CAPITOLO DECIMO. IL CINGHIALE DI
ERIMANTO.
Non
passò molto tempo, da quando Phoenix era uscito dal retro della Terza Casa
dello Zodiaco, che Andromeda riprese i sensi, tossendo e respirando con
difficoltà. Si scosse, ritrovandosi spogliato, disteso sul freddo pavimento,
mentre il suo corpo era pieno di ferite e sangue coagulato. Agitato, si guardò
intorno, trovando i corpi esanimi di Sirio e Pegasus accanto a lui, nelle
stesse condizioni.
“Amici!”
–Li chiamò, cercando di muoversi, ma era ancora troppo stordito, e cadde a
terra. Cercò di rimettersi in piedi, stringendo i denti per lo sforzo, ed
arrivò a lambire i loro volti, dandogli piccoli schiaffi per farli riprendere.
“A...
Andromeda…” –Balbettò Pegasus, risvegliandosi, presto
seguito da Sirio.
“Amici!
State bene, allora! Che gioia!” –Esclamò Andromeda, riuscendo a rimettersi in
piedi.
“Sì… sì… intontito ma sto bene!”
–Rantolò Pegasus, cercando di alzarsi. Sirio fece altrettanto, guardandosi
intorno e cercando di riordinare le idee. –“Dove siamo? E dov’è Phoenix?”
“Credo
che siamo ancora alla Terza Casa! Non so dove sia mio fratello, ma credo che
sia stato lui a provocarci queste ferite!”
Pegasus
e Sirio osservarono i loro corpi pieni di buchi, da cui era sgorgato sangue
oscuro fino a pochi attimi prima. Finalmente il sangue buono aveva iniziato a
zampillare e l’organismo era stato liberato. Il cosmo cicatrizzò in fretta le
ferite, prima che i tre indossassero le loro Armature Divine.
“E
Fiore di Luna?” –Domandò Dragone, cercando di capire. –“E Patricia?!” –Aggiunse
Pegasus, raccontando di come l’aveva trovata là, tra le mani dei guerrieri di
Ares.
“Temo
che fossero tutte illusioni, amici! Come Nemes, e
come il bosco!” –Rifletté Andromeda, iniziando ad incamminarsi verso l’uscita.
–“Qualcuno gioca con il nostro cuore!”
“Il
bosco?!” –Domandò Pegasus, affiancando l’amico, subito seguito da Sirio.
Andromeda
raccontò in breve ai due amici cos’era accaduto dopo che Sirio era stato
ferito, e concluse che probabilmente Phoenix aveva sconfitto l’artefice di
quelle illusioni ed era andato oltre.
“Ma
sentilo, la primadonna!” –Ironizzò Pegasus, recuperando un po’ della sua
spensieratezza. –“Adesso vuole correre da solo! Coraggio, raggiungiamolo,
amici!”
“Sì!”
–Gli fecero eco Sirio e Andromeda, uscendo dalla Terza Casa.
I
tre amici corsero senza fermarsi lungo la bianca scalinata, giungendo fino alla
Casa di Cancer. Il tempio, dalla forma a croce, si
apriva proprio di fronte a loro, ma, per quanto cercassero tracce del cosmo di
Phoenix, non ne avvertivano la presenza.
“Coraggio,
entriamo!” –Esclamò Pegasus. –“Ma con prudenza! Questa casa non è mai stata… ospitale con i visitatori!” –Ironizzò, entrando
all’interno del tempio.
Sirio
e Andromeda lo affiancarono, camminando fianco a fianco nel corridoio centrale
della Casa di Cancer, apparentemente vuota. Quando
giunsero al centro della costruzione, uno strano oggetto attirò la loro
attenzione. Un oggetto dalle grandi dimensioni, collocato su un lato del
corridoio, che li stupì sia per la forma che per il contenuto.
“Ma
questa…” –Commentò Sirio, sgranando gli occhi. –“È
una campana!”
“Una
campana di vetro!” –Aggiunse Andromeda, correndo fino a sfiorarne la
superficie. –“E all’interno… c’è mio fratello!!!”
“Phoenix!”
–Urlarono Pegasus e Dragone, riuscendo finalmente a focalizzare il loro amico.
Il
Cavaliere della Fenice sembrava come sospeso in aria, in trance, all’interno di
quella grottesca campana di cristallo, dal color azzurrognolo.
“Dobbiamo
liberarlo! Spostati Andromeda!” –Esclamò Pegasus, scattando avanti, con il
pugno carico di energia. –“Fulmine di Pegasus!” –E scagliò centinaia di
colpi luminosi contro la campana, che non si ruppe, anzi rinviò indietro i
colpi del ragazzo.
“Attento!”
–Urlò Sirio, mentre Pegasus cercava di evitare l’assalto, riuscendovi soltanto
in parte e venendo colpito in più punti.
“Maledizione!”
–Brontolò il ragazzo, rimettendosi in piedi.
“Lascia
provare me!” –Disse Sirio, concentrando il cosmo sul braccio destro.
–“Excalibur libererà Phoenix!” –E sollevò il braccio, pronto per abbassare la
lama sulla campana. Ma improvvisamente un sibilo risuonò nell’aria, mentre una
corda si arrotolò proprio attorno al polso di Sirio, fermando il suo movimento.
Una corda alla cui estremità era legata una piccola campana di metallo.
“Ma
cosa?!” –Balbettò Sirio, cercando di liberarsi da quella morsa, mentre la
campana iniziò a suonare.
“Non
sentite che gioia questo melodioso suono?!” –Esclamò una voce improvvisamente.
–“Suonano a festa le campane dei Templi dell’Ira! Suonano a lutto, per la
vostra morte!”
I tre amici si
voltarono verso destra e videro un uomo al centro del salone, che reggeva
l’altra estremità della corda con cui aveva fermato il braccio di Dragone. Non
era alto, inferiore alla media dei suoi compagni berseker, ed aveva un viso
maschile e poco curato, barba incolta, occhi scuri, ed una cicatrice sul mento.
Indossava un’armatura marrone, dalle tozze sembianze, quasi opaca da tanto che
era spenta, ed al bracciale destro aveva affissi due lunghi artigli bianchi. Le
zanne dell’animale che rappresentava: il Cinghiale di Erimanto.
“Chi
sei tu?” –Domandò Pegasus.
“Colui
che suonerà per voi un canto di morte!!!” –Esclamò l’uomo, ridendo come un
pazzo. –“Il guerriero del Cinghiale di Erimanto,
custode del Quarto Tempio di Ares!”
“Il
Cinghiale di Erimanto!” –Balbettò Sirio. –“La quarta
fatica di Eracle!”
Senz’altro
aggiungere, l’uomo iniziò a smuovere la corda, facendo suonare la campana
intorno al polso di Sirio. Un suono leggero inizialmente, che acquistò sempre
più vigore e profondità, al punto da spingere i tre amici a tapparsi le
orecchie.
“Aaargh! Mi sembra che mi rimbombi dentro!” –Brontolò
Pegasus.
“Maledizione!”
–Cercò di reagire Dragone, colpendo la corda con l’altro braccio.
Inaspettatamente
la corda si ruppe, liberando Sirio dalla morsa, e lasciando cadere a terra la
campana. L’oggetto metallico esplose a contatto col terreno, distruggendo parte
del pavimento e sollevando una fitta polvere, che obbligò i Cavalieri a
tapparsi gli occhi. Quando Pegasus e Andromeda poterono vedere di nuovo, si
accorsero, con orrore, che anche il Dragone era prigioniero di una grande
campana di cristallo, identica a quella di Phoenix.
“Non
vi piace l’accoglienza che vi ho riservato?!” –Esclamò il guerriero del
Cinghiale di Erimanto. –“Ho un sermone da recitare
per voi! Un sermone che vi condurrà all’eternità!”
“Basta
con le ciance, maledetto!” –Esclamò Pegasus, furibondo. Quindi si rivolse ad
Andromeda. –“Io lo attacco e tu cerchi di immobilizzarlo con la tua catena!”
Andromeda
annuì, anche se non molto convinto di quel piano, prima di scattare avanti
insieme all’amico. Il guerriero del Cinghiale di Erimanto,
nel frattempo, aveva richiamato la propria corda, alla cui estremità una nuova
campana si era creata, e adesso la stava roteando sopra la sua testa, prima di
lanciarla contro i due Cavalieri. Come la Catena di Andromeda era solita fare,
anche la corda di Erimanto si moltiplicò in
innumerevoli copie, attaccando i due Cavalieri di Atena.
“Eccoli… i numeri innumeri!”
–Esclamò Erimanto, estasiato. –“Aaah...
gli infiniti metri!”
Le
corde si attorcigliarono intorno ai polsi e alle gambe di Pegasus, per quanto
il ragazzo si dimenasse, e, ad uno strattone di Erimanto,
il giovane cadde all’indietro, mentre le campane suonavano rumorosamente
intorno al suo corpo. Un secondo dopo e anch’egli si ritrovò prigioniero di una
campana di cristallo.
“Pegasus!!!”
–Urlò Andromeda, adesso rimasto solo ad affrontare il guerriero di Ares.
“Din don! Din don! Per chi suona
la campana? Forse per te, Cavaliere di Atena?!” –Domandò il berseker. E scagliò
nuovamente le sue corde verso Andromeda, striscianti serpenti dalla testa a
campana. Ma Andromeda, a differenza dei compagni, disponeva di un’abile difesa.
“Catena
di Andromeda! Vai!” –E liberò la sua
scintillante arma, che sfrecciò verso le corde di Erimanto,
afferrandole tutte quante, attorcigliandosi intorno ad esse.
“Bel
risultato hai dimostrato, Cavaliere!” –Esclamò Erimanto,
non troppo deluso dal suo fallito attacco. –“Ma basterà?” –Aggiunse, con un
ghigno ironico.
Iniziò
a muovere le corde, facendo suonare tutte le campane che penzolavano dalle
varie funi fermate dalla Catena, in un crescendo di suono che si infilò dentro
le orecchie di Andromeda, scendendo giù, all'interno del suo animo.
Ad
Andromeda, che cercava di non ascoltare quel roboante suono, parve di sentire
lo stomaco esplodere, come mille tamburi che battevano a gran voce. Si dimenò
un po’, scuotendo la testa e urlando, perdendo la concentrazione sul suo
avversario, il quale decise di approfittarne per colpire il ragazzo con un
attacco energetico. Spalancò il palmo della mano sinistra avanti a sé, mentre un
cerchio di energia azzurra lo circondava, quindi fece esplodere il proprio
cosmo.
“Campana
di cristallo! Vai!” –Esclamò, mentre
il cerchio di energia si allungava fino a divenire una sottile campana che
sfrecciò nell’aria diretta contro Andromeda.
Il
Cavaliere di Atena, per quanto stordito, riuscì comunque a difendersi,
richiamando la catena di difesa, e ricreando la sua solida barriera circolare,
su cui si infranse il colpo dei guerriero di Ares.
“Se
richiami la tua catena, chi ti difenderà dalle mie corde?!” –Sogghignò Erimanto, lanciando nuovamente le sue corde all’assalto.
“La
Catena di Andromeda mi proteggerà! –Esclamò il Cavaliere, con
determinazione, continuando a far roteare la sua arma intorno a lui.
I
primi assalti del berseker si infransero contro l’impenetrabile muraglia della
difesa di Andromeda, non riuscendo le campane a penetrarvi attraverso. Ma poi,
mentre il cosmo di Erimanto aumentava, accadde
l’incredibile, agli occhi di Andromeda. Alcune corde si intrufolarono
all’interno della sua difesa, attorcigliandosi intorno alla catena, con le
campane appese alle cime di esse.
“E
allora non chiedere per chi suona la campana. Essa sta suonando per te!”
–Esclamò Erimanto, delirante, prima di lanciare altre
corde all’assalto, approfittando del fatto che adesso la catena di difesa era
bloccata, fermata dalle sue funi.
“Non
credere di avermi già vinto, guerriero di Ares!” –Gridò Andromeda, caricando di
energia la catena di attacco. –“Onde del Tuono! Via!” –E lanciò la
catena a triangolo avanti, che sfrigolò nell’aria, liberando guizzanti scariche
energetiche che travolsero le corde di Erimanto,
prima di trafiggerle una ad una con la sua acuminata punta.
“Vai,
Catena di Andromeda!” –La incitò il Cavaliere, dirigendola verso il suo
avversario.
Erimanto
non riuscì ad evitare la furia delle Onde del Tuono e venne colpito in
pieno viso, sull’elmo scuro che portava in testa, dalla catena a triangolo, e
scaraventato indietro, perdendo il copricapo della corazza e scoprendo il
cranio. Andromeda ritirò lentamente le catene, osservando l’uomo rimettersi in
piedi, e rimanendo interdetto di fronte all’oscenità del suo cranio deforme.
Il
guerriero di Erimanto infatti aveva una strana
protuberanza sul retro della testa, un enorme bernoccolo artificiale dal colore
biancastro. Osservandolo meglio, Andromeda realizzò che si trattava di una
zanna, forse di un cinghiale, che gli era stata conficcata in testa.
“Ma
è orribile?!” –Esclamò disgustato.
“Orribile?!
È il regalo fattomi dal sommo Ares, Cavaliere!”
“Il
regalo di Ares?!”
“Esattamente!
Qua dentro, in questa zanna di cinghiale che mi conficcò nel cranio, sta tutto
il suo potere, tutta la sua volontà guerriera, e mi infonde la forza e la
determinazione per combattere!”
“Essa
ti obbliga a combattere, Erimanto!” –Precisò
Andromeda, realizzando che se Ares aveva compiuto un gesto simile probabilmente
era perché il guerriero non era sufficientemente motivato.
“Mai si fa male così a fondo e così
allegramente come quando lo si fa per obbligo di coscienza!” –Esclamò Erimanto, senza dar troppo peso alle preoccupazioni di
Andromeda.
Prima che il ragazzo riuscisse a parlare
nuovamente, il guerriero di Ares tirò fuori una piccola campana di pietra,
caricandola del suo cosmo malvagio.
“Saprai evitare questi?” –Domandò al
ragazzo, prima di scagliare la campana contro di lui.
Come le corde, pure la campana si
moltiplicò in infinite copie, tutte dirette contro Andromeda, il quale
rapidamente roteò la sua catena, ricreando la Difesa Circolare.
Le campane si infransero contro la
barriera protettiva di Andromeda, esplodendo al contatto, e nuove campane
arrivarono subito dopo, schiantandosi tutte contro la catena. Ogni campana
suonava ed esplodeva, suonava ed esplodeva, rintronando il Cavaliere di Atena
che si trovava in balia di quella tamburellante pioggia.
Devo reagire! Si disse Andromeda, caricando la catena
di attacco e lanciandola avanti, nel mucchio di campane che gli arrivavano
contro. Ne distrusse parecchie, dirigendosi verso Erimanto,
ma il guerriero, prima di essere raggiunto, balzò in alto, evitando la punta a
triangolo e scagliando un’ultima campana, di pietra, sopra la testa di
Andromeda.
Questa, a differenza delle altre, si
ingrandì a dismisura, diventando un’immensa campana di pietra che piombò in
fretta su Andromeda, obbligandolo a sollevare entrambe le braccia per fermarla,
per non esserne schiacciato.
“Uah ah ah!”
–Esclamò Erimanto, osservando il buffo spettacolo.
–“Tu che hai rifiutato la mia musica, la udirai per sempre!”
Andromeda non rispose, stringendo i denti
per lo sforzo, nel sostenere l’immensa campana che aumentava sempre di più, che
si faceva sempre più pesante, terribilmente pesante, persino per gli allenati
muscoli di un Cavaliere, al punto da sprofondarlo nel pavimento.
“Diventa lieve il carico a chi sa ben
sopportarlo, Cavaliere!” –Sospirò Erimanto. –“Ma tu,
a quanto pare, non accetti tale carico!”
“Non accetterò mai le condizioni di un
guerriero di Ares!!!” –Gridò Andromeda.
“E allora muori!” –Si infuriò Erimanto, concentrando il cosmo sul braccio destro. Le zanne
bianche della sua armatura si allungarono, diventando pericolosi artigli che
diresse contro il ragazzo. –“Zanne del Cinghiale di Erimanto,
divorate l’eretico Cavaliere che ha rifiutato le campane del vostro
protettore!”
Violenti raggi energetici puntarono su
Andromeda, che, non sapendo come difendersi, venne colpito in pieno, e barcollò
all’indietro, cercando di reggere quell’immensa campana che non riusciva a
gettar via. Erimanto gli fu davanti e iniziò a
colpirlo, pugno dopo pugno, sul petto, sulla sua corazza divina, senza riuscire
a scalfirla, ma spingendolo indietro e facendogli comunque male.
“Ba... Bastaaa!!!”
–Urlò Andromeda, bruciando al massimo il proprio cosmo. Con grande sforzo
riuscì a gettar via l’enorme campana, proprio mentre Erimanto
caricava nuovamente con le sue affilate zanne. Andromeda si spostò di lato,
evitando l’affondo, prima di caricare il palmo della mano destra con il suo
cosmo rosa.
“Onda energetica! Via!” –Gridò,
liberando guizzanti scariche di energia, che colpirono Erimanto
in pieno, scaraventandolo indietro, fino a farlo schiantare contro un mucchio
di colonne del Tempio, che crollarono subito su di lui.
Il berseker cercò
subito di rimettersi in piedi, per quanto la violenza del colpo subito lo avesse
stordito e ferito in più punti, e concentrò il cosmo sul palmo sinistro, per
scagliare nuovamente il suo attacco cosmico. Ma Andromeda non fu da meno,
rilanciando l’Onda Energetica, che fronteggiò a mezz’aria il colpo di Erimanto, caricando l’aria di una forte tensione cosmica.
“Rinuncia
Erimanto!” –Esclamò Andromeda, cercando di
risvegliare nel guerriero di Ares la sua vera natura, probabilmente non così
bellica e sadica come il Dio della Guerra avrebbe voluto. –“C’è ancora tempo
per guarire!”
“Guarire?!
Sciocca follia di questo mondo!” –Gridò Erimanto,
continuando a spingere. –“Tutto è follia in questo mondo, scriveva Leopardi il
Grande! Fuorché il folleggiare! Tutto è degno di riso, fuorché il ridersi di
tutto! Tutto è vanità, fuorché le belle illusioni e le dilettevoli frivolezze!”
“La
pace non è una follia, Erimanto, ma qualcosa a cui
dobbiamo aspirare! Qualcosa per cui vale la pena combattere!”
“Nella
mia solitudine non esiste niente per cui valga la pena morire!” –Commentò
cinicamente l’uomo, mettendo tutte le sue forze in quell’ultimo attacco.
“Triste
è ciò che affermi, guerriero di Ares! Forse il Dio della Guerra ha distrutto
anche i tuoi sogni e le tue speranze, oltre che il tuo vero animo?!” –Rifletté
Andromeda, prima di caricare nuovamente il suo assalto. –“Onda Energetica!”
L’onda
di energia rosastra guizzò nell’aria, travolgendo il colpo di Erimanto e raggiungendo l’uomo, stritolandolo tra i suoi
fulmini e spingendolo indietro. Ma prima che potesse reagire, Erimanto fu raggiunto dalle Catene di Andromeda, che lo
immobilizzarono, impedendogli di muoversi, mentre la catena di offesa si
arrotolava intorno al corno piantato nel suo cranio.
Andromeda
abbassò gli occhi, rattristato, ma si convinse che quello era il modo
migliorare per onorare la vera anima dell’uomo che aveva combattuto.
“Aaahhh!!!” –Urlò Erimanto, in
preda ad un dolore atroce, mentre la Catena di Andromeda toglieva di
forza la zanna piantata nella sua testa.
“Perdonami,
guerriero di Ares! Ma vorrei che la tua morte non fosse vana, che essa potesse
farti ricordare il tuo vero io, quell’uomo, quel cantore, quel poeta che sei
probabilmente stato in vita, e che Ares ha ucciso!”
Erimanto
si accasciò a terra, in una pozza di sangue, mentre le catene scintillanti di
Andromeda si ritiravano, tornando dal loro padrone. L’uomo rantolò un poco sul
terreno, trovando la forza di voltarsi e fissare il soffitto, mentre Andromeda
lo raggiungeva.
“Un...
prete…” –Commentò il berseker. –“Sì, ero un prete… e amavo leggere e scrivere poesie... la vita per me
era come un libro, un grande libro, a cui ogni giorno potevo aggiungere una pagina…”
Andromeda
si inginocchiò accanto all’uomo, prendendo le sue mani insanguinate e
unendogliele sullo stomaco, sospirando rattristato. Ascoltò ancora le parole
del guerriero, anche se era sicuro che non fossero dirette a lui, ma solamente
a se stesso, all’uomo che Ares aveva annientato.
“Anche
il libro peggiore ha la sua pagina buona…” –Commentò
infine Erimanto, voltandosi verso Andromeda. –“E
questa è la mia... l’ultima!” –E spirò.
In
quel momento le tre campane di cristallo andarono in frantumi, liberando gli
amici dentro rinchiusi. Sirio, Pegasus e Phoenix, piuttosto storditi, si
rimisero presto insieme, raggiungendo Andromeda, che raccontò loro, in breve,
l’accaduto. Phoenix guardò orgoglioso il fratello, lodando la sua
determinazione in battaglia.
“Ci
hai salvato, Andromeda!” –Commentò il Cavaliere della Fenice, prima di
incamminarsi avanti, verso l’uscita del Quarto Tempio.
“Beh,
consideralo un anticipo sul pagamento per le numerose volte in cui tu hai
salvato me!” –Scherzò il ragazzo, lanciandosi dietro al fratello insieme agli
altri amici.
In
breve uscirono dalla Quarta Casa, correndo verso la successiva, il Tempio del
battagliero Leone, senza mai essere persi di vista dal penetrante sguardo di
Ares.
Seduto
sul trono di velluto, nella Tredicesima Casa del Grande Tempio, Ares aveva
osservato tutte le battaglie finora combattute dai Cavalieri di Atena, e
sogghignava soddisfatto per come stava procedendo il suo piano.
“I
primi quattro custodi avevano soltanto il compito di stancare i Cavalieri di
Atena, di dare loro un assaggio della forza dei berseker, senza ucciderli!
Sapevo bene che per Nemea e gli altri tre incapaci sarebbe stato impossibile!”
–Rifletté il Dio. –“Ma presto abbandoneranno quel loro stupido sorriso beota,
da facile vittoria! Ooh, sì... ci penserà lui ad
ucciderli tutti! Mio figlio non li farà mai passare per il Quinto Tempio!!!”
–Ed esplose in una pazza risata, che rimbombò nell’ampio salone della
Tredicesima Casa, prima che una nuova questione attirasse la sua attenzione.
Flegias! Mormorò Ares. Dove diavolo si è cacciato? Gli
avevo affidato una missione di delicata importanza, e ancora non ho sue notizie!
Rifletté irato, cercando di usare il cosmo per trovare il Flagello degli
Uomini. Lo trovò, proprio dove doveva essere. Alle pendici del Monte Etna.
E
sorrise.