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Autore: LaGraziaViolenta    01/09/2013    11 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove Serena si sente attanagliare lo stomaco per la gelosia, la vergogna e forse anche la fame.
 
 
 
Incantesimi coi Grifondoro fu umiliante. Chelsea si sedette tra me e Rose Weasley. L’Incantesimo Rallentante non sembrò dare problemi alla Weasley: il suo topolino si bloccò, e dopo qualche secondo rincominciò a muoversi a rilento. Sembrava uno stop motion realizzato male, e invece era un incantesimo realizzato bene.
Al contrario, dopo il mio incantesimo il topolino bianco continuò a muoversi in gabbia come se neanche avessi sfiorato la bacchetta. Arricciò il nasino rosa e iniziò a rosicchiare le sbarre.
«Come ci sei riuscita?» Chelsea si grattò la punta del naso e si sporse verso il topolino della Weasley.
«Guarda il movimento.» La Weasley ripeté il gesto.
Jeanie Joy, dove sei quando servi?
Sapere che Rose Weasley aveva guadagnato l’attenzione di Chelsea mi fece provare una fitta di gelosia, e nel contempo mi sentii ingiusta. Non era una colpa essere bravi a scuola. Ero io che mi dovevo impegnare di più. Afferrai la bacchetta e la strinsi fino a farmi diventare le nocche bianche.
«Arresto Momentum
Il topolino arricciò ancora il naso.
Sospirai e posai il mento sul tavolo. Gli occhietti rossi del topolino mi scrutarono, il nasino in continuo movimento.
«Senti, Mignolo, non ti chiedo di aiutarmi a conquistare il mondo. Mi basterebbe un briciolo di collaborazione. Fai il bravo topino.»
Una risatina mi fece irrigidire le spalle. Alzai gli occhi e vidi Chelsea sorridere insieme a Rose Weasley.
«Guarda che non è il topo a fare l’incantesimo.» La Weasley si sporse verso di me. «Vuoi una mano?»
Risposta istintiva: brutta secchiona lentigginosa, chi te l’ha chiesta, la mano?
Risposta che diedi: «Oh… No, tranquilla, è che… Che…» Abbassai gli occhi sul tavolo. «Niente.»
Sollevai il mento dal tavolo e decisi di riprovare.
«Arresto Momentum
Mignolo mi fissò per qualche secondo, poi probabilmente decise che era stufo della mia inettitudine. Mi diede le spalle e salì sulla ruota verde. Iniziò a correre e la gabbia prese a tremare.
La Weasley inclinò il capo. «Guardami… Impugna la bacchetta così, e fai questo movimento. Riprova.»
«Dai Serena, riproviamoci tutte e due.» Chelsea mi rivolse un sorriso caloroso.
Perché mi sentivo trattata come una Bambina Speciale?
Il pensiero di avere un’ora di Babbanologia con Jeanie Joy, dopo pranzo, a confronto sembrava un paradiso. Sennonché dopo avrei avuto un’altra ora coi Grifondoro, a Storia della Magia.
«Oh, ma vaffanculo
«Come?» Chelsea mi rivolse uno sguardo interrogativo. «Se parli italiano non ti capisco, lo sai.»
Storsi il naso. «Ho ringraziato con un’espressione particolarmente gentile. Sai, a volte mi viene spontaneo, in italiano.»
La Weasley rise. «Prego, allora, non c’è di che!»
Certo, Rose, non c’è di che.
Riprovai l’incantesimo con poca convinzione. Mignolo mi ignorò e continuò a girare sulla ruota.
La lezione terminò senza che fossi riuscita ad eseguire il compito. Radunai i libri, presi la borsa e mi accodai a Chelsea, che giustamente stava chiacchierando con la Weasley. Non mi sforzai neanche di ascoltare la conversazione. Ero di cattivo umore.
«Ehi, Terra chiama Serena?»
Sbattei le palpebre e rimisi a fuoco il corridoio. La mano di Chelsea sventolava davanti alla mia faccia.
«Ci venite a fare un giro in cucina prima di pranzo?»
«Oh…»
Chelsea mi aveva presa alla sprovvista. Spostai lo sguardo su Rose Weasley. Le sue labbra ora erano strette. Il suo viso pieno di lentiggini era contratto. «Credo che sia un po’ contro le regole, ragazze. Io eviterei.»
Jeanie la Bionda e Rose la Rossa. Bacchettone a Hogwarts. Non avrei saputo dire se insieme sarebbero state una coppia formidabile o terribili rivali.
Chelsea agitò una mano per aria con noncuranza. «Mica è colpa mia se in questo castello non prevedono spuntini… E poi abbiamo un’ora buca prima del pranzo.»
Rose scosse la testa. Chelsea alzò le spalle e poi mi guardò. «E tu vieni, Serena?»
Vero, si trattava di una violazione del regolamento. Non sarebbe stata la prima volta, però. Incontrai lo sguardo di disapprovazione della Weasley.
«Sì. Certo che vengo.»
Abbassai gli occhi. Sì, lo facevo solo per stare da sola con Chelsea. E allora? Mi sentii sfacciata, ma ero decisa a fregarmene.
Serena, 1. Rose, 0.
«Allora…» Rose Weasley sistemò la borsa sulla spalla. «Ci vediamo a pranzo.»
«Sicuro.» Chelsea sorrise e agitò la mano per salutarla. «A dopo!»
«A dopo» mormorai anch’io a mezza voce.
Sì, a Storia della Magia. Ringraziai di non pranzare al tavolo dei Grifondoro. Per una volta nella mia vita ero contenta di essere a Tassorosso.
Io e Chelsea ci dirigemmo nei sotterranei. L’avevo avuta vinta, ero sola con Chelsea. Ma ora inspiegabilmente mi sentivo a disagio.
«Come sei silenziosa oggi! Hai mica fame?»
«Mh… No.» Mi morsi il labbro. Proseguii a testa bassa, fissando il pavimento di pietra. In realtà avevo un nodo allo stomaco. Cercai di ignorarlo.
«Va tutto bene?»
Risposta istintiva: no, sono gelosa marcia di Rose Weasley. Lei passa il tempo con te in Sala Comune, siete uscite a Hogsmeade insieme e ora vi sedete pure vicine. E a me Rose Weasley non piace.
Risposta che diedi: «Credo di sì.»
Lo stomaco di Chelsea brontolò. «Sbrighiamoci, per favore. Per la gran carità.»
Girammo l’angolo. Dal fondo del corridoio, a passo svelto, ci stava venendo incontro un ragazzo.
Sbarrai gli occhi.
Cribbio, lui no.
Non Cunningham.
Una vampata di calore mi invase e afferrai il braccio di Chelsea. Mi tornò in mente la scena da Madama Piediburro. No, no, perché lo dovevo incontrare? Perché dovevo morire di vergogna?
Chelsea mi rivolse uno sguardo preoccupato. «Che hai?»
Il ragazzo continuò a camminare nella nostra direzione senza dar segno di averci viste. In quel momento notai che aveva la cravatta verde e argento.
Serpeverde?
Passò oltre, ignorandoci. Lo seguii con lo sguardo e Chelsea fece altrettanto.
«Boia.»
Annuii. «Davvero… Non credevo che Cunningham avesse un sosia.»
Chelsea scosse il capo. «Magari sono gemelli.»
In effetti un gemello era più probabile di un sosia. Forse era un bene che Jeanie fosse finita a Corvonero anziché a Serpeverde: convivere col gemello del tuo spasimante indesiderato era un po’ come ingrassare con la Nutella per non mangiare il cioccolato Lindor.
Udii un gorgoglio. Sollevai lo sguardo e Chelsea mi lanciò un’occhiata eloquente. «Tra poco finisce che mi mangio te.»
Strinsi le labbra per trattenere un sorriso. Ci avvicinammo al quadro, solleticammo la pera ed entrammo nelle cucine.
La prima cosa che mi colpì fu l’ondata di cioccolato. Inspirai a fondo il profumo e mi sembrò di sentirne il sapore in bocca. Mi venne l’acquolina.
Chelsea boccheggiò. «Cribbio, hanno sfornato? Senti che roba…»
Dalla massa di elfi ne emerse uno. con una papalina col pompon.
«Signorine! È tornate a trovarci, signorine!»
«Merry!» sorrisi. L’elfo trottò verso di noi e si profuse in una serie di inchini a ripetizione.
«Cosa vuole signorine? Qualcosa da mangiare? Noi ha cose in più, signorine!»
«Bravo, Merry, non ci deludi mai.» Chelsea si massaggiò lo stomaco e si leccò i baffi.
«Cosa prende le signorine?»
Con l’odore di cioccolato nelle narici la scelta era quasi obbligata. Io e Chelsea ci scambiammo un’occhiata complice.
«Merry, carissimo» fece Chelsea con un sorriso a trentadue denti. «Cos’avete preparato di buono al cioccolato? C’è un profumo delizioso.»
Merry scosse la testa talmente forte che il pompon finì per sbattergli sulle guance. «Oh, no signorine, no, ma se voi vuole cioccolato noi abbiamo, abbiamo tanto!»
Inspirai ancora con forza. Niente al cioccolato? Arricciai il naso. Qualcosa non tornava. «E questo profumo, allora?»
«Quello è il signor Potter, signorine!»
Se ci fu un’occasione in cui la mia mascella rischiò seriamente di schiantarsi a terra, ebbene fu quella.
Chelsea squittì. «Potter? Potter davvero?» Lanciò un gridolino acuto e batté le mani entusiasta. «E quale Potter?»
«Signor Albus Potter, signorine! Sapete…» Merry si sporse verso di noi con aria complice, i grandi occhi marroni sgranati. «Signor Albus Potter fa quello che vuole, signorine! Noi ha detto lui, no signor Potter, lei non può preparare qui le cose, dica a noi e noi facciamo, signor Potter, e lui no, ha fatto come voleva, signorine.»
Aprii e richiusi la bocca, cercando di parlare. Non riuscivo ad emettere alcun suono. Chelsea mi prese per un braccio e mi scosse. Mi sembrò di sentire il cervello ballare nella scatola cranica.
«A… Aba…» Chiusi la bocca. Deglutii. La riaprii. «Ma… Potter… È qui? Cioè, adesso?»
«Signorine sì, signorine! Vuole vederlo, signorine?»
Annuii. Chelsea emise un altro squittio deliziato. Mi sentii avvampare, ma cercai di ignorare la sensazione.
Merry sorrise, si inchinò e ci fece strada. Attraversammo il mare di elfi formicolanti finché non entrammo in un altro locale. La parete principale era occupata da giganteschi forni. A un tavolo, con una sac-à-poche in mano, mani e viso chiazzati di cioccolato, c’era inequivocabilmente Albus Potter.
Lo fissai. Mi sembrava una visione incredibile vederlo ricamare su una torta glassata di cioccolato con la sac-à-poche, l’espressione concentrata, la punta della lingua che sporgeva fuori dalle labbra. Era una cosa così… Non avrei saputo come dirlo… Così…
Così babbana.
«Signor Albus Potter, ci sono le signorine, signore!»
La voce acuta di Merry lo fece sobbalzare. Quando si accorse di noi divenne rosso fino alla punta dei capelli.
Chelsea scattò subito in avanti, il sorriso stampato in faccia. «Ciao! Cos’è quella? Una torta?»
Potter la guardò, rossissimo. Forse l’aria famelica di Chelsea lo metteva in soggezione. Poi spostò lo sguardo su di me e abbassò gli occhi.
Ah, no, ero io a metterlo in soggezione.
Forse.
Mi avvicinai. Sul tavolo c’era una piccola torta marrone, lucida. Il ricamo in centro era una S in corsivo.
S come… Serena?
Arrossii.
«Non sapevo… Che foste qui.»
Chelsea sporse le labbra in fuori fingendo di mettere il broncio. «Neanche ciao ci dici? Grazie, ce ne ricorderemo…»
«Ciao» disse subito Potter.
Poverino. Era ancora rosso in viso. Che cavolo gli potevo dire? Guardai la torta sul tavolo.
«Non pensavo…» la voce roca mi morì in gola. La schiarii. «Non pensavo che ti piacesse preparare dolci.»
Chelsea si sporse verso la torta. «Mi sembra perfetta. Hai talento, Potter.» Mi lanciò uno sguardo d’intesa.
Il mio stomaco si strinse. Sarei voluta morire di vergogna. La torta sembrava davvero perfetta. Anche il ricamo era preciso. Probabilmente era riuscito a disegnarlo con mano ferma. Senza contare il profumo divino che emanava.
Potter lasciò la sac-à-poche sul tavolo. Dal beccuccio uscì una punta di cioccolato.
«La ricetta austriaca…»
Rimasi imbambolata qualche secondo, finché non mi si accese la lampadina.
Quella era una Sachertorte? L’aveva preparata lui, quindi? Seguendo la ricetta austriaca?
Ricordai di avergli detto che il cibo britannico faceva venire mal di pancia. Provai un senso di colpa misto a tenerezza.
Non riuscii a guardarlo in faccia. Abbassai di nuovo gli occhi sulla torta. Era una S di Sachertorte, quindi. Mi sentii un’ebete, ma mi venne da sorridere.
«Sono… Sono sicura che è buona.»
 
Nota dell’autrice: no, non sono morta, né scomparsa, né la fan fiction è in punto di morte. Però sono sommersa dallo studio. Perdonatemi. ;___; Sto facendo del mio meglio per passare gli esami della sessione di settembre, giorno e a volte anche notte, quindi scusate per l’attesa sia delle risposte che dei capitoli. Vi garantisco che non rimarrà in sospeso! Scusatemi per l’assenza… Spero che leggerete lo stesso il capitolo!
  
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