Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _LilianRiddle_    07/09/2013    4 recensioni
Eccomi tornata con una nuova storia, dopo tanto tempo. Questa volta mi sono dedicata ad una Dramione, un genere che io amo da morire. E' la prima, siate clementi ^^.
Dal testo:
"- Maledizione! – esclamò, preoccupandosi ancora di più vedendo Luna poco lontano da lui, priva di sensi.
S’inginocchiò accanto al ragazzo, che stava tentando, invano, di alzarsi.
- Fermo Malfoy, fermo. – cercò di trattenerlo Hermione, con le mani tremanti e le lacrime agli occhi, troppo preda delle sue emozioni per riuscire a formulare anche il più semplice degli incantesimi di cura.
Il ragazzo la scacciò malamente, tentando ancora una volta di alzarsi.
- Non ho bisogno del tuo aiuto, Mezzosangue. Ce la faccio da solo. – disse tentando di suonare cattivo e minaccioso, respingendo le sue mani.
- Zitto, Draco, zitto. – sussurrò Hermione. Il ragazzo sussultò sentendo il suo nome pronunciato proprio da lei, proprio da quella che avrebbe dovuto insultarlo e picchiarlo come avevano fatto quei ragazzi. E ne avrebbe avuto tutto il diritto, di questo era sicuro.
- Io non mi sono difeso, Hermione. – bisbigliò lui, prima di svenirle tra le braccia. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, James/Lily, Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Saving each other - How to save a life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo IV.
 
Draco prese lentamente coscienza di sé dopo un tempo che parve infinito. Uno strano profumo permeava l’aria -come di mandorle e menta- che gli entrava nelle narici e si aggrappava da qualche parte vicino al cuore. Cercò di alzarsi, nonostante il mondo girasse vorticosamente, ma un peso caldo all’altezza dello stomaco lo bloccava. Abbassò gli occhi, notando solo in quel momento i ricci ribelli, e crespi,  della Granger. Che si era addormentata sul suo stomaco senza permesso. Uno strano senso d’inquietudine e di un qualcosa che non riusciva a decifrare, lo pervase, guardando la figura minuta della Grifondoro appoggiata a lui. Chissà da quanto tempo è qui, si chiese. Poi, come tornato in sé, si schifò all’idea che la Mezzosangue avesse dormito appoggiata a lui. Insomma, che le prendeva?!
- Granger! Alzati subito da lì! – urlò.
La ragazza alzò la testa di scatto e lo guardò con gli occhi spalancati.
Che cazzo ci faccio, qui?!, pensò scandalizzata. La sera prima si era precipitata a soccorrere Malfoy, vittima di un pestaggio, e si era premurata di portarlo in infermeria e di assisterlo mentre Madama Chips curava le ferite che gli avevano inferto quelli che avrebbero dovuto essere delle persone civili e rispettose. E si ricordò che si era anche ripromessa che se ne sarebbe andata appena l’infermiera della scuola avesse finito di curarlo. Eppure una sensazione strana all’altezza dello stomaco le aveva fatto dimenticare tutti i suoi propositi di tornare in camera, magari dai suoi amici che di certo erano stati svegliati ed ora erano in pensiero per lei. Vedere Malfoy addormentato l’aveva indotta a sedersi su quella sedia vicino a lui, per guardarlo, per osservarlo come quando era sveglio non poteva fare. E non voleva fare. Ma, dopo quello che era successo quella notte, non se la sentiva di lasciarlo così solo e indifeso. Qualcosa di ancora sano nella sua mente si ribellò a quel pensiero, affermando a gran voce che Malfoy non era certo indifeso, ma lei la confinò in fondo alla sua testa: la sua vena da crocerossina e una buona dose di tristezza la portava a pensare che Malfoy fosse solo ed indifeso. Soprattutto solo.
Comunque, non si doveva far distrarre dalla sua mente che, come sempre, lavorava troppo e faceva pensieri poco adatti alla situazione da cui doveva tirarsi fuori. Come spiegare a quel maledetto e borioso ragazzo come mai proprio lei si era addormentata sul suo stomaco.
- Scusa se ti ho salvato, ieri sera, Malfoy! – gli rispose, astiosa, alzandosi.
Il ragazzo la guardò schifato.
- Non te l’ho mica chiesto io di salvarmi! Io avevo tutta la situazione sotto controllo! Non avevo certo bisogno di una come te per tirarmi fuori da quella rissa. – disse cattivo.
- Non mi sembravi così sicuro di te, invece. Considerando che non ti sei difeso. – sussurrò, mettendo a tacere il ragazzo.
Hermione girò i tacchi e se ne andò, salutando con un cenno Zabini, appoggiato al letto davanti a quello di Malfoy.
- Non avresti dovuto trattarla così, in fondo, è stata qui tutta la notte a vegliare su di te. – disse Blaise Zabini, avvicinandosi.
- Non sono affari tuoi quello che faccio, Zabini. Che ci fai qui? -
- Ero preoccupato. Cos’è questa cosa di non ridarle, Draco? –
- Vattene, Zabini. C’è già la Granger che rompe, non ho bisogno anche di te. –
Il ragazzo scosse la testa. Draco pensò che avevano un’espressione stranamente simile. Era la persona che più sentiva vicina in quella scuola, perché Blaise aveva il Marchio Nero, perché Blaise era un reietto come lui, perché Blaise si preoccupava. Ma era superfluo aggiungere che neanche sotto tortura gli avrebbe confessato una cosa del genere.
Nonostante lo sguardo triste, un sorriso che sembrava sincero affiorò sul volto di Blaise. Stava per dire qualcosa, quando la porta dell’infermeria si aprì di scattò, facendo rimbombare dolorosamente la testa di Malfoy. Un’agitatissima e incazzata Ashling lo raggiunse a passo di marcia, incenerendo con uno sguardo la povera Madama Chips, venuta a controllare che cosa fosse successo alla sala prima silenziosa.
- Malfoy! – esclamò ringhiando la ragazza dai capelli rossi.
- Buongiorno anche a te, Lin. – rispose ostentando sicurezza.
- Ti pare il modo di affrontare il primo giorno, questo?! –
Draco pensò che la sua povera testa sarebbe di certo scoppiata e che la nota isterica nella voce di Ashling non prometteva niente di buono.
- Ashling, sto bene. Non ti ci mettere anche tu, ti prego. –
Lo sguardo della ragazza si assottigliò ancora di più.
- Tu non ti difendi e io dovrei starne fuori, Draco? – sibilò. In quei momenti, capiva perché Voldemort l’aveva tanto temuta. E aveva paura. Eccome se aveva paura.
- E ho parlato con Hermione. – aggiunse Ashling.
Maledetta Granger!, pensò stizzito. Possibile che non si facesse mai i fatti suoi, quella dannata ragazza?!
Continuò a guardare Ashling, convinto che qualunque cosa avrebbe detto, sarebbe stata sbagliata. Quindi meglio rimanere zitti.
- È grazie a lei se adesso non sei solo un ammasso di ossa, Malfoy. Quindi, la prossima volta, perché ci sarà una prossima volta, vedi di essere più gentile con lei. E di ringraziarla. –
Detto questo si voltò e, veloce come era arrivata, uscì dall’infermeria. Appoggiato al letto davanti a lui, Blaise sghignazzava vistosamente, tanto che Draco gli lanciò un cuscino e un’occhiata ammonitrice.
 
***
 
Hermione guardò la ragazza rossa che si stava avvicinando a passo di carica.
Ashling deve tenere molto a Draco, pensò, se no non sarebbe così arrabbiata.
Si fermò ansimante davanti a lei.
- Cos’è successo, Hermione? – chiese.
- Un gruppo di… idioti, - e pronunciò la parola con particolare schifo, - hanno attaccato lui e Luna, questa notte. Non so come sia andata esattamente, ma quando l’ho visto riverso per terra… c’era sangue, Ashling, il suo sangue. Ed era uguale al mio, e a quello di chi lo stava pestando e io mi sono fatta prendere dal panico. Era riverso per terra nel suo sangue e non si difendeva. Per chissà quale ragione, poi. Ma io non sarei dovuta rimanere, questa notte. È stato un terribile sbaglio. –
Ashling la guardò a fondo, scandagliandole l’anima.
- Ci sono un sacco di errori che tu puoi aver fatto, Hermione. Ma questo non è il peggiore e non è terribile. Vai a riposare, adesso ci penso io a lui. – disse sorridendo. E la rabbia che, fino a pochi attimi prima, sembrava essersi sopita dentro Ashling, ora era riemersa, forse ancora più violenta di prima, dando alle sue parole una non tanto lieve vena di minaccia.
Povero, povero Malfoy, pensò sorridendo alla ragazza. Avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere la faccia che avrebbe fatto quando Ashling si fosse catapultata nell’infermeria.
Superò la rossa, facendo appena in tempo a sentire l’urlo spaventato e arrabbiato di Madama Chips quando Ashling varcò le soglie dell’infermeria forse con troppa poca finezza, e non riuscì a trattenere una risata. Quella ragazza avrebbe potuto appallottolare Malfoy e spedirlo a calci fino alla fine del mondo, altro che. Continuando a sorridere lievemente, s’incamminò verso la torre dei Grifondoro. Arrivata davanti al ritratto della Signora Grassa, si fermò, indecisa. Non era sicura di voler affrontare i suoi amici. Le loro facce preoccupate, il loro dolore, la loro ansia. Non sapeva se avrebbe retto a tutto quello. Eppure, doveva entrare. Lo doveva a tutti loro. Glielo doveva come amica, come persona, come essere umano. Sussurrò la parola d’ordine e il quadro la fece entrare. Non fece in tempo a mettere un piede in sala comune che Ginny la travolse, abbracciandola stretta e tremando vistosamente.
- Hermione! Dannazione, Hermione! – esclamò Harry, andandole incontro.
- Miseriaccia. Miseriaccia! – disse invece Ron, avvicinandosi lui stesso.
Neville la guardava dal fondo della sala comune, e il suo sguardo sembrava leggerle dentro. Si chiese quando quel Neville adulto e triste avesse preso il posto del Neville pasticcione e timido.
Ginny si staccò da lei, scrutandola con quei suoi occhi così simili a quelli di Molly.
- Sei stata con lui, vero? – sussurrò appena al suo orecchio, in modo che Harry e Ron non sentissero. Hermione annuì impercettibilmente, cercando di guardare l’amica negli occhi, cosa che non le riuscì.
- Dove sei stata? – esclamarono in coro Harry e Ron.
Hermione guardò i due ragazzi, valutando se dirgli la verità o mentire. Aveva paura della loro reazione, perché sapeva che il vecchio rancore verso i Serpeverde, e in particolare verso Malfoy, non si era affatto sopito, anche se non arrivava ai livelli degli idioti che ieri lo avevano picchiato.
Sospirò, sedendosi sul divano, di fianco a Neville.
- Sono rimasta in infermeria tutta notte. So che la McGranitt vi ha informati di quello che è successo. – disse.
- In realtà, sappiamo solo che c’è stato un pestaggio, ma non sappiamo chi è rimasto coinvolto quindi, non vedendoti arrivare, ci siamo preoccupati. E non poco. – la interruppe Ron.
Annuì, irrigidendo la schiena.
- Hanno attaccato Luna e Malfoy. L’obbiettivo principale era Malfoy, ovviamente. Dovevate vedere come l’hanno ridotto. – represse un conato di vomito, ricordando il sangue e i  tagli e i lividi sul corpo del ragazzo. – Se non fossi arrivata io, non si sarebbero fermati. Lo avrebbero ucciso, e siamo solo al primo giorno. Non è neanche passata una settimana. – scosse la testa. – A Luna è andata meglio, l’hanno solo schiantata. Una volta messa K.O, non l’hanno più toccata. –
- Hai visto chi erano? – chiese Harry.
- Alcuni non so neanche chi sono. Erano ragazzi piccoli, forse del secondo, massimo terzo anno. Ma c’erano anche alcuni del sesto e del settimo, Harry. Alcuni sono nostri amici. – rispose Hermione, scuotendo la testa, sperando di calmarsi. Non capiva perché tutta quella situazione l’aveva turbata tanto. Forse per l’espressione che aveva Malfoy quando l’aveva trovato. Forse perché le aveva ricordato la guerra che con tutta se stessa stava cercando di dimenticare.
Ginny notò che l’amica tremava vistosamente e la prese per mano.
- Vieni, Herm. Andiamo a farci una doccia prima di andare a lezione. – disse dolcemente la ragazza, trascinando Hermione nella sua stanza.
Chiuse a chiave la porta e insonorizzò tutto.
- Che cos’hai, Herm? – chiese.
Hermione la guardò, soppesando le sue parole.
- Non lo so, Ginny, non lo so. Io… Quei ragazzi… lo picchiavano, gli lanciavano incantesimi e lui non reagiva, Ginny. Hai mai visto Malfoy non reagire? Se loro avessero voluto ammazzarlo, lui non avrebbe fatto niente per fermarli. E credimi quando ti dico che quegli idioti, quegli animali non si sarebbero fermati. So, so che lui ha sbagliato. Sarebbe da ipocriti negarlo. Ma, dimmi, chi avrebbe avuto il coraggio di farsi marchiare per proteggere la propria famiglia? – Hermione alzò una mano, bloccando sul nascere le obiezioni di Ginny. – So che cosa stai per dirmi: io ho tolto i ricordi alla mia famiglia, una magia difficile, che avrebbe potuto strapparmeli via per sempre, che per me è stato doloroso e difficile, forse troppo. Ma, Ginny, i ricordi si possono ridare. Una formula, un movimento della bacchetta, e i miei genitori hanno ricordato. E i miei genitori sono tornati da me. Lui è marchiato. Il Marchio Nero resterà impresso sul suo braccio per tutta la vita. Per tutta la vita sarà un reietto, perché persone stupide come Seamus lo picchiano, invece di provare a capire. Provare a capire che non tutti avrebbero fatto una cosa del genere per la propria famiglia. Non tutti. Ginny, tu dovevi vedere il suo sguardo, i suoi occhi. Non posso lasciarlo morire così. Non posso. Non potrei mai perdonarmelo. – la ragazza prese fiato, cercando di ricacciare indietro le lacrime che ormai scendevano copiose sul suo volto.
Ginny la guardò e sperò con tutta se stessa che quell’anno finisse in fretta. Vedere Hermione in quello stato, la stessa Hermione che senza paura aveva affrontato Voldemort, la faceva stare male, così male che il respiro andava e veniva, incagliato in qualche parte in fondo ai suoi polmoni.
- Vai a farti la doccia, Herm. – disse abbracciandola. – Ti voglio bene, lo sai. –
 
***
 
Erano sedute sotto un grande salice, sulla riva del Lago Nero. Quella mattina era stato stremante per Ginny andare a lezione, ed Hermione ancora si chiedeva con che coraggio si era trascinata fino alla classe di Trasfigurazione, dove la McGranitt aveva fatto una bella paternale a tutti su quanto era successo quella sera. Paternale che di certo si sarebbe riversata su tutta la scuola all’ora di cena. Né Draco né Luna avevano frequentato le lezioni, quel giorno. Hermione ringraziò mutamente il cielo quando non vide il Serpeverde entrare nelle Serre, quella mattina. Non sapeva come comportarsi con lui: da una parte, il desiderio di prenderlo a schiaffi per tutto quello che le aveva fatto in passato e che le continuava a fare era diventato quasi un bisogno; dall’altra i suoi occhi, quegli stessi occhi che aveva scrutato in cerca di una motivazione a quello che si stava facendo fare quella notte, cercando una motivazione alla rassegnazione, al dolore che ci aveva letto dentro. E quella frase sussurrata le rimbombava in testa da ore: “Io non mi sono difeso, Hermione”. Lui non si era difeso. Era una richiesta d’aiuto che girava per la sua testa da quando quella mattina l’aveva scacciata in così malo modo, con la paura negli occhi. La stessa paura che, ne era certa, c’era anche nei suoi. Ma non poteva continuare a rimuginare su quello che era successo o, lo sapeva, sarebbe impazzita. Decise così di tirare fuori il diario di Lily. Nessuno, tanto, sarebbe venuto a disturbarla, in quel momento, e Ginny poteva anche leggerlo, quel diario.
- È questo il diario di Lily, Herm? – chiese vedendo il libricino marrone che Hermione teneva delicatamente tra le mani. A Ginny non erano più piaciuti i diari da quando, al secondo anno, era stata posseduta da quello di Tom Riddle. E non si poteva di certo darle torto. Era quasi morta, quell’anno.
Hermione annuì, aprendolo alla terza pagina.
- Ti va se lo leggiamo insieme? – chiese. La rossa annuì, emozionata.
 
Caro diario,
sono a scuola da pochi giorni e non so già più cosa pensare. Hogwarts non è più la stessa degli anni scorsi e a nulla servono i discorsi dei professori per farci star tranquilli, perché noi sappiamo che la guerra si sta avvicinando. Lo vediamo in tutti i ragazzi che, sempre più spesso, vengono presi di mira per il loro sangue, perché definiti inferiori da ragazzi che, sinceramente, non trovo affatto migliori di tutti gli altri. Anzi. Sono un gruppo di Serpeverde che si fa chiamare Mangiamorte e, con mio sommo dolore, sto notando che il mio amato Severus si sta avvicinando a loro troppo. Sembra credere in quello che dicono e la cattiveria che a volte gli leggo negli occhi mentre sta con loro, non gli si addice. Non è da lui. Non è del ragazzo di cui mi sono innamorata. Non dimentico quello che mi disse due anni fa, quella frase pronunciata con così tanto odio, quella “Schifosa Mezzosangue” urlato davanti a tutti, mi tiene sveglia la notte e mi fa piangere di giorno. Esatto: piangere. La forte e intelligente Lily Evans, migliore pozionista della scuola, abbattuta da una sola frase pronunciata anni prima. L’altra sera, Potter mi ha trovata in un momento di sconforto più totale. Non riuscivo a trattenere le lacrime, era inutile. Provai a distrarmi in qualunque modo, ma nulla sembrava fermare quelle piccole gocce che dal mio cuore finivano sul davanzale della finestra cui ero appoggiata, in un corridoio del sesto piano. Improvvisamente, dal nulla, apparve Potter, che si appoggiò di fianco a me.
“È bella la luna, questa sera, Evans.” – mi disse, guardando fuori. Non mi guardò, lasciandomi il tempo di calmarmi. Stranamente quella notte, in piedi di fianco a lui, non provai la tentazione di allontanarlo. In quella settimana aveva dato prova di non essere più il ragazzino viziato ed estremamente antipatico che mi aveva importunato per tutti quegli anni. Sembrava che in quell’estate fosse, finalmente, diventato uomo.
“Cosa ci fai in giro a quest’ora, Potter?” – chiesi.
Lui alzò un sopracciglio, guardandomi di sottecchi.
“Paura, Evans.” – rispose.
Lo guardai, un punto di domanda  evidente nei miei occhi verdi. Paura, Evans. Che voleva dire, con questo? Che cosa dovevo rispondergli? Come dovevo comportarmi? Non avevo mai visto Potter così… umano. Si era sempre mostrato per quello che i sentimenti non sapeva neanche che fossero. Lui era l’arrogante, il figlio di papà, il Purosangue. E James Potter non aveva paura. Mai.
Vedendo che non rispondevo, troppo persa nelle mie elucubrazioni per formare una risposta di senso compiuto, riprese lui la parola.
“E tu? Cosa ci fai qui tutta sola a quest’ora della notte?”
“Dolore, Potter.”
Questa volta fu lui a guardarmi, gli occhi sbarrati e un’ombra ad oscurargli il volto. Rimanemmo a quella finestra tutta la notte, in lontananza nuvole cariche di pioggia e dietro una colonna gli occhi pieni di dolore di Severus.
 
Lily.
 
***
 
La cena si rivelò lunga ed estenuante ed Hermione, Ginny, Harry e Ron si pentirono di non essere rimasti in Sala Comune così come avevano organizzato. Alla fine, però, uno spiccato senso del dovere aveva impedito a tutti, nonostante la stanchezza, di rimanere rintanati e li costrinse ad arrancare fino alla Sala Grande. Mai decisione si rivelò più sbagliata di questa: la McGranitt attaccò subito con una bella paternale sul senso del dovere, sul rispetto e sull’amicizia, parlando della guerra e facendo sentire tutti in colpa, chi più chi meno, per quello che era successo quella notte “al povero signor Malfoy e alla povera signorina Lovegood”, testuali parole. Luna non fu troppo turbata da quelle parole, ma il biondo Serpeverde, avrebbe preferito che il pavimento della Sala Grande si aprisse sotto di lui e lo inghiottisse, precipitandolo nelle viscere della Terra, piuttosto che subire tutti gli sguardi che la gentilissima professoressa McGranitt aveva fatto in modo che gli venissero lanciati, con grande divertimento di Blaise e Ashling che, ai suoi fianchi, ridevano così tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. Il fatto, poi, che tra tutta quella gente che lo osservava insistentemente, chi schifato, chi impaurito, gli occhi della Mezzosangue non lo lasciassero un secondo, aumentava solo il suo desiderio di voler sparire. Preferibilmente per sempre.
Finita la sua paternale, durata più di un’ora, la preside decise che era giunto il momento di iniziare la cena, che fu accolta con un boato quanto mai caloroso da tutti gli studenti. Finito di mangiare quel poco che Ginny l’aveva costretta a mettere nel piatto, Hermione sospirò, pensando che, anche quella sera, avrebbe dovuto fare la ronda. Per fortuna aveva il turno dalle dieci alle tre, che le permetteva di recuperare un po’ di sonno prima di andare a lezione. I tassi, Caposcuola e Prefetti, erano già fuori dalla porta, quando Hermione, Ron e Ginny arrivarono davanti all’ufficio della McGranitt. Si divisero in tre gruppi e iniziarono la ronda. Non era neanche mezzanotte quando il rumore di una rissa interruppe la quiete della scuola. Hermione pregò con tutta se stessa che la vittima di quella follia non fosse ancora Draco.












Angolo dell'Autrice:
Buon pomeriggio a tutti, cari/e :33
Fa caldo, qui a Milano e io ho deciso di pubblicare questo capitolo di cui non sono troppo sicura, in realtà. E' un po' un capitolo di passaggio, mi serve per far capire alcune cose e per creare un passaggio tra il capitolo prima e il prossimo.
Ringrazio tutti quelli che leggono, che spendono un po' di tempo anche per la mia storia e che magari recensiscono!
Grazie mille anche al Grillo Parlante (anche se non se lo merita) <3
E alla Lu che, stranamente, adora questo capitolo.
Un bacio a tutti,
Lilian <3
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _LilianRiddle_