La prima cosa
che fece Vegida, appena entrato nella camera
di Joshua, fu saltare addosso al compagno, che si ritrovò
buttato sul suo
letto, ancor prima di accorgersi della presenza del più
giovane. Non protestò,
anzi, rispose con ardore ai baci del ragazzo, ripetendogli
più volte,
tra i sospiri e i gemiti spezzati, quanto gli fosse mancato e quanto
non
volesse lasciarlo mai più. La reazione dell’altro
fu immediata, bacchetta alla
mano: sigillò la porta, silenziò la stanza e fece
svanire i vestiti.
“
Vegi, mi dispiace molto per quello che ho fatto…”
Disse
Joshua, mentre l’altro scendeva sempre più in
giù sul suo corpo, lasciando una
scia di baci su ogni lembo di pelle. “Se ora non ti fidi di
me, lo capisco…”
“Non
è stata colpa tua.” Rispose il biondo, senza
interrompere
il suo percorso.
Joshua
ribaltò le posizioni, mettendosi cavalcioni su di lui
e lo accarezzò piano, in quel momento il corpo del
più piccolo ebbe una scossa
violenta, un brivido di paura passò nei suoi occhi. A Joshua
non sfuggì, gli
fermò i polsi sopra la testa con la mano sinistra, mentre
con l’altra prese la
sua bacchetta dal comodino e fece comparire delle corde con cui gli
legò polsi
e caviglie allo schienale del letto. Vegida si guardò
intorno spaesato.
“Joshi,
che fai?” Una nota di timore malcelato nella voce.
Joshua si
piegò a baciare la bocca, il collo, poi
raggiunse il lobo dell’orecchio sinistro e
sussurrò: ” Nel momento in cui,
tutte le fibre del tuo corpo desidereranno toccarmi, nel momento in
cui, il tuo
piacere sarà assoluto, solo allora le corde si
spezzeranno… Amore, il tuo corpo
ha paura dei miei tocchi…Il tuo inconscio lo fa
tremare… Devi fidarti… Vegi,
fidati. Non ti farò del male…”
Spiegò, mentre formava un percorso immaginario
sul corpo del ragazzo, prima solo con le mani, poi anche con le labbra.
Vegida gemette,
le sue braccia cercavano di liberarsi invano. “ Joshua, ti
voglio toccare, ti
prego…”
L’altro
non rispose, continuando il suo tragitto. Si fermò,
arrivato al membro già eretto del compagno, lo
toccò soltanto inizialmente, ma
poi sentendo i gemiti sempre più alti del rettilofono, lo
circondò con le
labbra, cominciando una tortura delle più piacevoli. Vegida
urlò tra i sospiri
spezzati, pregandolo di liberargli almeno le mani. Non era abbastanza.
Joshua
non lo accontentò, ignorandolo apparentemente.
Iniziò a prepararlo piano, in
modo che fosse pronto alla sua intrusione, con le dita, utilizzando
anche la
magia per rendere il tutto più veloce, poi iniziò
a penetrarlo. Il più piccolo
lanciò un urlo, molto simile a un ringhio, poi
incominciò a singhiozzare per il
piacere e per la frustrazione, mentre Joshua spingeva dentro di lui,
lentamente
e dolcemente. Con la voce spezzata, Vegida disse:
“J-joshi… Am-more m-io… Pe-r
fav-or-e…”
Joshua si
fermò di colpo, alzò lo sguardo, inchiodando
quello lucido di Vegida, ormai quasi trasparente.
“Che
cosa hai detto?” Chiese, incredulo, titubante. Vegida
non capì subito.
“Joshua…
Ti prego…”
“Vegi…Ripetilo!”
Disse l’altro, accarezzandogli il volto con
una mano e fermando le spinte del più giovane per completare
la penetrazione
con l’altra.
“A-more?”
Chiese Vegida e quando vide lo sguardo dell’altro
illuminarsi, comprese. “ Amore, amore, amore,
amore… Sì, Joshi… Sei il mio
unico amore!” Joshua si tuffò sulla sua bocca,
baciandolo con foga e rientrò in un
unico colpo. Spinse più volte, mentre l’altro
gemeva costantemente.
Vegida
sentì le corde, che gli tenevano le mani allentarsi
per poi spezzarsi del tutto. Finalmente libero, o almeno in parte, cinse
il suo
collo, toccandogli i capelli e graffiandogli la schiena. Un sibilo roco
uscì
dalla sua bocca, quando fu vicinissimo al culmine. Le corde legate alle
caviglie
si ruppero. Non dovette neanche pensarci, fu naturale circondare le
anche dell’altro
con le sue gambe. Bastarono altre due spinte ad entrambi per arrivare
all’apice.
Le gambe di Vegida caddero ai lati del compagno. Sospirò
forte, sentendosi
esausto, svuotato, ma appagato completamente. Joshua gli
baciò una guancia, un
gesto, forse un po’ troppo dolce e fuori dal contesto
generale, giacché fino ad
un attimo prima era legato. Sorrise, comunque, felice per
quell’attenzione in
più. Joshua uscì piano dal suo corpo, attento a
non fargli male e si stese alla
sua destra, allargando le braccia. Vegida si rifugiò tra di
esse, lasciando che
lo abbracciasse ed un attimo prima di addormentarsi disse: “
Ti amo, Joshua…”
Il bruno
sorrise, prese la bacchetta e con un veloce Gratta e Netta li
ripulì alla bene
e meglio, poi richiamò un lenzuolo per coprirli. Infine,
poggiò la bacchetta
sul comò e strinse a sé il biondino,
abbondonandosi tra le braccia di Morfeo,
Nella sua mente le nuvole create dalla preoccupazione, si diradarono e
un bell’arcobaleno
prese il loro posto.
James,
finalmente, arrivò alla
villa dei Malfoy: era stato un viaggio estenuante e non vedeva
l’ora di
sdraiarsi su un letto e dormire. Toccò il cancello, che
circondava il Manor, ma
esso non si aprì. Sbuffò, chiedendosi
perché suo padre non fosse lì ad
aspettarlo, per lo meno, avrebbe potuto togliere gli incantesimi di
protezione.
Sfilò dalla tasca sinistra il cellulare e chiamò
il genitore
All’interno
della dimora, un
telefonino, abbandonato su un tavolo nel salone principale
iniziò a squillare. Harry
e Draco, troppo occupati dalle loro attività e avendo
silenziato la stanza, non
sentirono nulla.
Felipe,
nella sua camera, stava
cantando, quando un rumore in sottofondo lo distrasse . Si tolse le
cuffie, mise
in pausa il brano e seguì la suoneria, fino alla grande
sala, tutta sul colore
del grigio con quattro statue greche agli angoli, raffiguranti le
quattro
stagioni ed una centrale, che rappresentava due divinità:
Diana con arco e
frecce e Apollo con la cetra. Felipe si guardò intorno, rimaneva
sempre meravigliato alla
vista di quella stanza, la scultura e la mitologia greca lo
affascinavano fin
da piccolo. Trovò la fonte del rumore sul tavolo, vicino
alla statua della primavera.
Lo prese, sul display compariva a lettere cubitali la scritta
“JAMIE”, si
ritrovò un attimo a pensare se rispondere o no, poteva anche
solo aspettare che
smettesse. Lo
posò di nuovo, ma l’apparecchio
non accennava a sospendere quella canzone. Alzò gli occhi al
cielo, poi prese
quel marchingegno infernale ed inoltrò la chiamata.
“Era
ora, papà!” La voce di James
proruppe furiosa.
“Scusami…
Non sono tuo padre… Tu
chi sei?” Chiese Felipe, un po’ scettico, vista la
prima reazione dell’interlocutore.
“Hum.. James
Potter… Tu?” Chiese
l’altro, anche lui diffidente.
“
Ah… Sei il figlio del Gran
Salvatore…” Disse ironico, con un ghigno sulle
labbra. “ Noi non ci conosciamo,
ma io so molto su di te!”
“Eh?!
Sei uno stalker?!” Chiese James,
preoccupato.
“
Felipe Coutez, forse se ti dico
che sono il fratello minore di Vegida M…”
“Malfoy?!
Ma tu non vivi in un altro
paese… Come fai ad aver il cellulare di mio padre?”
“Sono
al Manor, starò qui per due
settimane!”
“Perfetto,
sono qua fuori! Mi
apri?”
“Non
so…” Disse, incerto, avrebbe
potuto girare la situazione a suo vantaggio.
“Ehi!
Io ci devo abitare lì
dentro, da adesso in poi! Fammi entrare! “Esclamò,
frustrato, ma anche
divertito dalla situazione.
“Ho
una condizione…”Disse il più
piccolo.
“Che
cosa vuole che tu mi faccia
fare quella serpe di tuo fratello?!” Domandò
James, sospettoso ed irrequieto.
“Uh…
No…No! Mio fratello? Te la
vedrai poi direttamente con lui…” Era rimasto un
po’ stupito dall’affermazione
dell’altro, ma si era ripreso in fretta.
“Ah…
Quindi?” Chiese James,
perplesso, grattandosi la nuca.
“Mi
porti a visitare Londra…”
disse con voce fievole il ragazzino, tanto che sembrò essere
più una timida
richiesta, piuttosto che un’inviolabile condizione.
“ Qui, nessuno mi ascolta…
Zio Draco e tuo padre sono spariti… Mio fratello so
dov’è e so anche che è
meglio non disturbarlo al momento… Sono solo, tanto
solo…”
Un
risolino lo raggiunse dall’altra
parte del cellulare, James tentava di non ridergli in faccia.
“ Poverino! Che
stronzi! Certo che ti porterò a vedere Londra, la visiteremo
da cima a fondo!
Potevi semplicemente chiederlo, invece di ricattarmi! Ora, apri quel
dannato
cancello.”
“
Sì!” Esclamò entusiasta Felipe,
interrompendo la chiamata.
Quando
James lo vide uscire dal
portone della villa e correre verso di lui, due aggettivi gli vennero
in
mente: bello, non la bellezza standard, qualcosa di lui
calamitava l’attenzione
e diverso, perché sembrava non avere nulla in comune con il
fratello, questo
era senza alcun dubbio un punto a favore per James.
“
Mi porterai davvero?” Chiese un’ultima
volta il ragazzino, gli occhi speranzosi in una risposta positiva.
“Certo…”
Rispose, mentre in
automatico una delle sue mani andava ad accarezzare i capelli. Felipe
sorrise,
chiudendo gli occhi.
Quanto vorrei che fosse il mio… Il mio
fratellino, certo! Pensò
James, incerto della sua stessa riflessione.
Però, è simpatico! Ok, Vegi
mi ammazza, se scopre che ho pensato una
cosa del genere… Disse tra sé e
sé Felipe, mentre si dirigevano in casa.
Mon
Espace:
Che
dire… A parte… che non aggiornerò mai
in un
tempo decente… ma questo l’avete capito! XD
Il
capitolo…beh… non ha bisogno di grandi
spiegazioni… è lì e si racconta da
solo!
Recensite,
su!
Alla
prossima
slytherin
ele