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Autore: TaliaAckerman    08/08/2013    3 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Come Dubhne scoprì ben presto, adattarsi ad una vita nei boschi si dimostrò molto più difficile del previsto. Se non impossibile.
Dopo lo sconvolgente incontro con il Letjak, le cose si erano fatte più difficili. Nonostante l’essere riuscita a procurarsi una freccia come arma, la bambina non era ancora riuscita a catturare un solo animaletto, e per cinque giorni si era cibata solamente di bacche e frutti strappati dai rami degli alberi. L’acqua almeno non era un problema: il bosco di Hardist meridionale si estendeva in una zona umida e prosperosa e pullulava di torrenti, fiumiciattoli e piccoli corsi d’acqua. Utilizzando il proprio grembiule da lavoro, Dubhne aveva costruito maldestramente una specie di saccoccia in cui conservare il cibo durante gli spostamenti. Sebbene la faccenda si fosse dimostrata complicata come non mai, raggiungere l’Ariador era ancora il disperato obiettivo della ragazzina, che non si dava pace camminando giorno e notte. Il desiderio di rivedere Alesha, unito alla speranza di riuscire a condurre un’esistenza più felice, incitavano la bambina ad andare avanti, e a non cedere alla paura e allo sconforto. Il momento più terribile delle giornate di Dubhne era senz’altro il crepuscolo, quando era costretta a cercare un riparo dove passare la notte. I rumori, gli scricchiolii e i versi degli animali notturni non le davano pace un istante. E quando finalmente riusciva ad addormentarsi, la luce la mattutina la svegliava dopo solo poche ore. E così ricominciava la marcia.
Non fare così, pensò rabbiosamente Dubhne un giorno, mentre una tremarella incontrollabile le assaliva le ginocchia. Puoi farcela. Avanti, svegliati e continua a camminare. Ormai… sarai più o meno al confine con l’Ariador no? Alesha è vicina!
Ma, nonostante le proprie ingenue speranze, la ragazzina non aveva assolutamente la minima idea di dove potesse trovarsi. Sapeva certo che l’Ariador era situato da qualche parte ad Ovest, ma le sue conoscenze geografiche si fermavano lì. Non aveva la percezione del tempo, dello spazio, non capiva quanta distanza percorresse in un giorno.
Alla sera dell’ottavo giorno di marcia, Dubhne si lasciò stramazzare al suolo, sfinita. Le sue forze si erano completamente esaurite, la bambina non ce la faceva più.
Ho… bisogno di… mangiare qualcosa.
Con dita malferme, aprì la sacca nella speranza che fosse rimasta qualcuna delle more che aveva raccolto il pomeriggio precedente, ma rimase delusa. Era vuota.
Dannazione! pensò, mentre l’ansia le assaliva la gola.
– Che cosa ho fatto? – si chiese ad alta voce. – Come ho potuto lasciare Célia? Stupida, stupida, stupida!
Piangendo sommessamente, si piegò su se stessa e affondò il viso fra le ginocchia.
Morirò di fame. O di stanchezza. Comunque vada, io resterò qui. Non raggiungerò Alesha, non ce la farò mai!
Proprio quando la ragazzina temette di essere perduta, un lieve rumore di passi felpati interruppe i suoi singhiozzi. Lei si immobilizzò. Possibile che fosse un piccolo animale da mangiare? Cercando di essere più silenziosa possibile, Dubhne voltò la testa da dietro il tronco d’albero a cui era appoggiata. Dovette tapparsi la bocca con una mano per impedirsi di urlare dalla gioia: davanti a lei c’era uno Shirin di medie dimensioni, peloso, carino, lungo appena tre spanne o poco più.
Visto? Finalmente un po’ di fortuna!
Cauta, Dubhne allungò una mano verso la propria freccia.
– Stai… lì… fermo…- sussurrò, più a se stessa che all’animaletto. – Così. Da bravo… - fece un passo verso di lui; una foglia scricchiolò, e lo Shirin drizzò le orecchie, spaventato. No, non, no! L’animale cominciò a correre nella direzione opposta, ma la bambina fu più veloce: con un tuffo disperato, si avventò sulla sua preda, conficcandogli la freccia nel ventre. Lo Shirin ricadde a terra con un gemito pietoso. Ansimando, Dubhne sorrise, anche se senza riuscire a trattenere qualche lacrima di compassione verso quella povera bestiola.
Ci sono riuscita.
Incredula, raccolse da terra l’animale, e lo depositò accanto all’albero. Bene. Devo accendere un fuoco. Michael le aveva insegnato a domare un fuocherello quando la bambina aveva cinque anni; un grosso vantaggio in quel momento. Dopo aver raccolto qualche piccolo ramo secco, Dubhne armeggiò qualche minuto con sassi e pietre, e in men che non si dica la radura venne riscaldata da un tenue falò. Ora veniva la parte più difficile: aveva visto sua madre scuoiare animali di piccole dimensioni numerose volte, ma non ci aveva mai provato personalmente. Sforzandosi di ricordare la sequenza dei suoi gesti, la bambina si infilò la lingua fra i denti per combattere la repulsione e incise la pelle del collo della bestiola per tutta la sua circonferenza, per poi ripetere il gesto lungo la schiena dell’animale. Si odiava per quello che stava facendo, ma non aveva molta scelta; era allo stremo delle forze, non poteva continuare a nutrirsi solamente di vegetali. Se non avesse messo nello stomaco un po’ di carne non sarebbe riuscita a proseguire il suo viaggio. Infilò le unghie nel taglio che aveva disegnato dietro il collo dell’animale e tirò. I due lembi di pelle si sollevarono insieme alla pelliccia. Dubhne fu scossa da un singulto, ma non si fermò e ripeté il movimento con più energia. Una manciata di minuti dopo solamente la testa dello Shirin era rimasta coperta dalla pelliccia; il resto giaceva abbandonato accanto a un albero.
Dubhne infilzò a malincuore il cadavere dello Shirin con un bastone e, tenendosi a distanza di sicurezza, lo avvicinò al fuoco. Attese per qualche minuto, senza avere un’idea su quanto lasciare a cuocere la propria preda. Ma non erano passati neanche dieci minuti che la fame ebbe la meglio e senza pensarci la ragazzina allontanò la carcassa dal fuoco.
Già, bene. E adesso… che cosa faccio?
Riluttante, riprese fra le mani lo Shirin e, in modo goffo e inesperto, recise la pancia dell’animale con la punta freccia. Le interiora dell’animale si riversarono sull’erba macchiandole di sangue i vestiti, e per la seconda volta quella sera Dubhne si sentì vicina a vomitare. Infilò la mano destra nel ventre dell’animale e lo svuotò da quanto era rimasto dell’intestino e degli organi interni, poi si rialzò e si sciacquò le mani nella piccola pozza d’acqua che si allargava lungo il ruscello presso il quale si era fermata quella sera. Tornata accanto al fuoco, lo Shirin era lì ad attenderla, rigido e ridicolo, privo della pelliccia e infilzato in quello spiedo.
Va bene… ehm…
Disgustata, Dubhne assaggiò con un morso la propria cena. Sebbene la carne fosse dura e cotta non abbastanza, il sapore non era poi così orribile.
Coraggio, dai.
La bambina chiuse gli occhi, e ricominciò a mangiare.



Raggiungere Alesha nell’Ariador non era un’impresa fattibile.
Dubhne se ne rese conto all’improvviso, mentre un giorno camminava speditamente lungo un piccolo lago azzurro.
È impossibile.
Finalmente aveva capito. Attraversare mezzo mondo senza avere esperienza, provviste e protezione? Ma chi voleva ingannare?
Sconsolata, si sedette sulla riva. Aveva percorso tanta, troppa strada da quando era partita. Non riusciva nemmeno ad immaginare dove potesse trovarsi. L’ultima volta che aveva avuto contatti con il mondo civile era stato quando aveva incontrato il cacciatore di Letjak. Erano passate quasi due settimane da allora. Non c’erano più stati incontri pericolosi con quegli animali feroci, o almeno non direttamente, ma la bambina poteva sentirli di notte ringhiare ed emettere versi minacciosi in lontanaza. Fortunatamente, i fuochi accesi da lei sembravano tenerli lontani. Dubhne non sapeva molte cose del mondo esterno a Célia – e del mondo esterno in generale – e la prima regola che la vita solitaria le insegnò fu che i Letjak temevano le fiamme più di ogni altra cosa.
D’un tratto, la ragazzina sentì il desiderio di entrare in acqua. L’inverno era terminato, e lì a sud un sole caldo e rassicurante illuminava gli alberi di tenue luce dorata. Era da tanto tempo che non aveva modo di darsi una ripulita. Spogliatasi dalle vesti della sartoria, Dubhne infilò un piede nell’acqua chiara del lago, e lentamente si immerse fino alla vita. Il tepore era deliziosamente piacevole, e lei si lasciò scivolare con la testa sulla sabbia, tranquilla per la prima volta dopo tanto tempo. Non avrebbe raggiunto Alesha. No, ma non sarebbe neanche mai tornata alla sartoria del signor Tomson. Questa era una certezza, il punto da cui partire. Avrebbe potuto vivere lì, nei boschi, giorno per giorno. Aveva imparato a cacciare e a tenere lontani i Letjak. Perché sarebbe dovuta morire? Anzi, adesso che ci pensava, avrebbe potuto rimanere lì, vicino al lago, riparandosi sotto una della imponenti rocce che lo circondavano. Il desiderio di mettersi alla prova si univa al profondo bisogno di libertà che provava. Avrebbe costruito una capanna, magari anche un arco. Avrebbe imparato a cacciare ogni sorta di animale, a difendersi dai Letjak e dalle altre belve pericolose che si nascondevano nella foresta.
Nessuno avrebbe mai saputo di lei; avrebbe potuto vivere come un'ombra, non conosciuta da nessuno. Si sarebbe trattata di un’esistenza di solitudine, ma in quel momento a Dubhne bastava. Poi… chissà cosa sarebbe accaduto dopo. La bambina non poteva nemmeno immaginarlo.





Note: scusate per il capitolo un po' corto, ma è tutto quello che sono riuscita a scrivere. Se volete sapere come la storia continua continuate a seguirla, aggiornerò al più presto con un nuovo capitolo. Sono sempre gradite recensioni :) Bye!
  
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