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Autore: Melanyholland    08/10/2004    6 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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13. Tropical Land

Se c’era una cosa che gli era ben chiara fin da quando aveva mosso i primi passi nel mondo dell’adolescenza, era quanto fosse gravemente sbagliato andare al luna park in un giorno festivo. La calca era così fitta che sebbene fosse una giornata abbastanza fresca si era ritrovato a sudare copiosamente nel giro di pochi minuti. Farsi largo in mezzo a quell’ondata di persone poi era tutt’altro che semplice, soprattutto se si doveva tenere d’occhio un tizio comune di mezza età, vestito altrettanto comunemente, il cui unico elemento non comune era il fatto di essere più basso del normale. Da quando erano entrati al Tropical Land aveva rischiato di perderlo almeno una dozzina di volte, o perché un gruppo di studentesse ciarlanti gli passava davanti, oppure perché rischiava di investire bambini che gli arrivavano alle ginocchia, o perché qualche strano pupazzo gigante cercava di rifilargli dei volantini. Un altro po’ di questa vita e giurò a se stesso di prendere Mori per la collottola, sbatterlo al muro, farsi restituire quel benedetto nastro a suon di calci nel sedere...e tanti saluti al piano del caro Kudo, in fondo non era a lui che erano toccate quelle tediose ore di pedinamento! No, il suo amico e rivale si era divertito a mettere in moto la sua deduttiva, e dal tono in estasi con cui gli aveva parlato la seconda volta che gli aveva telefonato, sembrava che la sua fosse stata una giornata meravigliosa. Senza contare che quella sera stessa avrebbe avuto un incontro indimenticabile con l’amore della sua vita, mentre probabilmente lui avrebbe dovuto fare di tutto per placare l’ira della sua amica d’infanzia, di cui ormai rifiutava tutte le chiamate. E dubitava che lei lo perdonasse tanto facilmente. Una brutta bestia l’invidia...fortunatamente non l’avrebbe mai spinto a fare ciò che aveva pensato: Heiji sapeva che questa era una delle rare occasioni in cui Kudo avrebbe potuto finalmente venire a contatto con l’Organizzazione, dando una svolta definitiva alla sua situazione, e se c’era una cosa che non si sarebbe mai permesso era rovinargli la vita, sapendo quante ne aveva già passate. Inoltre Kudo l’avrebbe ucciso, e quello era un punto da tenere in considerazione... ridacchiò, superando un altro gruppo di ragazze chiacchierine e tenendo d’occhio l’uomo con il cappotto di feltro qualche testa avanti a lui. Ma dove cavolo stava andando? Sentì il telefono vibrare, vide sulla schermata il nome del suo migliore amico e rispose. “Dove sei?” Lo aggredì una voce concitata non tanto infantile, senza dargli il tempo di dire nulla:

“Ciao anche a te, Kudo.” Ribatté sarcastico, scansando con garbo una vecchietta che si era fermata davanti a lui. Dall’altra parte sentì Conan fare uno strano suono, simile a un ringhio:

“Non ho tempo da perdere Hattori, dimmi dove sei!” urlò spaccandogli un timpano. Forse fu perché era accaldato e stanco, ma Heiji vide per un attimo nella sua mente l’immagine di un telefono rovente, effetto fumetto Walt Disney... “Qual è la parola magica, Conan kun?” domandò ironico, un sorriso stampato in faccia.

“Hattori!” ringhiò Conan al di là della cornetta.

“Su, non è così difficile...”

Hattori!”

“Forza, o non ne usciamo più...” Continuò Heiji per nulla intimidito. Così imparava quell’idiota a propinargli simili incarichi odiosi. Udì uno sbuffò infuriato, e poteva immaginare l’espressione incollerita e i pensieri non molto carini che il suo collega stava facendo nei suoi confronti.

“Hattori...” esordì Conan digrignando i denti “...per favore.” Il suo tono lasciava intendere che erano ben altre le parole che intendeva dirgli. Heiji sorrise maligno:

“Bravo bambino. Visto che non era poi tanto difficile?” un altro ringhio al di là della cornetta: “Comunque, io e Mori stiamo passando davanti alla casa del terrore, e ci stiamo avviando verso la pista dei go-kart. Muoviti adesso, hai già perso abbastanza tempo!” lo ammonì, attaccandogli in faccia prima che potesse ribattere. Ridacchiò soddisfatto, infilandosi il cellulare in tasca e pensando agli epiteti che Kudo avrebbe voluto lanciargli addosso. Davanti a lui, Mori spintonò una coppia di fidanzati per farsi strada, noncurante delle loro proteste, e poco dopo anche Heiji li superò, con molta più gentilezza naturalmente. Vista la richiesta di Kudo, poteva immaginare che fosse entrato al luna park, e che l’avrebbe raggiunto in breve tempo. Si sentì sollevato, in due sarebbe stato molto più divertente, soprattutto per lui, che non avrebbe perso occasione per punzecchiarlo; Dio solo sa quanto adorava il suo rapporto con Kudo...

“Guarda qui, sono riuscita a prenderne uno carinissimo!!” Kazuha mostrò a Sonoko il sacchetto di plastica trasparente, pieno d’acqua, dove sguazzava tranquillo un pesce piccolo, di un colore che sfumava dal rosso intenso a quello più chiaro. Sonoko lo guardò ammirata.

“Hai ragione! È proprio bello! Me lo regali?” Domandò con voce acuta, Kazuha scosse la testa con un sorrisetto altezzoso e Sonoko le diede un colpetto sulla spalla, infastidita, poi entrambe scoppiarono a ridere. Fortunatamente, le due ragazze avevano superato in fretta la fase dei silenzi imbarazzati e delle conversazioni forzate e banali, e per tutto il tragitto fino al luna park avevano chiacchierato spensieratamente conoscendosi meglio. Kazuha notò che la ragazza di Tokyo aveva un carattere molto espansivo, incline al sorriso, e nonostante i suoi continui apprezzamenti nei confronti di ogni ragazzo più carino della media che incontravano e le sue frequenti domande riguardo a Heiji, la trovava molto simpatica. La sua personalità era estremamente diversa da quella di Ran, di certo meno esuberante e più emotiva, e non riusciva a capire come avessero fatto a diventare grandi amiche; tuttavia, la questione era per lei di blando interesse.

“Senti un po’, ma dov’è finita Ran!?” le domandò Sonoko, passandosi una mano nel caschetto di capelli castani corti. Kazuha si strinse nelle spalle.

“Non ne ho idea, ho provato a chiamarla al cellulare, la prima volta ha squillato un po’ e poi ha rifiutato la chiamata, la seconda volta invece era spento fin dall’inizio...” Sonoko la guardò perplessa per qualche secondo, poi le sue labbra si stirarono in un sorriso a trentadue denti:

“Chissà, magari Shinichi è riuscito a venire prima e si stanno sbaciucchiando da qualche parte, e non vogliono essere disturbati!” Disse con voce squillante e un po’ maliziosa. Kazuha le sorrise di rimando; Ran doveva aver sbandierato ai quattro venti che usciva con Kudo, a quanto pareva. Non la biasimava, anche lei avrebbe fatto lo stesso, se mai Heiji e lei avessero avuto un vero appuntamento, per una volta...purtroppo, per quanto sperasse intensamente che lui la invitasse da qualche parte all’arrivo di ogni week-end, restava sempre delusa. Heiji preferiva passare il tempo libero alla centrale di polizia aspettando che capitasse qualche caso interessante, e se ciò non avveniva andava ad allenarsi a kendo, a vedere una partita di baseball alla tv o a leggere qualche stupido libro di Ellery Queen, che peraltro conosceva già a memoria. Se poi lei gli proponeva di accompagnarla da qualche parte sbuffava seccato e acconsentiva di malavoglia. Sembrava non accorgersi di quello che lei provava nei suoi confronti, eppure un detective dovrebbe saper leggere fra le righe, dannazione! Infatti, non si sarebbe mai dichiarata apertamente: se lui non la ricambiava, avrebbe potuto rovinare il loro rapporto per sempre...e lei non voleva perderlo, a costo di rimanere per sempre la 'sua sorella maggiore'. Tuttavia, quando con lo scendere delle ombre si ritrovava da sola sul suo letto a pensare, non poteva fare altro che ricordare quel giorno di qualche tempo prima, quando aveva rischiato di cadere in quel dirupo e morire. Heiji l’aveva sorretta, sebbene rischiasse di precipitare a sua volta, e sebbene lei lo avesse esortato a salvarsi lui non l’aveva fatto, dichiarando che se anche avesse dovuto morire, non l’avrebbe mai lasciata...così si erano salvati entrambi e lui l’aveva portata sulle spalle fino al casolare, facendola sentire al sicuro, fino a farla addormentare...tutte le volte che ci pensava arrossiva e sentiva un barlume di speranza nascere nel suo cuore... una volta in salvo lo sguardo di Heiji era colmo di affetto mentre la guardava con i suoi occhi verde - azzurri, il suo sorriso di una dolcezza mai vista...quello che aveva letto nei suoi atteggiamenti sembrava...era...amore...

“Che c’è Kazuha!? Cos’è quello sguardo trasognante? Stai pensando a Heiji eh?” insinuò Sonoko scrutandola in tralice, lo stesso sorrisetto malizioso che aveva mentre parlava di Ran e Shinichi. Il viso della ragazza del Kansai avvampò fino a diventare dello stesso colore del pesciolino nel sacchetto mentre balbettava imbarazzata.

“M-ma no figurati!! Io...io...non stavo pensando a quel bamboccio!” Sonoko sospirò rassegnata scuotendo la testa: “Eccola qua, tale e quale a Ran...” Kazuha la fissò ammutolita, non sapendo cosa dire, ma per sua fortuna l’attenzione della ragazza di Tokyo fu catturata da un gruppetto di ragazzi che si dirigeva verso la casa del terrore.

“Oh mio Dio hai visto che bel biondino c’era in mezzo a quei tipi!? Era un figo da paura!!” squittì eccitata:

“Dai, seguiamoli, se entrano nella casa del terrore potrebbe capitare che io mi spaventi aggrappandomi accidentalmente al suo braccio!” E detto questo afferrò quello di Kazuha, cercando di trascinarla verso il gruppo di ragazzi, facendosi largo tra la folla.

“Ehi credevo che tu stessi con un certo Makoto!” replicò la ragazza di Osaka, cercando di divincolarsi dalla stretta.

“Sì infatti.” Rispose Sonoko guardandola perplessa, come se non capisse il nesso di quell’affermazione con quanto successo fino a quel momento. Kazuha, che non la conosceva abbastanza da capire se stesse scherzando, e dovesse mettersi a ridere, o se doveva cominciare a preoccuparsi, annuì solamente accingendosi a seguirla.

Tutto sommato, aveva un po’ paura ad ammettere che fosse proprio quello il sentimento che aveva letto negli occhi del suo amico d’infanzia; ci sperava da così tanto tempo che poteva benissimo aver volontariamente frainteso, e sapeva che se si fosse illusa e poi fosse venuto fuori che aveva fatto tutto da sola, avrebbe sofferto il doppio. In fondo, poteva essere benissimo l’affetto che un fratello rivolge alla sua sorellina...sospirò, l’unica cosa che restava da fare era pregare perché Heiji si dichiarasse; quel giorno, se mai fosse arrivato, gli avrebbe gettato le braccia al collo in preda a una felicità senza confini...

“Permesso! Scusate! Permesso!” Sonoko continuava a trascinarla attraverso la folla, spintonando chiunque si frapponesse fra lei e il biondo, finché non si scontrarono con un ragazzo alto, con un berretto da baseball, evidentemente intenzionato a non lasciarle passare.

“Ehi, levati! Dobbiamo...” la voce della ragazza di Tokyo s’interruppe per lasciar spazio ad un urletto, Kazuha alzò la testa per capire il motivo della sua reazione e restò a sua volta senza fiato:

“Heiji!! Che diavolo ci fai qui!?” Domandò allibita, mentre il ragazzo lo guardava con gli occhi sbarrati, come se avesse visto un fantasma. Non rispose subito, ma lanciò un’occhiata furtiva davanti a sé, a quel che pareva alla folla.

“Io...sto facendo quella commissione...” disse esitante, senza guardarla negli occhi.

“Qui, in un luna park!?!” ribatté incredula e un tantino accigliata. Che Heiji stesse mentendo era palese, ora doveva capire se era per mascherare un appuntamento con un’altra ragazza. Solo al pensiero sentì un soffio doloroso all’altezza del petto...

“Ehm...ora non ho tempo di spiegarti, ci vediamo dopo...” rispose frettoloso, fece per andarsene, lo sguardo rivolto al mucchio di teste davanti a lui, la fronte aggrottata, ma Kazuha lo afferrò per un braccio.

“No!! Non credere di potermi liquidare in questo modo!! Cos’hai fatto tutta la mattina!? Perché sei venuto al luna park!?” Si accorse che la sua voce, sebbene tremasse di rabbia, lasciava trapelare tristezza e abbattimento. Heiji probabilmente se ne avvide perché la guardò negli occhi esterrefatto, per un lungo attimo, poi fu come se fosse svegliato bruscamente da un sogno, perché le strattonò il braccio liberandosi dalla sua presa e ricominciò a camminare fra la folla, un leggero velo di panico negli occhi: “Non ora Kazuha per favore” ripeté facendosi largo tra la folla, e se l’avesse guardata si sarebbe accorto che si stava trattenendo a stento dal piangere. Sonoko osservava entrambi ammutolita: il ragazzo stava per essere inghiottito di nuovo dalla folla, Kazuha lo fissava con sguardo vuoto, pallida: Heiji le aveva mentito, aveva inventato la scusa della commissione perché non voleva averla tra i piedi...e le veniva in mente una sola motivazione per quel suo comportamento, che la lacerava dentro, dolorosamente. Per anni gli era stata vicina, sopportando il fatto che non sarebbe mai stata al primo posto fra i suoi pensieri, perdonandolo ogni volta che le dava buca ad un appuntamento o la piantava in asso nel bel mezzo di un’uscita per risolvere un caso, aspettandolo con ansia ogni volta che lui partiva per Tokyo senza di lei...e a lui non era mai importato niente...anzi...nemmeno ci aveva mai fatto caso... All’improvviso i suoi occhi si riempirono di un cipiglio frustrato, seguì il suo amico d’infanzia fra la calca, fermandolo di nuovo e facendolo voltare: “Sei solo un bastardo!” Gridò infuriata, mollandogli uno schiaffo che fece rabbrividire tutti intorno a loro. A quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime, si voltò per nasconderle e fuggì via, lasciando Heiji a bocca aperta, pallido, che la osservava massaggiandosi con gesto meccanico la guancia arrossata: la sua amica d’infanzia si allontanava fra la folla, correndo a testa bassa e asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. Stava piangendo...e lui, sebbene consapevole di non aver fatto nulla di male, si sentì scosso e profondamente colpito. Perché aveva avuto quello scatto isterico!? Che davvero pensasse che...

“Non crederà che io sia qui per divertirmi con una ragazza spero!” Lanciò un’occhiata esasperata alla figlia del capo del gruppo Suzuki, imbronciato. Lei lo guardò per un momento, poi rispose esitante:

“Ehm...non so...può darsi...” Heiji sbuffò, mormorando a mezza voce un “Idiota” e fissando con gli occhi socchiusi la coda di cavallo ciondolante che si stava confondendo tra la folla. Era infastidito dal fatto che lei gli desse così poca fiducia, ma allo stesso tempo sentiva uno strano vuoto all’altezza del petto al pensiero che stava piangendo per lui. Kazuha era sempre stata una ragazza tosta, forte, raramente l’aveva vista in lacrime...eppure anche solo il sospetto che lui potesse essere in compagnia di un’altra l’aveva ridotta in quello stato. Per la prima volta nella sua vita sentì il forte impulso di correrle dietro per mettere bene in chiaro che mai lui avrebbe fatto qualcosa che potesse minimamente ferirla, e che esisteva solo una ragazza con la quale sarebbe voluto uscire...una ragazza che conosceva fin da quando era piccolo...che lo faceva star bene con la sua sola presenza...che mai avrebbe voluto perdere...Fece dietro-front per raggiungerla ma sentì qualcuno afferrargli i vestiti un po’ sopra il ginocchio, e quando abbassò lo sguardo gli venne quasi un infarto; si voltò di scatto verso il luogo dove l’ultima volta aveva focalizzato il giornalista, scoprendo con orrore che di lui non c’era traccia.

Conan raggiunse con il suo skate-board il luogo che gli aveva suggerito Hattori al telefono, anche se ci impiegò un po’ a causa del mucchio di persone che lo costringevano a mettere al minimo la velocità del suo mezzo di locomozione. Se la sua gamba non stesse mandando fitte lancinanti ogni minuto, sarebbe sceso e andato volentieri a piedi. Individuò il ragazzo fra la folla, il berretto da baseball bianco che rifletteva la luce del sole, e si accorse con vago stupore che accanto a lui stava Sonoko, fissandolo come inebetita; con suo enorme sollievo non vedeva Ran da nessuna parte: avrebbe cominciato a fare storie e sarebbe stato seccante, senza contare che avrebbero perso tempo. Tuttavia, guardando l’espressione del suo collega, un brivido gelido gli percorse la schiena: non sembrava la faccia di uno che sta tranquillamente tenendo d’occhio un sospettato. Era...afflitto, triste e leggermente contrariato, gli occhi fissi nella contemplazione di qualcosa (o qualcuno) davanti a sé. La cosa non gli piaceva per niente, considerando che mancava all’appello anche Kazuha Toyama, la fidanzata del suddetto. Ma non aveva alcuna voglia di pensare al peggio...

Ma sì magari sta osservando Mori e intanto pensa a qualcos’altro mi preoccupo troppo

Ignorando il fatto di aver sentito nella sua mente la voce della speranza e non della ragione obbiettiva si diresse verso di lui, cercando di non essere calpestato dalla folla, e non potendo per ovvi motivi dargli un buffetto sulla spalla per richiamare la sua attenzione, si aggrappò alla stoffa dei pantaloni sulla gamba. Lui abbassò lo sguardo e quando incrociò il suo, Conan non poté fare a meno di notare che l’ombra di panico che era balenata nei suoi occhi verde - azzurri non gli piaceva per niente. Proprio per niente. E lo stesso valeva per il gesto brusco che il detective dell’ovest fece subito dopo, voltandosi a guardare la marea di teste e trasalendo, pallido in faccia sotto l’abbronzatura. Cercando di mantenere un tono freddo e distaccato nonostante il timore e la rabbia che stavano crescendo dentro di lui Conan esordì:

“Tu sai dov’è, vero? Non puoi averlo perso, dico bene?” Heiji evitò accuratamente di guardarlo in faccia, i suoi occhi continuavano a guizzare soffermandosi speranzosi su ogni uomo coi capelli neri. Sonoko riconobbe la voce del bambino e abbassò lo sguardo a sua volta:

“Oh, sei tu...ma come mai Ran non è con te?” Chiese, Conan la ignorò totalmente, lo sguardo torvo fisso sul ragazzo del Kansai:

Dico bene, Hattori!?” Ringhiò, gli occhi fiammeggianti attraverso le lenti degli occhiali. Heiji si voltò verso di lui esitante: “Ehm...a dir la verità...al momento non riesco a...vederlo...” balbettò, e se gli occhi di Conan fossero stati armi l’avrebbero ucciso.

“COME SAREBBE A DIRE???” urlò infuriato, Heiji trasalì, Sonoko fissò il bambino con un misto di timore e sbalordimento: da quando in qua quel bambino era così aggressivo e spaventoso!? E soprattutto di che diavolo stavano parlando!?

“Io l’ho tenuto d’occhio fino a un momento fa...mi sono distratto solo un attimo...era lì da quelle parti, non può essere lontano...” si giustificò il detective dell’ovest, indicando la pista dei go-kart davanti a sé. Conan imprecò ad alta voce, volgendo lo sguardo seguendo la traiettoria del dito di Heiji. Se avesse avuto il tempo avrebbe urlato contro di lui fino a diventare afono, probabilmente gli avrebbe calciato addosso qualcosa aumentando di molto la potenza delle sue scarpe, poi l’avrebbe ucciso in un modo lento e doloroso...oh sì, l’avrebbe fatto, e con un piacere piuttosto malsano, se non fosse che ora come ora aveva cose più importanti di cui occuparsi:

“D’accordo, dividiamoci e cerchiamolo” sbuffò irritato con un tono perentorio.

“Ma…cercare chi!?” si intromise ancora una volta Sonoko, squadrandoli entrambi incuriosita. Heiji sospirò, ancora un po’ scosso da tutto quello che gli era successo negli ultimi cinque minuti e le si rivolse in tono amabile:

“Suzuki chan, per favore, trova Kazuha e cerca di consolarla…dille che le spiegherò tutto il prima possibile, ma che adesso proprio non posso…falle capire che non intendevo offenderla…e cose così. Conto su di te…okay?” Le rivolse un sorriso che fece aumentare di molto il battito cardiaco e il rossore sulle gote della ragazza di Tokyo, che annuì in modo energico e sparì tra la calca. Conan continuava a guardarsi intorno, ascoltando le parole del ragazzo poté immaginare vagamente qual era stata la ragione della sua inefficienza, anche se quel pensiero passò come un lampo e scomparve alla svelta dalla sua testa, concentrata su ben altre questioni: “Appena lo vedi, chiamami immediatamente.” Concluse, come se non ci fosse stata nessuna interruzione, e inforcando lo skate-board si allontanò da lui, zig-zagando fra la folla. Per un bel po’ di minuti continuò a scrutare ogni cosa o persona intorno a lui, il suo cuore aveva un tonfo ogni volta che vedeva un uomo sulla quarantina, basso e con i capelli neri, ma si rivelava sempre un’altra persona: d’altronde erano in Giappone, che cosa si aspettava? Le frequenti delusioni unite al malumore che quell’imprevisto gli aveva messo addosso gli cancellarono completamente tutta l’euforia che aveva provato poco prima. Possibile che niente andasse mai come voleva?

Ecco il difetto dei piani quasi mai le cose vanno come dovrebbero e uno si ritrova con l’amaro in bocca… a questo punto meglio andare allo sbaraglio e improvvisare tanto alla fine si riduce tutto a questo e se poi finisce male puoi consolarti pensando che è abbastanza normale che sia successo visto che sei andato lì senza uno straccio di pianificazione e puoi morire serenamente e senza ulcere di sorta…

Notò vagamente che quando era sotto pressione i suoi ragionamenti non avevano mai molto senso, ma non ci fece tanto caso. Continuò a maledire mentalmente il detective dell’ovest mentre i suoi occhi azzurri guizzavano da ogni parte, cercando…cercando…cercando…

Atsushi Mori sarà anche stato vittima di un’emicrania da record e un senso di nausea a stento sopportabile, ma non era certo uno stupido. Non gli andava a genio che quella donna gli avesse dato appuntamento in un posto tanto affollato per poi indirizzarlo nell’unico luogo deserto, dove di tutta la gente presente e delle attrazioni restava solo il chiasso. Per fortuna che era stato previdente, e nascosta sotto il cappotto di feltro c’era la sua calibro 9, carica e perfettamente funzionante. Non che avesse davvero paura di quella bambola, ma in fondo aveva detto che avrebbe portato qualcuno con sé, e ora che non era più ubriaco capiva quanto quella situazione fosse potenzialmente pericolosa. Pazienza…tutto questo faceva parte del suo mestiere, e lo scoop della sua vita valeva un po’ di rischio, no? Si appoggiò al muro, accendendosi una sigaretta e fumando avidamente; da qualche parte risuonarono delle grida…gli ricordarono un servizio che aveva fatto poco tempo prima, su un incendio in una discoteca…era arrivato sul posto quando ancora i vigili del fuoco non avevano né domato le fiamme né salvato i ragazzi chiusi all’interno…poteva udire le loro urla disperate...aveva scritto un pezzo molto toccante su quella tragedia. Perfino il capo redattore gli aveva fatto i complimenti. Non tutti i mali dunque vengono per nuocere…sorrise a se stesso, sbuffando fumo, mentre un venticello fresco gli scompigliò i capelli. Tutto sommato, incontrarsi lì non era stata una cattiva idea; all’ombra di quella grossa costruzione non sentiva più il caldo afoso che c’era invece in mezzo alla calca, e che raddoppiava lo stimolo a piegarsi in avanti e vomitare.

“Salute, mr Mori” Udì una voce femminile, con un evidente accento americano, e si voltò sorridendo con falsa gentilezza.

“Ciao a te, bellezza. Sei sola?” si guardò intorno nervosamente. Il fatto che lei non fosse accompagnata gli dava uno strano senso di allarme. Si portò la mano sotto il cappotto cercando di farlo sembrare un gesto casuale, senza smettere di sorriderle: “Pensavo che dovessi farmi conoscere qualcuno…” La donna che si faceva chiamare Christy sorrise di rimando, ma non c’era alcuna traccia di gentilezza, falsa o vera che fosse; era un sorriso che esprimeva allo stesso tempo consapevolezza e scherno, intaccabile, freddo quanto gli occhi chiari che fissavano Mori con un luccichio inquietante…quasi perverso…pensò con un brivido il giornalista. Sì, era così che l’avrebbe descritto su carta…

“Oh, I’m so sorry…” ribatté con voce mielata “Temo che non andrà come avevamo previsto, my dear silly man.”

Lui strinse la mano attorno all’impugnatura della pistola che ancora celava sotto il cappotto; non gli piaceva affatto quello che stava succedendo, come non gli piaceva quella donna. La sera prima l’aveva trovata attraente, e infatti era molto più bella della media delle sue coetanee…però…c’era qualcosa in lei, qualcosa di decisamente sbagliato, che i fumi dell’alcool gli avevano celato al loro primo incontro. Pensò che la camicetta e la gonna che indossava le si addicevano perfettamente, avvolgendola di un nero cupo come l’atmosfera che stava creando intorno a loro sebbene fosse una radiosa giornata di sole.

“Non capisco cosa vuoi dire, Christy…” disse lentamente, senza smettere di sorridere. L’ultima cosa che voleva era farsi prendere da crisi nervose: ci voleva mano ferma per estrarre la pistola e spararle senza sbagliare mira. Lei aprì la borsetta di pelle che le ciondolava dalla spalla e lui si irrigidì, ma la donna estrasse solamente una sigaretta senza filtro, tenendola fra indice e medio, delicatamente: “Hai portato la cassetta, vero?” chiese dolcemente, fissandolo. Mori scoppiò in una risata forzata, cosa che naturalmente non le sfuggì, anche se lui non poteva saperlo:

“No, dolcezza, certo che no. È in un posto sicuro. Ma naturalmente, se non la recupero entro qualche giorno, un mio collega andrà a prenderla e la porterà in redazione per me. Senza contare che gli ho raccontato tutto di te bellezza, sa che devo incontrarmi con te…se io non dovessi tornare, ti rintraccerebbero subito.” Concluse, complimentandosi con se stesso per quello che aveva appena detto. Lei chiuse gli occhi per un attimo, sorridendo e sospirando, poi tornò a guardarlo con i suoi occhi freddi: “How simple you are! So che non c’è nessun collega. So che ce l’hai con te, da quando sei uscito non hai avuto modo di metterla da nessuna parte.” Per la prima volta il falso sorriso del giornalista sparì per lasciar spazio a stupore e incredulità. Il viso della donna si colorò di sincero divertimento:

“So tutto di te, my dear. Non sei sposato, non hai figli, nessun parente o conoscente a cui verrebbe voglia di vederti o sentirti nel caso tu non ti facessi più vivo. E poi ti ho tenuto d’occhio, e non ero l’unica, a dir la verità. Ma per fortuna, più per me che per te, ho potuto incontrarti da sola.” Alzò lo sguardo: “A teenager is a teenager, after all, even he’s a genius detective.” Commentò infine in tono indulgente, più a se stessa che al suo interlocutore, avvicinandosi di qualche passo alla figura tesa davanti a lei, puntellandosi sui tacchi delle scarpe nere di Gucci. Mori stringeva così tanto l’impugnatura della pistola che la mano era appiccicosa di sudore, la sua emicrania aveva raggiunto livelli stellari. Essendo un giornalista parlava correttamente molte lingue straniere, e l’inglese non faceva eccezione; perciò, sebbene nervoso, capì che probabilmente si riferiva a Kudo. Non sapeva perché, ma la notizia che lui l’avesse perso di vista l’aveva un po’ scosso, più del fatto che lo stesse pedinando. Era proprio in una brutta situazione se aveva bisogno di sentirsi protetto da un detective striminzito.

La donna si fermò a pochi centimetri da lui, ormai era più teso di una corda di violino, e lottava perché non si spezzasse. Niente crisi di nervi o mosse avventate. Quello l’aveva stabilito da un pezzo. Lei alzò la mano davanti al suo volto, la sigaretta ancora poggiata fra le dita tese: “Hai da accendere?” chiese come se niente fosse, Mori capì che quella era l’occasione che aspettava: “Sempre, per te…” mormorò, e con la scusa di prendere l’accendino poté armeggiare sotto il cappotto ed estrarre fulmineo la pistola.

Mentre volgeva in fretta lo sguardo intorno a sé, scrutando ogni rappresentante maschio di homo sapiens di mezza età, Conan udì con non poco dispetto una strana voce nella sua testa, vagamente somigliante a quella del padre, che lo ammonì con tono di rimprovero:

ma tu sei davvero un detective? Perché qualsiasi idiota saprebbe guardarsi intorno nella speranza che l’obiettivo si faccia vivo… ci manca solo che ti aspetti che sia lui a sventolare le mani per farti cenno di seguirlo…usa il cervello maledizione!

Nonostante la stizza che gli era cresciuta in corpo (unita a una leggera preoccupazione, a dir il vero: ma era normale che sentisse delle voci?) dovette ammettere che aveva ragione: non avrebbe cavato un ragno dal buco se non avesse cominciato ad analizzare gli indizi che aveva; punto primo: l’ultima volta che era stato visto era vicino alla casa del terrore, e si stava avviando verso la pista dei go-kart. Punto secondo: Vermouth non lo avrebbe certo fermato in mezzo a tutta quella gente: probabilmente intendeva trascinarlo in un luogo isolato, ucciderlo e poi confondersi tra la folla, perché in questo modo sarebbe stato impossibile risalire a lei. Perciò la domanda che doveva porsi era la seguente: dov’era in quel luna park, all’incirca intorno alla pista, un luogo dove poter incontrare qualcuno lontano da occhi indiscreti? Si bloccò di botto, le ruote dello skate-board stridettero e il davanti della tavola si alzò da terra, senza naturalmente disarcionare il suo passeggero, che era pronto a quella eventualità e si tenne in equilibrio allargando le braccia. Un paio di bambine vedendolo si sciolsero in un “Ooooh” di ammirazione, battendo le mani. Conan sbuffò rassegnato e si guardò intorno; in tutto lì c’erano due posti che rispondevano alle sue caratteristiche: uno era una piazzola laterale, in penombra, dove una volta c’erano le montagne russe ma che ora erano state chiuse per manutenzione. Un cartello avvertiva che era vietato avvicinarsi. Lo escluse a priori. Non era un luogo sicuro, se qualche temerario si fosse accostato abbastanza alla costruzione e avesse dato un’occhiata fra le rotaie avrebbe potuto veder tutta la scena senza difficoltà…

La seconda possibilità era dietro una giostra chiamata Flipper. Aveva bisogno di una piattaforma piuttosto grande, e sullo sfondo c’erano alti pannelli colorati che impedivano la visuale; siccome era posizionato all’estremità del luna park il retro era deserto, per raggiungerlo bisognava scavalcare qualche ringhiera e vi si riusciva senza troppa difficoltà. Conan sorrise trionfante e si diresse a gran velocità verso l’attrazione, scavalcando la ringhiera mentre l’addetto era occupato a badare alla gente che si accalcava per i biglietti, e cominciò a camminare nella penombra che la costruzione formava stagliandosi contro il sole, lo skate-board sottobraccio. Avanzò con passo felpato, sarebbe stato un guaio se Mori o Vermouth l’avessero sentito, anche se le grida di quelli che stavano sul Flipper nascondevano ogni minimo rumore. D’un tratto sentì una voce strascicata e rauca, e il suo cuore cominciò a battere eccitato, mentre un sorriso soddisfatto gli si formava sulla faccia, le sopracciglia aggrottate e gli occhi che luccicavano entusiasti.

“…e io gli ho raccontato tutto di te, bellezza, sa che devo incontrarmi con te…se io non dovessi tornare, ti rintraccerebbero subito.” Dal suo tono Mori sembrava molto sicuro di sé, ma Conan percepì una nota di inquietudine nella sua voce, che lui evidentemente credeva di aver celato alla perfezione. Era chiaro che, qualsiasi cosa avesse detto quando lui non era in ascolto, era una bugia. Si avvicinò un po’ di più e poté scorgere la bassa figura del giornalista, nel suo cappotto di feltro, sotto il quale nascondeva la mano destra. Poteva immaginare cosa stessero impugnando le sue dita…

“How simple you are!” esclamò una voce femminile, in un inglese/americano impeccabile. Conan diresse lo sguardo verso la voce e scorse Chris Vineyard, alias Vermouth, favolosa e sexy come sempre nei suoi abiti neri attillati. Gli dava le spalle e guardava Mori, e da quello che aggiunse dopo, in tono divertito, Conan capì che non solo aveva fatto seguire il giornalista (o se ne era occupata di persona, chissà) ma doveva anche aver raccolto dei dati su di lui. Pensò con un brivido che probabilmente aveva fatto la stessa cosa nei suoi confronti, e perciò lei sapeva tutto della sua famiglia, dei suoi amici…la cosa non gli piacque affatto.

“…e non ero l’unica, a dir la verità. Ma per fortuna, più per me che per te, ho potuto incontrarti da sola.” Ci fu una piccola pausa, durante la quale Conan ebbe il tempo di notare che, sebbene la cosa non lo sorprese più di tanto dopo la precedente dichiarazione, nemmeno l’idea che lei sapesse del pedinamento di Heiji gli andava molto a genio.

“A teenager is a teenager, after all, even he’s a genius detective.” Commentò ancora una volta in inglese. Conan capì perfettamente quello che aveva detto (andando a trovare spesso i genitori a Los Angeles non aveva alcuna difficoltà) e, nonostante non ne sapesse spiegare il motivo, il tono indulgente e quasi intenerito con cui aveva parlato lo fece rabbrividire.

La vide avvicinarsi a lui con qualcosa fra le dita, probabilmente una sigaretta, con un portamento elegante e tranquillo; Mori invece socchiuse gli occhi, profondamente teso e concentrato, e Conan ebbe il presentimento che stesse per estrarre la pistola per sparare alla sua interlocutrice, che continuava a camminare all’apparenza senza essersi accorta di nulla. Per un attimo fulmineo ponderò la possibilità di lasciarlo fare, una spietata assassina in meno a questo mondo, non una gran perdita. Ma purtroppo…

Purtroppo non posso non sarebbe giusto una vita è sempre una vita non importa a chi appartiene…

Posò delicatamente lo skate-board per terra, spinse il pulsante sul suo orologio e inquadrò nel mirino il giornalista, il dito sul secondo pulsante, quello che avrebbe sparato il dardo narcotizzante.

Udì Vermouth chiedergli qualcosa che non gli arrivò, Mori le rispose ed estrasse la pistola, come aveva previsto. Conan era pronto. In quei pochi secondi che l’uomo impiegò a tirar fuori l’arma lui spinse il pulsante sull’orologio e l’ago anestetico lo colpì sul collo; Mori sbarrò gli occhi dalla sorpresa e subito rovinò a terra, le palpebre chiuse e il petto che si alzava e abbassava a ritmo regolare. Conan si preparò a sparare anche alla donna, ma in quei pochi attimi che aveva impiegato ad assicurarsi di aver centrato il bersaglio Vermouth aveva estratto una pistola col silenziatore, che probabilmente impugnava già da dentro la borsetta senza che né lui né il giornalista ci facessero caso, e la puntò contro di lui.

“Molto carino da parte tua salvarmi, Cool Guy.” Disse dolcemente, sorridendogli. Conan le sorrise di rimando, guardandola dritta negli occhi: “Non che ce ne fosse bisogno…dico bene?” rispose sprezzante. La situazione era piuttosto critica, e lui non proprio a suo agio, ma pensare a essere spaventato non gli sarebbe servito a niente per salvarsi, e avrebbe distrutto il suo orgoglio. Perciò, come sempre in quei casi, accantonò la paura nei reconditi del suo animo e si scoprì ancora una volta calmo e sicuro di sé.

Vermouth lo osservava con atteggiamento accondiscendente e benevolo quanto lo poteva essere una che ti sta puntando una pistola addosso: “Credo che lo ucciderò. Un tipo davvero…repulsive” commentò, con un’occhiata furtiva all’uomo accoccolato per terra. Conan, tenendo sempre la mano sull’orologio non più puntato su nessuno, ridacchiò.

“Sono d’accordo. Ma io non l’ho aiutata per lasciarglielo ammazzare.” replicò con semplicità. Una parte della sua mente non era concentrata sul discorso, bensì su un modo per uscire da quella situazione scomoda.

“Lo so bene, Cool Guy. Ma devi cominciare ad abituarti all’idea di non poter salvare sempre tutti…” le sue parole erano fredde come il ghiaccio, cariche di una crudeltà che i suoi modi affettati e la sua voce dolce non riuscirono a mascherare. Non che lei lo volesse.

“Questo l’ho capito già da tempo…” mormorò in tono amaro, abbassando lo sguardo mentre nella sua mente si faceva largo l’immagine di una ragazza coi capelli lunghi, bruni, sanguinante tra le sue braccia in una fredda serata d’inverno…

Akemi Miyano…

E non solo lei.

Purtroppo.

Alzò lo sguardo, nessuna traccia di tristezza in quel freddo oceano che erano i suoi occhi. L’ultima cosa da fare era mostrarle quanto la sua considerazione l’avesse colpito nel profondo, aprendogli ferite ancora non del tutto rimarginate.

E che probabilmente non si rimargineranno mai…

“…non ho bisogno di ulteriori lezioni.” Continuò con voce alta e sicura: “E poi, al momento, credo di dovermi preoccupare di più di cosa lei farà di me, no?” La guardò altero, riflettendo alla ricerca di una qualsiasi via d’uscita.

Lei rise in modo leggero: “Anche…” commentò divertita. Conan notò con la coda dell’occhio un sasso un poco lontano da lui. Se solo fosse riuscito a spostare un po’ il piede…quante possibilità aveva che lei si distraesse dandogli modo di colpirla con quello o con il suo orologio?

“...posso ucciderti da un momento all’altro, Cool Guy. Lo sai. Non hai scampo, e sai anche questo. Non ti servirà né tenere la mano sul tuo orologio né lanciare occhiate nervose a quel grazioso sasso che ti sta vicino, perché io non mi distrarrò, sono una professionista. E probabilmente ti rendi conto anche di questo, anche se non vuoi ammetterlo a te stesso. Povero caro…immagino che adesso tu stia rimpiangendo il fatto di avermi salvata. O comunque di non avermi colpita per prima…my darling, hai commesso un errore. Su Mori avresti potuto trionfare facilmente…ma su di me…” sospirò, scuotendo leggermente la testa, gli occhi ancora fissi su di lui e l’indice smaltato sul grilletto.

“…eh sì, povero Cool Guy…in questo momento, sei mio…io posso decidere se farti vivere…o morire.” Il suo tono zuccheroso perse completamente di credibilità nell’ultima parola. Conan sentì una goccia di sudore colare dalla fronte fino al mento. Era in trappola. Vermouth aveva ragione…la sua vita dipendeva completamente da lei…

e lei è un’assassina a sangue freddo…

“Impara, mio giovane detective…in questo mondo, in cui tu hai deciso di entrare fin da sedicenne, non puoi permetterti di fare questi errori. Non c’è spazio per la pietà…avresti dovuto startene buono dietro i cespugli, sperare che Mori mi uccidesse...e una volta che io gli avessi sparato, colpire me…ma non con quello sciocco aggeggio. Con qualcosa che mi avrebbe impedito di far del male a te e ai tuoi cari per sempre…” il suo tono di voce era basso e profondo, lo scrutava attentamente, gli occhi che brillavano, le sopracciglia inarcate. Conan la osservava in silenzio. Una brezza fresca scompigliò delicatamente i capelli di entrambi, mentre nuove grida entusiaste si levarono dalla costruzione accanto a loro.

“Ma adesso è troppo tardi…hai perso la tua occasione e non ne avrai altre, non potrai più sconfiggermi. Lo senti, nel tuo animo...? Riesci a percepirlo..? Sì che ci riesci…è quel rimpianto…quello che, se potessi tornare indietro nel tempo, ti porterebbe ad uccidermi…non è così, Cool Guy?” domandò in tono dolciastro, sorridendogli. Conan sorrise a sua volta, sbuffando ironico.

“No, mi dispiace deluderla.” Replicò tranquillamente. “Se potessi tornare indietro nel tempo, probabilmente farei la stessa cosa. Se non avessi fermato Mori, lei gli avrebbe sparato…se avessi colpito lei, sarebbe stato Mori a farla fuori…in definitiva, non penso di aver commesso errori. È solo che non avevo scelta.” Si strinse nelle spalle, Vermouth alzò un sopracciglio, continuando a studiarlo con lo sguardo.

“Ma è proprio questo il tuo errore, non lo capisci?” ribatté in tono indulgente, lo stesso sorriso falsamente amabile sul viso impeccabile. “Tu credi di dover salvare la vita di tutti, anche dei tuoi nemici…ma in questo modo non puoi vincere. Se vuoi davvero combattere contro la nostra Organizzazione, devi imparare che l’omicidio è sovente l’unica via attraverso la quale puoi raggiungere il tuo obiettivo. La Morte, Cool Guy, può essere la tua alleata più potente, ma anche la più temibile fra i tuoi avversari. Sei tu a dover scegliere. Se davvero vuoi proteggere i tuoi cari, allora…bada bene di fare la scelta giusta.”

“Si sbaglia.” Disse deciso, il blu dei suoi occhi profondi e bui, come un oceano in tempesta. “La morte non può essere un’alleata. Forse ci si può servire di lei, ma resta un’arma a doppio taglio. È pericolosa e fine a se stessa, non può portare a niente di positivo. Io non cadrò mai nella sua trappola, perché è qualcosa da cui non si può uscire. No, io posso vincere, anche senza sporcarmi le mani di sangue. Perché è così, perché deve essere così…io non crederò mai che l’omicidio possa essere una via d’uscita, la soluzione ai miei problemi. È solo una scorciatoia per i deboli, una via più breve, ma fatale. La mia scelta…io l’ho fatta già da tempo.” Concluse serio, fissandola altero e imperscrutabile, un sorriso carico di sicurezza e decisione, le sopracciglia inarcate. Vermouth sbatté le palpebre, silenziosamente pensierosa. Poi, i suoi occhi ripresero quel luccichio inquietante e di nuovo si rivolse a lui, dolcemente.

“Sai che i tuoi ideali ti hanno condotto alla mia mercé eppure ancora non vuoi abbandonarli. You’re so interesting, aren’t you?” rise divertita, il suo dito si poggiò più pesantemente sul grilletto della pistola, mentre i suoi occhi scorrevano sul suo corpicino, soffermandosi volontariamente sul suo petto, sulla sua testa…

“Comunque, posso ucciderti da un momento all’altro, Cool Guy. Perciò dimmi: che hai intenzione di fare adesso?” Gli domandò, uno strano luccichio maligno negli occhi grigio-verdi. Conan non si era mai sentito tanto perso come in quel momento. Non c’era via d’uscita, lei aveva visto giusto. L’unica speranza era che Heiji si facesse vivo da quelle parti, ma era improbabile, visto che lui stesso gli aveva intimato di andare nella direzione opposta alla sua. Ma perché, perché, non erano andati insieme?

Io e il mio stupido orgoglio…me l’hai fatta ancora una volta vecchio mio

Pensò con l’ironia del panico. Tuttavia, quando parlò, la sua voce era calma, quasi stesse conversando tranquillamente al tavolino di un bar: “Per il momento mi sto chiedendo…” le lanciò un’occhiata significativamente acuta “…perché, se io sono in trappola, non l’ha ancora fatto, ma’am.” Vermouth non sembrò presa in contropiede da quella risposta, anzi, inarcò un sopracciglio ritoccato con la matita nera e lo squadrò con aria piuttosto soddisfatta.

“Oh…ma perché se lo faccio, chi aiuterà il nostro povero angelo?” gli domandò in un tono che sarebbe sembrato preoccupato addosso a chiunque non avesse negli occhi quel luccichio perfido. Conan la guardò visibilmente confuso, mentre uno strano soffio gli passò sul cuore. Perché Vermouth amava chiamare lui e i suoi conoscenti con strani soprannomi americani, e se per lui aveva scelto quell’irritante ‘Cool Guy’ la persona che chiamava ‘Angel’ era…

“Che c’entra Ran adesso?” parlò tutto d’un fiato, allarmato. Lei se ne accorse e il suo sorriso si allargò, anche se la sua espressione restò fredda come il marmo. “Tu e lei siete una coppia perfetta, Cool Guy. La nostra piccola adorabile Angel ha seguito le tue orme…e non le è andata tanto bene, purtroppo. Vedi…” Conan era furibondo, abbandonò ogni precauzione e si avvicinò di qualche passo a lei, sudando freddo e scosso da tremiti di collera

“…ha seguito Gin e Vodka fino ad un clothes shop, al quarto distretto di Beika. Ma loro se ne sono accorti e…mi ha sempre dato piuttosto fastidio il modo in cui Gin tratta gli ostaggi, quando si tratta di ragazze carine. Così, se non corri da lei, penso che al nostro caro angioletto verranno…strappate le ali…” mormorò apprensiva. Conan guardò nervosamente lei, Mori e poi di nuovo lei, soffermando lo sguardo sulla pistola.

Devo andarmene Ran amore mio perché sempre a te e perché sempre a causa mia…

“Come faccio a correre da lei se mi tiene prigioniero qui?” ringhiò, fissandola con odio furioso. Lei diede in una risatina dolce, gli occhi chiari puntati su di lui, pieni di un divertimento perverso e maligno. Nonostante il suo fascino da diva del cinema, in quel momento Conan non riusciva a vedere nessuna traccia di vera bellezza sul suo viso.

“Vai pure, Cool Guy. Te l’ho detto, non voglio veder soffrire Angel. La tengo puntata nel caso tu voglia farmi qualche scherzetto, ma se vai via tranquillo non la userò. Trust me…I promise.” A quel punto Conan si voltò di scatto, inforcò il suo skate-board e si diresse alla massima velocità verso l’uscita del Tropical Land. Non gli importava di non aver preso il nastro, non gli importava di aver lasciato Vermouth sapendo di non avere la minima possibilità di rintracciarla di nuovo, non gli importava di nulla, ora che sapeva che Ran era nelle mani di Gin e Vodka. Voleva solo salvarla perché

lei è tutto per me e nessuno cancellerà il suo sorriso aspettami Ran ti salverò anche dovessi rivelare la mia identità all’organizzazione non gli permetterò di farti del male quei figli di puttana se la vedranno con me…

L’ultima cosa che udì alle sue spalle fu un sibilo e il rantolo soffocato di un uomo. Poi poche parole, dolcemente spietate: “Bye bye, Cool Guy”.

Note dell’Autrice: okay, devo dirlo: ho ADORATO scrivere questo capitolo. Racchiude in sé molte delle caratteristiche che io preferisco, forse l’unica cosa che manca è un po’ di romance. Ma per quello ci sarà spazio in abbondanza molto presto, perciò non è un gran danno, e il chap resta comunque uno dei più belli che (a mio parere) ho scritto. Comunque, auto-sviolinate a parte,^^” credo di sapere cosa vi frulla nella testa in questo momento: “Ma Ran!?!” Ah ah ah *risata perfida* che vi posso dire?? La tipa è stata la protagonista indiscussa del capitolo 12, quindi è giusto che si sia fatta da parte in questo chap, no? : ppp Non uccidetemi, all’inizio era mia intenzione infilarci anche lei, ma dopo qualche riflessione ho deciso di incentrare il cap.13 su quello che succede al Tropical Land (come del resto si capisce dal titolo) e pensare a Ran nel successivo. So che per voi non è il massimo ma…quello che il racconto esige, il racconto ottiene!! (“questa è fumata” nd. Tutti). Ho anche fatto una piccola modifica: come avrete notato, ho “americanizzato” un po’ di più Vermouth rispetto alla sua prima apparizione nel cap.6, e a proposito di questo mi scuso per eventuali errori che posso aver commesso.^^” Allora, vorrei ringraziare di CUORE coloro che hanno risposto al mio appello.^^ Senza di voi questo capitolo sarebbe arrivato molto più tardi, infatti se sono stanca (come accade ormai di frequente - _ -“) e per di più priva di incentivi non riesco a mettermi davanti alla tastiera e scrivere. *Thanks* :*** Siete stati gentili oltremisura!! ^//^ Ma passo subito ai ringraziamenti singoli:

Eneri_Mess: salve!^^ In realtà ti ho già scritto qualcosa fra le recensioni quando mi sono accorta di averti trascurata, ma per due motivi ho pensato di riservarti uno spazio anche qui: 1) la risposta fra le recensioni era decisamente sbrigativa 2) non sono certa che tu le legga visto che mi hai fatto una domanda simile a quella di un’altra ragazza. Non è un rimprovero, eh!! Non fraintendermi, solo una considerazione che mi ha portato a ri-risponderti. Allora: ti ringrazio del commento, riceverne mi fa sempre piacere, anche se stavolta mi ha preso un po’ alla sprovvista. ^^” grazie delle considerazioni sullo stile e sul profilo caratteriale dei personaggi…per quanto riguarda i pensieri, ti rimando al cap.11, in cui ho risposto ad Akane in proposito. Ora mi viene da ridere: mi hai detto che nel cap.10 Kazuha non ti è piaciuta per come si era comportata, e anche in questo chap noterai che finisce per incasinare un po’ la situazione. Rido perché non me ne ero nemmeno accorta, ma alla fine è sempre a lei che faccio fare la rompiscatole della situazione! ^^” Vabbè, dai, nel cap.6 invece è piuttosto carina… Oh, non me ne volere se Heiji non ci fa una gran figura come detective in questo chap: gli ho fatto perdere di vista Mori ai fini della storia, non per palesare una sua eventuale incapacità, giuro!^^”

Shizuka: Grazie!^^ Uno dei TUOI miti?? Benvenuta nel club!! Io AMO questo anime/manga!! ^//^ Tra l’altro, ricevere un commento così positivo da una fan dichiarata di Detective Conan non può che farmi il doppio piacere!! È vero, non se ne trovano moltissime…- _ -“ ma ho notato che la sezione si sta pian piano riempiendo...perciò non ci resta che incrociare le dita affinché continui così!!

Mareviola: ciao vecchia mia!!^^ (“Vecchia?!? Mia!?”nd. Mareviola) Beh, un po’ di tempo l’ho trovato, hai visto? Come al solito sono contenta che la mia fanfic ti piaccia, te l’ho detto, la tua perseveranza mi commuove! ; _ ; *Sniff* Mi dispiace di non aver risposto al tuo interrogativo…nel prossimo capitolo, giuro!^^ Un bacio, a risentirci.

Akane Tendoo: ciao Akane chan! Felicissima di esserti stata di aiuto.^__^ Non so quanto tu possa diventare pericolosa quando sei arrabbiata…^^” Usa pure quando vuoi i miei capitoli come tranquillanti!! A parte gli scherzi, anche io quando sono di pessimo umore di solito mi dedico alla lettura o alla scrittura, e devo dire che nella maggior parte dei casi funziona. Allora Chicca, grazie della recensione: i tuoi commenti mi fanno sempre arrossire.^//^ Hai ragione, anche la fanfic più bella ha le sue imperfezioni…ma l’abilità sta proprio nel celarle, no? ^ _ ~ Il ‘tuo Conanuccio’ è padrone incontrastato della parte principale del chap, contenta?^^ Spero che così non ci rimarrai troppo male per la mancanza di Ran…porta pazienza, prossimo capitolo. Promesso. Nel frattempo, mi continuerai sempre a sostenere?? Davvero?? Sei adorabile!! ^//^ *THANKS*. A presto allora, baci.

Ichigocchi: grazie!! Ehm…ecco…beh…te lo dirò, lo giuro. Nel prossimo chap. Perciò…evita di uccidermi, okay?^^”

Imi: hola! Ti ringrazio dei complimenti, sei stata davvero gentile!^_^Anche il tuo contributo è stato preziosissimo al fine di scrivere questo chap. ^//^ Sei la prima che non ha da ridire sui pensieri, il che mi lascia piacevolmente serena. ^^ ti ho fatto aspettare tanto?? Spero di no, ho fatto del mio meglio! ^^

Rex: e chi si arrende?? Certo che la finisco!!^^A grandi linee ho già tutto in testa, devo solo trovare il tempo di scrivere!

Ichigo Shirogane: ecco qua il seguito…ehm…dì un po’, il nick è simile, e anche il commento, perciò mi è venuto un dubbio: tu e Ichigocchi siete la stessa persona?? O _ O Sono un po’ perplessa…oh, naturalmente se non è così scusate!

Bene, questo è tutto. Giuro che nel prossimo capitolo scriverò la parte che vi interessa, perciò abbiate solo un altro pochino di pazienza, ¿okay? ^ _ ~ Sarà un chap con azione, suspense, romance...e se ci riesco ci sarà anche qualche scena vietata a persone facilmente impressionabili. Se ci riesco. Meglio non sopravvalutare le proprie capacità narrative! ^^”

Come al solito spero che la storia fin qui vi stia piacendo, e confido nel vostro sostegno anche stavolta (per quanto ne so non mi hanno ancora buttata fuori da scuola). Di nuovo, vi PROMETTO che nel prossimo chap avremo Ran fino alla nausea!^^ So don’t worry…

Bye

- Melany

  
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