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Autore: Ely 91    14/08/2013    6 recensioni
[Isaac/Nuovo personaggio; Bromance: Scott/Isaac, Scott/Stiles]
Se fosse possibile riavere nel proprio branco Erica e Boyd?
È con questa speranza nel cuore che Derek, Peter, Isaac, Scott e Stiles si recano a Santa Monica, alla ricerca di un vecchio docente di storia che possa fornir loro delle informazioni, Jeff Jefferson.
Qui, tuttavia, le cose si complicano ulteriormente a causa di una serie di eventi inspiegabili che coinvolgono da vicino il nostro "pack". Riusciranno a ricomporre il proprio branco e a scoprire cosa davvero sta succedendo in città? Chi è il vero nemico che trama alle loro spalle?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski , Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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1x01 – PILOT.
WELCOME TO SANTA MONICA

Ormai lontani miglia da Beacon Hills, il cielo grigio che quella mattina aveva accompagnato il loro risveglio- Lydia Martin aveva scostato le tendine e schioccato la lingua  senza nascondere un certo disappunto – aveva fatto posto, a poco a poco, a raggi di sole sempre più forti, capaci di allontanare ogni nuvola.
L’Interstate 10 era, come al solito, trafficata, con code e diversi rallentamenti.
Peter Hale suonò il clacson seccato, sporgendo il viso fuori dal finestrino.
“Oh, andiamo, delle tartarughe andrebbero più veloci!” sbottò,per poi lasciarsi andare ad un lungo sospiro.
Guardò con la coda dell’occhio alla sua destra.
Derek aveva gli occhiali da sole calati sul viso, un braccio poggiato sul finestrino completamente abbassato e una sorta di sorrisino accennato sul viso.
“Togliti quel sorriso dalla faccia” lo rimbeccò Peter, roteando gli occhi.
“Impossibile, dopo averti ascoltato insistere che se avessi guidato tu, il traffico sull’Interstate non l’avremmo nemmeno visto”
L’uomo, in tutta risposta, schioccò la lingua, per poi dirigere lo sguardo sullo specchietto retrovisore.
“E voi, tre porcellini, come mai siete così silenziosi?”
Isaac, Scott e Stiles guardarono l’altro, leggermente perplessi.
“Veramente” precisò Stiles “tecnicamente siamo due lupi e un porcellino”
“Taci, se non vuoi che ti chiami Cappuccetto Rosso” ribatté il più grande degli  Hale, premendo leggermente sull’acceleratore e avanzando di qualche metro.
Dopo quel breve scambio di battute, capaci di alleggerire solo per qualche attimo il carico dei loro pensieri, il silenzio tornò più pesante di prima.
Isaac sapeva che anche Derek stava pensando alla conversazione avvenuta qualche giorno prima. Era impossibile non fosse così. La possibilità di riavere indietro il loro branco, Erica e Boyd, non poteva che scuotere i loro animi speranzosi.

“Come hai fatto a tornare dall’oltretomba?”
La voce di Isaac riecheggiò nell’appartamento spoglio di Derek. Non era grande fan di mobili di troppo e diversi confort, a quanto aveva potuto notare.
Peter incrociò le gambe con nonchalance, ammiccando in direzione del nipote.
“Hai un beta curioso”
“A cosa stai pensando?” lo incalzò Derek, studiando l’espressione assorta del giovane.
“A Erica” una pausa infinita, come se dopo aver pronunciato il suo nome, il mondo intero dovesse fermarsi qualche istante a ricordarla. “A Boyd”.
Derek crucciò lo sguardo e lo volse verso la finestra, incrociando le braccia.
Il ricordo delle sue mani sporche di sangue – sporche del sangue di Boyd – lo colpì come un pugno sullo stomaco. Per un attimo ebbe l’impressione di annaspare, come se l’aria nella stanza non fosse stata sufficiente.
Avrebbe voluto che Isaac accantonasse subito il discorso, ma la frase successiva di Peter lo incitò a proseguire.
“Cosa stai pensando? Sono curioso”
“Se sei tornato in vita tu…perché non potrebbe succedere altrettanto a loro?”
Peter assottigliò le labbra, come se stesse soppesando bene le parole, prima di decidersi a chiarire le idee a quel novellino.
“Innanzitutto, non è così semplice come possa sembrare. Tralasciando la parte in cui ho incasinato la mente della tua incantevole amica dai capelli rossi, ho dovuto unire diversi elementi, soppesare diverse energie. La natura ha bisogno di equilibrio e di energie”
Isaac schiuse le labbra qualche istante, per poi dar voce alla confusione che regnava nella sua mente.
“Energie? Che intendi?”
“Il nostro corpo, una pianta, un evento climatico, non sono altro che raccoglitori di energia, che fluisce in maniera armonica, in modo da non stravolgere alcun equilibrio. Ogni  elemento ha la sua forza” intervenne Derek, continuando a dare le spalle ad entrambi.
“Allora quando si parla di energia proveniente dal corpo o dal pianeta, non è una cavolata” asserì Isaac, come se finalmente avesse iniziato a comprendere le parole di Peter.
“Le energie che ho lasciato confluire nello stesso momento, per compiere il rituale, sono state diverse: quella proveniente dalla luna piena, quelle di Derek e, elemento più importante, l’immunità di Lydia” tornò a spiegare Peter “nel momento in cui l’immunità di Lydia è venuta a galla, ho capito che lei doveva essere qualcosa, legata in qualche maniera al soprannaturale, capace di compiere un simile rituale”
“La fortuna ha voluto che fosse proprio l’essere che come nessuno è collegato alla morte, una Banshee” affermò Isaac.
“La fortuna ha girato dalla mia parte non una, ma ben due volte” Peter fece un occhiolino.
Isaac mordicchiò il labbro inferiore, un’idea sempre più precisa in procinto di formarsi nella sua mente.
“E se è stato possibile fare questo per te, perché non possiamo ripetere il rituale per Erica e Boyd?”
Derek sgranò gli occhi. Non aveva mai pensato ad una simile eventualità. Per la prima volta da quando era iniziata quella discussione, si voltò a guardare suo zio.
“Perché un simile rituale richiede un gran dispendio di energie. Vuoi forse ammazzare Lydia? Lo ha fatto una volta, non potrebbe farlo di nuovo” precisò l’uomo.
“Potremmo tentare comunque!” azzardò il beta.
Peter scosse la testa.
“Sarebbe troppo per lei. Servirebbe un altro essere speciale come lei”
“Una banshee?”
“Non necessariamente. Ma per saperne di più e avere notizie attendibili non è con me che dovete parlare”
Gli occhi di Derek e Isaac gli stavano ponendo una chiara domanda.
“Con un ex docente del liceo di Beacon Hills. Jack Jefferson. Lui mi ha insegnato tutto quello che so, o quasi” rivelò Peter.
“Perfetto! Andiamo da lui!”
“Aspettate! L’ultima volta che ho controllato, non viveva esattamente dietro l’angolo”
“E dove?” domandò Derek.
“A Santa Monica. Preparate i bikini, dolcezze”


Isaac accostò il capo contro il finestrino. Stiles e Scott si erano appisolati, l’uno con la testa poggiata sulla spalla dell’altro.
Una parte di lui aveva sempre guardato alla loro amicizia fraterna con un pizzico di gelosia; anche a lui sarebbe piaciuto avere un amico da chiamare “fratello”. Eppure, nel momento in cui si era reso conto della fiducia nutrita per Scott, ricambiata, finalmente parte del suo cuore si era sentita come a casa.
Anche con Erica e Boyd aveva provato quella sensazione, ma loro se ne erano andati, lasciando un grande vuoto nel suo animo.
“Perdere un membro del branco non è come perdere un membro della famiglia, è come perdere un arto”, aveva detto Cora e con rammarico, Isaac poteva dire di sapere cosa intendesse davvero, avendolo provato sulla propria pelle.
L’eclissi lunare...
Boyd ne aveva parlato e, stando al racconto di Derek – flashback di cui aveva messo a conoscenza Isaac solo dopo un certo periodo di tempo – Erica prima di lui si era posta la stessa domanda, lanciandosi poi contro un’impresa impossibile, dimostrando fino all’ultimo il suo orgoglioso coraggio. Ne era stato fiero. Era stata più audace di tutti loro.

“Boyd…cosa credi ci succederà durante l’eclissi lunare?
Sai, dura quattro ore. Perché è solo l’ombra della Terra.
Mi chiedo cosa ci succederà.
Forse ci renderà più forti. Spero ci renda più forti”
Erica, 3x07

“Questo posto è il Paradiso! Ok, lasciatemi qui, ma portatemi Lydia. Non voglio più tornare a casa”
Stiles sorrise entusiasta, sporgendosi col viso dal finestrino.
L’oceano brillava sotto i raggi del sole, l’aria era piacevolmente calda e i paesaggi incantevoli. Sembrava che fossero finiti in una cartolina.
La toyota degli Hale sfrecciò costeggiando il lungomare, fino a quando Peter non accostò accanto ad un gruppo di ragazze in prendisole.
Nonostante la primavera fosse giunta da appena qualche settimana, a Santa Monica sembrava di essere in estate inoltrata.
“Ragazze, scusate…” iniziò Peter , attirando l’attenzione di una giovane dai folti capelli neri, alta e con il viso coperto leggermente da un cappello di paglia “…sapreste  dirmi dove si trova il liceo della zona?”
Scott corrugò la fronte perplesso, incrociando gli sguardi altrettanto confusi di Isaac e Stiles.
“Ehi, Peter, ma noi sappiamo dove…” tentò di dire Scott, ma l’uomo lo fulminò con lo sguardo.
Mentre la ragazza stava tentando di spiegare quale strada percorrere, i tre ragazzi capirono le intenzioni dello zio Hale.
“Sta rimorchiando. Oh mio Dio, voglio vomitare” asserì Stiles, mutando la sua espressione serena in una pienamente disgustata.
Seguendo le indicazioni della ragazza, del tutto inutili, salvo che per Peter che era riuscito ad ottenere con poche frasi e un sorriso il numero della giovane, giunsero presso il liceo della zona.
L’edificio di recente costruzione, composto da tre piani, un grande giardino e altri spazi riservati alle varie attività studentesche, era gremito di giovani.
“Siamo arrivati durante la pausa pranzo” constatò Isaac, notando il viavai di studenti con panini alle mani o vassoi della mensa, diretti verso le panche all’ombra di qualche albero secolare.
“Perché il nostro cortile fa schifo e qui invece hanno aiuole, fontane e fiori ben tenuti?” mugugnò Stiles.
“Zitti, sembrate delle matricole, non degli studenti del terzo anno” li riprese Derek, col suo solito cipiglio duro.
Chiedendo informazioni in segreteria, non fu difficile trovare l’aula del professor Jefferson.
Il professor Jefferson, comodamente seduto nella sua aula di letteratura, intento a mangiare un sandwich, si rivelò essere un uomo sulla cinquantina, basso, con qualche accenno di calvizie e in sovrappeso. Nella camicia sembrava stesse a malapena e rivoli di sudore sulla fronte tradivano la sua apparente naturalezza con quel vestiario. Le temperature di Santa Monica erano già troppo alte per una camicia a maniche lunghe, abbottonata fin sotto il collo.
“Che mi venga un colpo! Peter Hale! Il mio ex alunno preferito della Beacon Hills High School!”
“Allora a qualcuno piace” sussurrò Scott a Stiles.
“Guardate che vi sente perfettamente” gli fece notare Isaac.
Peter Hale avanzò precedendo l’intero gruppo, per poi stringere la mano dell’uomo.
“Professor Jefferson, mi fa piacere vedere che si ricorda ancora di me” affermò l’uomo, con un sorriso accattivante.
Derek avrebbe voluto dire ai due di smetterla con quei convenevoli e di passare subito al punto, ma sapeva che i tempi sfruttati dallo zio erano necessari prima di toccare un argomento tanto spinoso.
“Sapete, io sono sempre stato un grande appassionato di mitologia e affini, e ho istruito il piccolo Hale. Sapevo dei  licantropi, sapevo dei cacciatori, e sapevo di Talia Hale, l’alpha più importante e forte che si fosse mai visto negli ultimi cinquant’anni” spiegò il vecchio Jeff.
Peter annuì, sottolineando la correttezza di ogni singola parola dell’uomo.
“Lui è Derek Hale, credo si ricordi del figlio di Talia. Loro sono Scott, Isaac, anch’essi dei licantropi, e Stiles” li presentò, indicandoli uno ad uno.
“E tu Stiles cosa saresti? Il loro messo?” si informò il docente, non nascondendo una fremente curiosità; la stessa che lo aveva portato alla scoperta del soprannaturale, a studiare ogni creatura mitologica e ogni leggenda esistente.
“A dire il vero sono… “ Stiles cercò, invano, le parole giuste, ma si arrese all’evidenza “semplicemente Stiles. Niente artigli, niente poteri speciali”
“Oh” un momento di perplessità, prima che tornasse a parlare “allora cosa vi porta qui?”
Peter Hale sospirò. Era giunto il momento delle spiegazioni.
Mezz’ora più tardi, l’uomo si trovò a corrugare la fronte, dopo aver appreso tante informazioni.
“Sarei curioso di vederla questa Banshee. Mai in vita mia avrei pensato di poter incontrare una creatura tanto rara” confessò, quasi con una certa emozione. Dopo una lunga pausa, si decise a fornir loro le risposte che stavano cercando.
Quando fece per aprir bocca, Isaac quasi sobbalzò, come se l’emozione di conoscere la verità fosse così forte da impedirgli di non stare teso come una corda di violino.
“Peter ha ragione. Questa banshee non potrebbe ripetere una seconda volta il rituale, specie per due persone contemporaneamente. Sarebbe rischioso. Fatale”
Stiles deglutì rumorosamente, come se il solo pensiero che Lydia potesse farsi del male, stringesse la sua gola in una morsa.
“Per questo avete bisogno di un altro essere immune. Immune vuol dire che è già qualcos’altro per essere anche un lupo, capite?”
“E dove possiamo trovare un’altra persona immune? Sarebbe come cercare un ago in un pagliaio” asserì Scott.
L’uomo annuì. “Lo so, lo so. Un’impresa quasi impossibile. Quasi. Lasciatemi compiere qualche ricerca approfondita. Nei prossimi giorni vi contatterò io” promise l’uomo.
Prima che l’intero gruppo potesse lasciarsi andare ad un sospiro rassegnato, Peter aggrottò la fronte.
“Signor Jefferson, lei non era un docente di storia?  Cosa ci fa nell’aula di letteratura?”
Jack sospirò. “Sto sostituendo la professoressa Smith. Una povera donna”
“Cosa le è successo?” chiese di riflesso Stiles.
“Suo figlio di pochi mesi. Lo hanno portato via, sparito. La notte si è alzata a controllare, non avendolo sentito piangere nemmeno una volta e ha trovato la culla vuota”


Il corridoio, fino a qualche istante prima vuoto, si riempì di studenti di ritorno dalla pausa pranzo. Stiles ricevette diverse spallate, prima di sbottare che se ci avessero provato ancora, avrebbe sguinzagliato i suoi quattro lupi domestici.
Derek inarcò un sopracciglio, lo sguardo eloquente come non mai.
“Ok, lupi selvaggi” si arrese Stiles, portando Scott a scuotere la testa rassegnato.
Per l’ennesima volta, una studentessa di passaggio urtò Stiles, col tentativo di farsi spazio tra i vari alunni fermi davanti ai propri armadietti o nel bel mezzo del corridoio, intenti a chiacchierare, ridere e giocare, con appunti e quaderni per la lezione successiva sottobraccio.
Stiles fece per aprir bocca, ma notò che il copioso blocco di fogli della ragazza era rovinato a terra, dunque d’istinto si abbassò a raccoglierli.
Una mano dalle unghie smaltate di blu sfiorò la sua.
Fu in quell’istante che Stiles incrociò lo sguardo limpido di una ragazza dai capelli color rame.
“Non serve che mi aiuti, non preoccuparti” asserì la ragazza, con una studiata delicatezza.
Stiles la guardò sorpreso. Se si fosse voltato, avrebbe notato che anche gli altri quattro stavano facendo altrettanto.
La sua voce era soave, melodiosa, quasi un piacere per le orecchie in ascolto.
“….hai intenzione di fissarmi imbambolato tutto il tempo?”
“Eh?” Stiles scosse la testa, come se si fosse appena svegliato “Uhm…n-no” la sua voce sfasò leggermente, facendolo sentire impacciato più del normale. “Io sono Stiles” si decise a dire, porgendole gli appunti da lui recuperati e rimettendosi in piedi.
La ragazza fece altrettanto, sistemandosi con la mano libera il foulard bianco intorno al collo, leggermente spostato rispetto ai suoi gusti.
“Cassidy” rispose.
Fu l’ultima cosa che Stiles udì prima che nel corridoio si scatenasse il caos.
Ci fu dapprima uno sparo da arma da fuoco. Subito dopo un secondo ed infine urla e panico.
Tutti stavano correndo in svariate direzioni, come dei topi in trappola.
“Da dove hanno sparato??”urlò Peter.
“Stiles, mettetevi al riparo!” esclamò Scott. Lui non poteva guarire e la sua sicurezza era una priorità per il licantropo.
Persino quando erano piccoli, e lui non aveva alcun aiuto soprannaturale dalla sua, se Stiles cadeva e si sbucciava il ginocchio, Scott lo portava subito da sua madre Melissa per farlo medicare e cercava di consolarlo, nel mentre, con diversi giochi.
Stiles afferrò Cassidy per un braccio e la trascinò nell’aula più vicina, riparandosi insieme a lei sotto la cattedra.
“I tuoi amici! Perché i tuoi amici sono rimasti fuori??” domandò allarmata la ragazza, quasi sul punto di iperventilare dallo spavento. Stiles conosceva bene quella sensazione; l’attimo in cui si crede di soffocare che precede un attacco di panico.
“Hai visto quei due più grandi? Loro sono…poliziotti! Sanno quel che fanno” la rassicurò.
Cassidy annuì, scostando poi dagli occhi una ciocca di capelli biondo rame ed espirando pesantemente.
“Aspetta, togliti questo, avere la gola libera sarà un sollievo, vedrai” Stiles fece per toglierle il foulard annodato intorno al collo, ma la mano della ragazza lo bloccò decisa, stringendo la sua.
“No” disse semplicemente, all’improvviso innervosita.
Il ragazzo la guardò perplesso e sotto quello sguardo deciso, non poté far altro che ritirare la mano.
“Scusami, è che si tratta di un caro regalo, non me ne separo mai”
Stiles annuì, per poi concentrarsi sui rumori esterni. Aveva la sensazione che il tempo stesse scorrendo al rallentatore, come quando succede qualcosa e si ha la percezione di muoversi e reagire in maniera lenta sentendosi, al contempo, frastornati.
“Voi non frequentate questo liceo, vero?” domandò l’altra, ora all’apparenza poco più tranquilla.
Stiles scosse la testa. “Siamo venuti a trovare un vecchio amico, il professor Jefferson”
Non ebbe modo di aggiungere altro che alle sue parole seguì uno sparo, poi un lungo silenzio.
Cassidy si portò una mano sulla bocca, tremante.
“Dio mio!I tuoi amici!”esclamò, sconvolta.
Stiles restò fermo qualche istante, senza sapere bene cosa fare, finché la porta non si aprì, cigolando sinistramente.
Cassidy  si aggrappò d’istinto al suo braccio, prima ancora che scorgessero chi fosse entrato.
“Stiles…Bro?”
Udendo la voce di Scott, l’altro uscì immediatamente allo scoperto, sollevato.
“Cosa è stato? Abbiamo sentito quel colpo e…”
“Era un ragazzo, uno del vostro liceo” disse, con un cenno del capo rivolto a Cassidy, uscita anch’ella allo scoperto.
“Ha detto che non sapeva perché avesse sparato. Sapeva solo che doveva farlo. Non abbiamo fatto in tempo a proferire parola, a muovere persino un passo che…”
“…si è sparato, non è così?”
La domanda di Stiles ricevette  una muta risposta.
Uscendo di nuovo sul corridoio, la sua attenzione non venne attirata dal gruppo di studenti tornati sul posto o da Peter, Derek e Isaac fermi in un angolo, né tantomeno da Cassidy nuovamente aggrappata al suo braccio, come se avesse stabilito che lui e solo lui potesse proteggerla e farla sentire al sicuro; l’unico colore che colpì il suo sguardo fu il rosso.
Una pozza di sangue intorno al corpo inerme del giovane, il pugno ancora stretto intorno al calcio della pistola: furono questi i dettagli che colpirono Stiles, come se avessero sparato di nuovo, ma stavolta contro il suo petto.
“Andiamocene” fu l’unica cosa che disse Derek.
Aveva visto Erica, aveva visto Boyd. Vederne un altro non era proprio necessario.


Adena cadde sulle ginocchia, a peso morto, lasciando che la soffice erba del cortile della Santa Monica High School attutisse il colpo, non solo fisicamente, ma anche emotivamente.
Il contatto con quello sprazzo di verde, di natura, in mezzo al grigio cemento e al panico dilagante, era per lei una sorta di sollievo.
Inspirò ed espirò diverse volte, fin quando i colpi di pistola che aveva udito smisero di rimbombare nella sua testa.
Il suono di diverse sirene la fece voltare di scatto. La polizia locale era celermente giunta sul posto. Nello stesso istante in cui li vide prepararsi per un eventuale contatto con il ragazzo armato, vide uscire dall'ingresso principale diverse persone, a passo lento, quasi stanco.
Era dunque tutto finito? Quel folle era andato via?
Si alzò di scatto e individuò un gruppetto più in disparte, composto da due uomini più adulti e tre ragazzi che potevano avere circa la sua età.
Bloccò per un polso uno degli adulti, per l’esattezza il ragazzo dagli occhi chiari, i capelli scuri e la t-shirt blu notte capace di risaltare ancor di più, se possibile, il fisico ben scolpito.
Nel momento in cui la sua mano entrò a contatto con la pelle dell’altro una consapevolezza la investì con la stessa forza di una scarica elettrica.
Strabuzzò gli occhi verdi, sorpresa, e ritirò immediatamente la mano, sotto lo sguardo altrettanto stupito del ragazzo e degli altri quattro.
“Cosa vuoi?”  domandò bruscamente l’altro.
“Andiamo Derek! Sii più gentile, o continuerai a trovare solo fidanzate psicopatiche” lo riprese l’uomo al suo fianco.
“..che poi, detto da un sociopatico…” borbottò qualcuno alle loro spalle.
“Ti ho sentito Stiles” lo ammonì l’uomo, per poi sorriderle affabile. “Io sono Peter e lui è mio nipote Derek. Loro sono Scott, Stiles e Isaac”
“Ci sta provando di nuovo” asserì Stiles rivolto a Scott.
Adena li osservò attentamente uno ad uno, per poi decidersi a parlare.
“Sono Adena” disse seccamente, fulminando con lo sguardo Derek “volevo solo sapere dove è finito quel folle con la pistola”
“L’ha usata su se stesso” rivelò Isaac.
Adena boccheggiò incredula. Un brivido le scese lungo la schiena, tale era lo sgomento.
“Ehm, ti senti bene?” le domandò Scott, sfiorandole la spalla con la mano.
Di nuovo quella sensazione si impadronì di lei e si scostò leggermente.
“Benissimo. Scusate” disse semplicemente, per poi dar loro le spalle, lasciando che i capelli mossi si muovessero a ritmo, per poi ricadere sulla schiena.
“Ma che le ho fatto?” domandò Scott, perplesso, la mano ancora a mezz’aria.
Peter fece spallucce. “Deve essere una di quelle tipe difficili. Non mi piace” sentenziò.
“Secondo me l’ha spaventata Derek. Il grosso lupo cattivo” affermò Stiles, per poi ricevere un’occhiataccia da quest’ultimo.
“Nessuno le ha guardato il fondoschiena mentre andava via?” chiese invece Isaac, ricevendo delle occhiate perplesse.
“Impara in fretta il ragazzo” Peter accennò un sorriso sghembo.
“Adesso andiamo, abbiamo perso fin troppo tempo”
Derek riprese a camminare a passo spedito verso la sua auto.

Adena li osservò da dietro il vecchio pino, ogni battito del suo cuore fin troppo vicino all’altro, tale era l’adrenalina crescente.
La paura stava facendo posto ad altro. Ad un’idea.
Il sorriso le si disegnò sul viso, mentre una sola parola faceva capolino fra i suoi pensieri.
Licantropi.



“Carina questa casetta. Quanto paghiamo per restare in questi giorni?” domandò Stiles entrando nell’abitazione accogliente non molto distante dalla spiaggia e costituita da due piani.
“Niente, la stiamo occupando abusivamente. La famiglia che la abita è fuori città” asserì Peter.
“Che cosa?!?” esclamò Scott.
Isaac si lasciò cadere sul divano.
“Comodo” constatò. “Come facevi a sapere che fosse disabitata?”
“Non sottovalutate mai le mie risorse” ribatté Peter.
 Stiles si guardò un po’ intorno, osservando le foto sulla mensola di una giovane coppia di novelli sposi.
Ripensò alla giornata trascorsa, alle informazioni fornite loro dal professor Jefferson ed agli eventi sinistri appresi e visti.
Il bambino scomparso misteriosamente, la follia omicida di uno studente della sua età.
Si domandò  se ci fosse qualcosa di strano, ma scacciò immediatamente il pensiero.
Dunque si voltò verso Scott e gli sorrise.
“Bro, ce l’avrà questo maritino una playstation?”
Scott estese il suo sorriso.
Licantropo o non licantropo, sarebbe stato perso senza Stiles.




Ed eccomi qui, con questo pilot, che mi porta ad arrossire come non mai -////-
Ci tengo molto a questa long, sarà forse per il modo in cui la sto plottando, studiando anche il più piccolo particolare e facendo ricerche su ricerce -mia madre credeva stessi cercando materiale per scrivere la tesi -
Difatti la long sarà strutturata in maniera molto simile alla serie tv: 12 episodi per 12 capitoli. Ci sarà tanta mitologia, tanti dettagli/indizi ed anche una buona dose di romanticismo con la speranza di non stravolgere nessun carattere dei nostri maschietti preferiti.
Cercherò di essere puntuale con gli aggiornamenti, pubblicando ogni mercoledì. Se ciò non dovesse accadere, sicuramente lo scriverò sulla mia pagina di facebook ( https://www.facebook.com/elynovantuno.efp ) dove potete tranquillamente aggiungermi, se volete.
Passando al pilot, proprio alla stessa maniera di una serie tv, ho cercato di gettare le basi di ogni singola storyline che verrà sviluppata nell'arco narrativo dei 12 capitoli. Spero di avervi incuriosito abbastanza e, sopratutto, che la lettura si sia rivelata piacevole.

Un bacione, 
Ely 91

 

NEXT ON "SAVE THE PACK":

Udendo il battito del suo cuore, Scott notò che aveva saltato un battito, per poi averne due fin troppo ravvicinati. Un’extrasistole. Quella domanda l’aveva in qualche modo agitata.
[...]
All’improvviso, sapeva di non potersi più fidare o comunque di dover stare in guardia.
Eppure poco prima quel sorriso di Adena sembrava sincero.
Gli tornò in mente il sorriso di Jennifer Blake. Anche il suo sembrava sincero. E solo in quel momento comprese che il fatto che le avesse paragonate, non prometteva nulla di buono.
Probabilmente anche lei era un fiore innocente pronto a nascondere un serpente velenoso.

 

   
 
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