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Autore: Piumadoro    04/09/2013    4 recensioni
"Questo è il primo anno della mia nuova vita e sarà bellissimo"
"Come fai ad esserne così tanto sicura?"
"Forse perchè la mia vita di prima faceva così schifo che per migliorarla mi sono bastati due idioti come voi e naturalmente Remus."
L'inizio di una storia destinata a durare per sempre, che comprende:
Amicizia, malintesi, Malandrini, guai, molti molti guai, e decine di regole infrante ed è da qui che nascono i guai.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Siamo Stelle Cadute'
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Passò lenta una settimana e Star era denutrita, magrissima e debole, per un po’ di giorni era riuscita a mantenere le forze mangiando i dolci che le avevano regalato i signori Hich ma presto erano finiti.
Doveva sopravvivere a John e ai suoi seguaci e la direttrice sembrava convinta a farle recuperare tutte le ore di lavoro perse per via della scuola sempre, naturalmente, picchiandola con la prima cosa a portata di mano.
Incredibilmente Star riuscì a trattenersi e subire tutto ciò come sempre, non sapeva se era forse per l’assoluta certezza che se avesse fatto magie l’avrebbero espulsa e lei sarebbe rimasta di certo lì o per il timore di sventolare un pezzo di legno a vuoto senza alcun risultato e finire in un manicomio.
Un giorno mentre stirava in soffitta quattro ragazzi le bloccarono gambe e braccia.
“Che bolide volete adesso?” Gridò lei lottando per liberarsi.
“John vuole parlarti.” Le rivelò uno di loro.
“Fan culo.” Urlò Star e colpì con il gomito il ragazzo che le teneva il braccio sinistro e poi mollò un pugno al ragazzo alla sua destra. Gli altri due si allontanarono pronti ad una nuova azione ma lei afferrò una scopa e colpì il primo in pancia e il secondo sulla testa. I quattro scapparono indolenziti e sconfitti.
Eppure Star sapeva che prima o poi sarebbe crollata.
Sempre meno cibo e più lavoro voleva dire non riuscire a dormire per via degli incubi. Spesso si svegliava e vomitava anche se non aveva nulla da buttare fuori.
L’unico modo per andare avanti era convincersi che mancava poco a settembre.
Ma settembre era lontano.
Passò un'altra settimana.
La ragazza non mangiava assolutamente nulla da quattro giorni e le mani le tremavano al minimo sforzo. Doveva però riuscire a finire il suo dovere, doveva riuscire a pulire il pavimento di quella stanza da letto, altrimenti le cose sarebbero di gran lunga peggiorate.
John entrò affiancato da due suoi compari.
“Ehi Rose!” Esclamò. Tutti e tre i ragazzi non erano un gran che, il cibo era scarso anche per loro ma di certo erano messi meglio di lei.
“Non chiamarmi Rose!” Gridò Star girandosi di scatto verso di lui. Fu una pessima idea perché le girò la testa. Perse i sensi.
Si risvegliò quasi subito seduta a terra ma i due amici di John la bloccavano con le spalle al muro spingendola in basso così che non potesse alzarsi, le sue gambe erano rannicchiate contro il petto e John le stava seduto sui piedi con un sorriso trionfante. Star sentì le dita farsi fredde e capì che il peso del ragazzo le bloccava la circolazione.
“Ma buon giorno!” Disse John allegro. “Ora dolcezza ti sto dando un esempio di come tu sei una bambola di pezza nelle mie mani.”
Lottare era inutile così Star decise di prendere tempo in attesa di un piano migliore.
“Non sei un po’ troppo grande per giocare con le bambole?” Replicò sprezzante.
“Certo, ma tu sei una bambola speciale” Le spiegò John con aria ovvia.
“Troppo speciale per te.” Lo interruppe una voce proveniente dalla porta. Una voce familiare a Star, una voce che le sembrò un coro angelico che gridava “Alleluia”, una voce che… bolide del bolide! Finalmente!
John si alzò in piedi a fronteggiare il ragazzo appena apparso sulla soglia della porta. “E tu chi saresti?” Chiese freddo.
“James Potter.” Rispose tranquillo il nuovo arrivato.
“Non mi dice niente.” John avanzò, era più alto di James, molto più alto, ma James era di sicuro più forte.
“Bene, lascia stare Star. Ora.” Lo minacciò James.
“Si, come no. Lei è in mio possesso.” Ghignò John sicuro di se.
Gli occhi nocciola di James lampeggiarono. Il ragazzo colpì John con un pugno facendolo crollare a terra e poi con un calcio e ancora e ancora finché il malcapitato non si mise a strisciare fuori dalla stanza seguito dai due ragazzi che prima tenevano Star addossata al muro.
James gli gridò dietro: “Lei non è un oggetto. E non è in tuo possesso.” Poi si inginocchiò di fronte alla ragazza. La osservò bene, passando la mano sui suoi capelli tagliati male e la tirò a se abbracciandola forte.
“Andiamo!” Esclamò poi James tirandola in piedi.
“Dove?” Chiese Star confusa.
“A prepararti le valige, guidami fino alla tua stanza.”
La ragazza obbedì e portò James in soffitta.
“Per lo meno è grande.” Commentò lui storcendo il naso per l’odore di chiuso e polvere.
“Ehm, si…certo.” Mormorò Star aprendo la porta dello sgabuzzino, o meglio, della sua camera.
Il ragazzo entrò e sospirò. “E’ questa la tua stanza, vero?” Si corresse. Lei annuì.
Insieme alzarono il materasso e presero il fagotto sotto le assi. Il mantello della divisa si era rovinato moltissimo ma tutto ciò che c’era dentro era salvo.
James si caricò il tutto in spalla e scese velocemente le scale mentre Star rimase paralizzata in quella soffitta. Cosa stava accadendo?
Si riscosse dai suoi pensieri e scese a sua volta al piano terra. James l’aspettava tra un uomo e una donna. I signori Potter le sorrisero.
“Buon giorno.” Salutò spaesata, poi si rivolse al suo amico. “Che succede?”
“Ora mia madre te lo dirà.” Le rispose James.
“Oh, bene.” Cominciò la signora Potter. “Allora, Star. Tu ci conosci ormai, giusto? Ma non sai che appena siamo tornati a casa dalla stazione l’ultimo giorno di scuola mio figlio ha iniziato a parlare di te. Abbiamo capito subito che la tua situazione non era proprio…semplice. Così abbiamo preso una decisione. Ho sempre desiderato una figlia femmina, certo voglio bene a James e non tornerei mai indietro nel tempo per cambiare la sua nascita, ma ora se tu lo vorrai avremo un componente in più della famiglia.”
Il cuore di Star si bloccò. Tutti quegli anni passati in quel posto e ora poteva andarsene così semplicemente? Ed era vero? Cominciò a pensare che forse la realtà era un’altra e che lei era sempre stata prigioniera di un suo incubo.
Alcuni bambini e ragazzi si stavano accalcando attorno a loro e lei notò solo in quel momento la direttrice ferma dietro ai Potter con uno sguardo un po’ confuso.
La ragazza riportò la sua attenzione sulla famiglia davanti a se. “Mi state veramente chiedendo di…” Dovette fermarsi per deglutire sonoramente ma non aveva più saliva.
“Si, ti stiamo chiedendo di avere una casa e una famiglia e quindi di diventare mia sorella.” Concluse James per lei sempre più sorridente.
“E state pure qui a chiedermelo?! Rapitemi!” Esultò Star incredula e felice allo stesso tempo. James la abbracciò nuovamente e si unirono anche i signori Potter.
“Non può essere vero.” Brontolò John sostenendosi ad un muro.
La ragazza si voltò verso di lui e gli regalò un sorriso vittorioso.
I signori Potter precedettero lei e James, che ancora si tenevano per mano, verso l’uscita.
Una macchina nera li aspettava dall’altro lato della strada. Salirono tutti sul sedile posteriore e l’autista partì senza dire nulla.
“Mamma e papà sono Auror.” Le spiegò James. “Quindi il Ministero ci presta le macchine se dobbiamo spostarci tra i Babbani.”
“Forte.” Commentò Star molto lentamente.
“Ti stai trattenendo dal cantare di gioia?” Le chiese suo fratello quasi con sarcasmo.
“Sì.” Rispose lei sincera.
“Non devi preoccuparti Star. Henry canta sotto la doccia e io canto mentre faccio le faccende di casa con Rue. Siamo la tua famiglia ora, non devi trattenerti con noi.” La rassicurò Susan.
“Mamma, così la metti in imbarazzo.” La rimproverò James.
“James non parlare così a tua madre.” Lo sgridò Star.
“E’ anche tua madre.” La rimbeccò il ragazzo.
“Non ci avevo pensato.” Si stupì Star. “Vi devo chiamare per nome o…?”
“Chiamaci mamma e papà, andrà benissimo. Anche se sai che io mi chiamo Henry e lei Susan.” Consigliò il signor Potter.
“Ok, dovrò mettermi di impegno ma ce la farò. Oh mio cielo! Ho una famiglia! Io ho una famiglia, io ho una famiglia, io ho una famiglia! Sciallalalalalà!” Canticchiò la ragazza.
I signori Potter le avevano portato un cesto pieno di panini e lei li divorò felice riacquistando un po’ di energie.
La macchina si fermò davanti ad una casa bianca ed elegante con le pareti ricoperte di erica e il cancello in ferro battuto.
“Questo mi ricorda qualcosa…” Mormorò Star scendendo.
“Che ne pensi?” Le domandò Henry.
“E’ fantastica.” Disse solo lei.
Entrarono tutti insieme attraversando un giardino pieno di piante sia magiche che babbane. Il sentiero di piastrelle bianche era perfettamente dritto.
“Mi sarebbe piaciuto a serpentone.” Le spiegò Susan. “Ma tua padre diceva che era poco pratico in casi di emergenza. Io gli ho detto che potevano calpestare il giardino se avevano fretta ma lui ci tiene molto a suoi cespugli di rose.”
Star ridacchio.
“Non è colpa mia, tesoro, se per farle crescere ci ho messo una vita.” Replicò il signor Potter.
La signora Potter allontanò l’argomento con un movimento secco della mano e tirò fuori un mazzo di chiavi. Aprì la porta ed entrarono.
Era una casa ferma ai tempi di Hogwarts. La luce entrava dalle grandi finestre illuminando un atrio molto spazioso e pieno di calore. I candelabri risplendevano perfettamente puliti e lucidati. Susan posò le chiavi sulla credenza e si tolse le scarpe lasciandole su una scarpiera accanto alla porta. Tutti i mobili erano in legno chiaro e lucido e degli scaloni in legno salivano verso i piani superiori. Le pareti erano color crema.
I signori Potter entrarono nella sala da pranzo che era a dir poco enorme anche se il tavolo era molto piccolo, giusto per sei persone. I muri lì erano azzurrini e tutta una parete era fatta di vetro così che entrasse molta luce essendo rivolta ad est.
Susan e Henry stavano ancora dolcemente bisticciando sul giardino e James prese per mano Star.
“Mamma noi andiamo sopra.” Gridò trascinandola fuori dalla stanza. Passarono di nuovo nell’atrio ma presero a salire le scale.
“Scivoli spesso sulla balaustra?” Gli chiese la ragazza.
James sorrise. “E’ il miglior modo per scendere.”
Si ritrovarono in un corridoio lunghissimo che andava da est ad ovest e anche se le scale salivano ancora loro si fermarono li.
“La prima porta da laggiù e di mamma e papà. Poi c’è n’è una per i nonni, e quelle due dopo sono per gli zii. Questa qui davanti è per gli ospiti in generale. Di fronte a tutte queste stanze c’è il salotto.” Cominciò James indicando alla loro destra.
“Accidenti.”
“Troppe stanze?” La prese in giro.
“Troppo…troppo.”
James rise travolgendo anche Star.
“Da quella parte invece ci sono le nostre due camere. Quelle più in fondo, l’una davanti l’altra. Dopo altre tre stanze degli ospiti e poi tre stanze per i miei cugini; sempre da entrambe le parti.” Continuò il ragazzo.
“Io ho una stanza tutta per me?” Domandò la ragazza insicura.
“Si. E’ completamente vuota perché non sapevamo come arredarla anche se io un paio di idee ce le avevo quindi per sta notte dormirai in una delle stanze degli ospiti. Ti va bene?”
“Certo!”
“Allora vieni a vedere la mia stanza.” James la guidò fino ad una porta dipinta d' oro, tutte le altre erano color legno e i muri erano verde mela, abbassò la maniglia e tenne la porta aperta per Star.
La stanza aveva tutte le pareti rosse ed oro e stendardi con il leone del Grifondoro erano appesi un po’ ovunque. Un grande letto era addossato al muro infondo e alla parete a destra, il parquet scuro era completamente sgombro, una semplice scrivania se ne stava tranquilla proprio sotto la finestra opposta alla porta, c’erano due sedie normali e quattro morbidi pouf, anch’essi rossi e oro, sparsi per la grande stanza, il grosso armadio di legno poggiato alla parete di sinistra era infestato da foto e bigliettini e infine in un angolo c’era un mobiletto con un giradischi babbano.
“Come mai è così ordinata?” Fu il solo commento della ragazza.
“Mia madre.” Rispose James asciutto come se fosse un sacrilegio riordinare una stanza.
“Mi piace. Forse è un po’ troppo grifondoresca ma va bene così.”
“Ne sono felice. Comunque dovresti dare un’occhiata alle foto.” Le consigliò il ragazzo.
Star si avvicinò all’armadio. C’erano foto di James con i suoi genitori e poi moltissime di loro, dei Malandrini e di Hogwarts.
“Sono bellissime.” Si voltò verso James con un sorriso enorme sulle labbra.
“Lo so, sono solo alcune di quelle che mi sono trovato sul rullino, del resto ne ho fatto un album. E’ lì sulla scrivania se vuoi vederle. Non le ho ancora mostrate ai miei genitori.”
Star non se lo fece dire ancora e si precipitò a guardare il resto delle foto.
James intanto si avvicinò al giradischi.
Qualcuno bussò alla porta. “Siete qui?”
“Aha.” Mugugnò James abbastanza alto da farsi sentire.
Susan entrò nella stanza. “Io e vostro padre stiamo andando a sistemare le carte di Star.” Annunciò, poi si rivolse a sua figlia. “Va bene Star Potter come tuo nuovo nome?”
“Si, ovviamente.”
“Perfetto. Non combinate disastri. Appena avrò fatto un paio di firme tornerò. Voglio preparare una cena fantastica per festeggiare.” Continuò la signora Potter.
“Cosa si festeggia?” Chiese ingenuamente Star.
“Il tuo arrivo! Che è? Sei diventata tonta senza di me?” Rispose James scherzando.
“Mi fa piacere averti con noi.” Concluse Susan fissando Star negli occhi, infine uscì lasciando la porta aperta.
“La porta!” Le gridò dietro James irritato.
Una canzone partì dal giradischi e il ragazzo andò a chiudere la porta sbattendola.
“Delicatezza!” Commentò Star sarcastica. “Bella. Di chi è?” Chiese poi.
James si gettò sul letto. “That’s The Way dal disco Led Zeppelin III. Adoro il rock babbano.”
*You're in the darker side of town.
And when I'm out I see you walking,
Why don't your eyes see me,
Could it be you've found another game to play,
What did mama say to me.*
“Mi piace.” La ragazza si stese vicino a lui.
“E’ una bella canzone, sì.” Annuì il ragazzo.
“Non parlavo della canzone. Mi piace tutto. La casa e voi. E sapere che ora ti posso chiamare fratello.” Specificò Star.
*That's The Way it ought to stay.
And yesterday I saw you standing by the river,
And weren't those tears that filled your eyes,
And all the fish that lay in dirty water dying,
Had they got you hypnotized?
And yesterday I saw you kissing tiny flowers,
But all that lives is born to die.
And so I say to you that nothing really matters,
And all you do is stand and cry.
I don't know what to say about it,
When all you ears have turned away,
But now's the time to look and look again at what you see,
Is that the way it ought to stay?*
“Sorella.” Disse James.
Si voltarono a guardarsi e si sorrisero insieme.
Saltarono giù dal letto correndo in corridoio gridando:
“Siamo fratello e sorella!”.
“Aspetta, cambio disco.” Annunciò James rientrando per un secondo nella sua stanza. Poi una canzone molto più ritmata partì al massimo volume riempiendo la casa.
“La adoro!” Urlò Star muovendosi a ritmo.
“The Who dal disco My Generation. Ti farai una cultura qui; è stato papà a trasmettermi l’amore per il rock babbano.” Le gridò di rimando James cominciando a correre e a scivolare per il corridoio facendo finta di suonare una chitarra.
 
People try to put us d-down
(Talkin' 'bout my generation)
Just because we get around
(Talkin' 'bout my generation)
Things they do look awful c-c-cold
(Talkin' 'bout my generation)
I hope I die before I get old
(Talkin' 'bout my generation)
 
This is my generation
This is my generation, baby!
 
Why don't you all f-fade away?
(Talkin' 'bout my generation)
And don't try to dig what we all s-s-say
(Talkin' 'bout my generation)
I'm not trying to cause a big s-s-sensation
(Talkin' 'bout my generation)
I'm just talkin' 'bout my g-g-g-generation
(Talkin' 'bout my generation)
 
This is my generation
This is my generation, baby!
 
Why don't you all f-fade away?
(Talkin' 'bout my generation)
And don't try to d-dig what we all s-s-say
(Talkin' 'bout my generation)
I'm not trying to cause a b-big s-s-sensation
(Talkin' 'bout my generation)
I'm just talkin' 'bout my g-g-generation
(Talkin' 'bout my generation)
 
This is my generation
This is my generation, baby!
 
People try to put us d-down
(Talkin' 'bout my generation)
Just because we g-g-get around
(Talkin' 'bout my generation)
Things they do look awful c-c-cold
(Talkin' 'bout my generation)
Yeah, I hope I die before I get old
(Talkin' 'bout my generation)
This is my generation
This is my generation, baby!
 
[ La gente cerca di metterci sotto
(Parlando della mia generazione)
Solo perché ce la spassiamo in giro
(Parlando della mia generazione)
Le cose che fanno sembrano così terribilmente fredde
(Parlando della mia generazione)
Spero di morire prima di diventare vecchio
(Parlando della mia generazione)
 
Questa è la mia generazione
E' la mia generazione, piccola!
 
Perché non sparite tutti?
(Parlando della mia generazione)
E non cercate di capire meglio ciò che diciamo
(Parlando della mia generazione)
Non sto cercando di suscitare scalpore
(Parlando della mia generazione)
Sto solo parlando della mia generazione
(Parlando della mia generazione)
 
Questa è la mia generazione
Questa è la mia generazione, piccola!
 
Ma perché non andate tutti a farvi fottere?
(Parlando della mia generazione)
E non cercate di capire meglio ciò che diciamo
(Parlando della mia generazione)
Non sto cercando di suscitare scalpore
(Parlando della mia generazione)
Sto solo parlando della mia generazione
(Parlando della mia generazione)
 
Questa è la mia generazione
Questa è la mia generazione, piccola!
 
La gente cerca di metterci s-sotto
(Parlando della mia generazione)
Solo perché ce la s-s-spassiamo in giro
(Parlando della mia generazione)
Le cose che fanno sembrano così terribilmente fredde
(Parlando della mia generazione)
Spero di morire prima di diventare vecchio
(Parlando della mia generazione)
 
This is my generation
This is my generation, baby! ]
 
Immaginarono di suonare e cantare fino alla fine della canzone e mentre James tornava in camera la signora Potter entrò in casa canticchiando.
“Bella canzone James, ma ora abbassa il volume o i vicini ci uccidono.” Commentò chiudendo la porta con il gomito dal momento che aveva le braccia ingombre di buste della spesa.
Star corse ad aiutarla liberandola da un po’ di peso.
Susan la guardò stupita. “Grazie.”
“Non c’è di che. Dove devo portarle?” Chiese la ragazza.
“In cucina. Seguimi.”
La signora Potter la guidò oltre la sala da pranzo fino alla cucina bianca con le pareti piastrellate fino a tre quarti dell’altezza.
Un’elfa corse verso di loro con un mazzo di fiori in mano.
“Eccoti qui, Rue.” Esclamò Susan. “Ti presento la nuova componente della famiglia: Star.”
Rue sprofondò in un inchino. “Sono fiera di essere al vostro servizio, signorina.”
“Sono fiera della tua compagnia.” Rispose Star. L’elfa allargò i grandi occhi azzurri e si inchinò ringraziando la ragazza, poi sparì in giardino per preparare la tavola.
“Per stasera saremo solo noi quattro poi domani inviterò gli altri parenti così che potranno conoscerti, va bene? Mangiamo fuori sta sera, così vedrai il giardino.” Spiegò la signora Potter a Star.
“Si, va bene. Posso aiutarti a cucinare Su…mamma?”
Susan strabuzzò gli occhi. “JAMES!” Gridò. “Avevi ragione!”
Il ragazzo arrivò in cucina di corsa. “Si è offerta di aiutarti?” Domandò come se fosse un crimine imperdonabile.
La signora annuì sorridente.
“No, Star. Per sta sera non farai assolutamente niente. Sali in camera, fatti un bagno caldo, cambiati e fatti ricrescere i capelli come si deve.” Ordinò James.
La ragazza sbuffò ma eseguì. Discutere con James era come discutere con se stessa.
 
………….
 
Quando Henry tornò Star e James stavano amabilmente parlando in giardino. Ovvero si stavano lanciando contro gli stivali di gomma e i guanti da giardinaggio trovati lì vicino.
“Che succede qui?” Tuonò il signor Potter. “Siete fratelli ora, dovreste andare d’accordo.”
“Noi andiamo d’accordo.” Replicò James schivando un sottovaso di ceramica così spesso che non si ruppe cadendo a terra.
“E’ che mio fratello…adoro dirlo…mi ha appena rivelato una cosa che sapeva che io volevo sapere ma me l’ha tenuta nascosta fino ad ora.” Proseguì Star chinandosi a terra per evitare un annaffiatoio.
“Cioè?” Le chiese Henry confuso.
“La biblioteca!” Rispose lei entusiasta deponendo per un attimo le armi.
Henry la fissò stranito.
“E’ pronto!” Li richiamò Susan.
Tutti e tre corsero verso il tavolo dimenticandosi tutto il resto.
Il giardino vero e proprio dei Potter era molto grande.
C’erano due modi per accederci: il primo era una porta semplicissima che dalle cucina ti faceva entrare nel vivo di quell’enorme spazio, tra piante di tutti i tipi con un piccolo sentiero di piastrelle bianche morbide come nuvole che non si sporcavano mai. L’altro modo era passare attraverso una gigantesca sala da ballo, che occupava tutta una metà del piano terra, per poi trovarsi in una piccola serra a cupola tutta in vetro con delle poltrone di vimini e un tavolino in ferro battuto, infine uscendo dalla serra si arrivava sotto un gazebo ottagonale estremamente spazioso con colonne che sembravano risalire all’antica Grecia, sette lati davano sul giardino vero e proprio con un altro sentiero di nuvole.
Le lanterne volteggiavano attorno al tavolo preparato per quattro sotto il gazebo. Le stelle brillavano nel cielo e la luna stava appena calando.
L’atmosfera era perfetta. Il signor Potter mise su un disco in un giradischi su un piccolo tavolino che Star aveva appena notato.
“Allora…” cominciò Henry. “Era il 1968 e i the Byrds pubblicarono quest’album intitolato: Sweetheart Of The Rodeo. Il Country Rock andava molto a quei tempi qui in Inghilterra e ora sarà la colonna sonora perfetta per questa serata.”
Star lanciò un occhiata interrogativa a James.
“E’ il suo momento. Ogni occasione speciale mette su un disco e ne racconta la storia.” Spiegò il ragazzo.
“Divertente.” Commentò la ragazza.
Incominciarono a mangiare anche se per Star fu molto difficile masticare. Se ne stava ritta sullo schienale della sedia con tutta la grazie possibile, mangiava come se fosse una danza e i signori Potter la ricoprivano di domande e attenzioni.
“Quindi quando sei nata?”
“Vuoi dell’altro purè?”
“Oh, il tuo colore preferito è il blu cobalto!”
“A che ora ti svegli di solito? Cosa vuoi che ti preparo a colazione?”
“Domani preferisci venire con me e James a comprare i mobili e i colori per la tua stanza o andare con tua madre a fare shopping?”
Erano ormai arrivati al dolce; una deliziosa crostata di lamponi.
“Ehm…non saprei. Come preferite, io vi seguo dove volete.” Rispose Star confusa.
“Io so cosa faremo domani. Io e pà prepariamo la tua stanza. Lascerai che te la arredi io?” Propose James.
“Va bene.” Accettò la ragazza senza esitazioni.
“Sei sicura? Non vorresti scegliere tu stessa le cose che ti piacciono di più?” Le chiese Susan strabiliata dalla completa fiducia di sua figlia.
“James sa meglio di me cosa mi piace.” Le assicurò Star.
“Va bene. E’ ora di andare a letto per voi due. Forza su.” Ordinò Henry.
Star si alzò senza discutere ma James non fece lo stesso. Cominciò a sbuffare.
“Dovresti prendere esempio da tua sorella. Così si comporta una persona a modo. E ora su, di corsa.” Decretò la signora Potter mettendo fine a qualsiasi rivolta casalinga possibile.
James si indirizzò deciso verso la sua camera e Star scelse la stanza accanto.
“Buono notte, fratellino.” Mormorò la ragazza prima di entrare.
“Fratellino a chi?” Ribatté lui con il sorriso sulle labbra.
 
 
******
 
Solo io amo questo capitolo alla follia? Si, mi sembra di si.
Non fa niente lo adoro. Se fossi stata in James una volta entrato nella stanza di Star all’orfanotrofio avrai gridato “SONO SUPERMAN!”.
Grazie agli dei io sono io e James è James.
Comunque scrivendo questo capitolo ho approfondito la mia cultura sul rock anni 60-70…….adoro i The Who! Anche i Led Zeppelin sono bravi. I Byrds mi uccidono di allegria. Va bene ok, la smetto.
Ciao ciao.

 
  
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