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Autore: CreAttiva    09/08/2013    1 recensioni
Runne è una bambina di undici anni dal temperamento ribelle, lunghe orecchie ripiegate sui capelli dorati e un paio di enigmatici occhi rossi. Occhi che sollevano domande alle quali non sa rispondere; perché sono gli stessi di suo padre, di cui non sa praticamente nulla.
Ma Runne guarda al futuro, e insegue il suo sogno di diventare una guerriera per combattere il famigerato Endrun, spietato re del Mondo dell'Avvento. Ancora non sa quanto il suo passato e il suo destino siano intrecciati alla sete di potere del tiranno.
La sua vita e quelle di tutto il mondo dipendono dalle scelte di Runne; e quelle più giuste per il bene comune potrebbero richiedere dolorosi sacrifici.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
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2 - Un nuovo amico

Rumori nella Foresta


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Passarono i giorni. Né lei, né la mamma avevano più parlato di suo padre. Perfino Daeb aveva evitato l’argomento. Anche se il suo atteggiamento scherzoso non tardò a riaffiorare.

Ora Daeb giocava assieme al gruppetto di ragazzini (Pylon compreso) e spesso era lui a inventarsi divertenti trappole per il “nemico”, ossia altri bambini o il signor Koremore, il vecchio contadino brontolone. Una mattina, mentre giocavano l’ennesimo tiro a quest’ultimo, Runne si isolò inconsciamente dal resto del gruppo. Appena passato il granoturco, si smarrì nell’incolta erba alta. Le risate dei bambini riecheggiavano lontane, seguite dall’urlo iracondo del vecchio. Runne guardò davanti a sé: i campi del signor Koremore terminavano esattamente tre metri e mezzo prima del limitare della selva della Foresta Dipinta. Runne uscì dall’erba alta e si avvicinò alla boscaglia. WOM! Un fruscio dentro la foresta. Era stato un suono quasi impercettibile, ma non era sfuggito alle orecchie di Runne.

«Chi è là?» domandò di scatto. Non ricevette risposta. La Foresta Dipinta rimase immobile e silenziosa. Forse se l’era immaginato... avvertì un movimento alle proprie spalle. Agì d’istinto. Senza rendersene conto si ritrovò a stritolare Daeb, puntandogli contro la spada di legno.

«Una vera guerriera!» disse il sinhilare con voce strozzata.

Runne lo lasciò andare. «Scusa.» Scrutò la foresta: niente. Legò con un lacciuolo la spada alla vita e seguì rapida Daeb, prima che li trovasse il signor Koremore.



Quel pomeriggio Runne si sdraiò sul letto a ripensare a cosa poteva aver udito nella Foresta Dipinta. Cercò di scacciare quel ricordo e le venne in mente suo padre. Le sarebbe piaciuto vederlo un’ultima volta. Vedere il suo viso, sentire la sua voce. Ma non lo avrebbe mai conosciuto. Di lui aveva solo il vago ricordo di un paio di occhi di un rosso luminoso. Si rese conto che sua madre non le aveva neanche detto il suo nome. Chissà come si chiamava... non lo avrebbe chiesto a Judith. Per quanto le premesse colmare quella curiosità, si era promessa di non parlarne più.

La voce della mamma giunse dal pianterreno:«Runne! È arrivato Kail!»

La bambina fece un movimento brusco, perse l’equilibrio e cozzò sul pavimento «Ahi!»

Kail bussò:«Si può?»

Runne si rimise in piedi e cercò di aggiustarsi i capelli scompigliati dalla scivolata prima di aprire la porta. «Ciao!»

«Ciao! Come sei...» il ragazzo si soffermò sull’abito di Runne «...elegante!» Era raro vederla vestita da donna. Gli occhi di Runne si posarono sulla spada di legno allacciata alla cintura di Kail.

«Ah!» esclamò, e gli sbatté la porta in faccia. Una manciata di secondi dopo la riaprì in tenuta da guerra, saltellando su un piede per infilarsi gli stivali. Si fiondarono fuori di casa. Daeb fece per seguirli, ma Judith lo fermò:«Lasciali stare! Per una volta che riescono a rimanere soli...!»

Il sinhilare incrociò le braccia, contrariato, ma acconsentì.


Runne si lasciò guidare al Lago Calmo. La brezza leggera increspava appena l’acqua. Si sedettero sull’erba a chiacchierare.

«Cosa pensi di fare più avanti?» chiese la bambina.

«“Più avanti”?»

«Intendo da grande... farai l’armaiolo, come tuo padre?»

L'amico ci pensò su per un po’ prima di rispondere. «Non lo so. Forse sì, ma preferirei entrare nell’esercito. Mio padre è contrario: dice che è un suicidio. E non ha torto: la resistenza contro re Endrun si sta sfaldando. Combattere contro le sue armate significa morire.»

«Quindi pensi sia meglio arrendersi a Endrun?»

Kail scosse il capo con veemenza:«Neanche per sogno!»

«Chissà, magari non è poi così sbagliato. In fondo cosa abbiamo da perdere? Solo la vita in un’insensata resistenza...» pensò al popolo dei feliani, sterminato da Endrun per timore della loro magia.

«Magari se ci arrendessimo sarebbe indulgente con noi. Dopotutto non sappiamo come sia il suo governo, potrebbe non dimostrarsi tanto terribile...»

«Che scemenze stai dicendo?» fece sdegnato Kail «Non è da te proporre di arrenderci a un dispotico tiranno e usurpatore! Sai che dovremo sottostare a quei mostri di reptili?!»

Runne trasalì. «Sai chi è mio padre?»

«No, non parli mai di lui.»

«Ti avverto, è un segreto.»

«D’accordo, giuro che non lo dico a nessuno. Ma cosa c’entra col nostro discorso?»

«C’entra eccome. Perché mio padre è un reptile.» Kail sgranò gli occhi dalla paura.

«È diverso dagli altri: è buono, combatte contro Endrun... cioè, combatteva. La mamma pensa che sia morto.»

Kail riprese un contegno. «E tu cosa pensi?»

«Che sia ancora vivo, nascosto da qualche parte per sfuggire alla milizia di Endrun.»

«Credi che gli farebbe piacere sentire le tue parole dopo una vita passata a lottare per un futuro sereno in cui tu potrai costruirti un angolo di pace?»

Runne arrossì. «Stavo solo facendo delle ipotesi. Non pensavo seriamente a ciò che ho detto. Ma se non ci fossero più guerre... forse papà potrebbe tornare.» Era una speranza sciocca e vana, lo sapeva. Un capriccio nato dall’ingenuità infantile. Sapeva però che Kail l’aveva capita.

«Che mi dici di te?» riprese lui.

«Scusa?»

«Cosa farai da grande?»

«Anch’io voglio arruolarmi, voglio diventare una guerriera!»

Kail la squadrò. Parve prendere seriamente in considerazione quella possibilità. «Allora devi iniziare subito gli allenamenti! Un guerriero non riposa mai!»

Runne rise. «E chi mi darà lezioni? Tu?»

«Il mio vecchio mi ha insegnato qualche tiro di spada. Vuoi vedere?»

«Certo!» I due bambini si misero a giocare. Kail aveva già appreso qualche tecnica, mentre Runne era alla frutta, ma l’abile gioco di gambe le consentì un minimo di vantaggio. Si attardarono fino al tramonto. Runne tornò a casa sporca come un maiale, il che le costò una lavata di capo, in tutti i sensi.



Si scoprì spesso a ripensare al rumore che aveva udito nella Foresta Dipinta. Giorno per giorno si convinceva sempre più che non era stata solo un’impressione. Ne parlò con Daeb, che non si mostrò molto stupito:«Ci vivono tantissimi animali: uccelli, cinghiali, caprioli... potrebbe anche essere stata una volpe.»

«Perché voi sinhilari vivete nel castello e non nella foresta?» chiese Runne d’un tratto.

«Un tempo condividevamo la foresta con altre creature dei Demonaturi. Circa due secoli fa il padrone di quel castello ha tentato di conquistare la Foresta Dipinta, che considerava parte del suo territorio, venendo meno ai patti. Mise a ferro e fuoco la foresta, e noi spiriti dei boschi non facemmo altro che difenderci. Fu tutto inutile: avevamo stipulato un contratto di pace col signore. A differenza di lui, un Demonaturo non può venire meno a un giuramento.»

«Perché? Per l’onore?»

«L’onore non c’entra: se infrangiamo un patto moriamo.» Runne rimase sconcertata.

«Così lanciammo una maledizione sul signore: nessuno lo avrebbe più riconosciuto. Né le sue guardie né i cittadini. I soldati, privati di un leader, e i servitori, senza più padrone, si ritirarono. Il signore sparì; credo si sia rifugiato nel Kuden e si sia alleato con Endrun... comunque adesso sarà bell’e morto. Al termine della battaglia, non avevamo più una casa: la foresta è sempre stata suddivisa tra sinhilari, Servetti e Talponi e il conte aveva praticamente distrutto la nostra zona. Chiedemmo...»

«Servetti e Talponi?» lo interruppe Runne spaesata.

«Oh, giusto: sono creature talmente schive che i Marcianti difficilmente ne conoscono l’esistenza. I Servetti si prendono cura degli alberi secolari; i Talponi sono un popolo boschivo che vive nel sottosuolo.»

«Che bello! Quindi siete tanti! Ma ora devi spiegarmi quella parola strana: “mar…”»

«Marcianti? È il modo in cui chiamiamo gli umani e la gente alta come te: avete la bizzarra caratteristica di non stare mai fermi in un posto.»

Runne ridacchiò:«Continua pure.»

«Chiedemmo asilo agli altri due popoli abitanti del bosco, ma entrambi ci ripudiarono.»

Il sorriso di Runne svanì. «Perché?»

«I Talponi non sopportavano il nostro atteggiamento scherzoso ed esuberante, che noiosi... mentre i Servetti non ci ritenevano alla loro altezza; stupide teste di legno!» Daeb sospirò «Non avevamo altra scelta che trasferirci nel castello, ormai disabitato. Ora la foresta si è rigenerata completamente, ma Servetti e Talponi non hanno esitato a soffiarci il posto. Che ci vuoi fare? Così è la vita...» le sorrise. Runne ricambiò e osservò Fiandher dalla collina.

La città era vicinissima ai suoi occhi, eppure le sembrava distante, irreale. Sinhilari, Servetti, Talponi, feliani... reptili. Il pensiero era riemerso. Un’altra volta. Non poteva chiedere informazioni a sua madre. Ma a Daeb sì. I sinhilari giocavano nel giardino alle sue spalle. Le loro vocine acute avrebbero coperto anche le loro orecchie. Daeb guardava il panorama con lei, seduto sulla sua spalla ad addentare una ciliegia.

Runne cominciò:«Quel giorno... a casa... mi stava accadendo qualcosa di strano...»

Daeb colse al volo l’allusione:«Ti sentivi in collera col mondo intero e il tuo cuore era piagato da rabbia e tristezza, vero?»

Runne annuì. «La mamma mi ha detto che è successo perché sono un reptile. Ma secondo me non è successo niente. Doveva ancora succedere. Qualunque cosa fosse, non mi ha dominata del tutto. Se lo avesse fatto?»

Daeb inghiottì un pezzetto di ciliegia. «Saresti diventata un reptile.»

Runne aggrottò la fronte, confusa.

«Non lo sono già?»

«Non esattamente. L’aspetto che hai, l’aspetto che di solito conservano i reptili, ossia umani con gli occhi rossi, non è quello reale. Un reptile è un mostro, una belva, una creatura ripugnante che prova solo odio. Senza offesa!» aggiunse rivolto a Runne, poi riprese:«Se quel giorno ti fossi lasciata dominare dalle tue emozioni, ti saresti trasformata in una bestia. Un mostro spietato, che non riconosce gli amici dai nemici, una macchina omicida assetata di sangue.» Runne rabbrividì. Si portò una mano al petto, terrorizzata da quella cosa che aveva dentro.

Daeb le diede un buffetto alla guancia. «Dopo un po’ tornano normali, la loro trasformazione non è definitiva, non preoccuparti.»

«I reptili trasformati sono molto potenti?»

«Terribilmente potenti. Non so neanche se un altro reptile sarebbe in grado di fermarlo, a meno che non muti anche lui.»

«Allora perché non rimangono sempre mostri? Non capisco...»

«Con l’ira bisogna andarci cauti. Spinge al disastro, alla follia. Ti consuma lentamente e alla fine ti annienta. Molti reptili presi troppo dalla rabbia si sono uccisi con le loro mani.» Un sinhilare andò a sbattere contro un albero e gli amici scoppiarono a ridere, prendendolo in giro. Liuru si fece attento ma l’esserino non si era fatto nulla, quindi tornò a guardarsi attorno con circospezione.

Runne teneva gli occhi incollati al paesaggio. Non riusciva a fare nient’altro. Era nervosa e aveva paura. Daeb le si aggrappò al collo come a dimostrare il suo sostegno e Runne non poté fare a meno di essergli grata, anche se ciò non bastava a diminuire la sua angoscia. Chiuse gli occhi, cercando conforto nel buio. La luce del giorno la raggiungeva ancora. Serrò le palpebre più che poté. Finalmente, in quell’oscurità forzata, riuscì a sentirsi maggiormente tranquilla. Si estraniò dalle voci e dall’ululato del vento. Pian piano perse coscienza della presenza di Daeb, benché fosse rimasto sulla sua spalla, e successivamente del proprio corpo. Adesso c’erano solo più lei e il buio. Nient’altro. La luce la raggiunse di nuovo. Runne si spazientì. Come poteva essere tanto insistente? Non la poteva lasciare in pace? Poi si accorse che quella luce non era bianca ma... verde.

Aprì gli occhi e vide che la luce l’avvolgeva, che s’irradiava sino a Fiandher, che inondava le sue strade, il Lago Calmo e tutto il cielo. Fin dove l’occhio potesse arrivare c’era solo verde. Daeb gridava qualcosa indicando il castello, ma un rombo assordante lo sovrastava. Sembrava il trillo di mille cristalli andati in frantumi. Runne e i sinhilari si tapparono le orecchie voltandosi a guardare la torre: la gemma risplendeva di una luce abbagliante e Runne comprese come fosse possibile che illuminasse tutto il Graäm. Gli occhi le bruciavano. Cominciarono a lacrimare. Runne cadde in ginocchio. Il frastuono le rimbombava nella testa. I sinhilari volarono via, verso la città. Runne si rimise in piedi a stento e gli corse dietro. Avvicinandosi a Fiandher il rombo si affievoliva e una volta entrati in città scomparve. Runne sentì la testa più leggera, anche se era completamente svuotata. La gente intorno era stupita e sconcertata prima dalla luce, poi dai sinhilari che sfrecciavano sotto il loro naso.

Una voce raggiunse a fatica la mente di Runne:«Stai bene?» Daeb.

«Sì... credo... di sì...» Non era del tutto vero. Era ancora intontita. Volse con una certa difficoltà lo sguardo al castello. «Cosa è successo?»

«Lo smeraldo della torre deve aver percepito un pericolo imminente. Di questi tempi e con Endrun alle porte... non è un buon segno.»

«Che tipo di pericolo?»

«Non ne ho idea. Ma finché Fiandher è minacciata, la gemma continuerà a splendere.»

Liuru si avvicinò:«Come facciamo, Daeb? Non abbiamo dove andare... di tornare al castello non se ne parla, con quel frastuono. E nemmeno nella foresta...»

«Posso ospitarvi io.» intervenne Runne.

«Tutti? Oh, no! Non disturbarti! Troveremo un posto.» e fluttuò tra le strade con il suo popolo.

Runne e Daeb tornarono a casa. Judith aveva il volto tirato ma si sforzò di apparire il più allegra possibile. La sua preoccupazione, tuttavia, finì col contagiare anche Runne.



Nel pomeriggio Daeb era andato a farsi un pisolino e Runne ne aveva approfittato per uscire da sola. I sinhilari, ormai in completa confidenza con gli umani, si erano sistemati nelle abitazioni nei pressi del Lago Calmo, accolti con entusiasmo in casa dei generosi cittadini. Vi sarebbero rimasti fino a che la gemma non si fosse spenta. Kail e gli altri bambini li avevano raggiunti per giocare. Ma non era diretta da loro. Lo scalpiccio di Runne puntava da tutt’altra parte.

Sorpassò i campi del signor Koremore e si trovò di fronte alla Foresta Dipinta. Silenziosa e sinistra come sempre, i suoi alberi colmavano la vista di Runne. Le radici possenti scavavano sotto la terra irremovibile. Il verde del bosco si mescolava al cielo, ormai verde anch’esso. Runne controllò un’ultima volta che nessuno l’avesse seguita, poi entrò. Mosse un passo dopo l’altro cercando di non far rumore, il che risultava alquanto complicato data la distesa di foglie ai suoi piedi. L’autunno era venuto. Proseguì cauta fin quando non rimase circondata dalla selva. Si concentrò su ogni rumore o immagine sfuggente, qualunque segnale particolare. Assoluto silenzio. Non il ronzio di una mosca, né il grugnito di un cinghiale, neppure il frullio d’ali o il cinguettio degli uccelli. L’aria era ferma, così come le fronde degli alberi. Troppo silenzio. In quella calma innaturale Runne riusciva a sentire il suo respiro, il battito del proprio cuore; percepiva ogni nervo, ogni muscolo e ogni osso del suo corpo. Sembrava che nulla avesse vita lì dentro. Non dovevano esserci animali, Servetti e Talponi?

«Affascinante, non è vero?» Runne si girò di scatto. La sua mano corse alla spada di legno prima che potesse pensare qualsiasi cosa, e un attimo dopo teneva tesa la sua arma, puntata contro un uomo avvolto in un lungo mantello rosso vivo.

«Mi riferivo a questo luogo.» continuò lui senza fare una piega «Alimenta i nostri sensi e li sviluppa oltre i livelli normali.»

«Allora vorrai spiegarmi come ho fatto a non sentirti.» disse Runne di getto. Come aveva potuto non avvertire la sua presenza in quel silenzio? O perlomeno non scorgere il suo mantello rosso in mezzo a tutto quel verde?

«Perché il mio livello di per sé non è normale.»

«Chi sei?»

«Con quella non ci farai molto.» disse lo straniero riferendosi alla spada della ragazzina. Aveva un accento marcato, con parole scandite e le vocali molto chiuse.

Runne non si lasciò distrarre:«Eri tu a spiarmi l’altro giorno, ne sono sicura. Voglio sapere chi sei!»

«Il mio nome è Arlenan.» l’uomo si tolse il cappuccio «E sono la risposta che cerchi.» Una cascata di riccioli bruni si adagiò sulle spalle. I boccoli scendevano lungo il volto di un giovane con la barba ben tenuta. I lineamenti del viso rotondeggianti verso il mento si congiungevano alla mascella larga. La pelle bronzea si corrugava leggermente sopra il naso, tra le fini sopraciglia. Le labbra carnose accennavano un sorriso, evidente negli occhi pieni di mistero, rossi come il mantello.

Runne si lasciò sfuggire una nota di stupore.

«Capisco la tua meraviglia. Sono il primo reptile che incontri, se non erro. È naturale: quasi tutti i reptili sono al servizio di Endrun, perciò è difficile vederne uno in una terra libera dal suo dominio. Comunque puoi rilassarti. Non hai niente da temere da me. Non faccio parte della sua schiera.»

«Come faccio a crederti?»

«Mettiamola così: ti avrei già uccisa se non dicessi il vero.»

Un’ipotesi da non escludere. «Non credo ci saresti riuscito.»

«Io credo di sì, Runne.»

«Come mi conosci?»

«So molte cose di te. Sappiamo, io e i miei compagni.»

«Che...?»

«Non ti sei accorta di essere sotto tiro?»

Runne sollevò lo sguardo. La spada le scivolò di mano. Cinque pezzi di corteccia si staccarono dagli alberi. Legno che si muove? No. Runne si accorse che le figure lignee che la sovrastavano erano uomini in carne e ossa, avvolti in uno sfavillante mantello rosso, e che ognuno di loro teneva incordato un arco. Teso, pronto all’attacco. Che non venne. A un cenno di Arlenan abbassarono gli archi. Runne si diede un pizzicotto per essere sicura che quello non fosse un sogno. Come avevano fatto a sembrare parte integrante degli alberi, per di più senza fare alcun rumore? Rimase paralizzata sul posto, esterrefatta.

La voce di Arlenan la colpì come una freccia. «Come puoi vedere, le nostre intenzioni sono più che cordiali.» Runne rimase vigile, pronta a darsela a gambe.

«Cosa volete?» domandò. Forse Daeb la stava cercando. C’erano buone probabilità che si ricordasse della chiacchierata mattutina e che provasse a cercarla nella foresta. Magari con Kail e gli altri. Le loro voci concitate probabilmente avrebbero allarmato quei tizi e con un po’ di fortuna li avrebbero messi in fuga. Sempre che la trovassero. Si era inoltrata parecchio nel bosco. Poi non era passata neanche un’ora dal loro ultimo incontro.

Runne sperò con tutto il cuore che quella conversazione finisse presto, ma sapeva anche che non potevano lasciarla andare come se niente fosse: aveva visto in faccia quell’uomo. Lei si trasformava così in una scomoda testimone. La paura la invase, riusciva solo a pensare alla sua mamma: non l’avrebbe più rivista.

Mamma... Sentì gli occhi umidi.

«Cosa volete?» ripeté con la voce incrinata dal pianto.

«Quello che vuoi tu. Rispondere alle tue giuste domande, svelarti chi sei, addestrarti a combattere Endrun.» Il cuore di Runne si fermò. Era inebetita. Forse non aveva sentito bene?

Uno degli uomini saltò giù dall'albero. «Noi siamo gli Scindri, una compagnia segreta che difende il Mondo dell’Avvento da ogni genere di male.» Si tolse il cappuccio: sembrava aver appena passato la ventina, proprio come Arlenan, anche se con un feliano è difficile indovinare l’età.

«Mi chiamo Arghenteo. Saremmo felici se ti unissi a noi, Runne» disse. Anche gli altri scesero dalle piante a presentarsi. Erano tutti esseri umani fra i venti e i trent’anni.

«Non è forse quello che hai sempre desiderato?» disse ancora Arlenan «Ti abbiamo osservata giocare con i tuoi amichetti e siamo sicuri che la nostra proposta ti interessi. Possiamo trasformarti nel migliore dei guerrieri, renderti silenziosa come la nebbia e terribile come un intero esercito. Ti insegneremo gli incantesimi più potenti mettendoti a contatto col mondo della magia. Imparerai cos’è l’autocontrollo, tenendo a bada la bestia che abbiamo entrambi dentro di noi.» Runne incassò il colpo come uno schiaffo violento in piena faccia.

Arlenan sorrise. «Noi due siamo uguali. Condividiamo la stessa potenza devastante, che possiedono solo i reptili; ma anche lo stesso dolore. È frustrante dover tenere dentro tutte le nostre paure: rabbia, tristezza, solitudine. Non potersi sfogare o lasciarsi andare è il destino di ogni reptile.» sospirò «Il nostro cuore è come un fiume in piena con argini troppo deboli. Se il fiume straripasse distruggerebbe tutto quanto sul suo cammino. È per impedire questa tragica fine che i reptili devono fortificare il cuore, prima di ogni cosa. Noi ti mostreremo come convivere con questo peso e ti offriremo la possibilità di entrare a far parte della compagnia degli Scindri.»

Runne era ipnotizzata dalle sue parole. Non osò aprir bocca per interromperlo; qualcosa nella figura di quell'uomo le ispirava un grande rispetto.

Arlenan pose le condizioni:«L’addestramento avverrà in questa foresta. Quando sarai pronta, le tue missioni riguarderanno Fiandher, Trais e altri paesi minori nelle vicinanze. Ti lasceremo una settimana di tempo per pensarci. Ci ritroveremo qui fra sette giorni alla stessa ora. Confido nel tuo giudizio a mantenere il riserbo sulla nostra chiacchierata. Per il resto, dipende da te: sei libera di accettare o di rifiutare. Sono sicuro che saprai fare la scelta più giusta. Spero di rivederti in qualità di mia allieva!»

Si portò il pugno al petto in segno di saluto. I compagni lo imitarono e gli uomini corsero rapidi nella selva, andandosene silenziosi come erano venuti.




(S)parla con l’autrice

Dia dhaoibh, lettori!

Papparapaaaa colpo di scena! Si accende l’allarme, arriva un gran figo e Runne viene reclutata dall’FBI! Bè, è andata più o meno così. Traducete in medioevalese e voilà!

Quale sarà la scelta di Runne? Credete possibile un suo rifiuto? Che ve ne è parso del breve sipario sui Demonaturi e delle crisi di autocontrollo dei reptili?


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Al prossimo capitolo! Slán libh!


CreAttiva

   
 
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