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Autore: SuperEllen    18/02/2008    3 recensioni
Pesanti spoiler sul finale di Harry Potter e i Doni della Morte
La storia vede come protagonista la New Generation, in particolar modo Albus, ma anche il vecchio trio protagonista avrà il suo ruolo. Ci saranno personaggi menzionati dalla Rowling ed altri di mia invenzione, che popoleranno tutti insieme la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Inoltre nuovi pericoli sono in agguato. Un potentissimo nemico si è risvegliato dall'incantesimo che lo aveva tenuto assopito per 300 anni, ed ora minaccia la sicurezza dei nostri maghetti. Verrà sconfitto questo nuovo nemico, nonostante i suoi più oscuri segreti?
Genere: Generale, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ciao

Ciao!! ^^ Siete contenti di vedere un altro capitolo? (Nooooooo ndTutti)(D’oh! XD ndEllen)

Prima di lasciarvi alla lettura vorrei ringraziare ancora una volta tutti coloro che continuano a leggere questa fanfiction. Soprattutto grazie a coloro che hanno lasciato un commento a questi capitoli. In merito a questo, inoltre, vorrei scusarmi per quello che ho detto all’inizio del capitolo precedente riguardo al fatto delle poche recensioni. A volte capita di diventare un po’ paranoici nei confronti delle proprie fanfiction! XD

Ma passiamo oltre… Adesso è giunto il momento che leggiate questo nuovo capitolo! Spero vi piaccia. Soprattutto perché è un po’ diverso dai precedenti quattro, visto che parla solo di… Beh, dal titolo si dovrebbe intuire, ma comunque lo scoprirete leggendo! ^^

 

Capitolo 5

Oltre Hogwarts

 

Quel martedì, Dudley si era ripromesso di passare a Diagon Alley nel pomeriggio. E ci era andato. Ma poi aveva scoperto che alla Gringott non accettavano carte di credito per fare il cambio dei soldi babbani in soldi magici. Non volendo toccare la camera blindata della moglie, che secondo lui doveva appartenere soltanto a Vernon, aveva deciso di tornare alla banca dei maghi il giorno dopo, con una gran quantità di denaro babbano da cambiare.

Fu così che il mercoledì pomeriggio, appena uscito dall’ufficio, si precipitò in Charing Cross Road, dove si trovava il Paiolo Magico. Quando varcò la porta del pub, tutti i maghi che si trovavano all’interno lo guardarono a bocca aperta. Aveva esattamente l’aspetto di un Babbano, e in effetti lo era, quindi non c’era affatto da biasimare tutti coloro che, vedendolo, cominciarono a bisbigliare sospettosi tra loro.

«Buon pomeriggio, signor Dursley.» lo salutò educatamente Tom, il barista «Vuole che le apro il passaggio per Diagon Alley?»

Dudley salutò, poi annuì in risposta alla domanda e ringraziò. Si vergognava un po’ a dover chiedere sempre a Tom di aiutarlo ad entrare a Diagon Alley, ma d’altronde non poteva fare altrimenti. Per far aprire il passaggio era necessario toccare con la bacchetta magica una determinata mattonella nel muro, e a Dudley mancava la materia prima per riuscirci: la bacchetta. Anche se ormai viveva sfruttando diverse comodità della magia, come per esempio la possibilità di comunicare via camino, era pur sempre un Babbano!

Il vecchio Tom accompagnò Dudley nel piccolo cortile sul retro del pub, dove toccò un mattone con la bacchetta, e il muro pian piano si divise per permettere all’uomo di entrare.

«Grazie mille.» disse Dursley «Dopo le spese mi fermo a bere qualcosa.»

E dette quelle parole avanzò verso Diagon Alley. Mentre camminava deciso in direzione della Gringott, osservò tutti i maghi e le streghe che facevano compere. Ognuno di loro aveva lo sguardo fisso su di lui. Si sentì a disagio, e si ritrovò a pensare che forse prima di andare via si sarebbe dovuto comprare dei vestiti da mago, giusto per non attirare troppo l’attenzione su di sé.

Raggiunta la banca si diresse servo il folletto più vicino.

«Salve. Vorrei cambiare delle Sterline in Galeoni.» disse cercando di sorridere, anche se quelle strane creature gli incutevano sempre un certo timore.

«Lei è il Babbano che ieri voleva pagare con la carta di credito?» disse il folletto in risposta, ridacchiando per prendersi gioco di Dudley, che in risposta arrossì.

Superato l’iniziale imbarazzo, alla fine Dudley cambiò una gran quantità di Sterline, pensando che forse sarebbe stato prudente avere del denaro magico dentro casa, per le emergenze. Poco dopo stava camminando di nuovo per Diagon Alley. Stanco di sentire la gente ridacchiargli alle spalle, decise che sarebbe andato prima da Madama McClan, e solo dopo al Serraglio Stregato. Entrò nel negozio di abiti per tutte le occasioni, e ne uscì venti minuti dopo con degli enormi pacchi sotto un braccio, indossando un abito nuovo. Era una veste marrone, non troppo elaborata, ma che lo faceva apparire come un mago dall’aria distinta.

Pienamente soddisfatto dei propri abiti, Dudley fu felice di passare inosservato nel tragitto verso il Serraglio Stregato, confondendosi senza problemi tra la folla. Una volta all’interno del negozio, però, fu di nuovo palese che lui non era un mago. La donna che si trovava dietro al bancone non poté fare a meno di sorridere davanti all’espressione meravigliata che era stampata sul volto dell’uomo.

«Serve aiuto?» domandò con gentilezza la donna, avvicinandosi a Dudley.

Riscuotendosi dallo stupore che lo aveva pervaso, il signor Dursley sorrise alla negoziante.

«Sì, grazie. Avrei bisogno di un gufo.» rispose educatamente.

«Certamente.» disse lei sbrigativa, come se non avesse potuto aspettarsi una domanda diversa da un presunto Babbano «Di che colore lo preferisce?»

Dudley ci pensò un po’ su, ma non gli venne in mente un colore particolare.

«Fa lo stesso, l’importante è che sia un esemplare grosso, veloce e resistente.» concluse alla fine.

La donna lo prese in parola. Scomparve nel retro del negozio, ricomparendo dopo qualche minuto con una gabbia per le mani. All’interno delle sbarre si trovava un gufo grande e maestoso. Le sue piume erano color crema, con alcune sfumature tendenti al caramello. La prima cosa che Dudley pensò nel vederlo era che sembrava una grossa ciambella, e a quei pensieri il suo stomacò gorgogliò dalla fame.

«È bellissimo!» esclamò avvicinandosi al bancone, dove la negoziante aveva posato la gabbia.

Lui e il gufo si guardarono negli occhi. Le iridi ambra dell’uccello scrutavano l’uomo con fare un po’ sospettoso.

«Lo credo bene! È l’esemplare più bello che possediamo in negozio, così pregiato che non me la sento nemmeno di metterlo esposto in negozio per evitare di sconvolgerlo. Sa, questo gufo appartiene ad una razza rarissima. È molto sofisticato nel comportamento, ama la quiete ed è per natura molto diffidente nei confronti delle persone che non conosce. Una volta che ha imparato a riconoscere il padrone, o i padroni, non si fiderà di nessun altro, a meno che non sia il padrone a comandarglielo. È rapidissimo nel volo e preciso nelle consegne. Può resistere anche alle tempeste più potenti e affrontare viaggi lunghissimi senza bisogno di riposare.» spiegò la donna.

Gli occhi di Dudley si illuminarono. Quel gufo era molto più di quanto aveva potuto desiderare! Senza il minimo indugio si affrettò ad esclamare «Lo prendo!», poi riprese un po’ di contegno e domandò «Quanto costa?»

La cifra pronunciata dalla commessa era da far uscire gli occhi dalle orbite, ma guardando bene quel gufo Dudley si rese conto che valeva tutti quei Galeoni e anche di più. Sì, era deciso, sarebbe stato suo. Estrasse da una tasca della veste i soldi richiesti e li posò sul bancone, sentendo il peso delle monete che si portava appresso farsi sempre più leggero.

Mise una mano sulla gabbia del gufo, pronto ad andarsene, ma poi gli venne un’altra idea. Invece di prendere un comune cane in un negozio babbano, magari poteva prendere qualcosa di simile ma che avesse dei poteri magici.

«Non è che per caso avete dei cani magici o qualcosa di simile?» domandò Dudley.

La donna lo guardò con aria di sufficienza, ma dopo una breve riflessione rispose alla domanda.

«È rimasto ancora un cucciolo di Meteocane.» disse.

«Meteocane? E che cosa sarebbe?» chiese l’uomo incuriosito.

«Glielo faccio vedere.» disse la donna, per poi chinarsi sotto al bancone.

Un attimo dopo riemerse con in braccio un cagnolino dall’aria tenera. A giudicare dal muso, dal corpo e dalla lunghezza del pelo, doveva trattarsi di un normalissimo Golden Retriever. Anche se, notò Dudley, il colore del pelo era decisamente più scuro del normale, perché invece di essere ambrato sembrava lo avessero colorato con un pennarello giallo. La commessa appoggiò il cucciolo sul bancone, e mentre lei lo teneva fermo con una mano, questo le leccava l’altra.

«Il Meteocane percepisce i cambiamenti del tempo, e il suo pelo cambia colore a seconda di che tempo fa. Per esempio, adesso è giallo perché oggi è una bella giornata soleggiata. Se adesso cominciasse a piovere, lui muterebbe all’istante il colore del suo pelo.» spiegò la negoziante.

Dudley rimase senza parole. L’idea di possedere un cane che cambiava colore a seconda del tempo lo stimolava parecchio.

«È incredibile…» disse avvicinando una mano ad accarezzare il cagnolino.

Il cucciolo si liberò dalla presa della donna e saltò addosso a Dudley, cercando di leccargli la faccia.

«Quanto diventa grande?» domandò l’uomo, consentendo al cane di leccargli una guancia.

«Questa razza è di taglia medio-grande. Adesso ha solo due mesi, ma tra circa due o tre anni raggiungerà la sua dimensione da adulto.» rispose la donna.

«Per caso ha abitudini particolari?» chiese ancora Dudley, sempre più convinto a fare suo quel batuffolo di pelo giocherellone.

«No, niente di inusuale. Va portato a passeggio come ogni cane e mangia un po’ di tutto. L’unica differenza è che la sua età media è molto simile a quella umana.» concluse la commessa.

Non ci fu bisogno di pensare oltre.

«Aggiudicato! Da adesso in poi farà parte della famiglia!» sentenziò.

Pagò il cane, e dopo aver comprato anche collare, guinzaglio, ciotole, biscotti per cani e biscotti per gufi si diresse verso l’uscita. Lungo Diagon Alley attirò nuovamente l’attenzione dei presenti, perché il cagnolino continuava a strattonare il guinzaglio e Dudley, carico com’era, rischiò diverse volte di finire per terra. Raggiunto il Paiolo Magico, si rese conto che non poteva entrare nella Londra babbana in quelle condizioni, perché chiunque avrebbe notato un uomo vestito in modo stravagante, carico di pacchi, con un gufo in gabbia e un cane di un colore insolito al guinzaglio apparire dal nulla tramite una porta che nessun altro poteva vedere. Optò quindi per tornare a casa tramite la rete della Metropolvere, lasciare i suoi acquisti, cambiarsi e poi tornare a prendere la macchina. O, meglio ancora, lasciare lì la macchina e riprenderla direttamente il giorno dopo.

Una volta all’interno del pub, il cane cominciò a tirare più forte, cercando di salire sui tavoli dove alcuni maghi e streghe stavano già cenando. Cercando di limitare i danni, Dudley indietreggiò alla cieca verso il bancone, dove urtò qualcuno che stava seduto. La persona urtata si rovesciò addosso metà del suo bicchiere di Whisky Incendiario, e si voltò di scatto per vedere chi era la persona maldestra che doveva essere maledetta.

Dudley borbottò delle scuse, tentando di girarsi senza colpire nessun altro. I suoi occhi incontrarono lo sguardo ghiacciato di un uomo magro coi capelli biondo platino e il viso pallido contratto dalla rabbia.

«Guarda dove vai, imbranato!» sibilò furioso.

«Ho detto che mi dispiace…» borbottò ancora Dudley.

«Signor Dursley!» esclamò Tom, smorzando la tensione «Come mai è vestito da mago?» domandò decisamente stupito.

L’uomo dai capelli platino sgranò gli occhi sbalordito.

«Vuol dire che oltre ad essere imbranato sei pure Babbano?» chiese quasi disgustato.

Dudley arrossì vistosamente, e per un attimo fu tentato di ordinare al suo Meteocane di mordere quel tipo insopportabile.

«Via, via, signor Malfoy…» si mise nuovamente in mezzo il barista «Le porto un altro bicchiere di Whisky Incendiario, offre la casa.» e con quelle parole si tuffò dietro al bancone.

Draco lanciò un’altra occhiata sprezzante al Babbano, poi tornò a guardare il bancone, sul quale Tom aveva appoggiato un calice pieno. Dudley si allontanò di qualche passo da Malfoy e poi si rivolse a Tom.

«Mi servirebbe la Polvere Volante per tornare a casa. La macchina la riprendo domani mattina, non mi pare il caso di uscire per strada in queste condizioni…» spiegò.

«Certamente, certamente…» rispose Tom, facendo cenno a Dudley di seguirlo fino al camino.

Il barista gettò una manciata di Polvere Volante nel camino, visto che Dursley non aveva più mani disponibili per farlo da sé, e le fiamme divennero verdi. A fatica, il Babbano si incastrò dentro al camino, e Tom lo aiutò a far entrare anche il cane, che continuava a tirare cercando di salire sui tavoli.

Quando fu sicuro di non star lasciando indietro nulla, Dudley pronunciò chiaramente l’indirizzo di casa sua e sparì tra le fiamme.

 

Di ritorno dal Ministero della Magia, Harry si Materializzò nel salotto di casa sua, seguito da Ron e Hermione.

«Ciao, bentornati!» li salutò Ginny, che stava comodamente seduta su una poltrona a leggere la Gazzetta del Profeta.

«Scusa se te lo dico solo adesso, ma li ho invitati a cena.» disse Harry indicando i suoi migliori amici.

«Non preoccuparti, tanto avevamo comunque altri ospiti.» gli rispose la moglie, che all’occhiata interrogativa del marito aggiunse «Si ferma anche Teddy, e Andromeda ci raggiungerà appena possibile.»

«Teddy?» si intromise Ron «Ma quel ragazzo è sempre qui?»

«Così pare…» disse Harry ridacchiando.

«Fatela finita, voi due… Io trovo che sia un ragazzo adorabile!» aggiunse Hermione.

«Questo è certo!» le diede ragione Ginny.

Hermione stava per chiedere dove si trovavano i bambini, quando la risposta arrivò da sola. Dal piano superiore si sentì urlare, poi Lily e Hugo si precipitarono giù per le scale. Urlando e ridendo, cercarono di nascondersi dietro ai loro genitori. Il motivo di quelle urla fu presto svelato. Teddy scese di corsa le scale, barcollando e tenendo le braccia in avanti come uno stranissimo zombie. I suoi capelli in quel momento erano grigi, così come gli occhi, che erano piccolissimi e vicini. Il naso era grosso e bitorzoluto, ed occupava la maggior parte della faccia. La bocca era grossa e con sottili labbra viola. Nel complesso era raccapricciante, considerando che inoltre emetteva dei versi molto simili a quelli di un Troll. Harry, Ron e Ginny scoppiarono a ridere, mentre Hermione storse il naso. Adorava Teddy, ma non le piaceva molto il modo in cui certe volte giocava con i bambini. Sembrava avesse la capacità di agitarli anche quando erano tranquillissimi.

«Vi mangio…» ruggì Teddy con voce cavernosa.

Lily e Hugo, nascosti rispettivamente dietro a Harry e dietro a Ron, lanciarono un urletto acuto e scoppiarono a ridere. Poi si sentì un crack, il rumore di uno schiaffo e la voce di Teddy, tornata normale, gridare «Ahi!». Ciò poteva significare solo una cosa: era arrivata Andromeda, e come sempre il suo arrivo metteva fine ai giochi.

«Piantala di fare il buffone!» la donna rimproverò il nipote.

«Ma dai, stavamo solo giocando…» si giustificò lui, mentre il suo aspetto tornava ad essere quello di un normale ragazzo di diciannove anni.

I capelli lunghi fino alle orecchie assunsero un color prugna, gli occhi divennero color nocciola e tornarono ad occupare una posizione normale, il naso si restrinse e la bocca si rimpicciolì. Ora non sembrava più un mostro, ma un ragazzo molto attraente.

Andromeda non lo guardò nemmeno negli occhi, anzi si voltò a parlare con Ginny.

«Grazie mille per l’invito. E soprattutto vi ringrazio per tutte le attenzioni che riservate a Teddy, anche se certe volte credo che smettere di ridere alle sue stupidaggini potrebbe aiutarlo molto a tornare alla realtà…» disse.

«Ma dai, non c’è bisogno di ringraziare, voi due siete di famiglia e lo sapete perfettamente!» la contraddisse Harry.

«E poi trovo che Teddy quando fa il buffone sia magnifico.» rincarò Ron.

«Che bello, allora qui qualcuno mi vuole bene! La nonna invece è cattiva, vuole tarparmi le ali!            » esclamò il ragazzo in un tono molto teatrale, per poi stringere Ron in un forte abbraccio.

Stavolta risero tutti. Quel ragazzo era mitico. Nonostante fosse cresciuto senza genitori, nonostante fosse un lupo mannaro, era pur sempre un giovane allegro, spensierato, che amava ridere e far ridere il suo prossimo. Secondo Harry, il figlio di Remus Lupin aveva nel sangue il “gene del Malandrino”, che tra l’altro da qualche anno sembrava essersi ampiamente diffuso in famiglia.

 

A casa, Dudley lasciò cadere tutti i suoi acquisti sul divano. Decisamente alleggerito, appoggiò sul tavolo la gabbia con il gufo, e a quel punto non ebbe alcuna difficoltà ad impedire al cagnolino di tirare come un pazzo.

Prese in braccio il cane e gli tolse il guinzaglio. Sollevò l’animale fino a guardarlo negli occhi, mentre quello cercala di leccargli il naso.

«Lo sai che sei adorabile?» domandò al cane «Ma come posso chiamarti?»

Il piccolo prese ad abbaiare con impazienza. La sua vocetta, ancora da cucciolo, era acuta, quasi stridula, e faceva un suono che assomigliava un po’ ad una porta non oliata e un po’ ad un sonaglio per bambini. Quest’ultima similitudine fece venire a Dudley un’idea sul nome.

«Ti chiamerai Sonny. Ok?» disse sorridendo.

In risposta, il cucciolo scodinzolò con più foga. Dudley ebbe l’impressione che il nome fosse di suo gradimento, quindi lo considerò aggiudicato. Soddisfatto posò il cane in terra, fermandosi qualche istante a guardarlo correre avanti e indietro per il salotto. Quando si riscosse, fu il momento di occuparsi del gufo. Si sedette su una delle sedie che si trovavano intorno al tavolo e, tenendo il mento appoggiato sulle mani, fissò di nuovo negli occhi il maestoso volatile. Lo sguardo ambrato del gufo resse quello del suo padrone, come a volergli dimostrare che nulla poteva intimorirlo.

«Sai, dovremmo trovarti un nome che sia degno della tua bellezza.» constatò Dudley.

Il gufo emise un verso soddisfatto, come a dargli ragione.

«Però il colore delle tue piume mi fa pensare solo alle cose da mangiare. Sembri una ciambella piumata!» continuò a dire l’uomo, sentendo il suo stomaco contorcersi dalla fame.

Il gufo questa volta non emise alcun suono, ma reclinò di poco il capo per guardare meglio il suo padrone, probabilmente domandandosi quanto sarebbe stato ridicolo il suo nome.

«Ho deciso! Ti chiamerò Ciambellino!» esclamò Dudley dopo qualche riflessione.

Il gufo iniziò a sbattere le ali, ovviamente per quanto poteva riuscirci stando in gabbia, emettendo dei versi acuti e fastidiosi, visibilmente oltraggiato da quel nome terribile.

«Va bene, va bene!» si affrettò a correggersi Dudley, agitando le mani per calmare il volatile.

L’uccello si calmò di nuovo. Dursley si rese conto di aver sbagliato parecchio nell’assegnare il nome all’animale. Le sue dimensioni erano enormi, soprattutto ad ali spiegate doveva essere colossale, ed un nome che conteneva un diminutivo non gli si addiceva affatto!

«Che ne dici allora di Ciambellone?» chiese ancora, cambiando le dimensioni ma rimanendo sempre nell’ambito delle ciambelle.

Il gufo, probabilmente pensando che da un tipo del genere non sarebbe mai riuscito ad ottenere niente di meglio, reclinò la testa da un lato ed emise un suono che apparentemente rappresentava una reazione positiva, ma che in realtà era solo di rassegnazione.

Allegro e soddisfatto, Dudley si alzò di nuovo in piedi. Sonny corse verso di lui e cercò di saltargli addosso, arrivando a malapena al di sopra del ginocchio.

«Sonny, Ciambellone, devo presentarvi la famiglia!» sentenziò deciso.

Di diresse verso il camino, vi gettò dentro una manciata di Polvere Volante presa da un vaso ed infine infilò la testa fra le fiamme verdi, con l’intenzione di invitare a cena i suoceri.

 

Intorno al tavolo della cena, in casa Potter, tutti ridevano fin quasi a strozzarsi. Teddy non aveva perso l’occasione di esibirsi per il suo pubblico preferito, cioè Lily e Hugo. I due bambini avevano difficoltà a masticare le loro cosce di pollo, perché ogni volta che portavano la forchetta alla bocca, una parte del volto del giovane Lupin cambiava forma, dimensione o colore, facendo ridere tutti i presenti.

Teddy era seduto a capotavola nel tavolo rettangolare del salone. Alla sua destra c’era Lily, mentre alla sua sinistra sedeva Hugo. Accanto al bambino c’era Ron, e nel posto successivo Hermione. A capotavola dal lato opposto c’era Harry, che dopo i bambini era quello che si divertiva di più a vedere le trasformazioni di Teddy. Vicino a Lily sedeva Ginny, e accanto a lei Andromeda, che cercava senza grandi risultati di non guardare suo nipote.

«Come vanno le cosa a Hogwarts?» chiese l’anziana strega a Ginny, per cercare di sviare l’attenzione dal ragazzo.

«James è già nei guai.» rispose la donna alzando le spalle, come se per lei fosse del tutto normale che il suo figlio maggiore fosse nei guai dopo tre giorni di scuola.

«Albus invece è a Serpeverde, ma a quanto pare non da il minimo peso alla differenza di Case.» riprese a parlare Ginny «Come vorrei che James fosse come lui…»

Andromeda diede alcune delicate pacche sulla schiena dell’altra, cercando di rassicurarla.

«Come ti capisco… Non sai cosa darei perché Ted assomigliasse un po’ di più a qualcuno della famiglia, uno qualsiasi!» disse con un sospiro sconsolato, visto che ormai aveva perso ogni speranza di vedere il suo Teddy comportarsi come una persona seria una volta ogni tanto.

Nel frattempo Harry stava parlando con Ron e Hermione. L’argomento della conversazione non era quello che i tre amici preferivano, ovvero i ricordi felici del tempo passato insieme, ma quello di cui discutevano di più, ossia il lavoro. I tre, infatti, lavoravano insieme. O, per meglio dire, Harry era il capo dei suoi due migliori amici. Ron e Hermione erano Auror, e Harry era il capo della squadra degli Auror.

 

Era strano pensare come Harry, Ron e Hermione fossero riusciti a fare quel lavoro anche senza finire la scuola. Ma in fondo, chi era più consono di loro per svolgere quel lavoro? Si poteva dire che l’intelligenza di Hermione, l’imprevedibilità di Ron e il coraggio di Harry insieme avevano sconfitto Voldemort. Quindi era scontato che, subito dopo la caduta del Signore Oscuro, ricevessero l’invito ad entrare nella scuola di addestramento per Auror. In condizioni normali vi si poteva accedere solamente dopo aver conseguito il M.A.G.O. in alcune determinate materie, per di più con ottimi voti, ma per loro tre fu fatta un’eccezione. Anche senza il diploma più alto di Hogwarts, avevano avuto il via libera all’addestramento da Auror. Ci erano voluti anni, ma alla fine erano riusciti a diventare a tutti gli effetti dei cacciatori di maghi oscuri. E Harry era, ovviamente, il miglior Auror che il Ministero avesse mai visto.

Potter si era distinto subito da tutti gli altri. Ormai non c’erano più Mangiamorte in giro per il paese, i pochi superstiti erano fuggiti all’estero. Harry, non appena divenne Auror, fece domanda per essere spedito all’estero a cercarli. Da solo, nel giro di tre anni, ne trovò una quindicina sparsi per il mondo, che si nascondevano sotto falso nome. La sua fu un’impresa notevole visto che tutti gli altri Auror, nonostante fossero più esperti di lui ed avessero cominciato la ricerca mentre lui si stava ancora addestrando, ne avevano trovati in totale due o tre. Quel successo fu per Harry Potter l’inizio di una brillante carriera, e certamente gli fu molto utile per guadagnarsi il ruolo che in quel momento ricopriva.

Ron e Hermione svolgevano il lavoro che gli veniva affidato, senza cercare di fare più di ciò che era in loro potere. Era quello il motivo per cui avevano fatto meno carriera rispetto al loro migliore amico. Ma in fondo a loro andava bene anche così.

Hermione era soddisfatta dal proprio lavoro. Essere un Auror manteneva costantemente in attività il suo cervello. Escogitava piani, organizzava azioni e catturava malviventi. La sua vita era sempre molto intensa, perché il suo lavoro le permetteva di mettersi continuamente alla prova. Per lei non importava affatto a quanto ammontava il suo stipendio, ma le interessava solo svolgere nel modo migliore i compiti che le venivano assegnati, ed era orgogliosa di non aver mai fallito una missione.

Ron lavorava spesso in coppia con Hermione. A dire il vero preferiva quando anche Harry si univa a loro, ma siccome Potter veniva scomodato solamente per i casi più delicati, spesso Weasley era più che felice di stare in squadra solamente con la moglie. L’uomo dai capelli rossi, penultimo di sette figli, era sempre cresciuto all’ombra dei suoi fratelli maggiori. Bill, Charlie e Percy erano sempre stati diversi passi avanti a lui, e tutto sommato anche i gemelli erano sempre riusciti a farlo sentire un po’ inutile. Ma lavorando come Auror, Ron aveva cambiato opinione di se stesso. L’idea di guadagnare montagne di Galeoni, di uscire dalla miseria, lo rendeva euforico. Si dedicava con poca allegria al lavoro esattamente come prima faceva con lo studio, eppure era felice di essere un Auror, di essere importante, di avere tanti soldi, di essere il figlio più elogiato dai suoi genitori, di non essere più all’ombra di nessuno.

A volte, dopo il lavoro, Harry, Ron e Hermione si trovavano a cenare insieme, solitamente a casa Potter. L’amicizia che li legava ai tempi della scuola non aveva mai vacillato da quando Harry aveva trionfato su Voldemort. Perfino i loro matrimoni erano riusciti a rendere più solido il legame fra quei tre eterni amici. Quando si trovavano insieme, lontano da orecchie indiscrete, i tre si tuffavano nei loro ricordi della scuola, dei loro amici di Grifondoro, dell’ES e di tutto quello che avevamo combinato quando erano ragazzi. Spesso le loro chiacchierate toccavano anche l’argomento dei loro figli e nipoti, e ridevano delle marachelle dei Malandrini, che George aveva “addestrato” con grande dedizione insieme al fedele amico Lee.

Delle volte capitava, invece, che si ritrovassero a parlare di lavoro. Se una missione, un compito assegnato, li tormentava particolarmente, di solito ne parlavano insieme. Era il loro modo per semplificare le cose, proprio come succedeva ai tempi della scuola, quando Harry scopriva cose che non doveva scoprire ed insieme cercavano una soluzione per salvare qualcuno o qualcosa. In questo modo ogni cosa, per Harry, Ron e Hermione, diventava più semplice di come sembrava, perché loro erano sempre insieme.

 

Draco Malfoy quella sera era di pessimo umore. L’incontro con quel Babbano al Paiolo Magico lo aveva mandato su tutte le furie, e lui non aveva alcun modo di sfogarsi. Sua moglie era a cena fuori con le amiche, quindi Draco si trovava da solo nell’immensa villa di famiglia. O meglio, solo con Tabo, il distratto elfo domestico di sua moglie.

«Tabo!» esclamò dalla sua poltrona preferita del salotto.

Un attimo dopo, con un sonoro pop, l’elfo apparve al suo fianco.

«Padrone ha chiamato Tabo?» domandò la creatura con una vocetta stridula.

Draco lo squadrò da capo a piedi. Le grosse orecchie lo facevano assomigliare ad un sinistro pipistrello, il naso era lungo e aquilino, la bocca era sempre dischiusa in un’espressione sognante, gli occhi guardavano un punto imprecisato della stanza con aria vuota.

«Direi proprio di sì.» disse Draco leggermente scocciato dalla stupidità della domanda, alzando gli occhi al cielo «Ho fame, portami del tacchino arrosto e una bottiglia di vino dalla mia cantina, non da quella di famiglia.»

«Sì, padrone!» esclamò Tabo guardando il soffitto.

«Hai capito quello che ho detto, stupido elfo? Tacchino. E. Vino.» scandì bene «E guardami negli occhi quando ti parlo!» gli strillò poi.

A quell’ultima frase, l’elfo parve riscuotersi. Scosse rapidamente il capo, come risvegliandosi da uno stato di trance. Spostò lo sguardo su Draco, poi si affrettò a dire «Tabo ubbidisce!» e sparì in un pop che rimbombò nel silenzio della stanza.

Una volta rimasto di nuovo solo, Draco chiuse gli occhi e si mise a riflettere. Chissà se l’elfo aveva capito i suoi ordini. Lui era stato più chiaro possibile, ma con quell’elfo non ci si poteva stupire di nulla. Una volta, alcuni anni prima, gli era stato ordinato di andare a prendere Scorpius a casa di un amico, ed era tornato con il bambino sbagliato. Per come la vedeva Draco, Tabo era ancora più svampito di quella Lunatica Lovegood che tutti prendevano in giro ai tempi della scuola. Solo sua moglie continuava a difendere l’elfo, dicendo che lui non sapeva come trattarlo, e che se preso per il verso giusto era molto preciso. Secondo Draco quelle erano tutte cretinate, lui pensava che la donna volesse semplicemente evitare di ammettere di aver sbagliato nell’accettare i servigi di quella creatura. Scorpius, invece, trattava quell’elfo come si meritava. Malfoy senior, infatti, trovava molto divertenti gli scherzetti che suo figlio adorava fare a Tabo. Siccome l’elfo aveva sempre la testa tra le nuvole, Scorpius solitamente gli appariva alle spalle urlando «Bu!», oppure provocando in ogni maniera possibile dei rumori assordanti, ed ogni volta l’elfo si spaventava tanto da tornare alla realtà e fare dei salti da record. Qualche volta, Draco doveva ammetterlo, si era nascosto lui stesso dietro a qualche angolo, per fare delle meravigliose fotografie alle reazioni che Tabo aveva agli scherzi di Scorpius.

Draco dovette aspettare un totale di quindici minuti perché l’elfo gli portasse ciò che aveva ordinato. O meglio, qualcosa che assomigliava a ciò che aveva ordinato. Il mago puntò gli occhi sul piatto da portata che Tabo reggeva sulla testa. Il tacchino arrosto che aveva ordinato sembrava più che altro un…

«Pollo! Io ti ho chiesto del tacchino e tu mi hai portato un pollo, inutile sacco di cacca di Troll!» gridò furioso, colorando di rabbia il suo viso pallido.

«Tabo è costernato…» l’elfo si gettò ai piedi del padrone, strisciando sulle ginocchia.

Draco strinse una mano a pugno finché le nocche non divennero bianche. Quanto avrebbe voluto poter Schiantare quel maledetto elfo! Ma sua moglie si sarebbe arrabbiata da morire, sarebbe stata dalla parte di Tabo invece che dalla sua, e lui non poteva davvero permetterlo. Quindi fece un bel respiro e cercò di calmarsi.

«Va bene, mangerò il pollo.» ringhiò a denti stretti, dimostrando di avere molta più pazienza di quanto immaginava.

Con un gesto della bacchetta fece apparire un tavolino davanti alla poltrona in cui era seduto, e Tabo vi depositò sopra il piatto col pollo arrosto. Cercando di non pensare a niente cominciò a mangiare. Dopo tre bocconi il suo volto era tornato pallido come sempre.

«Ti avevo detto di portarmi anche del vino.» disse poco dopo, utilizzando il tono più inespressivo che gli riuscisse in quel momento, tenendo lo sguardo puntato sul piatto.

«Padrone perdona Tabo, Tabo dimenticato vino in cucina!» esclamò frettolosamente l’elfo, per poi precipitarsi di corsa fuori dalla porta.

Dopo poco più di un minuto, Tabo tornò con un vassoio tra le mani. Su di esso si trovavano una bottiglia di vino dall’aria molto antica, completamente ricoperta di polvere, stappata, ed un calice con dentro del vino color sangue. Posò il calice sul tavolo e subito Draco lo bevve, chiudendo gli occhi per bearsi di quel gusto impossibile da descrivere. Era il vino più buono che avesse mai assaggiato, e non si capacitava di come una bottiglia del genere potesse trovarsi nella sua cantina, visto che tali delizie di solito erano custodite gelosamente nella cantina di famiglia.

«Ottimo! Che vino è?» domandò posando il calice e puntando gli occhi sull’elfo.

Bere un calice di quel vino lo aveva calmato, per quanto era buono. Ormai il suo volto era rilassato, quasi sorridente.

In risposta alla domanda di Draco, Tabo indicò la bottiglia che aveva posato sul tavolino. Malfoy si voltò a guardarla e per poco non si sentì male. All’apparenza era una normalissima bottiglia vecchia e stracarica di polvere. Tuttavia, sotto ad un dito di sporco accumulato in chissà quanti anni, c’era un’etichetta che recava una scritta fatta a mano. La scritta non era altro che una data di più di cento anni prima. Tabo non aveva affatto preso una bottiglia dalla cantina di Draco. E meno male che lui aveva specificato di non entrare nella cantina di famiglia! Quello stupidissimo elfo aveva preso una delle bottiglie più preziose della cantina dei Malfoy, luogo in cui erano contenuti i vini di maggior valore che passavano in eredità di padre in figlio. E quel vino, Draco si sentiva male solo a pensarci, aveva un valore inestimabile.

Scattò in piedi, lanciando per aria il tavolino. Non era mai stato così arrabbiato in vita sua, il suo volto latteo era di un acceso fucsia, il suo cuore batteva così forte da rischiare di saltargli fuori dal petto.

«SI PUÒ SAPERE COSA DIAVOLO TI È SALTATO IN MENTE?!?» gridò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre la mano destra scivolava in tasca alla ricerca della bacchetta magica.

«TI AVEVO DETTO DI PRENDERE UNA BOTTIGLIA DALLA MIA CANTINA, E NON DA QUELLA DI FAMIGLIA, E TU DOVE SEI ANDATO? IN QUELLA DI FAMIGLIA, OVVIAMENTE! HAI IDEA DI CHE VINO MI HAI DATO?»

Stava perdendo il controllò di sé. Tabo indietreggiava terrorizzato, mentre Draco avanzava verso di lui urlando come un pazzo furioso. Nel frattempo il mago aveva afferrato la bacchetta, e si stava apprestando ad estrarla.

«QUEL VINO ASSUME DEI POTER MAGICI SUPERBI SE INVECCHIATO PER ALMENO CENTOCINQUANTA ANNI! E SAI QUANTI ANNI AVEVA QUELLA BOTTIGLIA? NE AVEVA CENTOQUARANTASETTE! PER PIÙ DI UN SECOLO È STATA CONSERVATA NELLA CANTINA DEI MALFOY, E ADESSO PER COLPA TUA È DA BUTTARE! MA IO TI AMMAZZO, PICCOLO MOSTRO SCHIFOSO!» ormai la bacchetta di Draco era puntata al petto di Tabo.

La rabbia aveva portato gli occhi del mago ad assomigliare pericolosamente all’occhio magico di Malocchio Moody. L’elfo, pietrificato dalla paura, non osava muoversi o proferire parola. Sapeva che il suo padrone stava facendo sul serio, stavolta lo avrebbe ucciso davvero.

«Avada…» disse Draco con un ghigno sadico sul volto, ma vanne interrotto prima di terminare la maledizione.

Un gufo stava planando nel salone attraverso una finestra aperta. Il volatile si posò sul braccio disteso che reggeva la bacchetta, cercando di ottenere l’attenzione del mago. Scocciato, Malfoy abbandonò il tentativo di eliminare l’elfo e slegò dalla zampa del gufo la lettera di Scorpius.

 

Ed ecco la fine del capitolo. Come avete visto, è interamente dedicato a cosa accade al di fuori di Hogwarts. Ho cercato di parlare un po’ anche del passato e delle abitudini di alcuni personaggi, sperando di non essere stata banale. Dal prossimo capitolo, comunque, si parlerà di nuovo dei nostri adorati studentelli di Hogwarts. ^^

Aggiornerò il prossimo capitolo il più presto possibile, spero di non farvi aspettare troppo! XD

Alla prossima, e intanto ricordatevi di recensire! ^^

Ciau!

SuperEllen

  
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