«NON MI FARE INCAZZARE, KUDO! TU SEI TU E BASTA! DOVE LA METTI RAN? COSA LE RACCONTERAI?! NON PUOI ABBADONARLA DI NUOVO, VUOI FARLA SOFFRIRE?», chiese aggrassivo Heiji prendendo il ragazzino per il colletto e fissandolo negli occhi blu.
«Credi che io non ci pensi, Hattori? CREDI CHE IO NON PENSI A LEI? PROPRIO PER QUESTO ME NE ANDRO' PER SEMPRE, NON VOGLIO CHE RIMANGA ATTACCATA AD UN RICORDO PER L'ETERNITA', CAPISCI?!», si liberò dalla presa Shinichi, urlando contro al migliore amico e sbattendo forte i pugni sul suo petto. Aveva finalmente liberato tutto quello che sentiva, tutto quello che provava in quel preciso istante. Rabbia, dolore, malinconia e immensa tristezza. Un senso di impotenza che riusciva a sopprimerlo più di mille tonnellate, la consapevolezza di essere debole.
Rimasero così, immobili in quella posizione. Nessuno aveva il coraggio di osservare l'altro negli occhi, consapevole che in quel momento l'unica cosa che poteva aiutare era il silenzio.


«...cosa hai intenzione di dirle?», chiese Hattori rompendo la tensione.
Il detective dell'Est non rispose, si limitò a lanciare uno sguardo malinconico all'amico per poi curvare la sua attenzione sul muro che aveva di fronte.
«Hai due possibilità, lo sai: O le racconti tutta la verità, o sparisci per sempre dalla sua vita», concluse al posto suo Heiji. Inutile dirlo che anche l'amico detective conosceva la decisione di Shinichi.

-Ore 19:30, Agenzia Investigativa Mouri-
Ran si apprestava a preparare il riso al curry, uno dei piatti preferiti del fratellino. Non riusciva nemmeno a spiegare l'affetto che provava verso quel ragazzino, era un qualcosa di molto, molto speciale.
Forse le era subito entrato nel cuore per il suo modo di fare, quel suo atteggiamento così adulto, quelle sue passioni così strane, quelle movenze che riuscivano a colmare l'assenza di una parte che gli assomigliava molto: Shinichi. 
Rise a quello strano pensiero, come poteva un bambino colmare l'assenza della persona che ami? Eppure per lei in un certo senso era stato così, se non ci fosse stato Conan non sarebbe riuscita ad andare avanti tutto quel tempo senza Shinichi, gli doveva molto.
Era ancora presa in questi pensieri, quando il suo cellulare rosa squillò.

«Pronto?», rispose allegra senza poter immaginare il contenuto di quella telefonata.
«Ran, sono io», rispose la voce dall'altro lato della cornetta.
«Oh, Shinichi! Ma dove sei stato? Non sai che spavento mi sono pres-», non riuscì a continuare.
«Ti ricordi la cosa che dovevo dirti?», chiese diretto il detective.
«Ah sì, ma è meglio se ne parliamo di pres-»
«Ran, dimenticami», concluse secco, senza alcuna nota di emozione.
«..dicevo è meglio di pres-..cosa?», chiese timorosa la karateka sperando di aver capito male.
«La verità è che amo un'altra, Ran...mi dispiace», concluse quello.
«..A-ah?», fu l'unica cosa che uscì dalla bocca della ragazza. Inq uel momento l'unica cosa che deisderava era essere sorda, per non sentire nulla. Voleva vederlo, voleva osservare i suoi occhi mentre pronunciavano quelle due parole. No, non poteva crederci, non dopo quello che era successo. Avrebbe voluto urlargli contro, strozzarlo fino ad ucciderlo magari, sbatterlo contro il muro una volta per tutte ma...si sentiva come morta.
«Mi dispiace..», due parole rimbombarono nell'orecchio della karateka seguite da un sonoro 'tuu-tuu-tu'.
Il telefono rosa le cadde dalle mani precipitando sul pavimento in un rumore sordo. Sicuramente lo schermo si era scheggiato o addirittura spaccato. Ma a lei non importava nulla in quel momento. L'unico vuoto che sentiva era nel petto, altro che scheggiatura del vetro. Il suo cuore si era davvero rotto, in due parti.
Come se nulla avesse più senso, come se nulla avesse mai avuto senso davvero.
Lo sguardo fisso nel vuoto, incontrò per puro caso la figura di Conan che, con la testa bassa si apprestava a raggiungerla. Aveva da sempre avuto ragione, quel ragazzino riusciva ad assumere le stesse espressioni della sua anima, come se lui sapesse già tutto quello che era appena successo.

«...Conan-kun?», chiese timorosa osservando il ragazzino che rispose alzando il capo. «Ti prego Conan-kun...non...andare...via...», una richiesta lieve, uscì appena dalla sua bocca.
Si inginocchiò all'altezza del ragazzino, abbracciandolo forte con entrambe le braccia e piangendo. Piangendo tutte quelle lacrime che lui non meritava, tutte quelle lacrime che volevano lavare via tutto quel male, tutte quelle parole che aveva sentito. Volevano cancellarlo per sempre, ma non ci riuscivano.
«...ti prego, resta qui con me», un'ultima flebile richiesta, dopodiché solo il rumore straziante del pianto.






____________________________
AAAAAAAAALT!
Fermi con le pistoleee, feeeeeeeermi! Eh? E quello cos'è? NO, IL CIANURO NO! *fugge*
Eee-eemh. So benissimo che mi odiate e lasciatevi dire una cosa, mi odierete ancora di più. L'inevitabile è accaduto, tutti se lo aspettavano e se lo immaginavano! Ho mai detto che questa sarebbe stata un storia a lieto termine? No u.u
Ecco. Quindi che dire niente! Solo che dopo di questo ci sarà un altro capitolo bomba, e poi un altro finale, non so se ci infilo anche l'epilogo, bisogna vedere come riesco a strutturare il tutto!
Shinichi purtroppo ha perso ogni speranza, vi assicuro che non c'è più niente da fare e lui lo sa benissimo! Infatti non è da lui arrendersi maaaaaaaa 'una volta eliminato l'impossibile, quel che rimane per quanto improbabile, deve essere la verità', no? Ecco.
Nel prossimo capitolo tutto sarà spostato di altri cinque anni, giàààà giàà! Ci sarà una breve panoramica dei vari personaggi dopo tutto questo tempo e poi qualcos'altro! u.u Bene, adesso potete anche tirarmi i pomodori!
Grazie a tutti voi che continuate a recensire anche con questo caldo torrido eeeeeeeeeeeeeeeee...alla prossima! 

 

Misa

   
 
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