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Autore: flors99    20/08/2013    36 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Non voglio parlare con te! – strillò Daphne, tentando nuovamente di fuggire lontana da lui.
- Ma io sì. E stavolta… - rafforzò la presa sui suoi polsi, mentre pronunciava quelle parole - …non scapperai via.
- E cosa vorresti dirmi, sentiamo! – esclamò allora, rabbiosa. Trovarsi il viso di Blaise così vicino non contribuiva certo a migliorare la sua salute mentale: si sentiva parecchio instabile in quel momento.
- Voglio parlarti di ieri sera. – scandì per bene il ragazzo. – Hai detto che non ricordi nulla.
- Infatti. – mentì spudoratamente la Serpeverde, sperando che non ne parlasse mai più: sarebbe stato troppo imbarazzante.
Blaise la guardò in un modo che le fece quasi girare la testa, tanto erano intensi i suoi occhi. Si avvicinò ancora di più, incastrandola completamente tra lui e il muro.
- Allora te lo ricorderò io.
Daphne spalancò gli occhi, sperando di aver capito male.
Che…che aveva detto? Voleva…voleva…per caso…ripeterle tutto quello che lei gli aveva detto la sera prima? Arrossì al solo pensiero.
- C-che? Stai scherzando?
Il ragazzo non rispose, ma l’afferrò per il mento, costringendola a guardarlo.
- No.
- Tu…tu sei impazzito! – sbottò la giovane, non sapendo cosa fare o dire.
- Hai detto tante cose, sai? – cominciò Blaise, come se non avesse udito l’offesa.
- Non…non voglio che tu… - tentò di fermarlo, ma senza successo.
- Me le ricordo tutte io, le cose che hai detto. E ne hai dette davvero tante… - ripeté, come se volesse marcare il concetto che da lì a poco le avrebbe esposto tutto quanto. 
- Blaise, smettila.
- Hai detto che...non volevi salire in camera da sola… -  disse, ignorandola. - …perché la gallina voleva mangiarti. – sorrise in modo strano, pieno di divertimento e di scherno, mentre Daphne arrossiva, pregando dentro di sé che il ragazzo non continuasse.
- …Non mi è mai piaciuto quello stupido pennuto. – borbottò, tentando di salvare un briciolo di dignità.
- …Hai detto che avevi paura del buio…
Il respiro le si mozzò in gola e desiderò ardentemente essere inghiottita dal pavimento.
- …Ero confusa, non sapevo quello che dicevo…
- Hai detto che non volevi restare da sola… – continuò a parlare Blaise, con uno strano sguardo, mentre la presa delle sue mani sui polsi e sul mento si allentava e andava invece ad accarezzarle quasi pigramente le braccia. – …e non volevi che io andassi via. – la guardò negli occhi quando completò quella frase e se Daphne avesse potuto scomparire all’improvviso, l’avrebbe fatto il prima possibile.
- D-davvero ho detto c-così? – balbettò.
- Sì, Daphne. – pronunciò il suo nome intero con uno strano tono, mentre sentiva le mani di Blaise accarezzarla e una sensazione di calore propagarsi per tutti il corpo. – Mi hai abbracciato…
 
Non lo dire, non lo dire, non lo dire…
 
- …e mi hai baciato.
 
L’ha detto.
Merda.
 
La ragazza cominciò a sudare freddo, mentre gli occhi blu di Blaise la scrutavano come se volessero leggerle l’anima. Arrossì violentemente, non riuscendo più a ragionare normalmente, distratta anche dalle carezze leggere con le quali il Serpeverde la sfiorava. Merlino! Perché le sembrava che le carezze del ragazzo avessero qualcosa di…sensuale?!
- Io…non mi ricordo nulla. – sbottò malamente.
- Io sì. – replicò Blaise. – Me lo ricordo.
- B-buon per te. – riuscì a malapena a rispondere, chiedendosi quanto ancora avrebbe resistito senza baciarlo di nuovo. Forse l’effetto della pozione non era poi svanito del tutto…avrebbe potuto appigliarsi a quel pensiero come giustificazione.
- Hai detto che…
 
No, no, no, no, ti prego, Blaise no, questo, QUESTO non dirlo.
 
- …che mi volevi, Daphne.
 
L’ha detto.
Merda.
 
- Eri disperata quando ti ho legata alla sedia: volevi che ti slegassi. – continuò imperturbabile. – Mi hai chiesto di…
 
No, no, no, Merlino, NO!
 
- …strapparti i vestiti di dosso…
 
L’ha detto.
Merda.
Merdissima!!!
 
- …e di prenderti, in ogni posizione…
 
Cazzo.
 
Daphne abbassò gli occhi, mordendosi il labbro pur di non urlare. Le mani cominciarono a tremarle di rabbia o forse di un’altra sensazione che non riusciva a definire: umiliazione?
- Ero sotto l’effetto di una pozione, Blaise! – esclamò poi, con gli occhi leggermente velati. – Smettila di ripetere quello che ho detto! Non ero in me, ok?
- Quindi non è vero? – chiese il ragazzo, portandola ancora più vicino a lui. – Non è vero quello che hai detto, Daphne? – le mormorò ad un centimetro dalla faccia.
- Non…non mi toccare! – strillò, cercando di allontanarsi, ma le mani di Blaise, più forti, la tennero ben stretta.
- E’ vero quello che hai detto, Daphne, o era solo l’effetto della pozione? Mi devi una risposta. – sibilò, guardandola fissa negli occhi e non permettendole alcuna via di fuga.
- Io non ti devo niente! – ringhiò la ragazza, liberandosi dalla sua presa, con uno scatto violento. Il ragazzo si sbilanciò, mentre Daphne lo guadava ferocemente e quasi correva via. Non fu abbastanza veloce, perché Blaise la bloccò immediatamente, afferrandola per le spalle.
- Non puoi andare via così! – esclamò il ragazzo, inchiodandola nuovamente al muro.
- Io faccio quello che voglio, Blaise. Non sei certo tu che devi dirmi cosa devo o non devo fare!
- Ti ho fatto una domanda, Daphne. Adesso rispondi. – replicò, per nulla scosso dalla voce rabbiosa della ragazza.
- Cosa…vuoi…che…ti…dica? – disse, mentre tentava di spingerlo via e permetterle finalmente di andarsene.
- Voglio la verità. – le soffiò ad un centimetro dal suo viso. – Poi, potrai andartene.
- E cosa cambierebbe? Non ha nessuna importanza. – mormorò la ragazza, respirando velocemente, sentendosi le gambe molli e gli occhi lucidi.
- Importa a me! Ho bisogno di saperlo, Daphne, devi…dirmi la verità. – rispose, con difficoltà.
- Cosa cambia, Blaise? Cosa cambierebbe? – ripeté, riacquistando il suo sguardo duro come roccia.
Il ragazzo la fissò per quel che parve un tempo infinito, con una tale intensità che Daphne per un attimo temette che sarebbe bruciata sotto quello sguardo ardente di emozioni.
- Ho parlato con Pansy. Mi ha detto i veri effetti della pozione: che risveglia gli istinti.
Per un attimo la ragazza credette di aver capito male; quando poi la sua mente comprese le parole del Serpeverde, una rabbia cieca si fece strada nei suoi occhi.
- Co-cosa? Come… - sussurrò, sconcertata, mentre la rabbia montava sempre di più. – Come ha potuto, quella stronza?! – esclamò, sinceramente ferita dal comportamento dell’amica.
- Quindi è così? – domandò Blaise, ignorando le sue imprecazioni. – È vero quello che ha detto?
Daphne lo fissò, indecisa se prenderlo a pugni.
- Vai a quel paese, Blaise. Dico sul serio. – disse, con voce strozzata, sul punto di urlare dalla rabbia o dalla tristezza. – È vero, ok?! – esclamò alla fine, calpestando il suo orgoglio. – È vero quello che ti ha detto Pansy. Adesso lasciami, immediatamente. – Cercò di liberarsi, ma non ci riuscì. La presa del ragazzo era troppo forte per lei; sarebbe voluta scappare il più lontano possibile: tutto pur di non vedere gli occhi di Blaise che si allargavano per lo stupore e finalmente comprendevano tutta la situazione.
- Tu… - borbottò l’amico, sorpreso.
- Mi lasci andare, Zabini?! – strillò la giovane, dimenandosi. Non voleva udire più una sola parola.
- No. – rispose, riprendendosi dallo stupore. – Non ho finito di parlare.
- Non hai finito? E cosa vuoi dire ancora? Quanto ancora vuoi umiliarmi? – si dimenò, scalciò, lo minacciò, ma la presa di Blaise non diminuì d’intensità e lui non si allontanò di un centimetro.
- Prima che tu ti addormentassi, Daphne…hai detto un’altra cosa. – riprese il discorso Blaise, appoggiando la fronte sulla sua.
Quando la ragazza capì di cosa stesse parlando il sangue le si ghiacciò nelle vene. Le sue ultime parole. Le…ultime…
 
No, per favore.
 
- Non…non voglio saperlo, Blaise.
Il ragazzo si avvicinò al suo orecchio, come se dovesse rivelarle un segreto. Daphne si schiacciò contro la parte, pur di non toccarlo, ma ottenne soltanto il risultato di averlo ancora di più addosso. Percepì il respiro caldo del Serpeverde sul collo, andando in iperventilazione.
- Avevi già gli occhi chiusi…e lo hai mormorato a voce bassa…ma ti ho sentito…
 
No, ti prego.
 
- No…Blaise…
Cominciò a tremare a contatto con suo corpo e se prima aveva desiderato di poter sparire, adesso sarebbe voluta addirittura morire, piuttosto che sentire il ragazzo ripetere ciò che lei aveva detto in un attimo di totale confusione…
- Mi hai detto… - le parole vibrarono sul suo lobo, sul suo collo, sulla sua pelle, dentro di sé. Percepì una mano di Blaise sul fianco e quasi singhiozzò quando l’avvertì risalire sul suo corpo.
 
Per favore, non dirlo.
 
- Ti amo.
Daphne non ricorda neanche più se fu Blaise a pronunciare quelle parole, o se fu soltanto la sua mente che le ricordava quando le aveva spudoratamente pronunciate sotto l’effetto della pozione. Ricorda semplicemente che si ritrovò spalmata completamente contro il muro, il corpo del Serpeverde sul suo, la bocca sulla propria.
Senza preavviso, senza dolcezza, senza premura. Piuttosto con forza, con rabbia, con ferocia.
Ricorda la sensazione di assoluto stordimento ed eccitazione che le scosse il corpo come un’ondata, i vestiti che frusciavano complici tra loro, i fianchi che si incontravano con esplicita urgenza. Ricorda il respiro caldo di Blaise sul collo, la scia di baci che la fecero tremare con una foglia, le proprie mani intorno alla sua nuca, finalmente appagate di poter compiere quel gesto.
- Tu hai la minima idea… - le sibilò Blaise ad un millimetro dalla sua bocca, afferrandole i capelli e costringendola a piegare la testa di lato. - …di cosa abbia significato per me sentirti dire tutte quelle cose e non fare nulla? – si avventò sul suo collo, mentre la ragazza sussultava, chiudendo gli occhi e abbandonandosi alla sua irruenza.
- N-no. – riuscì a sussurrare a malapena, anche se non aveva compreso una singola parola.
- Mi hai ignorato per anni, Daphne, per anni. – ringhiò quasi strattonandole ancora di più i capelli. – E adesso…adesso provi qualcosa per me?
- Io… - cominciò la ragazza confusa, non sapendo bene cosa rispondere, prima che le labbra di Blaise s’impossessassero di nuovo delle sue. La baciò in un modo così profondo e così a lungo che a Daphne sembrò di morire lì in quel momento, tra le sue braccia.
 
Sarebbe una morte piacevole.
 
- Meglio tardi che mai. – furono le ultime parole che il Serpeverde pronunciò, prima di baciarla per la terza volta.
- B-blaise… - riuscì a biascicare quella parola a malapena tra un bacio e l’altro. Fortunatamente era ancora abbastanza lucida per sentire che il suo corpo veniva trascinato indietro, da qualche parte. – Ch-che…cosa…fai?
- Vediamo di fare tutto quello che hai suggerito ieri sera. – la Serpeverde non fece in tempo né a vedere il ghigno presente sulle labbra del ragazzo, né comprese granché bene ciò che aveva detto, perché Blaise la baciò di nuovo, annullando anche i pochi neuroni funzionanti che le erano rimasti.
Non ricorda altro, Daphne, di quel momento. Perché da quell’istante in poi, si dimenticò di tutto quanto, persino del suo nome.
 
 
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- Va un po’ meglio? – chiese Ginny, con non poca fatica, mentre continuava a tenere il panno bagnato sulla guancia destra di Harry. Fece uno sforzo immane per non abbassare gli occhi: erano giorni che non si trovavano così vicini e, se da una parte avrebbe soltanto voluto gettargli le braccia al collo, dall’altra aveva una paura pazzesca di farlo allontanare ancora di più con quel gesto.
- Ehm…Dovresti metterlo sulla guancia giusta. – borbottò il ragazzo, schiarendosi la voce.
- Oh…! – Ginny arrossì come un pomodoro, mentre andava a tamponare l’altra gota.
- No, aspetta. – Harry le bloccò il braccio a mezz’aria, impendendole di curarlo. – Non ne ho bisogno.
La ragazza lo guardò, delusa.
- Ma…
- Non ne ho bisogno. – ripeté, allontanando la sua mano e scostandosi da lei.
- D’accordo. – disse semplicemente Ginny, con voce atona e con gli occhi spenti. Si alzò, nascondendogli il velo che era sceso sui suoi occhi, avanzando la scusa di dover mettere al suo posto il panno bagnato che le aveva dato Hermione.
Il Grifondoro la osservò, con la mente in subbuglio e le parole che non volevano venir fuori neanche con la forza. Seguì la ragazza in ogni suo più piccolo movimento, consapevole di non essere visto: fissò le sue spalle, che tremavano appena, per poi soffermarsi sul suo corpo, che non riempiva perfettamente i vestiti. Persino il viso sembrava smagrito, più smunto e incavato del solito. Si ricordò in quell’istante di non aver visto Ginny mangiare per diversi giorni.
- Ginny, senti… - cominciò, passandosi una mano tra i capelli arruffati.
- Sì? – la ragazza si fece attenta, mentre il Grifondoro si pentiva in quello stesso istante di aver aperto bocca. Non riusciva a parlare guardandola negli occhi: si sentiva nervoso, agitato, e aveva una maledetta ansia che premeva nel suo petto e non voleva saperne di dissolversi.
- Ehm…come stai?
Si morse la lingua, consapevole di star sviando il discorso.
- Oh…uhm…bene. – rispose, incerta. – Credo.
- Credi?
- Cioè…voglio dire…sì, sto bene. – si corresse, chiedendosi il perché di quelle domande.
Un silenzio imbarazzante scese tra i due ragazzi: Harry si ritrovò molto interessato ad ogni più piccolo angolo dello scompartimento del treno e alle varie crepe delle pareti, Ginny si sentì particolarmente attratta dal paesaggio che si intravedeva al di là del finestrino. Entrambi con la gola secca e a corto di parole.
- Sei sicuro che non hai bisogno di una medicazione? – chiese alla fine la ragazza, spezzando quel silenzio insopportabile.
- Sì, sono sicuro. Non ne ho bisogno. – scandì con calma.
 
È di te che ho bisogno.
 
Erano parole così semplici…perché non riusciva a dirle?
Alla fine fu Ginny a prendere in mano la situazione.
 
Era sempre stata forte, Ginny Weasley.
 
- Senti, Harry…è inutile girarci intorno, dobbiamo parlare. – iniziò, con voce decisa. – Non voglio litigare con te, ma neanche lasciare qualcosa in sospeso.
- Sì, hai ragione.  – ammise. - Dobbiamo parlare.
- Mi dispiace non averti detto niente per tutti questi mesi; non era un mio segreto, non spettava a me dirtelo. So di aver sbagliato a mentirti così spudoratamente, ma non avevo scelta. – la sua voce si incrinò. - O meglio, ho scelto di aiutare Hermione che in questi mesi ha attraversato un vero e proprio Inferno.
- Ginny, non serve tutto questo, non devi giustificarti.
- Invece sì! – esclamò, con gli occhi improvvisamente lucidi. – È necessario perché voglio che tu capisca! Che tu comprenda le mie motivazioni!
- Ho già capito, Ginny. – mormorò il ragazzo. – Ho capito perché lo hai fatto e so che ti dispiace: non ti incolpo più per questo.
La Grifondoro tacque per qualche secondo.
- Oh. – rispose solamente, in un sussurro così pieno di tristezza, da potersi immergere in esso. – Quindi tu hai compreso le mie ragioni, ma…non sei venuto a parlarmene. – lo accusò, quasi.
- Io…
- Se non fosse stato per Hermione… - la sua voce sembrava così debole, che il Grifondoro credette che non avrebbe neanche terminato la frase. - …neanche oggi me ne avresti parlato.
- Non…
 
Non sapevo cosa dirti.
 
- Quindi, questo significa che non vuoi più saperne nulla di me.
Harry ci mise un secondo per registrare per bene le sue parole; quando le comprese, qualcosa dentro di lui scattò.
- Cosa…? No, non è affatto ver…
- Ho capito, Harry. Non importa che ti spieghi. – disse, in un sussurro flebile, pieno di tristezza.
- No, non hai capito! – il Grifondoro scattò in piedi come una molla, avvicinandosi.
- Cos’altro dovrei capire? Che probabilmente non hai avuto il coraggio di dirmelo perché non volevi vedermi soffrire?
 
Harry, ma…vuoi rischiare di perderla?
 
Era questo che stava succedendo? La stava perdendo? Sì, a giudicare dal dolore che vedeva negli occhi di Ginny.
- Non è così!
- E allora com’è? – lo attaccò la ragazza, fronteggiandolo. – Non mi parli da giorni! Non…ti fidi più di me, non…come dovrei intenderla questa condizione?
D’altronde quale ragazza avrebbe pensato che una storia sarebbe potuta andare avanti in una simile situazione?
- Non sapevo cosa dirti. – confessò, il Grifondoro dopo pochi attimi di silenzio.
Ginny non rispose, ma il guizzo che ebbero i suoi occhi fece intendere a Harry che aveva catturato la sua attenzione.
- Se non sono venuto subito da te…o…se non ti ho parlato è perché...non sapevo cosa dirti, Ginny. Avevo paura che mi respingessi. – riuscì infine a tirar fuori, arrossendo.
 
Avevo paura di perderti.
 
- Non sapevi cosa…dirmi? – borbottò incredula.
- Io…credevo…non…cioè, ecco…ehm…non lo so. – sbuffò impacciato. – E’ che…pensavo che tu non…non mi volessi più, ecco. Ti ho allontanato così tanto che…pensavo che sarebbe stato impossibile restaurare le cose allo stesso modo di prima e…cioè…Ho avuto paura, credo.
La ragazza sbatté gli occhi.
- Ma non è vero che io non ne voglio più sapere di te! – riprese, con più convinzione. - Io…io voglio sapere di te! – Harry s’incastrò nel suo stesso discorso. – Cioè…ehm…voglio dire…nel senso che…
 
Per Godric…
 
Harry non sapeva proprio come andare avanti: era sempre stato impacciato con le parole, specialmente quando si trattava di esprimere i suoi sentimenti. Ricordava ancora di quando, tempo prima, non sapeva come dichiararsi a Ginny e ci aveva messo la bellezza di sei mesi per riuscire a parlarle.
- Insomma, Ginny, io…io non voglio perderti, ecco. – biascicò a malapena, sussurrando quelle parole con un tono così basso che non fu neanche tanto sicuro che la ragazza avesse sentito. – Mi dispiace averti trattato male in questo periodo, ma…mi sono sentito tradito dalle persone che amavo di più.
Ginny sussultò a quelle parole, rammentando quanto dovesse averlo ferito.
- Ma ho anche capito che… - Harry prese fiato. - …Non posso stare senza di te, Ginny. Non ci riesco…perché io…io…
Il ragazzo non fece in tempo a dire nient’altro, perché si ritrovo stretto in un abbraccio fortissimo; e per quanto forte fosse quell’abbraccio, a lui non gli parve comunque abbastanza.
- Non ti mentirò mai più. – borbottò Ginny, soffocando una lacrima che le era sfuggita contro la sua spalla. – Non ti mentirò mai più. – ripeté, come a voler ribadire il concetto, e suggellare una promessa che non avrebbe mai infranto. – Te lo giuro.
Ma a Harry non servivano promesse: sapeva che le sue parole erano sincere. Non rispose, preferì ricambiare l’abbraccio e tenere tra le braccia l’unica persona di cui, in quel momento, aveva davvero bisogno.
 
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- Io capisco che abbiate bisogno…ehm…di stare insieme, ma...uhm…non potreste aspettare di essere da…ahm…soli? – sbottò Ron, infastidito.
Hermione represse a stento una risata: dopo aver medicato la ferita del suo amico lei e Ron erano ritornati nel loro scompartimento e per tutto il viaggio di ritorno Harry e Ginny si erano scambiati tenere effusioni, anche sotto i loro occhi. Solitamente i due ragazzi evitavano di baciarsi in pubblico: Ginny non amava ostentare i propri gesti davanti agli altri e Harry era sempre stato una persona timida; si limitava a tenere la sua ragazza per mano in mezzo alla gente, ma era quando erano da soli che la riempiva di baci.
Quella volta però si mostrarono meno pudichi del previsto, forse per la separazione che avevano attraversato.
- Dobbiamo recuperare il tempo perso. – rispose, Harry con una disinvoltura che non gli apparteneva.
Quell’affermazione fece arrossire Ron completamente.
- Oh miseriaccia, cosa mi tocca sentire… - sbottò, voltandosi dall’altra parte. Per quanto fosse contento che il suo migliore amico e sua sorella si fossero finalmente ritrovati, ancora aveva della ritrosia nel vederli scambiarsi effusioni.
Hermione, invece, non poteva essere più felice di così.
Ad ogni carezza leggera che Harry lasciava sulla mano o sul volto di Ginny, la Caposcuola sorrideva come una bambina di fronte a un nuovo giocattolo, neanche fosse stata lei a riceverle, quelle carezze.
Appoggiò la testa al finestrino, guardando i suoi migliori amici: il volto imbarazzato di Ron, il rossore diffuso sul viso di Ginny e la felicità negli occhi di Harry. Potevano cose così semplici renderla così felice?
Sorrise segretamente.
 
Andava tutto bene.
 
L’Inferno era finito.
 
 
 
La stazione di Londra era come sempre affollatissima: il via vai di gente avrebbe portato a sperdere anche una persona in grado di orientarsi per bene.
Tutto quello, per Draco Malfoy, era un incubo. Un orrendo incubo. Quando ricevette l’ennesima spallata da qualche passante frettoloso che stava per perdere il treno, non poté fare a meno di sbraitare.
- Schifosi Babbani, se mi sfiorate un’altra volta vi schianto contro il muro!
Hermione alzò gli occhi al cielo, mentre abilmente si faceva largo tra la folla e trovava la via libera.
In quell’istante un uomo sulla cinquantina con tanto di valigetta, andò a sbattere in pieno con Draco. La ragazza riuscì a bloccarlo appena in tempo, prima che quell’uomo si ritrovasse stecchito da un Avada Kedavra.
- Vieni con me. – sentenziò, prendendolo per mano, per guidarlo tra le persone.
Immediatamente il ragazzo si ritrasse, come se fosse stato scottato. Hermione si guardò la mano, rendendosi conto del suo gesto involontario e nascondendo la delusione cocente che le infiammava il petto.
Non rivolgendogli più la parola, si allontanò dalla stazione, per riuscire a trovare una parte di strada deserta, mentre Draco silenziosamente la seguiva.
- Punto primo. – iniziò la ragazza, dopo aver controllato che in giro non ci fosse nessuno. – Non puoi chiamare la gente “Babbana”: questo termine non esiste tra le persone prive di poteri magici, chiaro? Così come non puoi minacciare di “schiantare” qualcuno, altro termine inesistente. Punto secondo: non azzardarti a tirar fuori la bacchetta di fronte a qualcuno, se non vuoi finire direttamente al reparto psichiatrico.
- Punto terzo: togliti quell’aria da saccente, Granger. Sei insopportabile. – replicò Draco, visibilmente nervoso.
La ragazza fece un grosso respiro per calmarsi e non mettersi a litigare con lui.
- Dobbiamo Smaterializzarci per arrivare a casa dei miei. – disse poi, dirigendosi verso un vicolo cieco. – Adesso sei disposto ad accettare la mia mano o ti fa troppo ribrezzo persino per Smaterializzarti? – gli chiese, allungando il braccio, con la voce piena di sarcasmo e di una tristezza profonda che nascose nell’angolo più recondito della sua mente. Vide lo sguardo del Serpeverde assottigliarsi alle sue parole e fissare la sua mano, probabilmente indeciso sul da farsi. 
Ci provò in tutti i modi, ma Hermione non riuscì a evitare di sentire quella stretta al cuore, quando la mano di Draco scivolò nella sua.
 
 
 
- Mamma! – le saltò letteralmente addosso, abbracciandola come se non la vedesse da una vita e non da soli quattro mesi.
- Tesoro! Ci sei mancata così tanto! – esclamò la donna, tenendo stretta la figlia e accarezzandole i riccioli scarmigliati.
Era cambiata Hermione, in quei quattro mesi: la gravidanza l’aveva fatta maturare anche troppo in fretta. Quello che non era cambiato era la sensazione di familiarità e di calore che le faceva provare l’abbraccio di sua madre.
- Anche voi. – sussurrò, felice.
- Buon Natale, piccola mia. – le mormorò in un orecchio, facendola sorridere.
- Buon Natale, mamma. – rispose, felice di poterla finalmente riabbracciare. - Dov’è papà?
- E’ uscito per delle commissioni. Sai, i regali dell’ultimo minuto, dovrebbe essere qui tra poco. – spiegò, costringendosi a lasciar andare la figlia che le era mancata così tanto in quei quattro mesi. 
Intanto, Draco rimaneva fermo sulla soglia, sentendosi leggermente un intruso. - Oh, tu devi essere Draco! – esclamò la donna. Il ragazzo sentendosi chiamare drizzò la testa di scatto, studiando la madre della Granger con attenzione. – Hermione ci ha avvertito del tuo arrivo! – disse con un sorriso.
Il Serpeverde alzò le sopracciglia, guardando la ragazza, interrogativamente.
- Tranquillo sappiamo già tutto. – lo rassicurò la donna, mentre si spostava per farli entrare in casa. – Hermione ci ha spiegato la situazione.
- Davvero? – Draco non riuscì a non esserne sorpreso. Non credeva che i genitori della ragazza avrebbe accolto così giovialmente la notizia che la loro unica figlia era incinta.
- Certo! Non devi assolutamente sentirti a disagio, ho già ammonito mio marito! – continuava a sorridergli in modo affabile, come se fosse un vecchio amico di famiglia e non un perfetto sconosciuto.
- Ehm…Mamma? Credo che Draco abbia bisogno di posare i suoi bagagli. – mormorò Hermione, nervosa.
- Oh, ma certo! Hai ragione, accompagnalo tu di sopra. – disse in modo pratico, mentre si dirigeva verso la cucina. – Dopo scendete, però! Presto arriveranno gli zii e i nonni per il pranzo di Natale. E anche tuo padre tornerà tra poco, vedete di non farvi trovare in camera! – a Draco sembrò che li stesse guardando in modo strano, come se stesse dando loro un avvertimento.
- Perché tua madre mi ha guardato come se volesse minacciarmi? – domandò, mentre saliva le scale. – Hei, Mezzosangue, dico a te!
Hermione lo trascinò dentro una camera senza troppe cerimonie.
- Punto primo! Non…
- Per Salazar, ecco di nuovo che comincia con i punti…
- E’ una cosa seria, Malfoy! Punto primo: non chiamarmi Mezzosangue. Sia perché è un’offesa davvero spregevole e…non interrompermi! – esclamò, vedendo che il ragazzo era già pronto a ribattere. - …e anche perché in questa casa non esistono “Mezzosangue” o “Purosangue”, chiaro? Inoltre i miei zii e i miei nonni non sanno che sono una strega, quindi non puoi parlare di magia in loro presenza.
- Senti, Granger…
- Punto secondo: dovresti chiamarmi per nome.
- Perché diavolo dovrei chiamarti per nome? – sbottò, irritato.
- Perché…perché sì! – replicò la ragazza, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo. – Non puoi chiamarmi per cognome, dopo che ti ho portato qui a casa mia e…che idea si faranno i miei genitori, secondo te?
Draco parve rifletterci un secondo, trafiggendola con lo sguardo.
- Non ho alcuna intenzione di pronunciare il tuo stupido nome soltanto per dare una buona impressione ai tuoi genitori. – disse, con rabbia, sentendosi nervoso.
- Sei un…
- Sono un…cosa, Granger? Dimmi. – la schernì, sorridendole in modo strano e facendola arrossire.
- N-niente! Non…collabori! – sfiatò a malapena. – Lasciamo perdere. – disse infine, cin un gesto della mano.
- Voglio chiedertela io una cosa, Granger. Com’è possibile che tua madre sia così…tranquilla? Non che non debba esserlo, ma sai…un genitore non accoglie così bene nella propria casa il ragazzo che ha messo incinta la loro preziosa bambina e cose del genere.
Hermione si sentì andare letteralmente a fuoco.
- Oh…ehm…ah…io…i-ieri sera ho inviato una lettera ai miei genitori, parlandogli di te, ma…non ho detto loro…della…gravidanza. – incespicò.
- E allora cosa hai detto ai tuoi genitori? – domandò sospettoso e per nulla contento della sua risposta.
- Ehm…che… - si mordicchiò un labbro. - …che eri il mio ragazzo. – mormorò, mentre avvertiva il calore risalirle lungo il collo e le guance. Si sentiva come se fosse stata dentro una fornace e la temperatura stesse salendo sempre di più.
- Cosa?! Tu non hai tutte le rotelle a posto, Granger! Per Salazar, che schifo! Io che sto con una schifosa Mezzosangue, ma cosa ti è saltato in mente…
Per poco la ragazza non gli tirò uno schiaffo.
- Ti ho già detto di non chiamarmi Mezzosangue, Malfoy. – ringhiò, interrompendolo.  – E se ho riferito ai miei genitori che tu eri il mio ragazzo, è stato per un ovvio motivo: dato che ti dovrò dire loro che sei il padre di mio figlio, ho creduto che sarebbe stato più facile accettare la cosa se tu fossi stato il mio ragazzo, non pensi? Come credi che reagirà mia madre o mio padre, se dicessi loro che sono rimasta incinta di…di un ragazzo con cui non sto neanche i-insieme?! – sbottò, mentre il respiro le s’incastrava in gola. Merlino, quanto era difficile pronunciare quelle parole sotto il suo sguardo penetrante.
- Genitori o no, non avresti dovuto inventare simili fandonie. – replicò, con tono disgustato.
- Ti vorrei ricordare, Malfoy… - iniziò Hermione, ferita dal suo comportamento. - …che per quanto adesso ti faccia schifo l’idea che io abbia detto ai miei genitori che sei il mio ragazzo, tu, questa schifosa Mezzosangue, l’hai baciata proprio ieri sera. – non riuscì a non arrossire, mentre ricordava ciò che aveva fatto appena poche ore prima, ma la sua voce, per fortuna, uscì sicura e priva di tentennamenti. – Anzi, mi hai anche messo incinta, quindi fatti un bell’esame di coscienza.
Se Draco fu colto alla sprovvista dalla sua uscita, non lo diede a vedere.
- Il fatto che io ti trovi passabile, Granger, non cambierà mai l’inferiorità del tuo sangue. – sibilò con cattiveria. – E quella sera, per inciso… - sottolineò bene le sue parole, guardando la ragazza in modo che non potesse equivocare a quale sera si stesse riferendo. - …avevo bevuto troppo e anche tu, altrimenti ti assicuro che io non sarei mai venuto a letto con te.
Gli occhi di Hermione si accesero di rabbia, mentre cercava di nascondere quanto in realtà l’avessero ferita quelle parole.
- Puoi star certo, Malfoy, che se fossi stata lucida, sono io che non sarei mai venuta a letto con te. – rispose, spinta dall’ira.
 
Ok, questo potrebbe non essere propriamente vero.

La Grifondoro scosse la testa, sperando di interrompere quel pensiero molesto, ma maledettamente vero.
- No, infatti. Scommetto che avresti preferito che ci fosse Weasley al mio posto, vero? – insinuò, contraendo la mascella. – Chissà come deve aver preso la notizia…Povera donnola: deve essere stato terribile scoprire che la ragazza che ama è rimasta incinta del suo peggior nemico. – ironizzò.
- Certo che avrei voluto che Ron fosse al posto tuo! – mentì. – E poi cosa…cosa ne vuoi sapere tu di cosa prova Ron per me? – replicò, sentendosi male al pensiero di quanto avesse ferito il suo migliore amico.
- Ma fammi il piacere, Granger! L’hanno capito anche i muri di Hogwarts che ti muore dietro! – disse, come se fosse una cosa ovvia.
 
Per Merlino, possibile che fossi l’unica a non essermi accorta di niente?
 
- Questi non sono affari che ti riguardano. E, comunque, Ron è una persona molto migliore di quanto non lo sarai mai tu. – mormorò, infine.
- Certo, peccato che ieri sera non la pensassi così, vero? – sussurrò avvicinandosi. – Non mi sembrava che fossi così fedele alla tua adorata donnola, mi sbaglio? Anzi, mi sembrava che non ti dispiacesse tanto essere baciata da me.
Per un attimo alla ragazza mancò l’aria, mentre lo osservava eliminare la distanza che c’era tra loro, con lo sguardo da predatore. – No, non mi sbaglio. – si rispose da solo il Serpeverde, con gli occhi da serpente.
- Che cosa avresti intenzione di fare, Malfoy? – sbottò Hermione, incrociando le braccia sotto il seno e impedendosi di arretrare.
- Che hai, Granger?  – le mormorò vicino al viso, attorcigliandosi una ciocca dei suoi capelli intorno al dito. Hermione rabbrividì. – Non avrai mica paura?
 
Non è di te che ho paura.
 
- Non mi fai paura, Malfoy.
 
È del mio cuore che ho paura.
 
Di quello stupido organo involontario che in quel momento rimbombava nella cassa toracica e le aveva aumentato la frequenza respiratoria.
- E allora perché tremi?
 
È il cuore. È il cuore che trema.
 
- Non…sto tremando. – mentì, sorreggendosi le braccia con le mani.
 
Sei tu, stupido idiota, che mi fai tremare.
 
Cosa fosse sul punto di fare Draco, Hermione non lo sapeva. La ragazza sapeva soltanto che si sarebbe sciolta come un budino, se sua madre non li avesse chiamati proprio in quell’istante.
- Ragazziiiiiii! Avanti, scendete!
Sobbalzarono entrambi alla voce della donna. La Grifondoro impiegò qualche minuto per recuperare il proprio autocontrollo, poi si fece prendere dall’ansia e dalla frenesia.
- Ok, allora… - cominciò Hermione, passandosi nervosamente una mano tra i capelli, come se solo in quel momento si fosse resa conto che da lì a poco Draco avrebbe dovuto conoscere tutta la sua famiglia. - …questa è la tua stanza e il bagno è in fondo al corridoio a destra. – disse in fretta, gesticolando. – Cerca di non essere un presuntuoso arrogante, come tuo solito, specialmente di fronte alla mia famiglia.
- Uff…ci proverò. – rispose, con poca convinzione.
Hermione lo guardò severamente.
- Se ti azzardi anche solo a comportarti in un modo che riterrò inopportuno, io…
- Ho detto che ci proverò, Granger! Non rompere le scatole e lasciami respirare!
La ragazza continuò a fissarlo non pienamente convinta, mentre Draco depositava di mala grazia il suo baule sul letto.
- Devi chiamarmi per nome. – ripeté alla fine la Grifondoro, mentre il rumore dei passi frettolosi giungevano alle sue orecchie.
- Richard! Richard, non serve che…oh, insomma lascia loro un po’ di privacy!
- Non dire stupidaggini, Jean! Non accetto che…
Prima che Hermione avesse il tempo di comprendere la situazione, suo padre spalancò la porta della camera, trovandosi faccia a faccia con il viso imbarazzato della figlia.
- Papà-à! – balbettò Hermione, sorpresa nell’osservare i suoi occhi minacciosi che fissavano Draco come se fosse uno strano tipo di ameba che si aggirava per la propria casa.
- Vedi, Richard? È esattamente come ti dicevo io. – lo rimproverò la donna, arrabbiata per la maleducazione del marito.
Hermione, quando comprese l’idea che si era fatto suo padre, arrossì ancora di più.
- Che bello vederti, papà! – esclamò alla fine alla ragazza, anche se il respiro le s’incastrò in gola.
- Tesoro! – rispose l’uomo dopo un po’ di tempo – probabilmente dopo essersi reso conto di non aver sorpreso sua figlia e il suo ragazzo in una situazione compromettente – , abbracciandola e allontanandola impercettibilmente da Draco. – Ci sei mancata tanto, sai?
- Anche voi mi siete mancati. – rispose, ispirando il profumo confortevole che emanava il padre.
- Non sarai un po’ maleducato, Richard? – borbottò la madre di Hermione, schiarendosi la voce, dopo parecchi minuti che il marito non accennava a lasciare sua figlia. Jean Granger fece un segno col capo verso Draco, fissando Richard come se volesse strangolarlo. L’uomo, leggermente inquietato dal suo sguardo, si costrinse a lasciare Hermione, non senza averle dato un buffetto sulla guancia, per poi allungare di malavoglia una mano verso il Serpeverde.
- Io sono Richard Granger. Il padre protettivo di Hermione. – sottolineò particolarmente le ultime parole, come se volesse marcare il proprio territorio.
Draco ebbe l’impressione che le parole che l’uomo avesse voluto dirgli fossero ben altre: della serie “Prova a toccare la mia bambina e ti faccio a pezzi con le mie mani.”
- Io sono Draco Malfoy. Il ragazzo di sua figlia. – rispose, con l’intento di farlo innervosire, offeso dalla maleducazione che quell’uomo dimostrava nei suoi confronti. Una vena cominciò a pulsare pericolosamente sulla fronte del padre della ragazza e Draco si rese conto che sì, l’aveva davvero innervosito.
Hermione decise di salvare la situazione e di bloccare la stretta energica che si stavano scambiando.
- Bene, sono sicura che per entrambi sia un piacere conoscere l’altro, giusto? – domandò, con voce dolce, sperando di calmare i loro bollenti spiriti.
 
Il piacere è tutto suo.
 
Probabilmente fu il pensiero comunemente condiviso tra Draco e Richard.
- Ok, direi che le presentazioni possano finire. Adesso vogliamo andare a pranzo, o avete intenzione di far freddare tutto quanto? – la voce minacciosa di Jean Granger richiamò tutti sull’attenti; Draco e Richard non obiettarono, limitandosi a lanciarsi delle occhiate guardinghe, mentre Hermione scuoteva la testa.
 
Bene. E con questo spirito, il pranzo di Natale può cominciare.

 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
 
Eccomiiiiii qua! Finalmente, dopo altri mesi di assenza, riesco a mettere il nuovo capitolo. In realtà avrei voluto aggiornare verso i primi di agosto, ma sono partita per le vacanze e la connessione era piuttosto scadente :( Ho provato ad aggiornare due giorni fa, dato che era il mio compleanno (finalmente ho compiuto 18 anni!!!!!!!!), ma non avevo ancora finito di rispondere alle recensioni e ci tenevo a ringraziarvi, così è saltato l’aggiornamento anche quella volta T.T
Alla fine ce l’ho fatta, comunque! Sono tornata!
Rinnovo le mie solite scuse per il ritardo (ormai ci sarete abituati, e probabilmente vi sarete anche stufati di aspettarmi), ma questi mesi non sono stati molto facili per me. Ho avuto dei problemi familiari molto gravi e, in tutta onestà, scrivere è stato il mio ultimo pensiero. Mi dispiace davvero, spero che possiate capirmi.
Comunque, saltando la parte dove vi chiedo nuovamente scusa in ginocchio per il mio ritardo (xD), ho una buona notizia! Il prossimo capitolo è tutto scritto! E….cosa ancora più sensazionale…il prossimo capitolo è uno dei miei preferiti e mi piace! :D
Quindi il prossimo aggiornamento arriverà presto! Incredibile vero? ^.^
Passando invece a parlare di questo capitolo…che ve ne pare? A me non piace per nulla XD Non lo dico per falsa modestia o cose simili, non mi piace sul serio – credo che sia uno dei peggiori che ho scritto fino ad ora, ma forse dipende dal fatto che è stato scritto nel brutto periodo che ho passato. Inoltre è piuttusto corto e vi spiego subito il perché: inizialmente questo capitolo era insieme all'altro, dove veniva descritto il pranzo di Natale a casa Granger e tutta la famiglia di Hermione. Poi, quando mi sono resa conto che mi erano venute 39 pagine di word mi è preso un colpo! Quindi ho pensato di spezzare il capitolo, prima dell'inizio del pranzo di Natale e mettere la seconda parte nel prossimo aggiornamento. 
Chiacchiere a parte, non mi uccidete per la schifezza di questo capitolo, vi assicuro che il prossimo sarà meglio ;) Anzi, per farmi perdonare, vi lascerò il titolo! S’intitolerà:
Crazy. They are all crazy.
Avete capito qualcosa? Avete intuito cosa si cela dietro il nome del capitolo? Se sì, acqua in bocca ;)
So che non dovrei avere nessuna pretesa, ma…ci terrei tanto a sapere cosa ne pensate di questa piccola schifezza di capitolo che mi è venuta fuori. E spero che qualcuno sia ancora disposto a seguire questa piccola pazza di un’autrice T.T
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, o anche a chi semplicemente legge in silenzio. Io mi esalto anche per una sola visualizzazione in più! XD
Ma, come sempre, un GRAZIE davvero speciale va a quelle dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: Harry Potterish, Black_Yumi, Elthanin, mimi_snape, piumetta, _memories_, MimiRyuugu, Simi462, Notteinfinita, chiara_1997, stellinasg, Jocker157, Stella94, Slytherin_Ss, FranciscaMalfoy, sophie5, ArmoniaDiVento, Harold_Malfoy, Fatto il misfatto, mira_potterhead_92, 17pally, Lilian_97, annie lily potter, tonks17, walewalx, Nutelfrog, Nyx_94, La Moody, gio_lesa, Dramione99, Lierin_, NiniBella, anonima K Fowl, Draco the best, IllySmolder, Dolcemente_imperfetta, silvy_0706, lost in fangirling, federica pozzan1997, BrigataMagnus, MrsCrowley, Colferos22, Chacha Tomma, _yellow_, hermionemalfoy90, Red_Roses, Elsi, Mia Morgenstern e io_amo_siriusblack.
Non so come ringraziarvi ragazze davvero. Io…non avrei mai pensato di poter ricevere così tante recensioni, io…sono commossa, ecco! Sninf, grazie, sul serio per non abbandonarmi mai.
Mando a tutti quanti un grossissimo abbraccio stritola-costole,
flors99
 
  
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