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Autore: bruciato    11/08/2013    1 recensioni
Anime Oscure è un opera in corso di scrittura di genere Low Fantasy.
Ambientata nel regno di Landor,segue le vicende dei maggiori esponenti di quest'ultimo,dal Re ai Cavalieri Neri, suo protettori, includendo nobili e popolani. Giochi, guerre, intrighi e complotti si alternano nella Città Illuminata, dove siede il giovane Re Vaan Destiryon.
Cyrith, regno da sempre nemico di Landor, si muove a Est, mentre da Nord arriva Cesar Brambe, figlio del Re ucciso e spodestato da Lance Destiryon, padre di Vaan.
Dalla Linea Stricta, a Sud, arrivano voci preoccupanti sul ritorno dei non-morti. Non molti credono al ritorno di quei traditori del reame, considerando la loro stessa esistenza leggendaria.
Genere: Dark, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A volte suo padre lo portava in giro, per l'acropoli. Una volta si era spinto, addirittura, a fargli visitare l'Arco del Vittorioso, dedicato a un certo Maebor di cui Vaan dimenticava sempre il numero. Quel giorno il principe di Landor ebbe il primo confronto con la realtà. E vide che la realtà era grigia. Appena usciti, vi era stata qualche ovazione, molti inchini. Ma nei pressi del quartiere Sud, dove si erigeva l'Arco, il principe vide gli sguardi arcigni e udì qualche insulto. Se non fosse stato per i Neri e un'altra cinquantina di cavalieri le cose sarebbero potute degenerare, ma la Lancia d'Argento del Cacciatore aveva tenuto a bada più di qualche temerario. Lance Destiryon era proprio sotto la struttura con Vaan. Prese a raccontare di tutta la storia che quei rilievi emanavano, ma suo figlio ascoltava poco convinto; Aveva altro a cui pensare, tipo a quale ragazza scoparsi di lì a poche ore.
«Sai perché ti ho portato qui, Vaan?»
«Perché, padre?» aveva chiesto Vaan.
Lance smontò da cavallo senza rispondere, e chiese a Vaan di fare lo stesso.
«Perché noto con disappunto che ti preoccupi più di te stesso che del regno, e questo non è bene.»
Vaan roteò gli occhi. Ne aveva abbastanza dei rimproveri di suo padre, ma cosa voleva? Che dedicasse la sua vita alla guerra, alla politica, come lui aveva fatto?
Lance però non aveva avuto scelta, a suo tempo. Suo padre morì durante l'epidemia di peste sotto Titus V, e a Lance toccò occuparsi dei Destiryon appena compiuta la maggiore età. Ma era stato costretto, e Vaan credeva di avere tutto il tempo del mondo per imparare a fare il Re. E poi Vaan non aveva partecipato a nessuna battaglia, mentre Lance ne aveva vinte più di venti. Solo una volta il principe ne vide una dal vivo, tra l'altro a centinaia di metri di distanza.
«Vaan, mi ascolti?» lo scrollò Lance.
«Si padre, perdonami. Hai ragione, è colpa mia.» ormai Vaan ripeteva queste parole come un mantra, una canzone da ripetere ogni volta che riceveva un rimprovero.
Lance lo guardò sconsolato, e si voltò a fissare un rilievo. Vaan riconobbe chiaramente l'aquila bicipite, ma non sapeva quale fosse l'episodio narrato. Lance notò il suo interessamento.
«Volevo parlarti proprio di questo. Sai chi è il Re, qui?» E puntò il dito sopra all'uomo con la corona. Vaan scosse la testa.
«Jasper I!» esclamò suo padre. «Prese il potere con la forza, come noi! Ma dopo pochi mesi, su Lightburg marciavano sette eserciti e fu costretto a scappare con il suo a Nord. Si dice che fece un discorso leggendario ai suoi, la notte prima di invertire la marcia e dirigersi verso i suoi inseguitori.»
Lance fece un gran sospiro. Vaan ora ricordava quella storia, ma finse ignoranza.
«E poi cosa accadde?»
Lance iniziò a passare la ruvida mano per tutto il rilievo, toccandone tutti i rigonfiamenti che ricreavano la Storia.
«Fu trucidato assieme a gran parte degli Arcadia che lo avevano seguito. Passerà alla storia come Jasper l'Usurpatore, ma molti, me compreso, lo chiamano ancora Jasper il Coraggioso.»
«Non lo metto in dubbio, padre. Ma il Coraggioso ha concimato le terre dei Karlin.»
«Altrettanto vero, Vaan. Ricordati però che siamo usurpatori anche noi.»
A Vaan quella frase non piacque particolarmente. Ma si cucì la bocca, per evitare di prendere uno sganassone. Lance alzava spesso le mani, nel vano tentativo di correggere l'indole di Vaan.
«Cosa disse Augustus quando morì?» chiese Vaan.

Era una domanda che gli si insinuava spesso nella mente, da quando gli era arrivata la notizia. Lui era fuori le mura, e vedeva i fuochi innalzarsi verso il cielo. Su ogni torrione il drago dei Lunac sventolava fiero assieme all'albero dei Destiryon. Si ricorda anche che era proprio un soldato Lunac quello che correva a perdifiato verso la tenda di Caterine. Vaan era entrato assieme a lui, curioso. Disse solo quattro parole: “Il Re è morto.”
Vaan ricordava anche il mezzo sorriso di Caterine, e lei che si versava una coppa di costoso vino proveniente dal regno di Sante'si. Il nuovo Re non era con loro. Poteva forse non essere in prima linea?

 

«E chi lo sa.» rispose Lance, guardando Seth Lunac il Nero. «Se ne occuparono i Lunac della famiglia reale.»
«Non gliel'hai mai chiesto?» fece Vaan.
«Dovrei? No, non me ne importa nulla. L'importante è che ora sediamo noi sul trono.»
“E speriamo di rimanerci il più a lungo possibile.” Aveva pensato Vaan, di risposta.
Lance rimontò a cavallo, seguito dal figlio, e tornarono all'acropoli. Nel viaggio, a Vaan tornò in mente la lenta ballata su Jasper I.

Era bello, il Re Arcadia.
Era forte, il Re Arcadia.
Era coraggioso, il Re Arcadia.
E scappò a Nord, il Re Arcadia.
E parlò fiero come due aquile, Jasper il Coraggioso. E gli armati lo seguirono, scorgendo la vita.
Ma trovarono la morte assieme al loro Re, il Re Arcadia.
Cerca la vita assieme a Te, mia fanciulla, il Re Arcadia.
E adesso nessuno ricorda più Jasper il Coraggioso, e ora lo chiaman presuntuooso,
anche arrogante.
Ma l'aquila sul suo petto era più che rombante; ma Nero Jasper non fu più.
Per mano dei Brambe inverdì la terra e trovò l'oblìo, compiendo un viaggio a Sud.
Non si rialzò, il Re Arcadia.
Era bello, il Re Arcadia.
Era forte, il Re Arcadia.
Era morto, il Re Arcadia.


 



Vaan aveva appena ricevuto gli Allister, e si stava dirigendo verso la sala delle riunioni.

Che spreco di tempo. Ma aveva dovuto farlo il prima possibile, Vaan detestava lasciare le cose in sospeso. Tutto e subito, cosi si poteva riassumere la filosofia del Re. Una filosofia che aveva innumerevoli svantaggi. Camminava a fianco a sua madre Caterine, assorto nei suoi pensieri.

«Aspetta,Vaan.» gli disse lei, accelerando il passo. «Vuoi dirmi perché non hai dato il tempo agli Allister di riposare? Sei un insolente.» Vaan notò che le due guardie che l’accompagnavano avevano un mezzo sorriso mentre sua madre pronunciava queste parole.
« Zitta, Caterine. Non voglio sentirti oltre.»

«E invece mi sentirai eccome! Non sei bravo a governare, non sai nulla dell’educazione, ne di come ci si comporta con gli ospiti. Sei il Re, dannazione! E hai fatto un inchino...non ci credo. Nemmeno i giullari fanno più gli inchini.» Vaan sapeva che lei aveva ragione e un impeto lo travolse.

«Non dirmi cosa devo fare, te l’ho già detto!» sbraitò. «Ora tu starai zitta e buona, o andrai a far compagnia a tuo marito sotto terra!» Poi il tono di Vaan si fece più calmo e profondo, ma non meno freddo e asettico.

Aveva compreso le gravità delle sue parole, ma non voleva farlo capire a Caterine. «Guai a te, guai a te se oserai ancora insultarmi. Ringrazia che non ti faccio portare via da questi due. E dammi il braccio.»

La rabbia di sua madre era visibile, Vaan la percepì. Mise il suo braccio sotto quello di Vaan e restò in silenzio. Nella sala erano già presenti tutti i saggi, anche Mason Curter. Vaan si sedette con sua madre accanto, e appena lo fece disse al primus inter pares dei saggi del Regno: «Mason, tu ascolterai il resto della seduta. Ora io voglio che parlino quelli che sanno di Cesar e di Vladimir.»

Un gran vociare si sparse per la sala, per tutto il tavolo d’oro ricoperto dal vetro, per le sedie di stoffa scarlatte e penetrò le colonne della stanza.

Probabilmente non si aspettavano che Vaan fosse a conoscenza dell’arrivo di Cesar.

Vaan ordinò il silenzio assoluto. Poi fece un cenno al saggio degli esteri. Quello riferì che in quei giorni non avevano ricevuto altre segnalazioni dalle montagne a Est.

«Bene, bene..Abbiamo un problema di meno, per ora. E di Cesar?»
Fu Mason a prendere parola.

«Dai movimenti che ci riferiscono le poche spie che abbiamo a Nord, Cesar Brambe sta marciando su Lightburg e si dice che sarà qui tra circa due mesi. I Karlin sono in grave pericolo. Abbiamo mandato molti messaggeri, ma non credo faranno in tempo. Il Nord è già perduto.»

«Maledetto bastardo!» Urlò Vaan, picchiando sul tavolo. Caterine gli artigliò il braccio da sotto il tavolo, quasi a tentare di calmarlo. Vaan lo prese con forza e si tolse quella viscida appendice del corpo della madre. Ma perché nessuno gli diceva mai le cose come stavano?

«Come siamo messi a truppe ed equipaggiamenti? »

«Non benissimo, mio Signore. In caso di assedio…»

«Assedio??» Lo interruppe Vaan sconcertato. «Non ci sarà nessun assedio Mason! Noi combatteremo in campo aperto! Non lascerò le famiglie della città a morire di fame mentre lì fuori i soldati di Cesar si ingozzano con i prodotti delle nostre terre!»

«In tal caso...» Riprese a parlare il Saggio «...possiamo contare su circa seimila uomini di stanza in città, tra guardie cittadine e nobili che vi abitano. Si dice che Cesar abbia molti più uomini di noi.»

«Bene.» Rispose Vaan «Voglio che siano richiamate tutte le truppe dei Destiryon dal Castel Grigio, dagli alfieri, da ovunque. Che si dirigano verso il Nord, al Castello del Ghiaccio. Portate anche metà delle guardie cittadine. Chiamerò a raccolta i vessilli delle altre casate dopo il torneo. C’è altro? »

Per la prima volta, forse, Vaan Destiryon aveva parlato come un Re, sentendosi un leone. Un Brambe?
Tutti lo fissarono, tranne sua madre che teneva gli occhi abbassati. Mason Curter poi rispose:

«Sarà fatto mio Signore. Ikard, attua le disposizioni che ha dato il Re.» Poi si voltò verso Vaan e riprese. «Mio Re, c’è anche un altra cosa che dovreste sapere. I Lunac saranno qui a brevissimo; i Beckett, casa della vostra nobile madre, arriveranno domani. Lo stesso vale per gli Arcadia e tutti gli altri. Bisogna anche nominare il quarto Cavaliere Nero, mio signore.»

Il nuovo Nero! Vaan se l’era completamente dimenticato e bisognava nominarne uno; era quasi un mese che il titolo era vacante. Respirò profondamente, poi appoggiò un gomito sul vetro che ricopriva l’intero tavolo.

«Preparami una lista di possibili candidati, Mason. Contadini, Lord, soldati, chiunque. Basta che siano tutti ottimi spadaccini e fedeli alla mia persona e a ciò che rappresento. Il concilio per quanto mi riguarda è concluso, voi continuate. Mia madre è ora il mio rappresentante ufficiale.»
Vaan si alzò, si sistemò il mantello rosso e si avviò verso l’uscita. Due file di guardie batterono le lance al suo passaggio, sul corridoio verso l'uscita.

Sbucò in un grande spiazzo pieno di cespugli. Sospirò.

Rimaneva sempre un ostacolo a tutto, cioè sua madre Caterine. La odiava, e come osava rivolgersi così a suo figlio mettendolo in ridico di fronte a due guardie? Ma che diceva ,a suo figlio, al suo Re! Ma d'altronde, cosa poteva fare? Commissionare un omicidio? Forse il Cacciatore..no, era assurdo. Vaan non sarebbe passato alla storia come il Re matricida.

Quella donna era stupida come suo fratello, ma la morte era troppo. Una famiglia di idioti. Non come quella di suo padre. Vaan aveva odiato Lance e non versò nemmeno una lacrima il giorno delle esequie.

Ma ora, forse, Vaan capiva. Capiva quanto fosse pesante gestire un regno gigantesco e quante responsabilità, quante vite, questo comportava. Restò per qualche minuto nel giardino, per rilassarsi e concedersi un momento di riflessione. Quando si alzò, notò Mason sulla porta dalla quale era venuto prima. Lo osservava, silenziosamente. Con quegli occhi vispi, quasi da cane bastonato. Un altro debole. Ma era solo l'apparenza. Mason era la persona con più uccellini del reame, e aveva un certo peso negli affari del regno. Troppo peso, forse. Vaan non sapeva più di chi fidarsi.

«Da quanto tempo sei qui, vecchio?» Gli chiese.

«Oh, da pochi secondi mio signore. Vi stavate riposando? Torno in un altro momento se volete. »

«No, aspetta..» Lo fermò Vaan. Gli si avvicinò di qualche passo e continuò, mentre sfiorava l'elsa di Destroyer. «Dimmi, è urgente?»

«E' solo un informazione, mio signore. L'Albino è qui.»

«Come sarebbe? Non doveva arrivare dopodomani, assieme al resto dei Beckett?»

«A quanto pare si è allontanato dai suoi onorevoli genitori assieme a un manipolo di cavalieri. Pare non potesse tollerare altri due giorni di viaggio.»

Ci mancava solo lui” pensò Vaan.

«Va bene.» comandò al Saggio. «Digli che lo aspetto nei miei alloggi, ora.»

Si voltò e andò verso la Sala del Trono. Doveva passare per forza di lì, per andare nelle sue stanze. Appena entrò si rese conto del fatto che non l'aveva mai visitata quando non era giorno di udienze. Oggi lo era, ma il Concilio era infinitamente più importante. I Neri se ne erano andati da poco, probabilmente. La sala era desolatamente vuota, con solo due guardie al portone di bronzo massiccio, che parlottavano tra loro. I passi di Vaan li allertarono e si voltarono di scatto, riprendendo la posizione in un batter d'occhio.

Osservò i due soldati per qualche secondo,scrutandoli. Poi gli si avvicinò a passo svelto, guardandoli negli occhi. Più si avvicinava più si rendeva conto che la paura in loro cresceva, cresceva a ogni suo passo. Quando gli fu a pochi metri, si irrigidì e disse:
«Voi non stavate sorvegliando adeguatamente la Sala. Come vi giustificate?»
Sentiva la paura, sentiva il terrore delle due guardie. Quella alla sua sinistra gli disse, dopo aver tentennato un po', che ciò che aveva visto non sarebbe mai più accaduto.

«Vi ho visto con i miei occhi. Se non fossi passato di qui, avreste potuto continuare a pensare ai vostri affari tutto il giorno. Tu! » E indicò il lanciere che aveva appena parlato. «Tu, sei amico di quest'altro?» E indicò la guardia alla sua destra con un cenno del capo.

«S-sì,mio lord. Ci conosciamo da quando eravamo ragazzi.»

«Bene, allora prendilo. Portalo nelle segrete, dì al boia che può divertirsi un po', prima di ucciderlo.»

Il lanciere che doveva essere portato nei freddi sotterranei iniziò a sudare freddo, e rispose al Re senza paura: «Io lì sotto non ci vado. Rickard, non vorrai ubbidire a questo ragazzino? » Il silenzio di Rickard e lo sguardo fisso di Vaan fecero il resto.

« No! No! Io lì sotto non ci vado, mio signore. So che gli fa il boia a quelli che tu gli dai...»

Vaan ne era un po' dispiaciuto. Le voci su ciò che faceva a chi non gli andava a genio forse stavano correndo un po' troppo. Anche se non avrebbe mai raggiunto la crudeltà di Titus I Brambe.

«Fottiti tu e il tuo regno, moccioso.»

Alimentiamole allora, queste voci.” pensò Vaan. “Che tutti sappiano.”

Vaan rise di gusto, mentre colui che stava per morire lo fissava stranito assieme a Rickard.

«Rickard, ti ordino di togliere la vita a quest'uomo. »

E rise ancora. Rickard puntò la lancia contro il suo amico, e quello rispose balzando all'indietro di scatto, e mettendo la sua in posizione di attacco.

I due si guardarono, e dopo qualche secondo Rickard e il suo amico iniziarono a combattere. Vaan si allontanò e si appoggiò alla seconda colonna alla sinistra del portone, divertito. I due si studiavano, attaccavano, paravano, si alternavano in un turbinio di movenze che Vaan aveva sempre ammirato.

Rickard tentò un affondo diretto, ma il suo avversario deviò con lo scudo di ferro scuro rotondo e ne approfittò per affondare anche lui. Allora Rickard balzò all'indietro, ma quando atterrò il suo amico già lo incalzava di nuovo con la punta di ferro della lancia che gli sfiorò la coscia di pochi centimetri.

«Dimmi, amico di Rickard. Qual'è il tuo nome? » chiese Vaan, nel bel mezzo della battaglia.

«Edd Price,mio signore. AAH! » Rispose quello affannato e col fiatone. La risposta gli era costato un graffio sul braccio, poco danno, pensò Vaan.

«Ah, le regole sono cambiate. Vi state giocando la vita, tanto per la cronaca.»

Vaan si stava divertendo molto, traeva piacere nel vedere due uomini che si scannavano. Ancora di più se erano amici, come probabilmente sospettava. Edd, nel frattempo, si era riportato in posizione di vantaggio, con Rickard che arretrava costantemente e ormai era spalle al portone di bronzo. Edd con un movimento velocissimo riuscì a bucare la difesa del suo amico e gli trafisse una coscia, tra gli urli dell'altro, ormai inginocchiato. Questo gettò via lancia e scudo e iniziò a scongiurare il re di risparmiargli la vita. Edd gettò via anche lui lo scudo rotondo e si voltò verso il Re, che ancora appoggiato alla colonna, sorridente.

«Edd, uccidilo.» Così Edd della nobile casa Price si voltò di nuovo verso il suo amico Rickard; ma esitò a sferrare il colpo di grazia, mentre il sudore gli scendeva dalle tempie. Forse era un bastardo riconosciuto, i legittimi non andavano a fare le semplici guardie all'Acropoli.

«Uccidilo ora.» Fece pressione Vaan, con un tono allegro, sempre sorridendo. E così Rickard fu ucciso, trafitto al petto dal suo amico. Edd si voltò verso il suo signore con gli occhi che chiedevano vendetta. Il Re vide il suo rimorso che cresceva dentro.

«Ti sei guadagnato la vita, Edd Price. Non sei contento? Ah e fammi un favore, chiama altre guardie per portare via il corpo del tuo amico.» Gli ordinò Vaan.

Edd senza dire nulla aprì il portone di bronzo chiamando altri armati, che dopo un iniziale stupore collettivo sollevarono il corpo trafitto al petto e alla coscia di Rickard.

«Aspettate!» Li fermò Vaan. «Dovete anche arrestare il suo compagno di avventure Edd, amici miei. Ha ucciso una guardia reale, e mi ha insultato. A morte, dite al nostro caro boia.»

Le altre guardie, quindi, ancora più stupite, presero e bloccarono Edd Price di forza, mentre lui urlava.

«No! No! Tu sei un vigliaccio, sadico e pazzo! Ci hai fatto combattere, mi hai fatto ammazzare Rickard! » Poi si voltò verso una delle guardie, piangendo, che lo stava ormai trascinando fuori dalla Sala del Trono.

« Mi ha fatto ammazzare Rickard! Capisci?» Poi tornò ad inveire contro Vaan ,in un bagno di lacrime, insultando lui e sua madre. E chiuse con questa frase: «Che tu possa morire come Augustus, ucciso dai suoi stessi uomini che prima gli aveva giurato fedeltà! Che tu possa morire tradito! »

A quelle parole, Vaan si allontanò dalla colonna dov'era ancora appoggiato con la spalla fermò le guardie.

«Dite al boia che dev'essere una morte lunga e dolorsa. Ma soprattutto dolorosa, mi raccomando! » concluse divertito e appagato dal suo tributo di sangue.

«Sarà fatto mio signore! » Rispose uno, portando Edd Price fuori dalla sala del trono, mentre un altro di loro lo bastonava con la lancia. Vaan si era veramente divertito.

Adesso però doveva andare a ricevere Vayn Beckett, l'Albino. Che seccatura, andare a parlare con suo zio.

Lo odiava, e sarebbe stato un essere totalmente inutile, se non si fosse comprato amici influenti con denaro sonante. Si diresse quindi nelle sue stanze, salutò la guardia che era fuori dalla porta ed entrò. Il suo atrio era veramente spazioso, ogni volta che entrava se lo ripeteva.

Un enorme tappeto era steso sulle assi di legno, alla sua destra e sinistra vi erano due comodini con le candele già accese. Un grandissimo lampadario si stagliava in alto.

Partivano due rampe rosse, che si riunivano al piano di sopra dove vi erano due porte di legno lavorato, una sul lato destro del piano e l'altra sul sinistro. Una conduceva agli alloggi del Re e l'altra a quelli della regina e degli ospiti.

Vayn doveva essere lì. D'altronde l'atrio era usato perlopiù per ricevimenti ufficiali, quando non si tenevano nella Sala del Trono.

Salì usando la rampa di destra, poi, arrivato al piano superiore, svoltò a destra, verso la porta. Afferò la maniglia d'oro e tirò con forza.

La porta spesso era dura ad aprirsi, un difetto mai corretto.

La prima cosa che notò furono due guardie Beckett, con la caratteristica armatura azzurro-grigia e i mantelli blu come la notte. Il simbolo del veltro era ricamato ovunque. Vaan l'aveva sempre invidiati ai Beckett. Senza alcun dubbio, un veltro era più bello di un anonimo albero. Poi vide la chioma bianca di suo zio Vayn.

Quello si voltò e iniziò a fissare Vaan. Lo fissò, con quegli occhi rossi, pieni di sangue. Se fosse nato povero e plebeo, sarebbe stato subito ucciso da neonato in quanto simbolo del male. L' Albino però ebbe la fortuna di nascere ricco e Beckett.

Non partecipò mai a nessuna battaglia durante la guerra dei Baroni. Si rintanava di castello in castello durante le battaglie. Poi, dopo l'incoronazione di re Lance, si sbrigò a convincere il Re e il concilio a farlo sposare sua sorella Caterine. Questa era l'esistenza di Vayn Beckett, detto l'Albino per i suoi capelli bianchi dalla nascita. A terrorizzare Vaan fino a pochi anni prima però, non era la sua chioma, ma i suoi occhi rossi.

Strani, terrorizzanti, penetranti, pieni di odio. Vaan gli si rivolse subito, senza dargli il tempo di inchinarsi, nè a lui ne alla sua scorta.

«Chi ti ha permesso di presentarti qui con le tue guardie, zio? Possono entrare solo i membri della famiglia reale e i Neri su mio ordine. »

« Ma, mio Re, tua madre mi ha dato il permesso di portare queste due guardie. Anzi, me l'ha quasi ordinato, a dire il vero.» Rispose l'Albino. Sua madre sapeva dell'arrivo di suo fratello? E perché non l'aveva avvertito?

«Il re sono io, non lei.» Poi si voltò verso i due soldati. «Accomodatevi fuori, grazie. »

Una volta rimasti soli, Vayn si sedette su un divanetto lì vicino.

« Vieni qui, Vaan. Siediti.» Gli fece cenno con la mano.

«Stò bene in piedi.» rispose freddo il Re. «Allora, zio, che cosa vuoi? Perché sei venuto qui in anticipo? Ti sono venute pieghe da sella ? » Chiese divertito.

«Spiritoso, Vaan. Tu sai quanto io odi tuo nonno e tua nonna, non li posso sopportare. Avevo già resistito troppo durante il viaggio, poi sono arrivate delle soste troppo frequenti perché il mio “onorevole” padre voleva andare a caccia nei boschi. Dannazione, odio la caccia. »

«E adesso che vuoi fare? E dove ti metterai? Il primo piano degli alloggi degli ospiti è già stato preso dagli Allister, dovrai accontentarti del secondo. Così come nonno Jon e nonna Ambra. »

« Va bene,va bene. Ma prima dovrei chiederti una cosa; è del torneo in tuo onore. E' vero che verranno anche i Lunac ? » lo interrogò suo zio.

« Certo, perchè non dovrebbero? Sono miei sudditi proprio come gli Allister, come i Price...o i Beckett.» Poi aggiunse una nota di superiorità alla sua risposta.

«Come te, Albino. Tutti miei sudditi. » Vayn scosse la testa dopo quella frase.

Si alzò lentamente, avvicinandosi fissando Vaan con quegli occhi scarlatti.

Si posizionò di fronte al Re. A Vaan parve di scorgere un'aria di sfida, negli occhi sanguigni dello zio.

« Sudditi,eh? Tre anni fa anche Augusts la pensava così, Vaan. Si riteneva intoccabile...Non umiliare i tuoi sudditi. I Re muoiono come mosche ultimamente.» Vaan restò immobile, a fissarlo. Avrebbe voluto dirgli tante cose, avrebbe voluto dargli del codardo,del traditore, farlo arrestare per offesa alla maestà, ma non disse nulla.
Era come se intuisse che quello che gli aveva appena detto suo zio non fossero semplici e belle parole, ma delle crude verità. Vaan ogni tanto ci pensava, prima di andare a dormire. Stava esagerando ? Era davvero in balìa del potere o erano soltanto delle sue paranoie ? No, dovevano essere paranoie, assolutamente. Il padre di Augustus, Veryon Brambe, era chiamato l'Impalatore, eppure morì serenamente nel suo letto.
«Ora vai, zio. Ci vediamo più tardi. » Pronunciò Vaan, non distogliendo il suo sguardo dagli occhi rossi dell'Albino, a pochi centimetri dalla sua faccia. Nel completo silenzio, egli scansò il Re e uscì dalla stanza. Stupido, stupido lui e sua sorella. Era circondato da perfetti idioti.

Loro non sanno come si governa. Non sanno che la paura è più forte dell'amicizia. Non sanno che il timore tiene a bada i sudditi, a differenza della benevolenza e della misericordia.” disse una voce dentro Vaan. Una parte di lui, però, sapeva che c'era il rischio che suo zio avesse ragione. Osservò Distruttore che pendeva dalla sua vita. Quanto avrebbe voluto estrarlo e piantarlo negli occhi di suo zio...

Passò la notte tra incubi, dove veniva sgridato dalla madre, poi ucciso da alcuni contadini, poi divorato da serpenti che uscivano dalle orbite di suo zio. In sottofondo, c'era la voce di suo padre Lance che ripeteva sempre le stesse parole, che gli aveva pronunciato in letto di morte, mentre veniva divorato dalla febbre. Non piegarti.

Cacciò un urlo, poi si drizzò sul letto, mentre delle gocce di sudore gli colavano dai capelli. Che sogno orribile e senza senso, pensò. Si vestì con calma nonostante ormai fosse mattinata tarda, indossò l'ormai immancabile mantello rosso e verso mezzogiorno andò a pranzo, quello in onore degli Allister. La sala da pranzo era stata riempita di tavoli lunghissimi, ricoperti da tovaglie bianche e immacolate. Non aveva mai ospitato un pranzo nella fortezza, ormai Vaan era abituato a vedere un solo tavolo, dove sedevano di solito lui, sua madre e i Neri. Si diresse con gli occhi abbassati e a passi svelti verso il tavolo della famiglia reale, mentre un enorme onda di inchini lo travolgeva passo dopo passo. Il suo tavolo era l'unico posto in orizzontale che prendeva tutta la sala da un lato. Gli altri tavoloni, più corti, erano stati disposti verticalmente. C'erano già sua madre e i Cavalieri Neri seduti. Arathon, massiccio, era alla destra di Seth Lunac, il quale era a sua volta alla destra di sua madre Caterine, la regina reggente. Poi c'era un posto vuoto, il suo, e accanto a esso il Cacciatore, con l'armatura dei Cavalieri Neri. Vaan non salutò nessuno, si sedette in silenzio e con un gesto della mano consentì a tutti gli altri di farlo, che erano ancora in piedi a fissarlo. L'interno della stanza era pieno di quadri, candele e mobili pregiati, e dopo che dette una rapida occhiata a queste meraviglie pronunciò:

«Mie cari amici, nobili signori. Siete qui oggi come miei ospiti, e questo pranzo è per ringraziare gli Allister della loro onorabile presenza qui a corte. Che i servi portino i pasti!» E batté le mani, ma voleva essere da tutt'altra parte. Voleva stare nelle sue stanze, con qualche donnina allegra. Con Alexya, magari.

Così iniziò il pranzo, con i servi che portavano continuamente stufati, maiali arrosto, vini e molto altro. Si accorse che gli Allister erano su un tavolo proprio davanti a lui. Vide Antony, lady Gwen, la madre Alexandra e Gregor Allister. Gregor era un uomo di mezza età, le rughe non erano nascoste, ma possedeva ancora vitalità ed energia da vendere. Si stava abbuffando con arrosto di tacchino, bevendo continuamente vino di prima qualità che proveniva dalle botti del Re, e che colava a tratti sulla sua barba scura incolta. Vi erano anche suo fratello Koster e la lady sua moglie Isabella, e i figli Darion e Lotho. Ovviamente Gregor si era portato appresso anche cugini e parenti lontani. Quando si tratta di mangiare a sbafo, nessuno si tira indietro.

Corvi.” pensò Vaan. Sul suo tavolo invece, i gesti erano più contenuti, più freddi. Sua madre mangiava della carne semplice, mentre i Cavalieri erano molto calmi e lenti nei movimenti. Erano abituati a quei pasti magnifici, che probabilmente gli Allister non facevano. Non che la famiglia di Gwen fosse messa male a denari, ma semplicemente loro preferivano spendere monete per mura, castelli, soldati e armi. A circà metà del pranzo, Mason Curter entrò silenziosamente, da una porticina, alla destra rispetto a Vaan, e quasi scivolando sulle piastrelle di marmo si avvicinò all'orecchio del Re.

«Mio signore, mi dispiace disturbarla in questo momento di festa, ma devo informarla che i Lunac sono arrivati. Andrete a riceverli ora ? »

« No » Rispose Vaan «Più tardi, stasera. Facciamoli riposare un po', dagli il terzo piano del palazzo degli ospiti. »

« Sarà fatto mio Re. » E si dileguò con la stessa velocità con cui era arrivato.

« Vaan.» Prese parola sua madre. « I Lunac sono qui,vero ? »

« Si, madre. Sono arrivati.»

Ormai mancavano pochi giorni al torneo, e le due famiglie più importanti erano arrivate. I Beckett erano in dirittura d'arrivo, così come i Price e gli Arcadia. Solo i Karlin non sarebbero venuti, mandando scuse a ripetizione. I lord del Nord, del freddo Nord, non sapevano nemmeno quale rischio stavano correndo. I messaggeri erano già partiti, ma chissà se avrebbero fatto in tempo ad avvisarli prima della venuta di Cesar. Dei Rackler, dell'estremo oriente, invece, al confine con Cyrith, ancora nessuna risposta.

 

 

  
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