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Autore: elisa27_99    05/09/2013    0 recensioni
"E se ci fosse anche per me, il lieto fine? Se ad un bel momento comparisse un punto alla mia storia e tutto potesse filare liscio... per sempre?" pensieri come questi fluivano liberi nella sua mente nascondendo e spesso oscurando quelli tristi e quelli felici, lasciando posto al dubbio del mistero, all'angoscia della paura. Quel «per sempre» a volte riecheggiava tutta la notte nella sua testa, insinuandosi nei sogni e trasformandoli in incubi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Pronto?»
«Ciao... Papà. Mi serve un favore.»
«Agata... E' da un sacco di tempo che... Insomma... Io... Non mi aspettavo...» Il suo tono era sorpreso, ma quasi entusiasta. Balbettava facendo pause, come se non gli uscissero le parole o stesse cercando i termini adeguati.
«Papà sono nei casini con mamma.»
«Agata di qualsiasi cosa si tratti voglio che tu sappia che da me c'è sempre un posto in più.»
«Grazie papà veramente... Sarei già qui.»
«Come? Ma ne hai parlato con la mamma?»
«Non ce n'è bisogno» si affrettò a dire Agata. «Lei... E' indaffarata in questo momento.»
«Agata ovunque tu sia aspettami che ti passo a prendere.»
«Sono davanti al tuo palazzo.» Joe si sporse dalla finestra, scostando lentamente la tenda. Agata riattaccò, gli fece un saluto con la mano e mostrò un debole sorriso incerto, la valigia appoggiata a terra.
Il portone fece un fastidioso suono metallico ed Agata cautamente entrò dentro. Era un palazzone enorme, maestoso ed imponente. Scalino per scalino arrivò al 3° piano, dove trovò la faccia sorridente di Joe pronta ad accoglierla.
«Che piacere rivederti Agata.» disse. «Sei cresciuta molto dall'ultima volta che ti ho vista.»
«Già, davvero molto tempo fa.» Agata non digeriva ancora il fatto che suo padre fosse uscito così radicalmente dalla sua vita quando ancora era una bambina. Restava lì, un pallino fisso, una macchia nel suo animo che la turbava. Dov'era quel padre che aveva tanto desiderato ed immaginato?
«Mi dispiace Agata, so cos'hai provato.» Lei rimase in silenzio. «Avrei tanto voluto passare più tempo con te ma Annie non me l'ha mai permesso. Mi diceva che avrei dato cattivi esempi e che non avresti dovuto avere un modello come me. Daltronde devo capirla: non mi sono comportato lealmente con tua madre. Poi ovviamente c'era la questione Terry e...» Puntò gli occhi verso il basso, come stesse sfogliando un grosso libro in cerca di ricordi. Agata non interruppe i suoi pensieri e rimase ad ascoltarlo incuriosita. «Se potessi tornare indietro cambierei ogni cosa di me, di come mi sono comportato, da padre e da fidanzato, davvero. Non ne vado fiero e rimpiango di essermi perso momenti della vita di un uomo come quelli che io ho rovinato con voi.» Si bloccò. «Ma quel che è fatto è fatto» disse battendo le mani con enfasi. «Allora, raccontami di te, cosa ci fai qui? Com'è andata la scuola? Ti tratta bene la mamma? Litighi con tua sorella? E gli amici? Come sono?» Agata fu felice di raccontare un po' della sua vita, di com'era andata a scuola, di come aveva vissuto, delle indecisioni, delle scelte, dei compleanni, delle feste, dei brutti voti e di quelli belli. Gli parlò dell'anno scolastico, dei nuovi compagni di liceo, dei professori, del suo tempo libero. Evitò di raccontare l'esperienza della festa venerdì sera, affinché suo padre non si facesse un'idea sbagliata di lei. Joe preparò un te e per quasi due ore si scambiarono amabilmente fatti e racconti sulle loro vite, pensieri ed idee che avevano appurato con gli anni. Agata si sentì così vicina a lui. Lui... non era come un'amica a cui svelare i tuoi segreti più nascosti. Era diverso. Si trattava... Di un padre. Lo fissò a lungo, ascoltandolo molto attentamente, ridendo a tutte le sue battute. Sembrava un uomo così per bene, lì, seduto composto con la giacca nera. Aveva un aspetto particolarmente giovanile, i capelli corti scuri ed un viso dolce. Portava un sorriso stampato sulla faccia. Ti ispirava fiducia, gli occhi sorridenti e sognanti di chi non si è mai arreso. Aveva uno sguardo intelligente, si sarebbe detto un uomo di carriera e non un semplice barista. Aveva la capacità di metterti a tuo agio, con parole dolci, semplici. Emanava tranquillità mentre parlava, mentre ti fissava, o semplicemente mentre ti stava accanto, col suo profumo fresco e delicato. Sapeva di casa, di libro nuovo. 'E' forse di questo, che sanno i padri?' si chiese lei.
Tutti i bei pensieri e gli attimi di felicità si arrestarono quando Agata si ricordò di avere il cellulare in silenziatore. 7 chiamate perse da sua madre. Aveva ancora lo sguardo fisso sullo schermo quando cominciò a vibrare freneticamente. "Annie", diceva una scritta sullo schermo. Suo padre si interruppe, nel bel mezzo del racconto riferito al suo terzo lavoro. Agata sospirò. Era sul punto di metter giù quando un senso di smarrimento la spinse a rispondere. Non face in tempo a dire 'pronto', che sua madre cominciò a sbraitare attraverso la cornetta: «ma cosa credevi di fare?! Ti pensavamo morta! Ho chiamato tutte le tue amiche, ho guardato in tutti i bar della città, gli hotel e i ristoranti! Nessuno che ti aveva parlato o semplicemente vista! Stavo per chiamare la polizia! Ma ti rendi conto della gravità della situa...» Agata allontanò la cornetta dalla faccia e fece una smorfia di dolore. Sentiva ancora i timpani vibrare per le grida. Joe disse, a bassa voce perchè Annie non lo sentisse: «non gliel'hai detto, vero?». Agata assunse un'espressione dispiaciuta e disperata, così Joe le prese il telefono di mano, mentre ancora Annie si agitava dall'altro capo del telefono: «...ed ascoltami signorinella, non fare finta che io non esista! Insomma crescerai un giorno o no?!». Joe la interruppe, intromettendosi nella conversazione: «Ciao Annie.» Lei si fermò di colpo.
«Joe?...»
«E' davvero tanto tempo che non ci sentiamo.»
«Dov'è mia figlia?» fece lei, fredda.
«E' qui con me, sana e salva. E... Si dia il caso che Agata sia anche mia figlia.»
«Senti Joe riportala a casa immediatamente.» Agata spalancò gli occhi e cominciò ad agitare le mani nell'aria in segno di protesta, facendo di no con la testa.
«Io credo... Credo che sia meglio rimanga un po' qui per il momento. Insomma... Finché Agata non deciderà di tornare. Penso sia abbastanza grande da prendere le sue decisioni da sola ormai.» rispose Joe.
«Ah, adesso fai il padre premuroso e responsabile?! Sparisci dalla sua vita quando ancora è un bebè e ora pretendi di sapere se è abbastanza grande o no? Passamela immediatamente.»
Agata sussurrò all'orecchio di Joe cosa dire. Lui obbedì, incerto: «Annie ascoltami. Adesso non vuole parlare. Passerà la notte qui e quando si sentirà pronta ti chiamerà lei.»
L'avvocatessa Dottinger mise giù di colpo. Joe passò il cellulare ad Agata, che decise di spegnerlo. Non voleva più avere a che fare con le persone di tutti i giorni per un bel po' di tempo. Era felice della sua scelta e certamente non le sarebbe dispiaciuto scoprire di più su suo padre, della relazione che aveva avuto con sua madre.
 
Con passo dolce e silenzioso, Joe sgattaiolò nella camera degli ospiti. «Agata?» bisbigliò.
Stordita ed intontita la ragazza aprì a fatica gli occhi. «Papà?»
«Ti ho portato la colazione in camera. Spero non ti dispiaccia se ti ho svegliato, ma io devo uscire ora, dato che sono le 10 e mezza.» disse appoggiando il vassoio sul letto. Aprì le tende di un candido azzurro ed una tiepida calda luce si intromise nella stanza, inondando Agata di un calore e di una pace simile ad un abbraccio. La sua vita si era scaravoltata, pensò Agata. Era una persona completamente diversa da ieri, con una vita del tutto differente a quella di qualche giorno prima. Ma le piaceva. Ci avrebbe fatto l'abitudine.
«Senti... So che in questo momento la situazione con i tuoi amici è un po' agitata, ma credo sarebbe una bella idea se li invitassi qui un pomeriggio.
Agata non ne aveva la minima intenzione ma annuì e ringraziò dell'ospitalità e della gentilezza che stava dimostrando come padre.
Uscito Joe, Agata vagò per la casa, curiosa di scoprire che tipo era suo padre. Il frigo era vuoto, come anche tutte le credenze e i ripostigli. Davanti alla lavatrice Agata trovò diversi cesti della biancheria, completamente pieni di magliette sformate e mutande di colore rosa. Era tipico dei ragazzi non saper fare lo smistamento dei capi, pensò Agata. Per ripagare l'ospitalità, si convinse che sarebbe stato carino da parte sua aiutarlo in casa: fare da mangiare, aiutarlo col bucato, pulire ogni stanza e fare i letti. Al termine della mattinata si sentì soddisfatta per essere riuscita a completare tutta la sua lista di commissioni: ora era davvero una casa degna di un uomo come lui.
Verso le undici e mezza, il telefono fisso di Joe cominciò a squillare. Decise di rispondere ed identificarsi come la figlia. «Casa Therfield, in questo momento Joe è fuori, ma se...»
«Agata sono Eva.»
«Eva? Come hai avuto questo numero?»
«Da tua madre, comunque non è questo il punto. Sono qui per invitarti a casa mia, per una festa. Cioè, non una festa festa come quella a casa tua. E' più un... Ritrovo di amici. Allora sei dei nostri?»
«Eva io ora sono da mio padre, voglio passare un po' di tempo con lui e...»
«Lo farai poi. Allora prendi un foglio: domani a casa mia, ore 15 e 30. A presto!» Concluse Eva riattaccando. Agata era certa che non ci sarebbe andata.
  
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