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Autore: Ciel__    05/09/2013    7 recensioni
- Sofia, Sofia..- Mi accarezzò con l’indice la guancia. -Lo sai che odio vederti così triste, ma io non posso proprio fare niente.-
Matto. Pazzo. Maniaco.
- Potresti liberarmi.- dissi decisa.
- E da cosa dovrei liberarti? - domandò ironicamente confuso.
- Da te.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo otto: Aspetti una nuvola di caramelle, ma dal cielo piovono solo coltelli.
 
Quel giorno,
decisi di non piangere più,
ma il dolore si accumulò,
fino a diventare qualcosa di imperdonabile...
Tutti quei giorni non torneranno,
e non sono ancora in grado di fare qualcosa...
I frammenti dei ricordi di te,
uno ad uno stanno scomparendo...
Voglio diventare più forte di come sono oggi,
per poter finalmente incontrare l'amore.
 
Ray of light- Full Metal Alchemist
 
 
Ero deciso a liberare Sofia, fosse l’ultima cosa che avrei fatto.
Quella mattina ero uscito presto, mi ero vestito con giacca e cravatta ed ero pronto ad affrontare mio padre. Avevo chiamato un taxi ed ero arrivato alla sua azienda. Il suo lavoro consisteva nel dirigere una serie di fabbriche di assemblaggio mobili di cui ne era il capo. Ne aveva cinque sparse per il territorio lombardo.
Entrato rimasi stupito dall’enormità del luogo. Un centinaio di persone lavoravano ininterrottamente in diversi macchinari; c’era chi portava diversi pezzi da un posto all’altro, chi assemblava, chi valutava la qualità del materiale.. Ognuno faceva la propria parte ed era come ritrovarsi in un grosso formicaio dove tutti lavoravano con diligenza.
- Ehi ragazzo! Non dovresti startene lì in mezzo!- urlò un uomo.
- Sì, mi scusi signor.. Signor Lezzi!-
Il signore alto e robusto con i capelli biondo cenere e gli occhi azzurri scese dal macchinario che stava guidando per trasportare alcuni mobili imballati.
- Federico! Che ci fai qui? Allora è vero che non stai sempre appiccicato a mia figlia!- scherzò dandomi una pacca sulla spalla con troppo potenza.
- Se fosse per me starei sempre con Sofia!- esclamai allegro.
- Peccato che una cosa del genere non succederà mai fino a quando io sarò in vita!- disse aggiungendoci una grossa risata degna della sua stazza.
Era forse una minaccia quella? Pensai mentre cercavo di sforzarmi di ridere.
- Comunque, sei venuto a trovare il tuo vecchio?-
- Sì. Per caso sa dove lo posso trovare?- chiesi all’uomo.
- L’ultima porta a destra. Lì c’è il suo ufficio.-
- Grazie mille! A presto signor Lezzi.- feci per andarmene, ma lui mi fermò.
- Sta lontano da Sofia.- mi riferì con un sorriso a trentadue denti e una pacca, esagerata anche quella, sulla schiena.
Uomo davvero strano il padre di Sofia..     
Salii le scale e bussai alla porta, sentii un “Avanti” ed entrai.
Dovevo farcela.
 
- Buongiorno padre.- esortai vedendolo chino sulla scrivania a firmare documenti.
Stetti così per diversi minuti; lui che continuava a lavorare senza degnarmi di uno sguardo. Finite le ultime scartoffie alzò gli occhi verso di me.
- Federico, vedo che la lezione di ieri è servita a farti riprendere l’uso delle buone maniere. Non ti conviene ribellarti ancora.-
Mi morsi la parte interna della bocca violentemente, non volevo dare la soddisfazione a mio padre di vedermi irritato.
- Oh sì, mi scuso per quello. Ho parlato con Sofia dopo l’accaduto e sono giunto alla conclusione che i miei erano solo sentimenti effimeri dettati dalla voglia di ribellione del momento.- dissi cercando di sembrare il più convincente possibile.
- Sono felice che tu abbia finalmente compreso la realtà della situazione, ma non so ancora il vero motivo di questa visita Federico.-
- Voglio annullare il contratto di Sofia.- risposi deciso.
Mio padre mi guardò sorpreso era decisamente sospettoso, se lo leggeva in faccia.
- E perché sei arrivato a questa decisione improvvisa?-
- Non mi interessa più niente di lei, voglio che esca dalla mia vita, per sempre.-
Faceva così male mentire...
- Sono felice di questa scelta, era ora che te la togliessi dai piedi, ma non riesco a capire come tu possa aver cambiato idea in un solo giorno.- affermò mio padre dubbioso.
- Avevi ragione, lei è uscita con Michele e questo mi basta e avanza per capire che è una ragazza a cui interessano solo i soldi.-
Me l’aveva accennato la sera prima che era uscita con il “Signorino Cossarti” e che aveva tentato di baciarla, ma non la accusai di niente. Avevamo litigato troppo e poi mi sembrava ovvio che fosse un piano per dividerci.
Mio padre si portò una mano al viso, socchiuse gli occhi e si massaggiò le tempie.
- Federico.. Federico.. Pensi che io sia stupido?- aprì di scatto gli occhi e mi guardò tanto intensamente da potermi fare male. – So che tu ami quella stupida ragazzina! Oh, lo so bene che la ami. Però non sono arrabbiato.. Mi hai ricordato una cosa interessante che avevo completamente dimenticato..- fece una pausa. – Io ho in mano Sofia grazie al contratto.- concluse con un ghigno orribile.
Avrei voluto saltargli addosso e colpire quella faccia mostruosa che aveva, sarei andato lì e l’avrei sommerso di pugni, di insulti.. Si sarebbe sentito come tutti quelli che stavano sotto di lui e l’avrebbe finalmente pagata, ma lui aveva una cosa preziosissima.
- Cosa intendi fare?- chiesi con voce meno sicura.
- Tu fai quello che ti ordino senza battere ciglio e io libererò Sofia.-
Fremetti di rabbia.
Era la cosa più giusta da fare per lei: finalmente libera, ma io ero maledettamente egoista. Volevo essere felice anche io, volevo esserlo con lei e nessun’altro. Ma non potevo per colpa di mio padre.
Più giusto dire: per colpa mia.
Chi aveva chiesto al proprio padre di creare un contratto per intrappolare Sofia? Chi?
Io.
Vai avanti, la nebbia che s’infiltra nella tua mente, gli occhi senza pupilla, non hai più forza di volontà. Mi avevano abbandonato tutti e io avevo procurato troppo male. La punizione, la giusta punizione per me era togliermi la felicità.
E così stava succedendo.
- Va bene, ma prima voglio vedere le pratiche per l’annullamento del contratto.- dissi a bassa voce.
Oh anima! Anima dove sei andata a finire? Ti prego anima ritorna, non tutto è perduto. Resta ancora con me e lotteremo per la felicità!
Eppure la mia anima non ritornava, i miei sentimenti si erano fatti blocchi di cemento e io non sapevo se quella fosse veramente la fine. Mio padre mi aveva chiaramente detto, in precedenza, quello che voleva io facessi in futuro: gestire il grande impero Sagace e sposare una donna bella e facoltosa.
Volevo diventare un architetto, volevo fidanzarmi con Sofia, volevo, volevo..
Stupidi desideri, stupido me che ero diventato così vulnerabile, stupidi sogni.
- Oggi contatterò il mio avocato così incominceremo subito.- mi disse rimettendo apposto dei documenti -Ora puoi pure andare.- alzò un’ultima volta lo sguardo e scorsi nei sui occhi un lampo di vittoria. Mi voleva sputare in faccia tutto il suo potere, mi voleva far capire che i vincenti vincono e che i perdenti.. Beh, che i perdenti perdono. Mi voltai e camminai lentamente verso la porta, non riuscii a capire come potessi anche solo tenermi in piedi siccome non avevo più un’ anima. Misi la mano sulla maniglia.
- Non preoccuparti Federico. Una volta sposato potrai fare tutto quello che vorrai.. Potrai sempre chiamare Sofia, senza però farti scoprire. Conoscendo il tipo scommetto che sia molto brava a letto.- sentì una risata soffocata.
Abbassai la maniglia e uscii sbattendo violentemente la porta. Non avevo avuto la forza per ribattere, per andare da quello che dovevo chiamare “papà” e dirgli quello che pensavo di lui e di tutta la sua schifosissima vita. Urlargli che lui era un perdente e che io avrei vinto prima o poi.
Non sarebbe stato vero, io non ci credevo, nessuno ci credeva. Non era vero.
Che delusione. Delusione? La delusione. Quando ti aspetti veramente qualcosa di buono, ma quello non arriva. Aspetti una nuvola di caramelle, ma dal cielo piovono solo coltelli.
 
Camminai a lungo fino ad arrivare ad un parchetto abbandonato. Mi sedetti su una panchina e pensai attentamente a quanto fosse ironica quella giornata. Perché il sole illuminava d’argento le foglie degli alberi e creava piccole gocce di luce sull’asfalto. Perché i passeri ridevano felici, perché tutto era così bello, felice ed armonioso. Come se tutto il mondo stesse gridando un inno di felicità e io non sapevo le parole. Triste.
Mi continuavo a ripetere che una volta sciolto il contratto non avrei dovuto per forza fare ciò che voleva mio padre, ma neanche la mia voce più ci credeva. Chiudevo gli occhi e aprivo gli occhi. Era sbagliato. Un quadro creato con della sabbia. I colori sbagliati. Tutto sbagliato, per fino io non ero giusto e avrei voluto veramente cancellare tutto e impugnare il pennello per cominciare di nuovo. Dalla morte di mio fratello al contratto di Sofia. E non è vero che si impara dagli errori per non commetterli più, perché era ovvio che non avrei mai ideato un contratto del genere in tutta la mia vita. Perché mi sembrava tutto inutile.
Inutile.
E forse era giusto così.
 
Rimasi seduto su quella panchina per tutta la mattinata, poi mi alzai e andai a fare un giro. Camminai, camminai e quando la distanza tra me e mio padre mi sembrò più che soddisfacente mi fermai ad un fast food a mangiare. Camminai ancora un po’ e decisi di ritornare a casa. Chiamai un taxi e sospirai. Un soffio di vento malinconico che lasciava intravedere tutta la mia tristezza.
 
 
Sofia
 
“E’ la decisione giusta? Sarà la decisione giusta?” rimuginavo e rimuginavo. Era sempre così durante una scelta e come sapevano tutti io non sapevo scegliere. Era risaputo che ogni decisione che prendevo era sempre il contrario di ciò che era più giusto. Insomma, seguendo il mio ragionamento io non sarei dovuta partire.. Eppure sembrava la cosa più giusta, era indubbiamente la soluzione migliore per tutti. Per tut..
Per me no.
Per me non era la soluzione migliore, perché avrei sofferto, oh se avrei sofferto! Come quando senti d’un tratto un vuoto al petto e non sai cosa sia solo che è vuoto, nero e freddo.
Certe volte mi fermavo interrompendo quello che stavo facendo e mi portavo una mano al cuore, era troppo strano ed intenso quel dolore per essere reale. Sentivo una ventola contro il petto che cercava di portarmi via la pelle e io non ne capivo il perché. O forse lo sapevo, ma non lo volevo ricordare, semplicemente perché ricordare i sentimenti, il viso, gli occhi e quella voce.. Quella. Voce. Che avevo amato al limite della pazzia e che avevo odiato al massimo della capacità del cuore.
.. faceva male.
Ma d'altronde una voce è solo una voce e degli occhi solo occhi. Non c’è niente che rispecchia l’anima, nessun fattore mistico che ti fa comprendere i sentimenti dell’altro. Essendo una banalissima voce me ne sarei dimenticata presto, prestissimo eppure non ce la facevo e se incominciavo a comportarmi così stare lontana da lui anche per un solo giorno sarebbe risultato impossibile.
E forse era quello il problema: mantenere le distanze.
Ma perché doveva per forza essere così difficile?
Non potevo fare bagagli e valige e partire con lo sguardo fiero ed orgoglioso?
No, dovevo scappare senza farmi scoprire con il volto piegato verso il basso e gli occhi pieni di.. pieni di niente. Nulla, il vuoto assoluto.
 
Il fatto è che ognuno di noi sa perfettamente tutte le conseguenze che comportano le proprie azioni, sa che una strada porta a cose positive e l’altra a fatti negativi, sa perfettamente tutto, solo che fa finta di non vederlo. Pensa che non ci sia nessuna soluzione e ci crede così intensamente che poi la soluzione scompare davvero.
E’ lì! E’ proprio davanti ai vostri occhi!
 
Ma i miei occhi erano pieni di vuoto.
 
Com’era vedere il mondo con gli occhi pieni di vuoto?
Prendi una scatola, prendi dei colori.
Dipingi la scatola.
La scatola è bella è di mille colori, sgargiante, abbagliante: perfetta.
Prendi un cielo azzurro.
Il cielo è talmente meraviglioso che potresti morire per lui, potresti buttarti nel suo dolce blu se solo te lo chiedesse.
Prendi una nuvola, fai piovere la nuvola.
Il cartone della scatola si rompe, i colori si spargono tutti per terra fino a quando l’acqua non ha fatto svanire anche quelli.
Fai oscurare il cielo dalla nuvola.
 
Io ero la nuvola con gli occhi pieni di vuoto.
 
Incominciai a tracciare linee nere sul foglio candido. Linee che tracciavo casualmente a detta di tutti, ma che per me avevano un loro specifico posto. Presi il foglio e lo strappai lentamente pezzo dopo pezzo. Una volta finito cercai di comporre i pezzettini, io vedevo un mondo in quei pezzettini! Gli altri vedevano solo residui di un foglio con degli scarabocchi di matita sopra. E questo mi faceva rabbrividire di freddo, perché era la conferma di essere totalmente sbagliata.. Io vedevo cose che non esistevano! Io ero diversa! Io ero inutile!
Soffiai sulla forma indefinita che avevano formato i pezzi di carta e distrussi tutto, ancora e ancora. Fino a quando tutti ritagli bianchi non si sparsero sul tavolo.
 
Era un giorno strano quello, lo avevo capito da quando mi ero alzata. Avevo aperto gli occhi di scatto, ansimando per l’incubo che avevo appena fatto.
 
Avevo sognato di essere in apnea in un oceano infinito. Ad un certo punto erano comparse dal nulla tutte quelle persone che mi avevano picchiata, umiliata, presa in giro in passato e mi davano pugni ridendo di me. Poi il nulla, di nuovo da sola nell’oceano infinito. Solo dopo poco mi accorsi dei molteplici tagli che avevo sulle braccia e mille bollicine si sollevarono verso l’alto dal grido silenzioso che avevo lanciato.
Io non avevo mai avuto quei tagli, eppure erano lì.
Poi una mano, avevo sempre stretto una mano e non me n’ero mai accorta. Mi voltai e vidi il volto di Federico. Era sua la mano. Mi sorrise e poi mi lasciò cadendo nell’oscurità. Volevo urlare, aiutarlo, chiamare aiuto, ma l’unica cosa che feci fu quella di assistere alla sua discesa con la punta dell’occhio.
Poi mi lasciai cadere anche io.
 
Lo sapevo che sarebbe stata una giornata strana, da quando prendendo il cellulare avevo letto un messaggio di Federico dove mi spiegava che sarebbe andato a parlare con suo padre per annullare il contratto.
 
Avevo capito che sarebbe stata una giornata strana quando aprendo la finestra mi ero accorta di quanto finta fosse la serenità che aleggiava nell’aria.
 
Ero convinta che sarebbe stata una giornata strana quando erano passate le 15.00 e Federico non ero ancora tornato.
 
Leggevo un libro seduta sul divano. Non c’era nessuno in casa e io non sapevo come occupare il tempo. Mi comportavo in modo insolito, prendevo e disfacevo  cose, pensavo a domande troppo complicate per essere comprese, sognavo incubi.. Di certo non era la mia giornata migliore e in più non comprendevo quello che mi stava succedendo. Compievo tutte le azioni quotidiane come un automa che aveva perso il cuore.. E tutto era cominciato quando avevo aperto la valigia e avevo iniziato a mettere al suo interno i miei indumenti. Avevo iniziato a piangere senza preavviso; nessun groppo in gola, solo lacrime ghiacciate. Un po’ preoccupata avevo deciso di fermarmi e sbrigare qualche lavoretto in casa, cosa che peggiorò di più il mio stato d’animo, perché ad ogni passo che facevo mi sentivo più malinconica e triste. Avevo optato infine di restare seduta sul divano a leggere un libro con il ventilatore acceso. Nessun movimento, solo le parole di uno scrittore a riempirmi i pensieri.
Avevo continuato così per tutta la mattinata facendo traballare il mio equilibrio mentale solo all’ora di pranzo. E di nuovo il sentimento angosciante che mi opprimeva il cuore. I pensieri che s’impregnano di parole e di nuovo pace.
Il suono del campanello accelerò i battiti del mio cuore.
Avevo una paura terribile della persona che mi sarei trovata davanti, avevo paura della notizia che mi avrebbe comunicato, avevo paura di non poter mentire una volta appresa la situazione, avevo paura di non poter sembrare felice se tutto fosse andato bene e avevo paura di piangere crollando a terra se si fosse rivelato un disastro..
Aprii la porta con una lentezza studiata.
- Ehi..- dissi.
- Ehi..- mi rispose lui.
- Allora, com’è andata?- chiesi titubante con un fischio allucinante alle orecchie.
- Bene.. Sei libera.- disse aggiungendo un sorriso che non aveva nulla di felice.
Strano..
- Ah, fantastico..- cercai di esclamare allegramente ottenendo però un bisbiglio malinconico.
Strana..
- Tutto bene Sofia? Pensavo che una notizia così meritasse il tuo balletto della vittoria..- notò con un mezzo ghigno, incredibilmente triste anche quello.
Sorrisi appena.
- Oh sì sono felicissima! Solo che ho un mal di testa terribile..- rimediai con la voce più felice che riuscii ad imitare.
Siamo strani..
- Mi dispiace.. Beh, allora è andato tutto bene, no? Ci vediamo domani..- concluse indietreggiando e salutandomi con la mano.
- A domani..- risposi chiudendo la porta.
Non eravamo strani, eravamo bugiardi.
 
Percorsi il salotto, mi buttai sul divano e chiusi gli occhi.
I puntini colorati che si sovrapponevano al nero della palpebra strizzata.
Un mondo nero con delle gocce colorate.
 
- Stai attenta bambina mia..- mia madre mi baciò la fronte e mi abbracciò.
- Tesoro vedi di fare la brava con la zia. – mio padre mi scompigliò i capelli.
- Mocciosa da quattro soldi.. Vedi di comprarmi qualcosa se no ti spacco i coglioni.- l’affettuoso saluto di mia sorella.
Sospirai.
- Starò attenta, farò la brava e comprerò souvenir a tutti.- dissi alzando gli occhi al cielo.
 
Un quarto d’ora dopo ero davanti alla stazione centrale di Milano.
Il cielo era ancora nuvoloso dal temporale della notte precedente.
Appena Federico se n’era andato avevo preparato i bagagli e la mattina successiva avevo deciso di partire.
Guardai un’ultima volta la piazzetta davanti a me e vidi una nuvola lasciare spazio al sole.
Un raggio di sole.
Mi voltai e cominciai ad avanzare con la valigia di lato.
 
Era un raggio di sole così malinconico da farmi piangere..

Angolo autrice:

Mi viene quasi da piangere (?) perché finalmene sono riuscita ad aggiornare :') 
Eh, sì con il fatto che l'editor è stato aggiornato non riuscivo più ad aggiornare e neppure a recensire DD': Ma eccomi qui! Non vi ho mica abbandonati U.U
E così anche se sono stata lenta ci sono state un sacco di persone che hanno messo la mia storiella tra le preferite\ricordate\seguite ! Grazie mille *-----*

Questa è la storia della mia cara e bravissima amica Silvia.
Se il link non funziona la storia si chiama:  
Love and passion- Cronache di una liceale 
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1956559

See you later! :*
Ciel__
  
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