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Autore: Raella    08/08/2013    6 recensioni
Enara è una ragazza qualunque, destinata ad avere l'anima perpetuamente in tempesta. Certo, se sorvoliamo sul fatto che per sopravvivere ruba e talvolta uccide. Non che ne vada fiera, ma la vita a volte va così. Eppure, per azione del Caso, o del Fato, o di che so io, un giorno si è scontrata con una compagnia che conosciamo molto bene, composta da tredici nani, uno hobbit ed uno stregone. Insomma, Enara si è trovata tutto d'un tratto coinvolta in una storia mille volte più grande di lei: la riconquista della Montagna Solitaria.
Capitolo 1: Pertanto rimase lì, legata ed imbavagliata, puzzolente, con un bernoccolo sanguinante in testa, a guardare i nani, lo hobbit e lo stregone banchettare allegramente circondati dal suo tesoro. Sospirò. Il karma aveva colpito.
Capitolo 5: Fu allora che qualcosa scattò in lei, e nacque la sua nuova verità. Era come una voce, che semplicemente le diceva “corri”, e lei completava quel sussurro dentro di sé con “più veloce che posso e per sempre”. Correva per fuggire una casa che non poteva più essere la sua, correva per non permettersi di osservare il mondo attorno a sé, di registrarlo, di capirlo.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una piccola noticina per scusarmi del ritardo con cui pubblico il capitolo :( spero non me ne vogliate troppo!
Buona lettura!

Davanti a noi i nemici e dietro lo spavento,
il nostro letto sarà sotto il cielo e nel vento,
fino al giorno in cui con la stanchezza in volto,
il viaggio sarà finito, ed il compito svolto.

 
Dobbiamo andare, dobbiamo andare!
Prima che l'alba incominci a spuntare! 

13 - 14 Lairë, anno 2941, terza era
 

Era calata la notte e la luna aveva già compiuto metà del suo percorso nel cielo buio quando Enara e Bilbo erano infine stati riammessi alla presenza dei Nani e di Thorin. Alcuni erano ancora scuri in volto, soprattutto quest’ultimo, ma nessuno riprese la discussione per cui la donna e lo hobbit erano stati cacciati dalla stanza. In tutto il tempo che avevano passato chiusi fuori, i due erano gradualmente giunti alla conclusione che avevano rischiato molto grosso, e che dovevano ringraziare non-sapevano-bene-chi perché Thorin aveva deciso di toglierseli di torno piuttosto che fare delle loro teste una macedonia. Pertanto, entrarono, tenendo gli occhi bassi, per quanto loro possibile vista l’irruenza e la curiosità che caratterizzavano i loro caratteri. La vergogna che provavano, però, era in realtà dovuta in gran parte al fatto che, quando Thorin in persona aveva riaperto la porta della stanza, Enara e Bilbo stavano origliando: l’uno cercava di sbirciare dalla serratura e l’altra era riuscita a procurarsi – solo lei sa dove – un bicchiere con il quale tentava di sentire qualcosa, qualsiasi cosa. Erano riusciti a rendersi anche solo lontanamente innocenti – almeno all’apparenza – nel battito di cuore di preavviso che Thorin aveva dato loro. Egli, infatti, era al di fuori del ristretto campo visivo di Bilbo che pertanto lo vide solo quando questi aveva già la mano sulla maniglia. Con uno strillo acuto Bilbo si era gettato nei cespugli ed Enara, per liberarsi del bicchiere, gliel’aveva lanciato dritto in testa, prima di nascondersi dietro una colonna dalla quale spuntava per tre quarti. Thorin li aveva guardati male, lo hobbit che si massaggiava la testa e la donna con un falsissimo sorriso a trentadue denti stampato sul viso, ma non aveva trovato nessun pretesto evidente per lasciarli fuori e quindi era stato costretto a farli entrare.
Sedendosi sulle due uniche sedie libere, Enara e Bilbo si scambiarono uno sguardo. Mentre loro erano fuori era, infatti, entrato Gandalf e i due avevano avuto modo di sentire chiaramente lo stregone litigare a gran voce con Thorin. L’Istar stava fumando forsennatamente, aspirando ed espirando a grandissima velocità. La stanza era piena di fumo e i Nani avevano leggermente l’odore di polli abbrustoliti.
Gandalf e Thorin si scambiarono uno sguardo di fuoco:
« Per l’ultima volta, dannato stregone, le nostre faccende non sono affari degli Elfi. » fece il Nano con un tono pieno d’ira che fece rabbrividire Bilbo
« Per tutti i fulmini, Thorin! » sbottò, invece, Gandalf balzando in piedi « Mostragli la mappa! »
« È il lascito del mio popolo. Ho tutti i diritti di tenerlo lontano dagli artigli di quei dannati Elfi! È mia da proteggere, e questo sovrano degli Elfi non l’avrà mai, dovesse passare sul mio cadavere! » esclamò alzandosi in piedi a sua volta
« Salvatemi dalla cocciutaggine dei Nani! » borbottò lo stregone tirando un’altra volta dalla pipa « Il tuo orgoglio sarà la rovina del tuo popolo, Thorin! Elrond è uno dei pochi nella Terra di Mezzo che sa leggere la mappa: mostragliela! »
Tutti gli occhi erano puntati sul Nano.
« Se dovessi andare io ad affrontare un drago, preferirei essere informata. Così, potrebbe farmi comodo sapere se sulla mappa c’è scritto che i draghi proliferano più dei conigli. Per non diventare un arrosto nel giro di un attimo, ecco. » s’intromise Enara, attirandosi occhiatacce da tutti, tranne che da Gandalf, che le indirizzò una sorta di ghigno che la donna non fu in grado di decifrare
« E tu cosa ne sai del drago? » fece Dwalin
« Io… ecco… »
« Ha origliato. » esclamò Bilbo, che meditava vendetta per il bernoccolo.
Enara si voltò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo, per poi voltarsi di nuovo verso i Nani. Fece spallucce:
« Diciamo che in pratica stavate urlando… non è che io abbia fatto poi molto per sentirvi... »
Thorin tirò un lungo sospiro, pensando cos’aveva fatto di male al Fato per meritarsi una piantagrane del genere fra capo e collo. Tutti gli occhi si puntarono nuovamente su di lui. Non ebbe scelta.

 

-

 

Gandalf e Thorin raggiunsero Elrond in un chiosco aperto su due lati, illuminato dalla sola luce della luna. Avevano portato con sé Bilbo ed Enara: l’uno perché era stato impossibile da convincere a restare con i Nani, e l’altra, beh, forse perché qualcuno doveva pur giustificare la presenza dei Merli a Granburrone, e chi poteva farlo meglio di lei? Per prima cosa, infatti, l’Elfo volle conoscere ogni dettaglio, ma era come se qualcosa avesse sussurrato all’orecchio della donna di avere cautela, ed ella glissò su molti degli aspetti principali – attirandosi un’occhiataccia da Thorin e uno sguardo stranito da Bilbo. Elrond era palesemente rimasto insoddisfatto dalle spiegazioni della donna, ma non volle insistere oltre.
L’Elfo le tese le due maschere ed Enara esitò a lungo prima di prenderle in mano. Le voltò e lesse i nomi incisi all’interno di esse. Tirò un sospiro di sollievo quando realizzò di non aver conosciuto i due Merli.
« Cosa… cosa ne avete fatto dei corpi? » chiese in un sussurro
« Sono stati portati via. » rispose laconicamente Elrond
Thorin si fece avanti e tese a malincuore la mappa all’Elfo, ed Enara notò che, mentre Elrond la analizzava, al Nano tremavano così forte le mani che fu costretto a nasconderle dietro la schiena per non tradire il nervosismo. La luna brillava in una larga falce d’argento, era la notte di Ferragosto e il silenzio era assoluto.
« Ci sono delle lettere lunari, qui accanto alle rune visibili. » sussurrò infine Elrond, dopo una pausa che parve infinita
« Lettere lunari? » fece Bilbo
« Sono rune. Invisibili, se le si guarda direttamente. Leggibili solo quando la luna brilla dietro di esse. » disse l’Elfo voltandosi verso Thorin « Ma ciò che conta di più è che la luna deve trovarsi nella stessa fase e nella stessa stagione di quando le lettere furono scritte. »
Enara alzò lo sguardo verso la luna e le parve quasi di vederla ammiccare. Com’è possibile che la mappa sia capitata proprio oggi nelle mani dell’unico in grado di riconoscere le lettere lunari?, si chiese la donna. Non credeva nel Fato, nemmeno nel Caso, ma forse avrebbe dovuto farlo.
« Che cosa dicono? » domandò Thorin, con il tono di uno che cercava di celare invano il proprio nervosismo
« “Sta’ vicino alla pietra grigia quando picchia il tordo e l’ultima luce del sole che tramonta nel Giorno di Durin splenderà sul buco della serratura” » lesse Elrond
Enara sbuffò d’impazienza ed irrisione e disse con tono beffardo:
« Grandioso! Peccato che sia impossibile indovinare quando ci sarà un giorno simile! »
« Impossibile? » domandò Bilbo, con la fastidiosa sensazione di essere diventato un po’ tardo
« La ragazza ha ragione. » rispose Thorin, con tono grave « Il Giorno di Durin è il Capodanno dell’Anno Nuovo dei Nani, è il primo giorno dell’ultima luna d’autunno alle soglie dell’inverno, è quando l’ultima luna d’autunno e il sole stanno insieme nel cielo. » fece un sospiro «Non siamo in grado di sapere quando sarà il giorno di Durin. »
« Questo è ancora da vedere. » concluse Gandalf, con un tono che non lasciava a presagire nulla di buono
« Il Fato è con te, Thorin Scudodiquercia. » fece Elrond, restituendogli la mappa
« Il Fato sì, ma contrario. L’estate sta passando, l’inverno incombe e ancora non sappiamo dove si trovi l’entrata. »
« Dovremo essere al momento giusto nel posto giusto, senza sapere né qual è il momento né qual è il posto. » esclamò Enara « Cosa c’è di più facile? »

 

-

La notte era ancora giovane quando i Nani si riunirono. Gandalf non era con loro. Confabularono un po’ e poi iniziarono a impacchettare provviste ed abiti forniti loro dagli Elfi. Enara rimase un attimo a guardarli e poi si schiarì la voce:
« Posso venire con voi? »
Thorin la guardò. Era una piantagrane, non c’era altro da dire. Una piantagrane, ciarlona e ficcanaso. Una persona di cui diffidare. Eppure c’era qualcosa che gli diceva di fidarsi, almeno momentaneamente, di lei. Due mani in più in grado di combattere fanno sempre comodo, diceva fra sé e sé. E se proprio lo hobbit risulta essere un’incapace, e noi ci trovassimo in difficoltà
« Verrai… » fece infine « …ma ad una condizione. »
Enara spense immediatamente il sorriso che le era sorso spontaneo sulle labbra. Nella sua mente “condizione” corrispondeva a “regola”, e lei era brava solo ad infrangerle, le regole. Soprattutto quelle fastidiose. E dal tono del Nano quella si preannunciava molto fastidiosa.
« Gandalf ed Elrond si sono ritirati. Voglio che tu sappia cosa stanno tramando. » fece « All’alba saremo alla roccia a forma di aquila che abbiamo incontrato prima del cancello di Granburrone. Se alle prime luci del sole non sarai lì, con delle informazioni, partiremo senza di te. » concluse, sottolineando aspramente la parola “informazioni”.
Dannato Nano, che ti bruci la barba e ti cadano i capelli.
Che ti venga quella dannata testa più pelata del culo di un bebè.

 

-

Enara non perse (troppo) tempo ad imprecare contro Thorin. Si precipitò fuori dalla porta e raggiunse la sua camera percorrendo a rotta di collo gli stretti corridoi di Granburrone. Spalancò la porta e trattenne a stento un urlo.
« Cosa ci fai tu qui? » esclamò
« Ti aiuto, che altro? » fece Serie, senza smettere di impacchettare le cose di Enara
« Frena il cavallo, dolcezza! » disse Enara costringendo l’Elfa a voltarsi verso di lei « E perché mai dovresti aiutarmi? »
Serie la fissò a lungo in silenzio. Infine parlò:
« In un tempo ormai lontano, una mia cara amica mi predisse che un giorno avrei aiutato una persona a compiere il proprio destino, che avrei dato a questa persona quell’aiuto senza il quale la sua vita sarebbe stata rovinata. » disse prendendole le mani nelle sue « Non mi disse niente della persona che avrei aiutato, ma fece la cosa giusta perché da quel giorno sono stata in grado di aiutare chiunque fosse bisognoso, senza aspettarmi nulla in cambio, rallegrandomi del semplice fatto che la persona che stavo aiutando in quel momento poteva essere quella di cui mi era stato predetto, e col tempo compresi che, anche se non lo era, cambiava ben poco. » Serie s’interruppe un attimo, prima di riprendere: « Forse sei tu quella persona, forse non lo sei. Non è questo che importa. Con il mio aiuto potrai forse cambiare il tuo destino, e, dunque, cosa mi costa aiutarti? L’unico beneficio di cui godo, e di cui voglio godere, è l’aver compiuto un beneficio. » sospirò prima di continuare «Non cercare alcun secondo fine nelle mie azioni, perché non c’è. »
Enara boccheggiò, in cerca delle parole giuste da dire. Infine chinò il capo, e si scusò.
Insieme prepararono due sacche con abiti puliti e altri oggetti di prima necessità. Gli Elfi avevano buttato gli abiti che Enara indossava quando era giunta a Granburrone, e di questo Serie si scusò molto, ma per la donna non significavano niente. In compenso, l’Elfa le diede degli altri abiti da viaggio, che sembravano cuciti apposta per il suo corpo. Sentì un colpo al cuore nel vederli, perché le ricordarono incredibilmente… Non ci provare!, disse Enara a sé stessa, per evitare di ricadere nel vortice di ricordi.
Indossò un morbido paio di pantaloni neri, attillati ma non stretti, che non provocavano il minimo rumore di sfregamento. Serie la aiutò ad indossare una maglia di lino leggero, rosso cremisi, sopra cui le fece indossare un corpetto nero, di cuoio duro, nel quale erano cucite quattro tasche, due per lato, in grado di contenere dei coltelli da lancio. Enara si fece scivolare a lungo tra le mani la cintura di seta cremisi, con una taschina per gli aghi piumati e il boccettino di veleno, ed indugiò prima di allacciarsela in vita. Essa nascondeva un’altra cintura, leggera e funzionale, con le daghe. Indossò un paio di guanti di cuoio nero, che fu costretta a risvoltare prima del gomito, per stare più comoda. Infine indossò gli stivali neri che aveva trovato appena sveglia accanto al suo letto. Quando pensava che avessero finito, Serie le allacciò ancora un mantello nero, lungo fino alle caviglie, dotato di spalline protettive in acciaio.
Enara infilò i sue due pugnali lunghi negli stivali e poi si guardò allo specchio. Non fu in grado di indugiare troppo a lungo nel contemplare la sua immagine, perché essa le ricordava dolorosi tempi passati.
Si voltò verso Serie, che con un sorriso sulle labbra le tese le sacche, dentro le quali Enara era riuscita ad infilare le maschere dei Merli.
« Amin estela ta nauva anlema. Aa’ i’sul nora lanne’lle. » le disse l’Elfa, stringendole una mano con commozione (1) 
« Possa la tua lama mai giacere in terra. » le rispose Enara « Vanya sulie. » (2)
« Namaarie. » (3)
La donna si voltò ed uscì dalla camera. Si era già quasi chiusa la porta alle spalle, quando sentì Serie sussurrare: «Se per caso stessi cercando Mithrandir, forse ti farebbe comodo seguire il corridoio degli affreschi fino ad una lunga scalinata di marmo bianco. In cima ad essa, forse, troverai ciò che vai cercando. »
Enara si incamminò con un sorriso sulle labbra.
 
La donna lanciò uno sguardo alla luna. Non era mai stata brava a capire che ora fosse guardando gli astri, e ciò si era rivelato un problema già più di una volta. Per esempio quando si era ritrovata un’armata di Nani fuori dalla grotta dei Vagabondi. In ogni caso non aveva molto tempo quella notte, questo era evidente anche a lei. Percorse a rotta di collo il corridoio che Serie le aveva indicato, saltando le rampe di scale in discesa e salendo gli scalini a due a due. Arrivata alla scalinata di marmo tirò un sospiro.
Essa portava ad un chiosco sopraelevato dal quale si potevano vedere tutti i dintorni di Granburrone. Nel silenzio della notte Enara riuscì a percepire diverse voci provenire dall’alto, pertanto decise di prendere delle precauzioni. Invece di salire la scalinata, balzò il basso muretto che delimitava il giardino fiorito tutt’attorno e si spostò sul lato est del chiosco. Da quel lato scendeva una cascata, ma quello che le importava era la parete di roccia. Gettò a terra le sacche ed iniziò la scalata con qualche problema, ma senza procurarsi troppo graffi riuscì ad arrivare in cima in breve tempo. Si sedette in una rientranza poco sotto il bordo del chiosco ed iniziò ad origliare.
« Cos’è quello? » sentì dire. La voce era senza dubbio quella di Elrond.
« Una reliquia di Mordor. » disse una donna, probabilmente un’Elfa. Aveva un tono strano, ed Enara rabbrividì senza sapere bene il perché.
Calò il silenzio e la donna si arrischiò a dare un’occhiata. Nel chiosco c’era un tavolo, al quale erano seduti Gandalf ed un uomo dai lunghi capelli bianchi che dava le spalle ad Enara. Chino sul tavolo c’era Elrond, che apriva con cautela un panno, a rivelare il pugnale che lo stregone rimbambito aveva dato a Gandalf poco prima che gli Orchi li attaccassero. Dietro quest’ultimo c’era un’Elfa, dai lunghi capelli biondi e dalla pelle diafana. Enara si sentì morire quando si rese conto che, chiunque ella fosse, l’aveva vista.
Ad interrompere il loro contatto visivo fu Elrond, che disse:
« Una lama morgul. »
« Fatta per il Re degli Stregoni di Angmar e… sepolta con lui. » disse l’Elfa, avvicinandosi al tavolo « Quando Angmar cadde, gli Uomini del Nord sigillarono il suo corpo e quanto lui possedeva nella profondità della roccia, in una tomba così oscura che non sarebbe mai venuta alla luce. »
Enara si risistemò nella rientranza, avendo visto tutto quello di interessante che c’era da vedere. Una lama morgul?, si chiese, Per quale motivo Radagast il Cretino avrebbe dovuto dare a Gandalf un pugnale del genere? Dove l’ha trovato?
« Questo non è possibile. » stava dicendo nel frattempo Elrond « Un potente incantesimo grava su quelle tombe. Non possono essere aperte. »
« Quali prove abbiamo che questa arma provenga dalla tomba di Angmar? » fece la voce della quarta persona presente sul chiosco. Ad Enara ricordò il sibilo di un serpente e si chiese chi fosse per potersi permettere di usare quel tono palesemente canzonatorio. Nemmeno lei avrebbe osato!
« Non ne ho alcuna. » fu costretto ad ammettere Gandalf
« Perché non ne esiste alcuna. » fu pronto a ribattere il serpente, come se sapesse già in partenza cosa avrebbe detto lo stregone « Esaminiamo ciò che sappiamo. » continuò ed Enara allungò le orecchie, nella speranza di capirci finalmente qualcosa « Un singolo branco di Orchi ha osato attraversare il Bruinen. » E stai cercando di convincermi che sarebbe una cosa da poco? « Una daga di un’era passata è stata trovata… » …da un cretino, questo te lo concedo. « … uno stregone umano che si fa chiamare il Negromante ha preso residenza in una fortezza in rovina. » Tanto piacere. « Due assassini si intrufolano in modo fortuito a Granburrone, per uccidere un’inutile compagnia di Nani.» Fortuito sarà stato il tuo parto, dannato imbecille! « Non è molto, dopotutto. » tacque per un attimo « La domanda di questa compagnia di Nani, tuttavia, mi turba profondamente. Non sono convinto, Gandalf. Non mi sento di poter incoraggiare una tale impresa. »
In quel momento Enara si rese conto che l’Elfa era esattamente sopra di lei. Alzando lo sguardo, incontrò il suo per un attimo infinito.
Se ne vanno. ” sentì la donna nella propria testa. Ci mise un attimo a rendersi conto che la voce era quella dell’Elfa che in qualche modo le era penetrata nella mente. La guardò a lungo, prima di realizzare il significato della sua frase. Enara si voltò verso l’orizzonte e vide che il sole iniziava a fare capolino fra le montagne. Imprecò e lanciò un ultimo sguardo all’Elfa, prima di lasciarsi cadere a terra, rotolando sulla morbida erba. Raccolse le sue sacche da terra e corse all’inizio della scalinata, andando a sbattere contro lo stesso Elfo che li aveva accolti a Granburrone in assenza di Elrond. Si guardarono per qualche secondo, poi Enara si rialzò e schizzò via a tutta velocità, sapendo a questo punto che gli Elfi avevano poche ragioni per permettere ai Nani e a Bilbo – e a lei – di andarsene indisturbati e molte per trattenerli lì. Ripercorse il corridoio indicatole da Serie. Gli arazzi le apparivano come delle macchie di colore senza senso, tanto andava veloce.
Con un balzo felino, saltò a piè pari la scalinata che portava alla piazza del cancello d’entrata ed imprecò quando lo vide chiuso e sorvegliato. Con ben poca nonchalance – aveva infatti notato che le guardie della porta le stavano venendo incontro – corse fra di esse e saltò al massimo delle sue possibilità, aggrappandosi ad una sporgenza a metà del muro accanto alla cancellata. Iniziò a salire, mentre le guardie sotto di lei accorrevano per tirarla giù. Mollò una pedata in faccia ad un Elfo che l’aveva agguantata per la caviglia e riuscì a darsi lo slanciò per raggiungere il camminamento in cima al muro. Davanti a lei stava un altro Elfo, di cui riuscì ad evitare il fendente. Lo buttò a terra con una spallata e con una pernacchia balzò sulla strada di pietre fuori dal cancello.
In men che non si dica fu alla roccia a forma di aquila, ma come immaginava i Nani non erano già più lì. Imprecò, molto, e ad alta voce. Poi pensò di guardarsi attorno. Perché Thorin ha scelto questo luogo come ritrovo?, si chiese, mentre setacciava con lo sguardo attorno a sé. Il cancello di Granburrone era appena nascosto dietro una macchia di alberi, ma non troppo lontano. La strada lastricata non aveva niente di strano, ed era delimitata da un basso muretto. Tirò un calcio all’aquila, che – com’era ovvio – non si mosse. Mentre saltellava su un solo piede dal dolore, notò che dietro la roccia intagliata c’erano delle orme. Era sempre stata molto brava a trovare e seguire delle tracce, e quando vide le orme di un paio di grossi piedi da hobbit non ci pensò un’altra volta e si buttò a capofitto nel bosco. Con la schiena china come un gobbo, Enara seguì le orme in un percorso intricato e rischiando più di una volta di perdere le tracce nella semioscurità della boscaglia. Infine, dopo un tempo che le parve infinito, sbucò in una radura. Davanti a lei si ergeva l’enorme parete di una delle montagne che circondavano Granburrone, e, quasi invisibile dal basso, vide uno stretto percorso che portava in alto, verso le vette.
All’inizio ebbe qualche difficoltà, perché era stanca ed era costretta a camminare con la schiena attaccata alla parete della montagna, tanto il camminamento era stretto. Spesso rischiò di scivolare, ma man mano che procedeva il percorso diventava sempre più largo.
Svoltando un angolo stretto andò a sbattere contro Dwalin, sbilanciandosi di conseguenza oltre il bordo. Il Nano la prese per la vita, tirandola su davanti a sé. Enara guardò i Nani con un sorriso sornione e poi disse:
« Che coincidenza, anche voi qui? »




(1) "Che le foglie del tuo albero della vita possano non appassire mai. Possano le tue strade essere verdi ed il vento accompagnarti."
(2) "Addio."
(3) "Addio/Buonanotte."
Almeno, questo è il loro significato nel mio intento .-. vi prego di avvertirmi se le traduzioni sono sbagliate!


NDA
No, non sono morta! O meglio, sono morta e risorta ;) finalmente ho finito il Liceo!
Scusatemi tantissimo per il ritardo, ma da quando sono finiti gli esami non sono stata un attimo a casa (viaggio di maturità a Formentera teheh). Finalmente però ho trovato il tempo di pubblicare, e spero di essermi fatta perdonare con il capitolo più lungo che io abbia scritto fino ad ora (: in realtà non mi convince molto, fatemi sapere cosa ne pensate.
Per ragioni narrative, mi sono trovata con il calendario un po' sballato, nel senso che nel capitolo la notte di Ferragosto (durante la quale si possono leggere le rune lunari della mappa) è quella tra il 13 e il 14 del mese di Lairë, mentre ne "Lo Hobbit" (siccome i Nani si fermano circa un mese a Granburrone) essa è il primo Lithe, ovvero quasi venti giorni dopo. Il problema si è presentato perché ho pensato che Thorin non avesse molta voglia di stare a Granburrone, ed ecco che se ne va venti giorni prima di quanto non faccia nel libro :P il film è un caso a parte -.- della serie che più cul... fortuna di così non potevano avere.
In questo capitolo ho seguito un po' il libro ed un po' il film, spero che non sia venuto fuori un pasticcio e che sia chiaro (:
La poesia all'inizio è il canto d'addio di Merry e Pipino.

Alla prossima! (:
(che sarà molto presto visto che NON HO COMPITI!)


PS
Non so se avete notato, ma nella descrizione della storia ci sono delle frasi prese un po' a caso dai capitoli... siccome sono le stesse da qualche tempo, volevo proporvi di suggerirmi le vostre preferite (se ne avete)!
E sì, complimenti a chi ha indovinato: il bambino dello scorso capitolo era proprio Aragorn :P

  
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