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Autore: Lady Moonlight    08/08/2013    1 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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21

The Dawn of Freya

 

 

 

L'avevano trovata o forse si era fatta trovare. Arturya non era certa di come fossero andate le cose, in ogni caso si era fatta accompagnare docilmente al Reame, al cospetto di Titania.
Il mondo umano era nel caos; i mortali cadevano sotto i colpi degli Unseelie e i vampiri erano divisi sulle decisioni che occorreva prendere per porre fine a quella distruzione. Le più grandi città del mondo erano cadute e gli eserciti umani erano troppo deboli per contrastare quelli creati da Morwen.
Titania era esausta, sfinita, così consumata che Arturya non riuscì a riconoscere in lei la grande regina che amava e rispettava.
"Mia regina." la chiamò inginocchiandosi davanti al trono.
"Arturya. La mia adorata Arturya. È molto tempo che non parliamo." I capelli ramati di Titania avevano preoccupanti sfumature grigie, come se l'uso del suo potere la stesse sfinendo prima del tempo.
Arturya deglutì a forza, le lacrime che premevano per essere liberate, ma si impose di mostrarsi forte. Non era un tempo per deboli e indifesi quello che stavano affrontando.
"Vieni più vicina. Mostrati." la pregò la regina.
Lei obbedì, stringendo con delicatezza le pallide mani che Titania le stava offrendo.
"Sono qui." mormorò con tristezza.
"La Corte Unseelie..." biascicò la regina, prima di essere colta da un attacco di tosse.
Un ancella accorse in suo aiuto e Freya rimase paralizzata dal terrore quando vide del sangue colare dal mento di Titania.
"Il mio potere non può nulla per aiutarvi." disse mesta, facendo sobbalzare alcuni cavalieri della regina.
"Lo so Arturya, non è per la mia vita che ti ho fatta chiamare qui." Titania fece un respiro profondo, ma prima che potesse continuare a spiegarle la sua testa cadde ciondoloni sulla spalla e perse i sensi.

 

"Da quanto è in quelle condizioni, Shyn-Lu?" chiese Arturya.
"Non voleva che voi lo sapeste. Vi sareste preoccupata, Somma Arturya."
Lei non rispose, perché la rabbia le avrebbe fatto dire cose che in altre circostanze non avrebbe mai detto. Si sentiva così impotente, così inutile, e per quanto le fate della regina tentassero di nasconderle le reali condizioni di Titania, Arturya sapeva perfettamente che la sua lunga vita stava giungendo a termine.
Si sentiva tradita dall'unica persona che l'aveva trattata come una figlia. Non riusciva ad accettare che Titania potesse morire, mentre Morwen e Cristavia si lasciavano alle loro spalle un mondo di cenere.
"Chi ha designato come suo erede?"
Shyn-Lu non rispose e Arturya ruotò lentamente il busto nella sua direzione. "Chi governerà la Corte Seelie?"
Non ebbe bisogno di conoscere la risposta per capire che Titania non aveva designati altri erede se non Arturya stessa. "No! Lei deve scegliere qualcun altro! Non può dare a me questo fardello..."
"Somma Artur-“
"Smettila, Shyn-Lu! Non chiamarmi così! Dov'è Titania? Devo parlarle, devo..."
Non si era accorta di essersi accasciata al suolo, finché l'altra fata l'aiutò ad alzarsi.
"No... È tutto sbagliato."

 

"La regina Titania vi invita a prendere parte al conflitto, Somma Arturya."
"
..."
"La Corte Unseelie sta distruggendo gli umani. Il vampiro, lo schiavo della regina, è inarrestabile. Ci serve il suo aiuto."

 

Aveva atteso tre giorni, poi era partita senza dire nulla a nessuno. Aveva attraversato il Confine e si era messa sulle tracce di Lilith. Doveva parlarle: di Titania, delle Due Corti, di Semiael.
La regina si aspettava che lei trovasse un modo per uccidere Sebastian, ma Arturya non aveva la minima intenzione di farlo. Se qualcuno doveva morire quella era Morwen, non certo un vampiro costretto da qualche ricatto ad obbedirle.
E se anche fosse stata la morte il destino di Semiael non spettava a lei il compito di combattere il figlio di Lilith.
Ma c'era anche un'altra ragione, una ragione che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. Uccidere Semiael sarebbe equivalso a tradire Lilith e per quanto assurda fosse quella motivazione, Arturya non aveva intenzione di farlo.
Aveva percorso le coste dell'America, macchiandosi le mani di sangue fatato, sfidando la morte in faccia, evitando le pattuglie umane che avevano imparato ad usare armi di solo ferro per combattere gli Unseelie.
Per i mortali non c'era distinzione tra Seelie e Unseelie e Arturya non si premurò di spiegarlo agli esseri umani che incrociava sulla sua strada. Tuttavia, dava sempre loro aiuto quando le era possibile. Lasciava loro del cibo, oppure nella notte faceva in modo che i feriti più gravi assumessero poche gocce del suo sangue.
Era facile, in verità, entrare negli accampamenti e far cadere nelle botti di vino qualche goccia di sangue. Nei suoi viaggi solo una volta era stata scoperta.
Infine, quando aveva perso le speranze di ritrovare la vampira le erano giunte voci, da un pixie che aveva catturato, che Lilith stava creando un esercito di vampiri per sfidare Morwen in battaglia.
Si era diretta a Nord e nella terra ghiacciata dell'Alaska aveva finalmente trovato ciò che cercava.
Lì gli umani non avevano subito grossi danni da parte della Corte Unseelie e la modernità era ancora un lusso che i mortali potevano permettersi.

 

Era arrivata in una mattina autunnale, con un pallido sole nascosto sotto una coltre di nubi. La locanda le era sembrata un buon punto per cominciare a chiedere informazioni.
Il proprietario aveva ringhiato qualcosa nella sua direzione, prima di tornare a passare lo strofinaccio sul tavolo.
"Cosa ci fa, una fata, qui?" era intervenuto un cacciatore, infagottato in una pelliccia di orso, puntandole il fucile al petto. Aveva parlato con lentezza, come se temesse che lei non riuscisse a comprendere la sua lingua.
"Non farò del male a nessuno." aveva replicato Arturya.
Qualcuno seduto all'angolo si alzò in piedi, trascinandosi dietro la sedia che emise uno scricchiolio fastidioso sul pavimento di legno.
Il cacciatore sputò ai suoi piedi e caricò alcuni colpi nel fucile. "Lo diceva anche quella vampira alla televisione e guarda che fine ha fatto New York."
"Sto cercando qualcuno." dichiarò, sforzandosi di mantenere un tono tranquillo.
"Tzé, per ucciderlo immagino. Qualcuno che ha ammazzato un tuo parente?" si informò ringhiando.
"Non sono quel tipo di fata."
"E io non sono quel tipo di uomo." fece ironico, portando una mano al grilletto dell'arma. "Questo fucile è caricato con proiettili in ferro, fatina." Il proprietario della locanda sogghignò e il cacciatore proseguì. "Nella tasca dei pantaloni invece tengo quelli d'argento per i succhiasangue."
"Straordinario." tagliò corto Arturya. "Ora però mi ascolti..."
"Come osi!" latrò il mortale, affondandole la canna del fucile nella carne. "Ancora non so chi sia peggio tra voi fate e i vampiri. Stai pur certa che ti manderò all'altro mondo e qualunque tipo di inferno-"
"Jens."
Un'ombra si mosse alle spalle del cacciatore e il vampiro le sorrise suadente, ignaro che il suo aspetto non suscitava in lei alcun turbamento.
"Portami dalla tua regina." disse lapidaria.
"Con piacere." fece l'altro, sorridendo lascivo.
"Lilith mi sta attendendo, vampiro. Non è un bene fare attendere la sposa di Lucifero quando devo riferirle notizie di suo figlio."
Il ghigno scomparve immediatamente dal volto dell'immortale e Arturya se ne compiacque.

 

"Ti ho cercato a lungo, Lilith." esordì Arturya, guardandosi attentamente attorno.
Si trovavano in una palestra e a gruppi di cinque, umani e vampiri si allenavano nel combattimento corpo a corpo. Altri erano concentrati nel tiro a segno con proiettili, frecce e pugnali.
L'aria era stagnante, pregna di sudore e Arturya si domandò come Lilith riuscisse a sopportare quel tanfo con l'olfatto più sviluppato del suo.
"Morwen non è la sola a potersi permettere un esercito." commentò la vampira.
"Questi umani..."
"È bastato che garantissi la mia protezione al loro paese e ora tutti i cittadini dell'Alaska sono arruolati nella causa contro Morwen." disse Lilith, senza sforzarsi di nascondere la sua soddisfazione. "Quella fata imparerà cosa significa prendersi gioco di me!" Aveva alzato notevolmente il tono di voce e alcuni umani avevano sobbalzato.
"Titania desidera che io prenda il suo posto..."
Lilith si osservò la limatura delle unghie. "Non vedo dove stia la novità."
Arturya sospirò. "Lilith..." Erano rare le volte che la chiamava per nome e la vampira la guardò sospettosa.
"C'è sangue sulla tua veste. Hai ucciso dei pixie mentre mi cercavi?" La fata annuì appena. "Hai ferito il tuo nobile animo... Ma quando si uccide si ha anche la possibilità di difendere ciò che più ci sta a cuore, lo sapevi Freya?"
Proteggere qualcosa... Ma lei cosa aveva protetto se non la sua stessa vita? Non c'era nulla di davvero prezioso nella sua esistenza, ciò faceva di lei una creatura egoista? Era esclusivamente egoistico il suo desiderio di non governare la Corte Seelie?
"Non sono qui per parlare di me o ascoltare qualche discorso filosofico." la informò Arturya. "Morwen si è spinta troppo oltre, deve essere fermata. Sono stata incaricata di... uccidere tuo figlio."
Sembrò che la temperatura fosse scesa all'improvviso, avvolgendole in un freddo polare. "Nessuno..." sibilò Lilith, ergendosi in piedi "...Può toccare mio figlio! Nessuno!" Il volto della vampira era livido di rabbia e sotto la pelle si intravedevano le vene scarlatte. "Riferisci a Titania che può tranquillamente continuare a marcire sul suo trono, mentre io mi occuperò di salvare questo mondo e mio figlio."
"Non puoi farcela da sola."
"Radunerò i Caduti." obiettò Lilith.
"I Caduti rispondono a Lucifero e ovunque lui sia al momento non può aiutarti." le fece notare Arturya.
"Cosa stai cercando di dirmi, Freya? Mi stai proponendo un'alleanza con la Corte Seelie?"
"Il nemico del tuo nemico è tuo amico." recitò la fata con finta arroganza.
"Non prenderti gioco di me!" la accusò Lilith. "Ho ucciso i membri della tua stirpe. Cosa non ti fa dubitare del fatto che potrei sbarazzarmi anche di te?"
L'espressione di Arturya si addolcì. "Non lo faresti mai, lo sappiamo entrambe."
"Non hai idea di ciò che potrebbe fare una madre ferita. Morwen ha in mano mio figlio." ricapitolò la vampira. "Titania sta morendo..."
Arturya si portò una mano sul petto, cercando di allontanare dalla mente le immagini della regina che si prendevano cura di una lei bambina.
"Gli umani sopravvissuti combattono tra loro per un pezzo di pane, i foliot stanano i vampiri alla luce del sole..."
Arturya espirò bruscamente. "Non puoi farcela da sola."
"...Neanche tu."

 

Il cadavere era lì, consumato dai segni del tempo. Titania giaceva su una pira funebre, avvolta da centinaia di fiori. Il profumo che emanavano era quasi nauseante, ma Arturya non pensava ad altro che alla regina, a ciò che la fata avrebbe voluto da lei. Era tornata nel Reame in fretta e furia non appena aveva saputo la notizia, lasciando che Lilith si occupasse del suo esercito di redivivi.
Shyn-Lu era al suo fianco, ma come qualsiasi altro fatato non aveva versato una lacrima.
Perfino Morwen aveva inviato dei fiori, rari quanto velenosi, e non appena gli aveva visti, Arturya li aveva bruciati esattamente come la regina Unseelie aveva fatto con New York.
Era stato Brandon, l'amante di Titania, a lasciare che la torcia cadesse sul corpo senza vita della fata. I canti funebri si erano susseguiti per due giorni, mentre nella valle dei fiumi i pixie avevano intonato i loro tristi quanto macabri lamenti.

Giace su rami di rovi,
la bella che Titania fu.
Brucia il fuoco i suoi capelli di rame,
mangia le ossa che il Reame creò
e divora la pelle che la luna sfiorò.
Giace su rami di rovi,
la bella che regina fu.

 

 Il Consiglio aveva preso in mano la situazione, ma i cavalieri Seelie erano stati restii nel seguire i loro ordini. La loro fedeltà rispondeva alla regina e il loro giuramento li vincolava alla sovrana non a consiglieri che si spartivano il dominio sul Reame.
"I miei cavalieri vi seguiranno, somma Arturya. Era questo il desiderio di Titania."
Brandon si era inchinato davanti a lei, alle sue spalle una trentina di fate fedeli e ben addestrate.
"Faremo giuramento." aveva aggiunto Brandon.
Arturya lo osservò con tristezza. Ricordava Brandon come la sua prima cotta giovanile, quando lo seguiva con gli occhi ogni volta che Titania giungeva da lei con le sue guardie. Al tempo la regina si era accorta di quei sentimenti e l'aveva presa da parte con un sorriso complice.
"È un fedele e ottimo amante, Arturya. Un giorno potrebbe essere tuo." le aveva detto.
"Non sono io la regina. Il vostro giuramento, capitano, non posso accettarlo. Il Consiglio deve riunirsi per decretare la nuova sovrana."
"Noi non rispondiamo al Consiglio, ma alla regina. Voi siete l'erede, voi siete la Corte!"
I cavalieri avevano acclamato il suo nome, ma Arturya aveva scosso la testa, guardando il panorama al di là delle arcate di pietra.

 

 Gli eserciti erano stati spiegati. Due schieramenti che percorrevano il Reame fin dove occhio poteva vedere. Gli stendardi delle Corti danzavano nel vento e ad Arturya l'erba non era mai sembrata tanto verde.
Le lance erano puntate in avanti e gli archi tesi. Tutte le creature del reame erano accorse per assistere al destino del loro mondo. C'erano, pixie, foliot e ifrit, ma c'erano anche kelpie e driadi.
Morwen era in piedi, le ali spiegate e un ghigno crudele, che ammirava compiaciuta la potenza del suo esercito. Era grande, molto più grande di quello della Corte Seelie e Arturya tremò.
Al fianco destro della regina, Cristavia giocava con una bambola, a quello sinistro, il figlio di Lilith scrutava la folla come un cane preso in trappola.
Il corno di battaglia venne suonato e l'eco si propagò in ogni angolo del Reame.
Lo scontro ebbe inizio...

 

 La valle del Reame si apriva davanti ai suoi occhi, in un baluginio di colori che il mondo umano non avrebbe mai posseduto. Il rumore delle cascate sembrava sovrastare quello dei due eserciti, che si fronteggiavano da una distanza considerevole. Le creature di quello che aveva di fronte erano basse, tozze e con sfumature azzurre, ma alle loro spalle ve n'erano altre dalla corporatura più simile a quella umana. Quest'ultime avevano denti aguzzi e artigli affilati e reggevano tra le mani armi di ferro, ma con impugnature di legno per fuggire a quell'elemento mortale al popolo fatato.
Arturya si ritrovò a voltare la testa alla sua destra, osservando la figura della vampira dalla lunga chioma argentea che stava organizzando la loro difesa.
Lilith ricambiò lo sguardo e...
Sorrise.

 

 Aveva sempre saputo che in un modo o nell'altro quel giorno sarebbe arrivato, ma Arturya non poteva fare a meno di osservare la scena davanti a lei come un'osservatrice passiva. Scattava in avanti, ruotava il busto, protendeva le mani...
Lei che era nata per donare la vita la stava togliendo.
Il pensiero che uccidere fosse tanto semplice la disturbò e le fece odiare Morwen più di quanto riuscisse ad ammettere.
Con un balzo superò la carcassa di un kelpie e sussurrò alle radici degli alberi affinché imprigionassero alcuni foliot.
Aveva perso di vista Lilith e Cristavia, ma non Morwen. La regina Unseelie era davanti a lei, splendida nell'abito tempestato di gemme. I capelli corvini dai riflessi violacei le cadevano morbidi sulle spalle e una corona di foglie d'oro le impreziosiva il capo.
Una freccia la mancò di pochi millimetri e Arturya approfittò di quel diversivo per gettarlesi addosso.
Erano rotolate per alcuni metri, attorcigliate come serpenti, e in quella lotta selvaggia e primordiale Morwen si era lasciata sfuggire dalle mani un orologio dorato.
"Il mondo reclama la tua morte." le parole erano uscite dalla bocca di Freya come la condanna che in realtà erano. Si erano alzate fronteggiandosi con occhi fiammeggianti di ira.
"Ho sentito parlare... di te, erede di spirito. Con Titania non condividevi una sola goccia di sangue... Oh, piangi?" l'aveva derisa Morwen senza alcuna pietà.
Arturya aveva alzato le mani accorgendosi che sì, effettivamente, stava piangendo e che le lacrime erano roventi come lapilli di lava. 
"Dieci anni e tu ancora la rimpiangi? Sei debole, naya na Pendragon.[1] Una fata corrotta da quelle esistenze umane di cui il mondo non ha alcun bisogno. Di cui non ha mai avuto bisogno."
"È nella mia... debolezza..." Arturya aveva esitato, soffocando a stento un singhiozzo "Tu giochi con le parole, Signora Unseelie, ma le parole generano spesso effetti imprevisti."
"Basta!" aveva esclamato Morwen, obbligandola a terra con il suo potere.

 

 E poi...
La terra aveva tremato e il cielo del Reame si era tinto di rosso, prima che il suono di un nuovo corno si abbattesse con furia sui due eserciti.
Le ali dorate degli angeli avevano invaso la visuale di Arturya che si era portata sgomenta una mano sul petto.
La situazione era precipitata in fretta, sempre più in fretta.
C'era stato un boato; un fragore simile a quello che avrebbero potuto generare mille fulmini se fossero precipitati contemporaneamente sulle terra.
E, infine, il Reame era collassato su se stesso. La valle dei cento fiumi era stata inghiottita dall'oscurità, le montagne si erano sbriciolate come torri di sabbia, le corti erano sprofondate negli abissi e tutto era... scomparso.
Arturya aveva sentito un vuoto all'altezza dello stomaco, poi gli occhi avevano messo a fuoco un nuovo panorama.
La terra era fangosa sotto le sue suole e uragani e tempeste scuotevano con furia il mondo mortale.
"Cosa avete fatto? Cosa avete fatto..." continuava a strillare Morwen, richiamando con frenesia l'attenzione di alcuni unseelie. "Dov'è Cristavia?" domandò a un certo punto, fiutando l'aria come un segugio sulle tracce della preda.
Una sferzata di acqua gelida colpì il viso di Arturya che girandosi di lato non poté che provare sollievo notando la figura slanciata di Lilith.
"Lilith, cosa hai fatto?" gracchiò Morwen, prendendo a pugni l'aria.
"Cosa ho fatto, io?" replicò la vampira. "A causa dei tuoi folli propositi di sterminio l'esercito celeste è sceso in guerra!" sibilò irata.
Arturya deglutì. "Il Reame è..."
"Distrutto a causa vostra!" dichiarò Morwen. "Perduto, perduto..." cantilenò con uno sguardo folle.
"Hai usato mio figlio!" esclamò Lilith, mostrando le zanne. "Ti distrugg-" E prima che potesse concludere le sue minacce, un angelo calò su di lei, trascinandola nel cielo plumbeo e carico di fulmini.

 

 
Alla fine si era ritrovata nuovamente a combattere contro Morwen e... l'aveva sconfitta. La regina Unseelie era ai suoi piedi, troppo stremata per combattere o chiedere aiuto.
"Tu non sarai mai una regina." aveva sillabato con lentezza la fata. "Manderai in rovina la nostra razza e di noi non resteranno altro che leggende."
"Morwen... Tu e solo tu sei stata la nostra rovina. Cosa vedi attorno a te se non distruzione? Sono lieta che Titania ci abbia lasciati prima che potesse assistere a tutto ciò."
Sopra di loro ad uno dei due angeli che stava combattendo contro Lilith era sfuggita la spada celeste, che era precipitata al suolo,
affondando nel terreno al fianco di Arturya.

Lei si avvicinò all'arma, ripensando a tutto il male che Morwen aveva causato. Quanti esseri umani o fate sarebbero sopravvissuti a quel cataclisma? In un breve lasso di tempo la regina della Corte Unseelie era stata capace di cancellare millenni di evoluzione.
Strinse le dita attorno all'elsa della spada, ignorando il dolore che quel gesto le provocava.
Morwen serrò gli occhi e le ali da farfalla ebbero uno spasmo.
"La Corte Seelie ha approvato la tua condanna a morte. I crimini di cui sei accusata... innumerevoli. La sentenza è irrevocabile e..." esitò un istante, sollevando di poco la lama da terra. "In assenza di altri pretendenti, sarà mio compito eseguire il volere del Consiglio."
Arturya alzò la spada, appoggiandola sul collo di Morwen che sibilò di dolore.
La regina espirò bruscamente e un fulmine squarciò il cielo. "Io ti maledico, naya na Pendragon. Ovunque andrai il mio spirito verrà con te e i miei sussurri ti perseguiteranno. Tu cadrai con me, falsa erede. Perderai il senno, mentre le voci malevole dei miei sudditi ti istigheranno a dare la morte anziché la vita."
Arturya avvertì un brivido di terrore, mentre la lama celeste affondava nella carne e la testa di Morwen ruzzolava come una palla di
biliardo giù per la collina, fino a sparire nelle acque scure del mare.

 

Attorno a lei sembrava svolgersi l'Apocalisse, che tanto era sussurrata dagli umani, ma Arturya sapeva che quella era solo la fine del mondo per come l'avevano conosciuto fino a quel momento. Davanti a lei la terra si plasmava come creta nelle mani di un artigiano. I continenti mutavano forma, montagne cadevano e sorgevano dal nulla, lava strisciava sulle pianure e ovunque gli umani non erano che formiche al cospetto di giganti. La loro tecnologia era impotente davanti alla furia di angeli, fate e vampiri.
Arturya non si domandò quanto tempo era passato: giorni, mesi, anni? La risposta non aveva importanza, perché ogni cosa aveva
mutato valore ai suoi occhi.

Le conseguenze di quel conflitto si erano ben presto rivelate ai suoi occhi. Alcuni esseri umani e animali si erano evoluti in... altro. L'eccessiva esposizione al potere scatenato dalle tre stirpi li aveva mutati, rendendo gli animali più simili agli umani e conferendo agli uomini abilità bestiali.
"Stanno cambiando, Somma Arturya. Non potete fare nulla per impedirlo."
"Il mio sangue..."
"Avete tentato, ma le mutazioni sono irreversibili. Gli effetti benefici del vostro sangue sono momentanei."
"Non sopporto di assistere a questo sfacelo."
"Consideratela come una... evoluzione."
"È innaturale. Queste alterazioni sono innaturali. Gli umani non sopravvivranno se continueranno a rimanere esposti ad una tale radiazione di... Potere."
"Si adatteranno. L'hanno sempre fatto."
"Ma non le fate, vuoi dirmi. Le fate non si adatteranno, non come gli umani."
"Ci estingueremo, Somma Arturya, sì. Lentamente, certo, ma scompariremo. La debolezza tra le due Corti è solo il principio. Spetta a voi trovare una soluzione. Siete rimasta solo voi. Titania, lei avrebbe voluto così."


E mentre il mondo cambiava aspetto, le Ombre avevano cominciato a parlare, a sussurrarle spietate la sua incapacità di guidare le fate Seelie sopravvissute alla Prima Guerra Celeste.
"Hai lasciato che Shyn-Lu morisse. L'hai abbandonata alla furia degli umani."
"Assassina."
"Dov'è finito, Brandon lo Splendente?"
"Inutile... Non hai fatto nulla."
"Cos'è questo sentimento, naya na Pendragon? Disperazione?"

 

 
"Ombre?"
"Sì, Ombre che si muovono, che mi parlano persino."
"Stai impazzendo, Freya?" la voce di Lilith aveva una sfumatura preoccupata.
"..."
"Un mondo fatto di Ombre... Non comprendo, Freya."
"Limbo." aveva risposto Arturya, con lo sguardo assente. "Quel mondo di nebbia e Ombre... L'ho chiamato così: Limbo."
"Limbo." l'eco di quella parola si era propagato per tutta la sala. "Stai dando un nome alle tue paranoie." l'accusò la vampira con un ringhio di rabbia. "Questo non porterà nulla di positivo."

 

 
Quando era stato che aveva cominciato a nutrirsi di sangue umano come... Morwen?
La sua mente stava perdendo lucidità ed era terrorizzata all'idea di smarrire per sempre se stessa. Stava diventando una belva e non poteva fare nulla per fermare quel processo autodistruttivo.
"Le maledizioni sono stratagemmi insidiosi, difficile dire come spezzarle."
"Sono perduta, quindi." aveva replicato Arturya, inghiottendo bile.

 

Alla fine... non le era rimasta che una sola scelta e si era recata da Lilith.
"Devi aiutarmi." aveva esordito Arturya, portandosi le mani alla testa.
La vampira era rimasta in silenzio e la fata aveva osservato l'imponente figura di Lucifero, seduto alle sue spalle.
"Morwen sta prendendo il sopravvento sulla mia mente. Preferisco morire che lasciarmi manovrare a suo piacimento. Lilith..."
"Non ho intenzione di ucciderti." era stata la risposta.
"Preferisci condannarmi ad un destino ben più crudele?" domandò Arturya, incredula e ferita per quel comportamento.
"Non ho detto questo. Ho detto che non ti ucciderò."
Lucifero era scomparso e Lilith le si era avvicinata, tendendole una mano. "Canterò per te, Freya. Quando ti risveglierai non ricorderai più nulla. Nemmeno Morwen ricorderà."
Lei si era aggrappata a quella promessa come un animale avrebbe fatto con la propria preda e si era affidata totalmente a Lilith.

 

 

Qualcosa era andato storto però. Morwen aveva preso il sopravvento su Arturya e aveva ingaggiato una lotta con Lilith.
Poi...I poteri combinati di entrambe avevano dato il via ad una serie di eventi imprevisti e Arturya si era ritrovata imprigionata in una lastra di ambra.
Aveva perso la memoria e si era addormentata per molto, molto, tempo.

 

***

Si era risvegliata, sola, in quel laboratorio freddo e umido. Era stata sottoposta dagli umani ad esperimenti spossanti e inutili che
l'avevano solo confusa ulteriormente, annebbiata com'era da farmaci e droghe.

"Freiia. Freja. Frejia."
"No, ti dico che il nome giusto è Freya."
Aveva ritrovato il suo nome.
No, non era esatto, aveva ricevuto un nuovo nome, il nome che Lilith amava, e aveva cominciato una nuova vita. Una vita da umana...
E nuovamente, aveva dimenticato qualcosa di importante. I ricordi di quanto gli avevano fatto gli alchimisti... Cosa era accaduto in quei sotterranei?
Aveva ricominciato a vivere, come figlia e come Guaritrice, ma la città di Shang era stata anche il suo preludio alla fine.
Aveva distorto i suoi ricordi di Lilith; rimanendo con memorie false e incomplete. No, Morwen, l'altra Freya, li aveva distorti e l'aveva convinta che le colpe ricadessero sulla vampira.
Poi era comparso Michele, uno di quegli angeli che avevano contribuito alla disfatta del Reame e che Morwen odiava.
Freya si rese conto che la storia si stava ripetendo.
Tutto ciò che aveva provato era... falso, di nuovo.

 

 




Capitolo betato da: Jales


Vi ricordo: -Il prequel dedicato a Sebastian che potete trovare qui: Soul Hunter
-La raccolta realizzata da Jales su vari personaggi di CS: De Vita
-Il mio account Ask se volete pormi qualche domanda: Qui
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[1] Naya na Pendragon: letteralmente figlia nata Pendragon, più corretto figlia dei Pendragon. Appellativo che, per quanto ne so, non dovrebbe derivare da nessuna lingua corrente xD

 

Note: E quindi eccoci, ora conoscete a grandi linee la storia di Freya, ma come dice lei stessa è una storia incompleta e distorta ù_ù
Nel prossimo tornerà Sebastian in tutta la sua gloria (?)
Concludo dicendo che detesto da morire il caldo e l’estate. Vivrei perfettamente anche con sole 3 stagioni LOL
Spero che via piaciuto<3
By Cleo^.^



 



 

   
 
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