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Autore: misslittlesun95    30/08/2013    1 recensioni
Viola ha 18 anni e una vita normale quando una sera sviene in un locale e si risveglia con una diagnosi di cancro al cervello che fa iniziare il suo primo giro all'inferno.
Unica speranza un delicatissimo intervento che per un periodo le farà perdere la possibilità di camminare.
Dopo un anno terribile la malattia è scomparsa e lei cammina, riprendendo tutto come prima.
A 23 anni però, di punto in bianco, lascia Parma e va a vivere a Torino, lontana da tutto e tutti, tagliando i ponti con la sua vecchia vita.
Sei mesi più tardi suo fratello si presenta alla sua porta, e la trova cambiata.
Il male è tornato, più forte di prima, e con lui l'inferno.
Da una parte la lotta a diciotto anni, dall'altra quella a ventitré, da una parte la famiglia e il ragazzo storico, Alberto, dall'altra lei sola con Ivan, l'oncologo che la segue e che di certo è più di un semplice amico.
Una sfida diversa ma uguale, un capitolo nel passato e uno nel presente, nella speranza di vincere di nuovo, questa volta per sempre.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Torino, 2013.

Viola e Vittorio si guardarono per quasi cinque minuti prima di potersi dire qualcosa di serio.
Lui non si sarebbe mai aspettato di vederla così, malata, perché conoscendola bene lo notava, e non solo dal foulard che aveva in testa, in che condizioni fosse, mentre lei non si sarebbe aspettata di vederlo proprio. Avrebbe voluto anzi urlargli addosso, domandandogli per quale assurdo motivo si era fatto... quanti, duecento chilometri? Trecento? Per andarla a cercare.
Lo aveva detto chiaro e tondo quando era andata via che non aveva nessuna intenzione di mantenere i contatti, almeno per un periodo.
Voleva ricominciare da capo, se ne era andata da Parma dicendo quello.
Ovviamente non era vero, dietro a tutto c'era il ritorno della malattia e la sua voglia di combatterla, anche se detestava quel termine, in completa solitudine.
Sì, probabilmente Viola, fosse stata in forze, avrebbe urlato al fratello, che adorava, le peggio cose.

Ma non stava bene, non ce la faceva.
A dire il vero non fu in grado di far qualcosa che differisse dal far entrare il ragazzo e farlo accomodare nel salottino del piccolo appartamento, facendolo sedere nella poltrona difronte alla sua.
- Mi piacerebbe offrirti qualcosa, ma non ho poi tutta questa voglia e tutta questa forza per alzarmi. Comunque in cucina c'è cibo, sia dolce che salato, e da bere tante bibite quanto alcol. Se ti va fai pure.-
Disse la ragazza per tentare di mandar via almeno un poco l'imbarazzo creatosi nei minuti precedenti.
Vittorio scosse la testa facendo segno di no, anche se il pentimento arrivò subito dopo, quando si rese conto che se fosse andato nella cucina almeno un attimo avrebbe potuto cercare le parole per iniziare un discorso decente.
Non essendone però lui in grado fu la sorella a introdurre una discussione sull'accaduto, e lo fece con quella che inizialmente parve una battuta. - Immagino che nella tua idea di “incursione” in casa mia c'era anche una parte in cui tu te ne uscivi con un “ti trovo bene, Viola.” sono davvero.... dispiaciuta, ecco, di aver un poco cambiato la tua idea di visita alla sorellina, ma la situazione è quella che vedi.- Diretta, sfrontata, ironicamente sarcastica, la ragazza in quei sei mesi non era cambiata molto.
- In effetti sì, speravo che le cose stessero diversamente.- Sospirò il fratello. Anche lui era fatto allo stesso modo, se doveva dire una cosa la diceva.
Non che quella situazione lo mettesse poco in imbarazzo, anzi, anche se forse più che di imbarazzo si trattava di tristezza mista a preoccupazione, ma immaginava che sarebbe stato inutile stare lì a fissarsi imbambolati finché a uno dei due non fosse venuta voglia di domandare all'altro cosa stesse accadendo.
- Chi inizia?- Domandò poi Viola lasciando così cadere il discorso precedente.
- In che senso?-
- Nel senso che a me interesserebbe sapere cosa porta mio fratello maggiore a Torino in una fresca sera di Marzo, e penso che anche tu ti domandi alcune cose a cui solo io posso dare risposta. O mi sbaglio?-
Il ragazzo scosse di nuovo la testa, ma rimase ancora in silenzio.
- Okkey, immagino dunque che la situazione sconvolga più te che me, malgrado che la vittima, per così dire, dell'incursione inaspettata sia la sottoscritta. Quindi vediamo, da dove posso iniziare? Dal chiederti come mai sei qui? Non che mi vengano al momento altre domande intelligenti, sia chiaro, ma forse potrei avere altre curiosità.- Disse poi lei cercando ancora di essere sarcastica.
Man mano che la discussione andava avanti il suo sarcasmo diventava più pungente, malgrado Vittorio sapesse che non sarebbe mai arrivata ad offendere o, peggio, ferire.

Forse era un'autodifesa, un modo per non dimostrare la debolezza che in un modo o nell'altro le apparteneva, quantomeno in un momento come quello.
E in un certo senso funzionava; la voce di Viola, dal tono basso e interrotta costantemente da respiri lunghi e spesso affannati, pareva meno debole e ammalate quando la giovane parlava in quel modo, facendo trapelare una forza interna che né la malattia né le cure avevano diminuito.
- Non lo so, sai? Voglio dire, non penso di essere qua perché mi andasse di fare bungee-jumping dalla Mole Antonelliana, anche se devo dire che a pensarci ora l'idea non mi dispiace...- Rispose cercando di imitare, con leggero successo, l'ironia della sorella, che di fatti accennò un leggero sorriso alle sue parole.
Sorriso che poi scomparve lasciando posto ad un commento che suonava quasi come un rimprovero. - Forse, ora, è meglio che inziamo a fare i seri.- Sospirò la ragazza.
- Sì, credo di sì. Insomma, non penso sia difficile capire perché io sia qua. Te ne sei andata dicendo che non volevi più tenere i contatti con nessuno, e per quanto abbiamo tutti mantenuto la promessa, o quasi data la mia presenza qui, non potevi impedirci di sentire la sua mancanza. Un mese passa, due pure, ma poi a casa si sente la tua assenza, e non perché io e papà non siamo in grado di cavarcela senza una donna. A proposito, lui non sa che sono qui. Né lui né nessun altro. Ho detto a tutti che volevo visitare un po' l'Italia. Il prossimo autunno dovrei laurearmi e mi sto realmente domandando se sia il caso di rimanere in questo paese o no, e questa è l'unica cosa vera di tutto ciò che gli ho raccontato.
Tra l'altro il momento cadeva a pennello, dato che io e Micaela ci siamo presi una pausa.
È mancata suo nonno ed è tornata nel suo paesino, nelle Marche. Poi lì ha rivisto il ragazzo con cui si frequentava ai tempi delle superiori e si sa come vanno queste cose.
Adesso dice di essere indecisa, ma io tutta questa voglia di stare fermo ad aspettarla onestamente non la ho, e così vedremo, faremo decidere al destino.
Certo, quando gli ho detto che partivo per un periodo non meglio definito gli è preso un colpo, a papà. Povero babbo, nel giro di sei mesi si è ritrovato la casa vuota, ma io l'ho rassicurato dicendogli che avevo intenzione di farmi sentire ancora, nessun desiderio più o meno assurdo di taglio dei ponti generale.
Beh, questo per quanto mi riguarda è più o meno tutto, ora forse dovremmo passare all'altra metà della storia, non credi?- Vittorio fece un rapido resoconto di tutto ciò che era successo alla sorella senza fermarsi neanche un attimo.
Per Viola fare altrettanto risultava alquanto difficile, ma dopo aver ascoltato il racconto del fratello maggiore aveva deciso che non era il caso di nascondersi dietro a nessun tipo di scusa.
Era andata via da Parma per un motivo, e ora che una parte, anche se relativamente piccola, di quel motivo le stava seduta davanti non sarebbe valsa nessuna scusa.
- Ti avviso che potresti odiarmi, ma se prima di farlo mi dessi modo di spiegare te ne sarei grata.
L'ultima analisi di controllo che ho fatto a casa ha mostrato una recidiva. Purtroppo una cosa seria, arrivata quasi dall'oggi al domani come un uragano.
Potevo curarmi a Parma oppure qui a Torino, dove lavora il massimo esperto di tumori cerebrali della nazione. Il medico mi ha consigliato di farmi visitare una volta da lui e poi decidere assieme, a seconda di ciò che quella visita avrebbe decretato.
Così ho iniziato a pensare alla balla del trasferimento, e ho fatto il primo viaggio, giornaliero, a Torino.
Qui penso tu capisca da solo cosa il medico abbia detto, e mi è parso sincero, non credo fosse in qualche modo un semplice bugiardo autoreferenziale, anche perché penso che quello dell'oncologo non sia proprio il mestiere più adatto per chi manca di franchezza ed onestà, ma questo è un altro discorso.
A quel punto ho deciso definitivamente di venire su con quella cazzata del cambiar vita, senza dire a nessuno ciò che mi stava in realtà accadendo.
Ed è adesso che arriva il punto in cui potresti odiarmi.
Io non vi volevo vicino. Non volevo te, papà, Franci, Albe, gli altri, nessuno.
La prima volta che sono stata ammalata mi siete stati tutti vicini, ed è stato importantissimo.
Ma vi ho visti soffrire, addirittura ricordo di litigi tra te e papà causati, se non dalla mia malattia, dallo stress del periodo.
A diciotto anni ero una ragazzina impaurita, senza contare l'intervento e tutto quello che ha comportato, ma ora, forse anche per colpa della rapida crescita che mi ha causato quell'episodio, mi sento una donna, una donna davvero.
Credimi, non è stata una scelta facile, malgrado io l'abbia presa in modo abbastanza rapido, ma mi pareva, e mi pare tuttora, la migliore. La situazione è più grave della volta passata, benché sia in parte differente.
Se ti chiedi se guarirò o meno ancora non possiamo saperlo per certo, ed è stata la mia unica grande incognita. Non sapevo bene cosa avrei fatto se avessi scoperto di avere poco da vivere, so solo che ho deciso che me lo sarei domandata al momento.
Spero che tu possa comprendere...-
Anche Viola aveva parlato senza interruzioni, anche se era stata ovviamente molto più lenta del fratello.

Alla fine del discorso si era appoggiata meglio allo schienale della poltrona, come se il solo parlare l'avesse già distrutta.
- Beh... comprendere forse è una parola grossa...- Aveva risposto Vittorio, che comunque, da quando lei gli aveva aperto la porta al quel momento, aveva immaginato che la storia potesse essere simile a ciò che Viola gli aveva appena raccontato. La stava guardando bene, e ricordando ciò che era accaduto cinque anni prima non gli era stato difficile capire che non si era ammalata, o comunque non aveva iniziato le cure, di recente. - Ma in un certo senso, almeno in parte, penso di poter capire. Non ti sei certo trovata in una situazione semplice, e per quanto tu possa sentirti donna, so che ora toccherà a te odiarmi dopo ciò che dirò, forse non lo sei ancora del tutto. Insomma, io ti ricordo, a Parma, e avevi una vita... normale. Però forse hai semplicemente passato tutto quel tempo a nascondere una forza interiore che non mi è dato neanche di immaginare, quindi non posso dir nulla. Solo... sei davvero riuscita ad affrontare tutto, la malattia e il resto, in completa solitudine per tutto questo tempo? - Vittorio si diede del deficiente da solo. Avrebbe potuto chiederle come stava, se aveva bisogno di qualcosa, quale fosse in quel momento la situazione, se almeno un poco fosse guarita.
Ci sarebbero state millemila domande da fare alla sorella in quel momento, e qualsiasi persona con un poco di cervello le avrebbe fatte uscire tutte, qualcuno le avrebbe fatto addirittura più domande di quante fossero le risposte che Viola poteva avere. Ma lui no, lui le aveva chiesto una cosa che per quanto riguardasse la malattia ne stava ancora fuori, almeno in parte.
Forse era normale, dopo tutto lui di termini medici non capiva nulla, se la sorella gli avesse parlato del male che aveva in corpo l'avrebbe di certo fermata più volte per chiederle di spiegarsi in termini più elementari.
Lui era stato, ai tempi della prima malattia, tempi che a pensarci in quel momento parevano oltremodo lontani, un aiuto di tipo morale per la sorella, non un medico. E qualcosa di quello gli era rimasto dentro, altrimenti non si sarebbe subito preoccupato della solitudine che Viola aveva potuto provare in quei mesi.
La ragazza, intanto, dopo quella domanda era arrossita, ed era chiaro che almeno in quel caso, fortunatamente, la malattia non c'entrava.
Per evitare che il fratello facesse troppe domande, però, aveva deciso di correre subito ai ripari spiegando da se il motivo di quei rossori sul volto.
- All'inizio sì, ero completamente sola e questo, in parte, mi ha costretta anche a più ricoveri del dovuto. Poi però nella mia vita è entrato Ivan.
È uno specializzando di oncologia, quindi non è proprio il medico che mi segue e la nostra relazione, che è ormai conosciuta da tutto il reparto e buona parte dell'intero ospedale, è più o meno corretta anche a livello odontologico, cosa a cui io tenevo molto, addirittura più di lui.
È assolutamente brillante, come medico, e non volevo rischiare di stroncargli una promettente carriera sul nascere. Abbiamo iniziato a frequentarci al secondo mese di terapia, e al quarto ormai infermiere, medici e anche alcuni pazienti facevano scommesse clandestine su quando ci saremmo dichiarati al mondo. È molto dolce, forse un po' troppo protettivo perché sa più cose sulle mie condizioni di un ragazzo meno nell'ambiente, ma è anche in grado di dosare le paura per non essere opprimente...-

Mentre ascoltava la sorella Vittorio vedeva lampi di luce nei suoi occhi, e questo gli bastava per capire quanto fosse presa da quella relazione, una, forse la sola, cosa positiva di quel momento della sua vita.
- E Alberto?- Aveva poi chiesto pensando al ragazzo storico di sua sorella.
- Temo che sia un periodo chiuso della mia vita, o almeno così gli ho fatto capire quando sono venuta a Torino. In quel momento doveva convincersene più lui che io, è chiaro, ma poi è arrivato Ivan e ora so di essere molto presa da questa storia.
In più non sto facendo progetti per il futuro, considerando il fatto che, scusa se sono così cruda, ma potrei non averne uno, quindi non mi è neanche solito chiedermi “e sei quando sarà guarita tornerò a Parma?”. No, per ora mi prendo ciò che viene, le cose brutte, tante, e le cose belle, poche ma belle davvero. Comunque è certo che, a prescindere da qualsiasi cosa potrà accadere in futuro, tutto quello che ho vissuto con lui in molti anni, prima da amici e dopo da innamorati, non rimarrà nascosto da qualche parte per essere dimenticato, è troppo importante. Ma per adesso è andata così. -
I due rimasero in silenzio di nuovo, questa volta più a lungo.
Si erano detti tutto, i discorsi seri erano finiti.
- Stavo ripensando a ciò che mi hai detto prima, sai Viola? Il fatto del cibo in cucina. Ecco, non è che...-
La ragazza sorrise, quello era un ottimo modo per cambiare del tutto argomento e fingere una normalità che fino a quel momento, da quando Vittorio aveva suonato al campanello, pareva essere mancata.
- Se mi aiuti ad alzarmi e ad andare di là sì, ti faccio mangiare con piacere. Ho una poltroncina anche in cucina, io mi metto lì e tu fai ciò che devi, anche se ne approfitterò per mangiare qualcosa anche io. Poi ti aiuto a prepararti un posto dove dormire, domattina mi dirai quali sono le tue intenzioni. Ma adesso andiamo, dai, tu hai fame e anche io inizio a pensare che avrei potuto fare una cena migliore.- Disse la sorella più piccola mentre si preparava a rialzarsi.

 

   
 
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