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Autore: Defiance    19/08/2013    1 recensioni
Prendete un Harry Potter e un Percy Jackson. Incrociate i loro destini, le loro vite, i loro poteri.
Dopo la sconfitta del Signore Oscuro e del Re dei Titani una nuova guerra sta per arrivare. Si stringeranno nuove alleanze. Si fonderanno due mondi. I più grandi eroi di tutti i tempi dovranno combattere, per salvare il destino dell'umanità. La più grande battaglia mai vista sulla terra sta per avere inizio.
Halfblood.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Capitolo 15
Il richiamo del Lupo

 
Dopo quella volta, Draco e Hermione si erano trovati in più circostanze in quella stanza, e avevano trascorso ore e ore a parlare.
Harry, Ron e Percy, si chiedevano che fine facesse la ragazza quando spariva, ma lei liquidava il discorso dicendo che andava in biblioteca a studiare; cosa alquanto strana, perché tutte le volte che l’avevano cercata lì, che poi era il primo posto dove uno andava a guardare se conosceva Hermione Granger, non l’avevano mai trovata.
Ma avevano deciso di non indagare.
 
Annabeth si accoccolò tra le braccia di Harry. Erano sdraiati sotto un albero, vicino al Lago Nero.
Le piaceva stare stretta a lui, sentire le sue forti braccia stringerla… e il suo profumo? Oh, lei amava il suo profumo.  
Purtroppo il tempo che passavano insieme non era molto, dato che appartenevano a due Case diverse e Annabeth sapeva di doversi tenere stretti quei momenti, perché non solo vi era la possibilità che uno dei due, se non entrambi, morisse in battaglia, ma anche quella che se avessero vinto, si sarebbero dovuti dire addio per tornare ciascuno alla propria vita abitudinaria.
Cerava di scacciare via quei pensieri ogni volta che la assalivano, ma lì, in quel momento, con la consapevolezza che da un giorno all’altro Urano avrebbe potuto sferrare il suo attacco, non c’era coraggio che tenesse. Non c’era forza necessaria a scacciare via quella sensazione che le opprimeva stomaco e polmoni, impedendole di respirare.
La testa ancora appoggiata al petto di Harry. Il naso inebriato dal suo profumo. I brividi che le sue carezze le provocavano.
Annabeth si sforzò di ricacciare dentro tutte le sue lacrime; lei non piangeva mai. Lo aveva promesso.
Lo aveva promesso quando la sua amica Talia si era sacrificata per salvare lei e Luke; lo aveva promesso ogni volta che guardava il pino in cui il suo corpo era stato trasformato. Lo aveva promesso quando il Vello D’oro gliel’aveva restituita e quando lei decise di lasciare il Campo per unirsi alle Cacciatrici di Artemide; e infine, lo aveva promesso quando aveva visto Luke spegnersi. Lo aveva promesso.
Riuscì a ricacciare dentro tutte le sue lacrime, davvero, tutte, eccetto una. Scivolò silenziosamente lungo la sua guancia, rigandogliela.
Harry, che prestava attenzione ad ogni particolare della ragazza, la notò subito. Con un dito, la raccolse e le alzò il viso, costringendola a guardarlo.
“Stai bene?” le chiese dolcemente.
Le due pupille verdi smeraldo che la scrutavano preoccupata furono inghiottite dal grigio intenso di quelle della ragazza.
“Baciami” fu tutto ciò che riuscì a dire.
Colto di sorpresa, Harry si avvicinò lentamente a lei e la baciò.
Fu il bacio più bello di tutta la sua vita e si chiese perché non l’avesse fatto prima.
Da mesi il loro rapporto era quello di due ragazzi che si frequentano, che stavano insieme, ma non aveva mai osato baciarla; forse perché Annabeth è quel genere di ragazza che non rende le cose facili. Forse perché lei è quel tipo di persona che lancia deboli segnali confusi e non ti fa capire quello che vuole, o che un giorno ti fa capire una cosa e il giorno dopo un’altra; forse perché sembrava così dura, che lasciava bene intendere che se qualcuno avesse anche solo cercato di sopraffare le barriere che aveva eretto attorno a sé, lei l’avrebbe infilzato all’istante con il suo coltello.
Harry la strinse al suo petto e in quell’attimo capì che la solida corazza che Annabeth continuava a mostrare alla gente, non era altro che una maschera. Una maschera che serviva ad allontanare le persone false, una sorta di protezione per non mostrare le proprie debolezze. Un modo per nascondere la sua fragilità, il suo bisogno di sentirsi amata.
 
“Presa!”
“Percy! Lasciami andare!” strillava Hermione, che ora si trovava immobilizzata tra il muro e il corpo del ragazzo e cercava di liberarsi, divincolandosi furiosamente.
“Non ti lascerò mai andare” sussurrò piano lui, tenendola stretta.
Le loro labbra si sfioravano. La ragazza si arrese e si abbandonò a un bacio molto passionale; aveva le mani tra i capelli di Percy, mentre quelle del semidio si spostavano sulla sua schiena.
Ad un certo punto il ragazzo interruppe il bacio, sfonderò un sorriso accattivante e liberò Hermione dalla sua stretta.
“Questo gioco non mi piace” si lamentò lei “Vinci sempre tu!”
“Sono i miei riflessi da combattimento cara. Non puoi battermi, non puoi immobilizzarmi!” la schernì lui, ridendo.
Hermione gli rivolse un sorriso malizioso e disse “No? Davvero? Non posso? Vuoi scommettere?” e tirò fuori la bacchetta.
“Mi gioco il naso che se ti pietrifico non ti muovi” lo cantilenò lei.
Percy alzò le mani in segno di resa.
In quel momento, nella Sala Comune entrò Ron, che per il bene della sua amicizia con Hermione, si stava seriamente impegnando a non dare di matto.
“Ragazzi” li salutò lui “Buonanotte”.
“Notte, Ron”, “Buonanotte” risposero loro.
Si sedettero sul divano e Percy trovò il coraggio di chiedere alla ragazza ciò che avrebbe voluto sapere da tempo.
“Posso sapere dov’è che vai quando sparisci?”
Hermione sbiancò. E poi arrossì lievemente. Distolse lo sguardo dal ragazzo. Non poteva dire che parlava con Malfoy, avevano stretto una sorta di patto silenzioso che consisteva nel non rivelare a nessuno di quella sottospecie di amicizia che era nata tra di loro. Non se l’erano mai detto chiaramente certo, ma né l’uno, né l’altra ne aveva mai parlato con qualcuno. E a entrambi stava bene così.
“Nella Stanza delle Necessità. Credevo che Harry lo avesse capito, una volta notato che non comparivo sulla Mappa” motivo per cui doveva dire almeno parte della verità.
“La Mappa?” chiese confuso il ragazzo.
“Sì, la Mappa del Malandrino. È una specie di pianta della scuola… mostra tutti quanti, dove sono, cosa fanno, quando lo fanno. Ma non dire ad Harry che te ne ho parlato.” Gli rispose Hermione.
“E perché non compari?” domandò di nuovo Percy.
La ragazza sorrise “L’ho detto durante la prima riunione dell’ES. la Stanza delle Necessità, è indisegnabile”.
“Oh, sì, giusto. Ricordo. E cosa vai a fare lì?” la interrogò ancora.
“Ad allenarmi” mentì lei. Non le piaceva dover nascondere qualcosa al suo ragazzo, ma non poteva fare altrimenti: né a lui, né ai suoi amici sarebbe piaciuta la notizia di una sorta di avvicinamento tra lei e Draco, ed Hermione non voleva assolutamente rinunciare a quel rapporto. Il perché, non lo sapeva neanche lei.
“Capisco” disse il semidio, che ora si era tranquillizzato.
“Una piccola curiosità… ma che vuol dire, esattamente ‘ES’?” chiese poco dopo.
“Oh… è… è una storia lunga. Durante il quinto anno ad Hogwarts, abbiamo avuto una professoressa, la Umbridge” e al pronunciare quel nome si guardò la mano. Percy notò per la prima volta che Hermione aveva delle cicatrici anche lì. “Oh, amava le punizioni, la Umbridge. E aveva metodi decisamente poco civili per farle scontare. Era una megera. L’allora Ministro della Magia non credeva che Voldemort fosse tornato e sosteneva che Harry e il vecchio preside, un grand’uomo e un eccellente mago, Albus Silente, che riposi in pace, stessero tramando affinché lui prendesse il suo posto come Ministro. Una cosa alquanto sciocca. Caramell pensava che stessimo formando una specie di esercito per aiutarlo. Ci impedivano di usare la magia. Così convinsi Harry a darci delle lezioni. Fondammo un gruppo segreto, l’ES, che sta per ‘Esercito di Silente’ e cominciammo le riunioni nella Stanza” raccontò la ragazza.
“Ma avevi detto che non volevate..” cominciò il semidio.
“Oh, abbiamo scelto quel nome solo per spirito di ribellione. All’inizio. Ora, continuiamo a chiamarlo così come tributo a Silente.” Chiarì Hermione.
Poi sorrise. “Ne abbiamo combinate tante. Avresti dovuto conoscere i gemelli Weasley… non hai idea di che casino hanno combinato quell’anno” gli occhi le si inumidirono al ricordo di Fred. Ormai era totalmente persa nei ricordi e Percy, desideroso di sapere qualcosa di più sul passato di lei non la interruppe, ma mise una sua mano su quella della ragazza. “Hanno messo su un’uscita di scena in grande stile. Ah, non abbiamo mai avuto un anno tranquillo ad Hogwarts” sospirò.
Ad un tratto, la porta si spalancò e Harry fece capolino nella stanza.
“Ciao ragazzi” aveva i capelli spettinati. Più del solito intendo.
“Ben tornato, ‘Fulmine’” lo schernì lei.
“Oh no, anche tu!” borbottò disperato lui.
“Rassegnati amico. Quando Annabeth dà un soprannome, quello rimane.” Lo avvertì Percy, che ormai si era messo il cuore in pace e aveva accettato di sentirsi apostrofare con l’appellativo ‘Testa d’Alghe’.
Ciò che successe dopo, accadde in un attimo. Si udì un potente ululato provenire da oltre i confini della scuola, seguito da altre decine di ululati.
I ragazzi corsero alla finestra.
“Ma che diamine?!” esclamarono all’unisono, guardandosi.
  
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