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Autore: ValeryJackson    06/09/2013    4 recensioni
Skyler aveva sempre avuto tre certezze nella vita.
La prima: sua madre era morta in un incidente quando lei aveva solo sette anni e suo padre non si era mai fatto vivo.
La seconda: se non vuoi avere problemi con gli altri ragazzi, ignorali. Loro ignoreranno te.
La terza: il fuoco è un elemento pericoloso.
Tre certezze, tutte irrimediabilmente distrutte dall'arrivo di quel ragazzo con gli occhi verdi.
Skyler scopre così di essere una mezzosangue, e viene scortata al Campo. Lì, dopo un inizio burrascoso, si sente sé stessa, protetta, e conosce tre ragazzi, che finiranno per diventare i suoi migliori amici. Ma, si sa, la felicità non dura in eterno. E quando sul Campo incombe una pericolosa malattia, Skyler e i suoi amici sembrano essere gli unici a poterlo salvare.
Una storia d'amore, amicizia, dolore, azione, dove per ottenere ciò che vuoi sei costretto a combattere, a lottare, e ad andare incontro alle tue peggiori paure.
Ma sei davvero disposto a guardare in faccia ciò che più ti spaventa?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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Alzò ancora di più il volume.
Ormai era quasi al massimo, ma a lei non importava. Era sola, adesso, e non c’era nessuno in casa che potesse gridarle di abbassare.
Sentiva raramente la musica allo stereo. La maggior parte delle volte preferiva ascoltarla attraverso le cuffiette del suo IPod, perché era un modo per avere un po’ di privacy, e perché odiava quando lo zio si lamentava delle sue scelte musicali. Voleva godersela in pace, per stare un po’ da sola con se stessa.
Ma stavolta era diverso. Non voleva restare da sola. Voleva qualcuno che la consolasse; qualcuno che l’abbracciasse e che le dicesse che le voleva bene. Voleva che lo zio fosse lì con lei.
Ma ormai era partito, e a quell’ora, molto probabilmente, era già a kilometri di distanza.
Skyler lo aveva accompagnato fino all’aeroporto. Aveva portato il suo borsone, poi lo aveva guardato e gli aveva sistemato la divisa. Infine era affondata fra le sue braccia. Si era sforzata di non piangere - l’aveva promesso-, ma non appena lui distoglieva lo sguardo lei lasciava che una lacrima solitaria le solcasse la guancia.
Prima di andarsene suo zio le aveva sfiorato la collana.
«Quando sei triste e pensi di non farcela, ricordati che lei è sempre con te. Ti proteggerà.» Ci aveva battuto due colpetti con il dito. «Aiuta sempre a stare…»
«… Bene con se stessi» avevano concluso insieme.
Lo zio aveva sorriso. «Esatto. Per stare bene se stessi. Non te lo dimenticare.» Le aveva preso il viso fra le mani e le aveva baciato la fronte, per poi stringersela al petto. «Te quiero, mi hija.»
«Te quiero, tìo.»
Poi lui si era voltato ed era salito sull’aereo. Skyler aveva aspettato che questo decollasse. È stato in quel momento che era scoppiata a piangere. E aveva continuato finché non era tornata a casa.
Ed ora era lì, distesa sul suo letto, a pancia in giù, la testa affondata nel cuscino e la coperta stretta tra i pugni, ad ascoltare il cd #3 dei The Script a tutto volume, senza nessuno che le urlasse di abbassare.
Quando sentì arrivare l’ultima canzone, lentamente alzò il capo, cercando con lo sguardo la piccola sveglietta riposta sul suo comodino.
Erano le 7 e 29.
Skyler sbuffò. Era quasi ora di cena. Aveva pensato di non mangiare niente quella sera, ma il suo stomaco stava iniziando a brontolare.
Lentamente e con un po’ di riluttanza si alzò dal letto e si diresse in cucina. Aprì il frigo e scrutò all’interno.
Vuoto.
Fece la stessa cosa con le dispense ed ottenne lo stesso risultato.
Fantastico!, pensò. Ora non ho neanche niente da mangiare. 
Ricordò le parole dello zio. Se in casa non hai niente, chiama subito la signora Petunia. Ti porterà da mangiare in un batter d’occhio!”
No!, pensò subito Skyler. Non se ne parla. Non voglio altra gente che mi guardi con compassione.
Scrutò la stanza in cerca del telefono. Ordinerò cinese.
E così fece. In meno di mezz’ora un fattorino si presentò alla sua porta e le consegnò una monoporzione di spaghetti di soia con frutti di mare e degli involtini primavera.
Skyler si infilò il pigiama e si sedette sul divano. Prese le bacchette cinesi fornitegli dal fattorino ed iniziò a mangiare, accendendo la tv su un canale di documentari.
Stava scoprendo come una tartaruga depone le uova quando qualcuno bussò alla porta.
Skyler controllò l’orario. «Chi è a quest’ora?» si chiese, corrucciando le sopracciglia. Si alzò dal divano e andò verso la porta. Poggiò un orecchio sul legno gelido, nel tentativo di sentire qualche voce familiare, ma dall’altra parte non proveniva neanche un rumore.
Insospettita, schiuse leggermente la porta.
«Chi è?» domandò.
«Per favore, ragazzina» gracchio una voce roca. «Ho bisogno di aiuto.»
Skyler non riusciva a scorgere la flebile figura attraverso lo spiraglio della porta, così la aprì del tutto.
Davanti a lei, una donna anziana (molto anziana!) se ne stava lì, avvolta in un logoro scialle, che tremava per il freddo, nonostante fossero in estate e fuori ci fossero circa 30°.
«P-posso aiutarla, signora?»  chiese Skyler, titubante.
«Oh, sì cara. Ti prego. Credo di essermi persa.»
Skyler si guardò intorno, cercando qualche accompagnatore per l’anziana donna. «Come è arrivata fin qui?»
«Stavo andando dai miei nipotini» spiegò lei. «Ma purtroppo la macchina si è fermata. Ho provato a continuare il tragitto a piedi, ma sono troppo vecchia e stanca.» Sospirò.
Skyler inarcò un sopracciglio e la scrutò dall’alto in basso. «È venuta fin qui con una macchina?» chiese, scettica.
«Oh, sì» gracchiò quella. «Con una di quelle vecchie. Ma ormai è andata.»
«Se vuole posso provare ad aggiustarla. Sa, ci so fare con i motori. Magari potrei…»
«Oh, no… credo di non sentirmi molto bene!»  si lamentò la donna, e quasi svenne. «Ho camminato così tanto per arrivare fin qui, e non regge più, la mia povera schiena!»
Skyler la sostenne per un braccio, quando questa barcollò in avanti e minacciò di cadere. «Va bene, si accomodi. Le do un bicchiere d’acqua.»
Accompagnò la vecchia stanca fino al divano, poi le andò a prendere un bicchiere d’acqua.
Quando tornò glie lo porse. «Ecco qua» disse. «Beva.»
La vecchia non se lo fece ripetere due volte. Bevve l’acqua tutta d’un sorso, con un’avidità che Skyler non aveva mai visto prima.
Quando ebbe svuotato il bicchiere, si pulì gli angoli della bocca con il dorso della rugosa mano. «Ah, ci voleva proprio» sospirò. Poi si voltò a guardare Skyler e fece una cosa che la lasciò di stucco. L’annusò. «Sai, hai un buon odore, bambina mia» la elogiò.
Skyler si scansò da lei, scalando di un posto. «G… grazie» balbettò, non sapendo esattamente cosa dire.
La vecchia, però, continuò a fissarla insistentemente.
«V-vuole qualcosa da mangiare?» le chiese, tanto per cambiare discorso. «Vado a prenderle delle patatine.»
E fece per alzarsi, ma la donna le bloccò il polso con l’ossuta mano. «Non è delle patatine che ho voglia, cara» le disse.
Skyler aggrottò la fronte, non capendo. «Cracker?»
L’anziana donna scosse la testa. «No, cara.» Sorrise, in quello che sembrava un ghigno soddisfatto. «Ho voglia di mangiare te.»
Poi successe l’impensabile.
I suoi occhi si incendiarono, diventando incandescenti come due tizzoni del barbecue. La sua mano scivolò via dal polso di Skyler, e le sue dita diventarono artigli, lunghi e affilati. Il suo logoro scialle si fuse con le braccia diventando delle grandi e ruvide ali di pelle. Non era più umana. Era una megera avvizzita con le ali da pipistrello, il corpo pieno di piume, gli unghioni e la bocca piena di zanne ingiallite. Gli occhi rossi continuavano a fissare maliziosi Skyler.
Lei per poco non urlò. Avrebbe voluto farlo, certo, ma tutto il fiato che aveva in gola gli era stato tolto per la sorpresa. Tutto ciò che riuscì a fare fu indietreggiare.
Il mostro vide il terrore sul suo volto, e rise di gusto. «Oh, non scappare, tesssoro» soffiò. «La festa è appena cominciata.»
Detto questo, si lanciò su Skyler.
Lei si spostò un secondo prima che il mostro le finisse addosso, e quello andò a cozzare con il muso contro il vecchio comò di mogano. Urlò di frustrazione e si voltò a guardarla.
Skyler fece l’unica cosa sensata che in quel momento le venne in mente di fare.
Corse in cucina.
Aprì freneticamente tutti i cassetti e afferrò il coltello più affilato che riuscì a trovare. Lo puntò contro il mostro. Quello rise.
«Pensi davvero di riuscire a sconfiggermi con un misero coltello da cucina?» Rise ancora. «Povera illusa.»
Si avventò di nuovo contro di lei. Skyler si abbassò prontamente, ma il mostro ormai aveva imparato la lezione, così si fermò appena in tempo prima di sbattere contro il vetro della finestra.
Skyler corse in salotto. Provò ad uscire dalla porta ma il mostro le si piazzò davanti.
Spaventata, iniziò a fendere l’aria con il coltello, non arrecando nessun danno, però, alla megera che aveva davanti.
Ad un certo punto, in preda alla disperazione, menò un ultimo fendente, e colpì un’ala del mostro. Quello urlò di frustrazione. Con gli occhi infuocati, scansò con un’ala il braccio di Skyler, e il coltello le scivolò di mano.
Lei cadde a terra.
«Ah ah. Finalmente ti sei arresa, eh?» Il mostro rise mostrando i denti aguzzi e gialli. Skyler sentì montare il panico. «Bene. Ora posso mangiare in pace.»
Successe tutto in una frazione di secondo. Skyler chiuse gli occhi, preparandosi al peggio, e il mostro si scagliò contro di lei. Ma qualcuno lo fermò.
Un ragazzo, con una spada luccicante in mano, si frappose fra i due e menò un fendente sul viso del mostro.
Quello uggiolò. Distolse la sua attenzione da Skyler e guardò il ragazzo come una furia. Provò ad attaccarlo, ma lui era troppo veloce. Schivava i colpi con una rapiditá sorprendente, e menava fendenti così forti che il mostro era costretto ad arretrare. Dopo che l’ebbe colpito un paio di volte, il ragazzo provò un affondo, e la sua spada trapassò il petto del mostro proprio dove si trovava il cuore.
Quell’essere diventò come un castello di sabbia in balia di un ventilatore: esplose in una nube di polvere gialla, volatilizzandosi all’istante e lasciandosi dietro una gran puzza di zolfo, uno stridulo grido di morte e un gelo malevolo nell’aria.
Il ragazzo fece due grandi respiri, prima di voltarsi. Skyler, ancora a terra, lo fissava stralunata.
Era un ragazzo abbastanza alto, abbronzato, muscoloso. I capelli erano neri e un po’ arruffati e gli occhi erano di un verde smeraldo, quasi simile al colore del mare. Indossava un paio di jeans e una maglietta arancione. Ora, Skyler era dislessica, ma non si sa come fu subito in grado di leggere quella scritta. CAMPO MEZZOSANGUE.
Il ragazzo fece un passo verso di lei, ma lei ne fece uno indietro. Lui aprì la bocca per parlare ma lei si lanciò sul coltello che era caduto a pochi metri di distanza, si alzò in piedi e glie lo puntò contro. «Chi… chi sei?» balbettò, tenendo il coltello con entrambe le mani tremanti.
Il ragazzo la squadrò un attimo, poi sorrise. «Ciao. Bel modo di ringraziarmi per averti salvato la vita. Dovrei farlo più spesso» disse, alludendo al coltello.
Skyler però non pensò di abbassarlo. Il ragazzo la scrutò ancora un po’ con quei suoi grandi occhi verdi. «Stai bene?» le chiese. Sembrava preoccupato.
Skyler restò un attimo sorpresa da quella domanda, poi annuì. Il ragazzo sospirò. «Bene» mormorò.
Poco lontano da loro, l’eco di un urlo squarciò l’aria.
Il volto di lui si fece preoccupato. «Dobbiamo andare» annunciò. Ed iniziò a raccattare le cose della ragazza da terra.
«Cosa? Dove dobbiamo andare? Quando? Perché? Chi sei?» chiese Skyler, così velocemente che dubitò che il ragazzo l’avesse sentita.
«Non c’è tempo per le domande. Ti spiegherò tutto a tempo debito» disse, passandole il suo IPod. Skyler lo guardò senza capire. «Ora dobbiamo andare» ripeté lui.
«Perché dovrei fidarmi di te?» domandò, cercando di apparire calma e controllata.
«Perché ti ho salvato la vita, non ti basta? Se non fosse stato per me, ora saresti già nella sua pancia.»
Skyler tentennò. Aveva ragione. Sospirò e lo osservò prendere un cappotto dall’attaccapanni. «Cos’era quella cosa?»
Il ragazzo si fermò di colpo, come se qualcuno avesse appena premuto il tasto ‘pausa’. Guardò Skyler. «Era un’arpia» ammise, sconsolato. «E se non ce ne andiamo subito ne arriveranno delle altre.»
Skyler era troppo confusa. «Un… un’arpia?» chiese. «Cos’è un’arpia?» Il ragazzo non le rispose, così lei cambiò domanda. «Come sapevi che era qui?»
«Oh, è facile. Ti osservavamo già da molto. I mostri sono sempre stati attratti dai mezzosangue
Skyler sembrò indignata. Quel ragazzo l’aveva appena chiamata mezzosangue? Forse non aveva sentito bene. Forse intendeva qualcos’altro. Sua madre era per metà messicana, e i suoi nonni erano chi italo-americano e chi per metà canadese. La parola mezzosangue non le piaceva per niente.
«Scusami?» sbottò, offesa. «Come mi hai chiamato?» Il ragazzo ignorò la domanda. Skyler avvampò di rabbia. Stava iniziando a stancarsi di tutto questo. Non ce la faceva più. «Va fuori da casa mia» disse, a denti stretti.
Il ragazzo la fissò sbigottito. «Scusa?»
«Hai capito bene» insistette lei. «Voglio che tu esca di qui immediatamente.»
«Come?!» Adesso sembrava davvero scioccato. «Ti ho salvato da quel mostro e tu mi cacci di casa?»
«Quel mostro non era reale» disse lei, risoluta. «Niente di tutto questo è reale. È tutta un’invenzione della mia mente malata. Ho mangiato pesante stasera. A volte mi succede.»
Il ragazzo sgranò gli occhi, sorpreso. «Non è reale? Non è reale?!» sbottò. «L’ho disintegrato davanti ai tuoi occhi. Sono qui di fronte a te con una spada in mano. Come puoi pensare che tutto questo non è reale?»
«Te l'ho detto, a volte mi succede. Molto probabilmente c’era del chili in quegli involtini primavera.» Scrollò le spalle. «Per quanto ne so io, anche tu potresti essere un’allucinazione.»
Il ragazzo eliminò in due falcate la distanza che li divideva e le pizzicò un braccio.
«Ahi!» saltò Skyler, guardandolo storto.
«Sono abbastanza vero, adesso?» Skyler non rispose.
Il ragazzo sospirò e si prese la testa fra le mani. Poi tornò a guardare la ragazza. «Okay, senti. So che è difficile. Per tutti noi lo è stato. Ma ora devi ascoltarmi. Lì fuori ci sono un altro centinaio di mostri che non aspettano altro che venire qui e mangiarti. Non sei al sicuro, ormai. Ti troveranno. Ci troveranno. E quando lo faranno, non so per quanto tempo riuscirò a combatterli. Per cui devi fidarti di me. Non voglio farti del male, e tu lo sai, ma voglio che tu capisca. Sono qui per aiutarti.» La guardò negli occhi. Skyler si sentì subito catturata da quello sguardo, che sotto il suo sembrava cambiare continuamente colore, passando dal verde smeraldo ad un verde acqua. Lo sguardo più pragmatico e incisivo che lei avesse mai visto.
«Perché dovresti farlo?» domandò, risoluta.
Il ragazzo sospirò, a denti stretti. «Perché sono come te» rispose.
Skyler aggrottò la fronte. Sentì le guance infiammate e una collera pazzesca impadronirsi di lei. «Tu non sai niente di me» sibilò, a denti stretti.
«No?» Inarcò un sopracciglio. «Scommetto che hai cambiato scuola un sacco di volte. Scommetto che in moltissimi casi ti hanno espulsa.»
Skyler sembrò confusa. «Come…»
«Sei dislessica, iperattiva, e probabilmente hai anche disturbo da deficit dell’attenzione.»
Deglutì, cercando di mascherare il suo imbarazzo.
Il ragazzo sospirò. «Senti, voglio solo aiutarti» le disse.  «Ti fidi di me?»
Lei non seppe cosa rispondere. Si fidava di lui? Certo che no, ovvio! Lo aveva conosciuto solo da pochi minuti, e lui era spuntato all’improvviso in casa sua. Come poteva fidarsi di un tipo così? Ma c’era qualcosa nel suo sguardo, nei suoi occhi, che le infondeva sicurezza. Che la spingeva a credere che fosse una brava persona. Lentamente, annuì.
Il ragazzo sospirò, molto probabilmente non essendosi accorto di trattenere il fiato. «Bene» disse, con un sorriso. «Perché ora dobbiamo andare.» Si guardò un po’ intorno, perlustrando la zona. Poi tornò a fissare la ragazza. «Senti, mi dispiace, ma ti devo addormentare.»
«Cosa?!» Skyler era scioccata.
«Tranquilla, non è niente» la rassicurò. Le prese il viso fra le mani e la costrinse a guardarlo. Sorrise. «Non preoccuparti, non ti farà male. Non sentirai niente.»
BONG!
Qualcosa di duro la colpì in testa.
Skyler svenne.



Angolo Scrittrice.
Saaalveee!!!!!
Come state? Spero bene :D
Ecco qui il secondo capitolo. Ho aspettato un po' per pubblicarlo, per valutare se ne valeva davvero la pena, e per questo devo ringraziarvi. Se non fosse stato per voi, l'avrei già accantonato nel dimenticatoio. Quindi ringrazio infinitamente le quattro persone che hanno messo la storia fra le seguite e le due che l'hanno messa fra le preferite, ma soprattutto tutte coloro che hanno commentato il capitolo precedente. Siete la mia forza, e non vi ringrazierò mai abbastanza!
Grazie!
Anyway, tornando al capitolo. Che ve ne pare? Ormai, si entra nel vivo della storia. Chi sarà mai questo ragazzo? E chi ha colpito Skyler? Ahah, lo scoprirete nel prossimo capitolo ;)
Intanto, mi rendereste la ragazza più felice del mondo se commentate. Così capisco se la storia vi inizia a piacere o se devo cambiare mestiere xDxD
Aspetto con ansia le vostre opinioni!
Alla prossima!
Un bacio infinito
!!
ValeryJackson
 
  
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