Non ricordava come fosse cominciata
la loro relazione. C'erano sicuramente di mezzo delle risate e qualche parola
detta con falso astio. Inspiegabilmente l'aura oscura e pesante che tanto a
lungo l'aveva seguita in quei giorni era scomparsa. Volatilizzata.
Averill si svegliava con il sole, mangiava e beveva con gusto, cadeva addormentata,
vedeva Sirius di tanto in tanto, litigava amabilmente con Severus.
Non era mai stanca.
Solo qualche emicrania le rovinava la giornata, ma
così come venivano esse se ne andavano.
Era così leggera che le sembrava di
sognare.
Non ricordava nemmeno quando avesse cominciato ad amarlo. Sapeva solo che in
quel momento lui la stava baciando e lei sentiva il corpo in tempesta.
Sirius la stringeva a sé e la sovrastava. Era alto e lei no. Ridevano sempre
delle due spanne di altezza che li separavano.
In quel momento, mentre il mondo sembrava ondeggiarle attorno come se vivesse
su un veliero, non rideva affatto. Sentiva il cuore in
subbuglio. Sirius era diverso da ciò che conosceva;
era aspro e vorace, come un ragazzino. Dopo un bacio ce n'era un altro; ogni
tanto si fermavano per guardarsi negli occhi, come se avessero tutto il tempo
del mondo.
In realtà dovevano chiudere la stanza a chiave per non farsi cogliere in
flagrante da Severus, o peggio ancora, Silente in
persona.
Accarezzò con dolcezza il petto di lui fra i contorni
della camicia che aveva sbottonato. La carne chiara la attirava, accendeva in
lei una bramosia malata, e chiedeva l’incontro con la sua con grande urgenza.
L'idea di sfiorare la sua pelle in quel modo la faceva sentire ubriaca.
Annegò nei suoi baci, fra le sue
braccia, dimentica di tutto.
*°*
Silente sedeva nello studio. Aspettava che Piton
arrivasse per discutere di affari più che primordiali. Era appena stato
reintegrato in qualità di preside, e in una situazione
diametralmente opposta si trovava il pavido Ministro della Magia, Cornelius Caramell. Erano settimane che perdeva tempo a
mandargli gufi a tutte le ore del giorno. Aveva provato tutti i generi di
approccio con quell'energumeno senza ottenere alcun risultato. Decisamente non era pane per i suoi denti. Oppure era
completamente impazzito, e purtroppo non c'era niente da recuperare. Ad ogni
modo non era più rilevante: qualche giorno prima appena aveva ricevuto la
notizia che Caramell avesse dato le proprie
dimissioni sotto obbligo del Magisterium. Non si era
ancora deciso chi fosse il nuovo Ministro, le voci di corridoio erano fin
troppe per affidarsi alla loro veridicità; perfino la Gazzetta del Profeta
vacillava nel buio, incerta se seguire le versioni obsolete del governo
precedente o quelle nuove e sconcertanti fornite da Silente.
Per questi ed
altri motivi doveva assolutamente fare in modo di spargere la notizia sul
ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Lord Voldemort,
come pochi ardivano chiamarlo. Silente non riusciva a non nominarlo nelle
conversazioni con i suoi conoscenti, gli riusciva difficile. Dopotutto Riddle era un suo vecchio studente. Un’amarezza straziante
gli aveva imposto un gran numero di scelte nel corso degli anni seguenti
l’ascesa al potere del mago oscuro, scelte che tempo permettendo potevano
redimerlo dai suoi peccati. Non aver riconosciuto un mostro simile quando c’era
la possibilità di renderlo innocuo ne faceva ampiamente parte.
Ad ogni modo, non si sarebbe risparmiato sui toni il giorno di fine anno
scolastico.
Sapeva già cosa dire agli studenti, l'argomento era delicato ma avevano
affrontato discorsi ben peggiori. Con una fitta al fianco egli ricordò Cedric Diggory, morto per mano di Lord Voldemort.
Ancora non gli era stata resa giustizia, perchè
nessun'autorità si era decisa a raccontare i fatti. In realtà, lui lo sapeva
bene, era stato Caramell a tagliare tutte le
comunicazioni e a seppellire la verità. Poi pensò anche a Harry, povero
ragazzo, al quale due giorni prima aveva confessato di conoscere il contenuto
della Profezia che riguardava la sua testuale condanna a vita strettamente
legata a quella di Lord Voldemort. Si grattò un
sopracciglio con un gran sospiro.
Mentre si decise finalmente a scartare una Bacchetta di Liquirizia sentì
bussare alla porta; sempre sul più
bello, pensò. Quelle caramelle avevano il potere di distrarlo per
qualche istante e addolcirgli l’animo.
"Professor Piton, le porgo i
miei saluti. Ha ricevuto le mie comunicazioni, allor dunque?" e
detto ciò addentò la caramella scura che si agitava come un lombrico.
"Sì, signor preside. Le ho anche risposto, ma ho
preferito consegnarle la missiva di persona. Se si scoprisse la presenza
ingiustificata di quella strega qui a Hogwarts non
vorrei che..."
"Bando alle ciance, Severus, se non ti dispiace"
"Emilia Averill è pronta per essere riportata a casa; sta molto meglio, la cicatrizzazione è ormai a buon punto. È inutile
che resti, non gioverebbe né a lei né a noi".
Albus Silente lo guardò di
sottecchi. Gli era parso di sentire un certo tono nervoso, o erano le sue
orecchie che si erano riempite di Nargilli? Ridacchiò
sotto i baffi. Aveva recentemente trascorso un pomeriggio intero con ciascuno
dei ragazzi che avevano seguito Harry al Ministero per
eventuali delucidazioni, e quello con Luna Lovegood
era stato di gran lunga il più divertente.
"Cosa ti turba, Severus?"
"Nulla, signore"
"..."
"Tutto, Albus. So
quanto quella donna abbia sofferto e non mi piace sapere che rischia di
soffrire di nuovo, quando..."
"Non credi che sappia decidere da sé cosa sia meglio per lei?"
"No, credo di no"
"Non puoi certo dire, neanche tu, di essere un campione
di scelte giuste. Quanto a me, non parliamone nemmeno..."
lo sguardo si scurì e assieme ad esso il volto;
"Manda una lettera a Madame Maxime
per ringraziarla, per favore. Adesso ho appuntamento con Black" disse poi,
e con un cenno di saluto lo congedò senza troppi
fronzoli. Fece comparire una poltrona davanti al caminetto e rimase in attesa.
Controllò l'orologio
un paio di volte, ancora niente. Si era appena assopito quando uno
strano sibilo lo fece riscuotere, e salutò con un sorriso cupo il busto di
Sirius Black che ondeggiava fra le fiamme.
"Preside, salve"
"Sirius” lo salutò in tutta risposta “Come sta
andando, a Grimmauld Place?"
"Come al solito, non succede niente" rispose
lui annoiato.
"Cosa mi dici della bacchetta?"
"È funzionale; non è di certo la mia, ma fa tutto quello
che le chiedo. Non lo trova strano, signor
preside?"
"Affatto, per quel che mi riguarda. Quella donna
ha deciso di donare tutta se stessa per proteggerti. Cosa
vuoi che sia la sua bacchetta, per lei? Solo una piccola parte di sé; decisamente una bazzecola" asserì lui con un tono
stranamente buffo per l’argomento di conversazione. Ci fu una piccola pausa, poi
riprese a parlare.
"Devo chiederti un favore, si tratta di uscire di
casa stavolta, Black, e di correre dei rischi"
Il ghigno sarcastico di Sirius non passò inosservato fra le fiamme.
"Sono tutt'orecchi"
"Tu ed il professor Piton
dovreste portare Averill al sicuro, nella sua dimora. Sapresti materializzarti
nella casa in mezzo al bosco dove ti ha portato quella famosa notte..."
"Sì" rispose immediatamente Sirius, senza lasciargli il tempo di
terminare la frase "e non ci sono problemi, per quel che mi riguarda. Ma è sicuro che smaterializzarsi sia una buona idea? Non ci sono un sacco di controlli, di questi tempi?"
"Non ti preoccupare di questo, ho un piano".
Sirius ne era certo, aveva appena visto un lampo di orgoglio negli occhi
azzurri del vecchio mago.
La sera stessa, Remus era venuto a cenare da lui. Questi bussò alla porta
cercando di non svegliare il ritratto della madre di Sirius, invano. Aprì le
braccia con fare sconsolato e canzonatorio all’occhiataccia esasperata del
vecchio amico.
"Scusami, Sir"
"Niente, non è niente. Allora, novità? Vieni di qui, ho preparato un arrosto al forno come pochi..."
e ciondolando lo guidò in cucina, dove aleggiava un buon profumo di carne e
patate. Remus sorrise pregustando l'istante in cui si sarebbero seduti a
tavola, e il suo sorriso si fece più ampio quando si sedette nella poltrona
preferita di Sirius.
Lo guardò di sottecchi, prendendosi gioco di lui
deliberatamente.
"C'è il divano libero" sostenne Sirius.
"Non vorrai mica farmi alzare! Che razza di
ospite... e io che vengo perfino a tenerti compagnia,
sei un ingrato" disse in tono melodrammatico.
"Taci, per favore!" rise lui.
"Da parte mia niente di nuovo” disse poi Remus cambiando discorso “ho incontrato Arthur in centro, mi ha detto che Molly sta
dando di matto. Non sopporta di dover mentire a Harry, e hanno più o meno deciso tutti, di comune accordo, che avrebbero
passato le vacanze insieme alla Tana una volta finita la scuola. Non se la
sente di raccontare frottole, anch'io mi ci vedo male ad
esser sinceri. Ecco. Quindi non verranno più a trovarti..."
"Oh beh, cosa vuoi che sia. Ci
sono abituato" sorrise Sirius malinconico "io invece ho succose
novità" disse poi, in un tono che non prometteva nulla di buono. Remus
vide l’ombra di gioia malsana attraversare gli occhi dell’amico e non gli piacque affatto. Non erano più due ragazzini.
"Ma tu guarda!" disse però, indeciso sul
come affrontare la notizia.
"Si, che tu ci creda o meno" s'inasprì
Sirius del suo sarcasmo, per poi continuare come se stesse raccontando la buona
novella.
"Ho parlato
con Silente. Sposteranno
Averill fra un paio di giorni e mi ha chiesto di aiutarli"
Remus guardò l'amico così intensamente che l'atmosfera cambiò subitanea.
"Ti sembra il caso, Sirius?" disse, raggelandolo con un’espressione
calma che esprimeva tutta la sua pazienza da buon vecchio Lunastorta.
Solo che quel nome ridicolo non aveva più luogo d’essere. Due uomini come loro
non dovevano più permettersi di rischiare ancora vita e libertà per inutili
scorribande. Sapeva di innervosire l’amico con i suoi ammonimenti, si era
sempre espresso in questi termini con lui e non era mai stato ascoltato, ma non
se la sentiva di lasciarlo andare a piede libero in una direzione pericolosa;
non poteva perderlo, non di nuovo.
"Perchè no? Devo solo
scortarla fino a casa sua. Sai, quel posto sperduto
che ti dicevo..."
"Ne vale la pena?"
"Ovviamente l'idea di avere Mocciosus fra le
scatole non mi attira affatto, ma cosa vuoi farci? È
un'occasione che potrei non avere mai più! Chissà, magari invece di
materializzarmi Silente mi lascia portare fuori Fierobecco..." continuò imperterrito il mago, ignorando
deliberatamente il tono esasperato del suo amico.
"Averill, Averill, Averill" intonò Remus in una strana canzoncina
minatoria decisamente stonata.
Sirius impallidì, poi non disse più niente; Remus se ne accorse, così cercò di
cambiare discorso.
"Se no, che mi dici di Kreacher?"
"Oh, siamo alle solite" rispose Sirius in tono burbero scacciando via
le sensazioni sgradevoli che si erano impadronite di lui. "KREACHER"
"Il padroncino mi ha chiamato? - Ecco che chiama il buon vecchio Kreacher per
un'altra delle sue idee malsane, povera signora Black, un mostro in salotto,
che deve fare Kreacher? Kreacher sopporta, sopporta sempre, ma questo è il
massimo che può..."
"Salve, Kreacher"
"La feccia di sangue ibrido mi
parla, signora Black, ma come rispondere a un simile..."
"Dacci un taglio, Kreacher. Ed
ora racconta a padron Remus come abbiamo passato le ultime due settimane"
grugnì Sirius con un sorriso amaro.
Remus alzò lo sguardo verso di lui che si era spostato in cucina per rimediare
un paio di boccali ricolmi. Aveva notato l’espressione inquieta e cupa
dell’amico. Sirius gli porse il suo bicchiere senza una parola e tornò a
sedersi sorseggiando la burrobirra. Non trattenne un sospiro di apprezzamento
per la fresca fragranza della bevanda, e si rilassò un po’. L'elfo domestico
stringeva in mano la pezza che gli copriva il corpicino, sembrava un gesto di
nervosismo ma un occhio attento vi avrebbe visto il vero: Kreacher fremeva
d'indignazione.
"Kreacher ha ripulito la cucina, ha ripulito le camere, soprattutto quella
del signorino"
"Perchè non gli dici la
verità?"
"Ho riordinato anche il salotto, oh si. Era molto
disordinato. Kreacher non ama il disordine, ma è vecchio..."
Sirius scosse la testa.
"È rimbambito" commentò l’altro, gustando la burrobirra e trattenendo
a stento un ardito e sonoro singhiozzo.
"No, Remus. Fa
finta. Mi ha nascosto apposta la Metropolvere
mentre "riordinava il salotto" e non riuscivo a contattare
Silente. Sono perfino arrivato in ritardo all'appuntamento, per una volta che
qualcuno voleva parlarmi"
"Non mi dire" ridacchiò Remus prendendo un sorso e ancora un altro.
Trovavano estremamente confortante essere lì, insieme,
da vecchi amici che erano. "Solo che non siamo vecchi, noi" dicevano
sempre. L'oscuro passato di entrambi aveva reso impossibile per tanto tempo
un'abitudine del genere; un lupo mannaro e un presunto assassino evaso da un
carcere di massima sicurezza. Una bella, improbabile, eppur vecchia, coppia di amici.
Ed era una cosa che entrambi amavano, spassarsela come da ragazzi, mangiando e
bevendo a bizzeffe fino a scoppiare e parlare del più e del meno. L’argomento
preferito di Remus era la musica, quello di Sirius il Quidditch (le donne, un
tempo; quando non minacciavano di salvargli la vita tentando il suicidio).
Potevano andare avanti per ore a parlare da soli senza ascoltare minimamente
l’altro, sorseggiando Burrobirra e schernendosi a vicenda con qualche battuta
di dubbio gusto.
Ora che finalmente potevano
approfittarne si vedevano appena possibile, impegni di Remus permettendo.
Sirius, dal canto suo, non aveva mai molto da fare, a parte starnutire per la
polvere. Non ne era ancora venuto a capo.
Poco dopo, continuando a
chiacchierare affabilmente, si misero a tavola per la cena. Il buon cibo e
qualche bicchiere di vino riuscirono a distrarre Remus dall'argomento che tanto
metteva in difficoltà il suo ospite. Sirius non se lo spiegava; ancora faticava
ad accettare la piega degli eventi, e spesso quando doveva affrontare ad alta
voce l'argomento “Averill”, si faceva di coccio e non rispondeva più; sembrava
un involucro, lasciava volare via la mente e tagliava ogni comunicazione con se
stesso e con gli altri. Masticò lungamente ogni boccone per distrarsi, ma non
riusciva a smettere di pensarla. Presto l'avrebbe rivista e si chiedeva cosa
sarebbe potuto succedere.
Erano ancora seduti, Sirius piluccava qualche briciola, quando suonò il
campanello scatenando per l’ennesima volta l’inferno firmato Black.
"Aspetti qualcuno?"
"Secondo te?" esclamò Sirius, caustico e un po' brillo. Quel buon
vino che si era appena versato era già andato giù per il gozzo, e il mago in uno
stato di totale inerzia mentale stava rimuginando sul fatto che forse era stato
il famoso bicchiere di troppo. Si alzò vacillante e arrivò alla porta. Quando vi trovò Severus Piton scoppiò a ridere come un bambino.
"Sir? Chi è?" chiamò Remus dall'altra parte
del muro; aveva bevuto meno dell'amico solo perché doveva Smaterializzarsi e
tornare a casa sua, ma anche lui ci era andato giù un po’ troppo pesante.
"Ma guarda, il cane bastardo ha compagnia. Devi esser contento” commentò Piton
sprezzante, per poi rivolgersi alla suddetta compagnia “qual buon vento,
Lupin?"
"Severus" si alzò lui in tutta risposta,
serrandogli la mano in maniera un po' aggressiva e un po' rozza per via
dell'alcol.
Diplomazia, sprizzavano
i suoi nervi, cercando di mantenere alta la concentrazione malferma del
proprietario. Proprio così,
fedele a me stesso,
pensava con qualche difficoltà, convinto che la presenza di Mocciosus
non potesse portare nulla di buono.
Sirius invece aveva ancora l’ombra di
un sorriso negli occhi quando si mise a fissare Piton
nell’attesa di una giustificazione per la sua sgraditissima presenza.
“Che hai da guardare?” sibilò lui,
prima di parlare, ignorando le deboli e cantilenanti proteste del mago.
“Lupin, Black, vedete
di riprendervi. Si, dato che ci sei anche tu, tanto
vale approfittarne. Prendi questo, e tu questo” e così dicendo lanciò una
boccetta a ciascuno di loro; per non si sa quale scherzo del destino l’afferrarono entrambi senza farla cadere a terra.
“Che diavolo è, veleno?”
“Si, vuoi
avvelenarci, viscida serpe?”
“Che razza di
mentecatto. Non mi aspettavo nulla di più da un mentecatto come te, Black”
rispose Piton con un’aria schifata degna del suo
repertorio di sempre.
“È Polisucco
frescamente preparata da me. Ora tu Lupin strappi i
capelli al tuo compare idiota e lui farà lo stesso con te. Tu Remus verrai con
me, io fingerò di essere Averill non appena mi sarà possibile ottenere un suo
capello. Black, se Dio vuole accompagnerai la vera
Averill senza ucciderla e senza tornare a rintanarti in questa nefandezza che
chiami casa. Noi viaggeremo sulla scopa, tu e Averill avrete una passaporta. È
più probabile che vedano noi, quindi non ti allarmare,
te lo dico perché so quanto tu possa essere vigliacco in certe situazioni”
“Non ti permettere Mocciosus” ringhiò lui, mentre il corpo guidato dall’alcol
aveva perso ogni inibizione e si trasformava in quello di un grosso cane nero.
Remus gli
saltò sulla groppa e gli chiuse il muso prima che aggredisse il mago. Una serie
di urli ridotti a guaiti sommessi infastidì i timpani di entrambi finché egli
non si calmò e prese ad uggiolare come un cucciolo. Decisamente non era la sera giusta per una missione di quel
calibro. Questo lo sapevano tutti e tre.
“Dacci qualche minuto, abbiamo
mangiato e bevuto un po’ troppo, non se lo aspettava per niente. Pensavo che
fosse previsto per la settimana prossima, e non sapevo che lui avesse già
accettato la proposta di Silente”
“Non c’è più molta scelta, per motivi
che non perdo tempo a spiegarvi” disse sbrigativo Piton
“ad ogni modo non si può più aspettare la data che è stata decisa oggi
pomeriggio. Per mia fortuna ci sei tu” arricciò il naso “così non dovrò
scambiare il corpo con quello fetido di Black. Nemmeno nei miei incubi più
fervidi ho mai immaginato un simile obbrobrio. Tutto questo
grazie a Silente e i suoi piani bislacchi”
“Per una volta, non ti schieri dalla
sua”
“Per una volta” ammise il mago, senza più aggiungere altro.
Con un tonfo sordo Sirius atterrò sul
parquet interamente nudo e con la maglia in brandelli attorno al collo.
“Sogno o son desto?”
“Smettila di
parlare come un idiota. Dai, Sirius, alzati! Dobbiamo scortare Averill stasera. Hai
capito? Non si può rimandare. Adesso vado a prenderci qualcosa per ridurre la
sbronza in cucina; tu stai qui, fermo. Severus, se
chiami l’elfo domestico puoi fargli portare degli
abiti per Sirius. Ah, dimenticavo: devi essere molto preciso se non vuoi
ottenere risultati deplorevoli con lui” ammiccò Remus indicando il vecchio elfo
che si sporgeva dalla porta del corridoio con il suo enorme naso aquilino,
pensando di non essere visto. Li stava spiando dall’arrivo di Piton.
Il mago ordinò a Kreacher di portare
una camicia e un paio di pantaloni per il suo padrone, e nello stupore generale
l’elfo obbedì con zelo. Erano anni che la dimora della sua amata padrona non
ospitava un così “nobile” personaggio, ne era assolutamente deliziato. Sirius
si vestì imbronciato, come un ragazzo cui avessero confiscato il giocattolo.
Bevve d’un fiato una strana bibita offertagli da Remus
e improvvisamente riprese un po’ di controllo su di sé.
“Perché mai Remus dovrebbe correre il
rischio di essere preso per me?”
“Non ti preoccupare,
Sirius. È praticamente impossibile che qualcuno abbia
una soffiata su stasera”
“Si, non ti
preoccupare” li canzonò Severus “Ci sarò io con lui”
disse, come se dovesse rassicurare una donzella dal cuore tenero. Sorrise
arcigno, poi per accelerare la situazione strappò lui stesso i capelli a Sirius
facendogli cacciare un grugnito di dolore. Non si avvicinò invece a Remus che
osservava la scena con aria rassegnata, ma nonostante tutto minacciosa. Sarebbe
stato sempre Mocciosus per loro, non importava l’età,
non importava il tempo che inesorabilmente cambia le
cose. Alcuni fatti non sarebbero mai cambiati, mai.
“Tutti pronti” confermò Sirius
all’indirizzo degli altri due, mentre una cert’aria di agitazione li agitava
tutti e tre.
“Al mio via” disse Piton.
Atterrarono ai confini di Hogwarts,
in un posto strategico ben nascosto agli sguardi indiscreti. Silente li aspettava
con in braccio un fagotto informe: Averill
addormentata.
“Dormirà per tutto
il viaggio. Abbiamo deciso
con Severus che era la soluzione migliore, dopo un
così lungo periodo d’indisposizione” disse, con aria grave, guardandoli tutti e
tre nel semibuio della notte.
“I capelli” chiese Piton.
Fece comparire una forbice d’argento e tagliò
delicatamente una ciocca nascosta. Sirius lo guardò
fare sensibilmente turbato, senza nascondere un’ombra di puro odio per il torto
subito poco prima. Si massaggiò la testa remore del dolore acuto che gli era
stato inflitto mentre Silente chiedeva loro di aprire
le boccette.
Scambiò i capelli con Remus senza una
parola mentre Piton ingurgitava già il primo sorso
della sua pozione; sempre bevendo trasfigurò i propri abiti in vesti femminili
adattandoli perfettamente al corpo che stava cambiando, un’azione veramente
complicata. Si fece basso, il viso diventò piccolo, i capelli crebbero. L’aria
austera combatteva con il viso dai tratti dolci della strega. Era sempre
visibile Piton, dietro quegli occhi scuri, o almeno
Sirius-Remus non ebbe
nessun problema a riconoscerlo.
Remus e Sirius, o meglio
Sirius e Remus ammirarono il suo corpo cambiare e volsero lo sguardo altrove
quando quello inclemente di Piton nelle vesti di
Averill li minacciò silenziosamente di farli fuori.
“Remus, ehm, Sirius. Prenderai la
scopa con il professor Piton. È nascosta fra gli
alberi, là dietro. Quanto a te… Remus” e così dicendo gli affibbiò la strega
fra le braccia “la veste di Emilia è la tua passaporta. Si attiverà fra un
minuto esatto. Vi porterà in un vicolo del paesello più vicino alla sua casa.
Dopodiché dovrai aspettare qualche minuto e si attiverà la seconda passaporta:
la collana che le ho messo al collo. Spero sia tutto chiaro. È così?”
“Perché io con lui?” si lamentò
Sirius-Remus disgustato.
“Si, perché
aver cambiato i piani?” chiese Piton con una voce
femminile che gli diede la pelle d’oca.
“Per questioni di
sicurezza. E ora via,
andate” li liquidò Silente imperturbabile, agitando la
mano. Con un ultimo sguardo a ciascuno di loro si avviò verso i cancelli della
scuola.
Sirius-Remus e Piton-Averill si scambiarono uno
sguardo di puro disprezzo. Guardarono Lupin-Sirius
con la strega in braccio e un’aria impacciata ma risoluta; lo videro contare i
secondi mentalmente. In realtà cercava solo di sfuggire a quella terribile
sensazione di essere squadrato – di
essere detestato- da entrambi.
Un attimo dopo sparì con un rumore
sordo attutito da un robusto Muffliato di Silente.
Rimasti soli, un ridicolo sfogo di
orgoglio li fece correre come ragazzini verso la scopa. Nessuno dei due voleva
stare dietro l’altro. Il caso volle che Sirius fosse più veloce, per cui a Piton non restò altro da fare che sedersi dietro di lui e
aggrapparsi alle sue spalle con l’aria di qualcuno che stava per vomitare.
Non ci volle molto tempo prima che
Remus-Sirius
raggiungesse la casa senza troppi problemi. Gli era sembrato di scorgere due
figure incappucciate all’angolo del vicolo, ma per fortuna era riuscito a
nascondersi e sfuggire alla loro vista fino all’attivazione della seconda
passaporta; con grande imbarazzo teneva stretta fra i denti la collana mentre la donna addormentata cominciava a pesargli
sui bicipiti. Maledì il fisico poco lavorato
dell’amico mentre sentiva un crampo farsi strada nel
braccio destro; stringere la bacchetta in mano era un’impresa titanica.
Si ritrovò in una casetta le cui
candele stregate si accesero al suo arrivo e
finalmente poté posare la donna sul divano.
“Expecto Patronum. Vai a dire a Silente che
siamo arrivati senza intoppi” disse al suo patronus.
Si sedette stancamente sulla poltrona
accanto al caminetto e accese due piccole fiamme con un colpo di bacchetta. Non poté impedirsi di guardare la donna con gran curiosità.
Sirius non gli aveva voluto spiegare quasi niente di quella faccenda e lui era
riuscito a racimolare poche informazioni incongruenti; non appena si sarebbe
ridestata, avrebbe finalmente potuto scoprire chi era quella strega e cosa
avesse fatto per assumere tanta importanza nella vita dell’amico da fargli
perdere istantaneamente la parola. Con la curiosità negli occhi scuri che non
gli appartenevano si assopì nell’attesa che arrivassero gli altri.
Remus-Sirius si svegliò di soprassalto e inspirò
profondamente. Ricordò tutto e con uno sbadiglio si stiracchiò: aveva la carne grea. Ravvivò il fuoco e guardò l’orologio perché non c’era
ancora nessuna traccia dei due uomini e stava seriamente cominciando a
preoccuparsi. Era così lontana da Hogwarts quella casa? Purtroppo la passaporta
non permette di sapere nulla sulle distanze che si percorrono, a meno di
conoscere in anticipo il luogo di partenza e il luogo
d’arrivo.
Un mugolio improvviso lo fece
voltare: Averill non dormiva più. Aveva ancora gli occhi chiusi quando lui si
avvicinò con gentilezza, pronto a tenderle dell’acqua o qualsiasi cosa di cui
avesse bisogno. La guardò aprire gli occhi e fu subito stupito dall’aria
risoluta e consapevole che vi lesse.
“Sirius!”
Non ebbe il tempo di formulare nessun
altro pensiero che lei gli aveva improvvisamente ancorato le braccia attorno al
collo e l’aveva baciato con tutta la foga del mondo.
Proprio in quel momento si erano
affacciati boccheggianti alla porta della stanza un Remus ancora trafelato e
un’Averill dall’aria inorridita.