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Autore: Rucci    15/03/2008    9 recensioni
Le fiabe non saranno più le stesse, e la vostra infanzia verrà stravolta. O almeno questo è quello che spero.
{Barbablù} [RHADAMANTIS/KANON]
{Biancaneve} [AIOROS/SAGA]
{Cappuccetto Rosso} [DEATH MASK/APHRODITE]
{La bella addormentata nel bosco} [MILO/CAMUS]
{Cenerentola} [HYOGA/SHUN]
Genere: Parodia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Gemini no Kanon

« Once Upon A Time » Pictures presents...

 

 

 

Pisces Aphrodite & Cancer Death Mask in

 

« Cappuccetto Rosso »

 

 

Cinguettii di uccelli e fruscii, il sottofondo al bosco ombroso chiazzato di luce.

Solo una figura passeggiava leggiadra tra l’erba e le fitte fronde, badando bene di non allontanarsi dal sentiero; il grazioso capo nascosto dal velluto rosso si voltava timidamente solo qualora fosse visibile, in mezzo alla radura, una macchia di delicati fiori…

Sempre riprendeva il cammino, nonostante gli indugi, ma poco passò prima che la scarpetta di vernice decise di calpestare, audace, l’erba selvaggia. Cappuccetto Rosso, svolazzante la mantella color cremisi, coglieva fiori da riporre nel paniere, canticchiando una melodia presa a prestito dai trilli delle capinere. Non si accorgeva, Cappuccetto Rosso, dell’ombra più grigia delle altre tra i rami…

Verde fringuello, cardellino, pettirosso, merlo, perché mai cantate? ~

Ma il merlo aveva cessato di cantare.

Occhi limpidi dalle lunghe ciglia andarono a cercarlo, perplessi.

Ma non lo trovarono.

Riprese a cogliere fiori.

Verde fringuello, cardellino, pettirosso… ~

Uno scalpiccio impercettibile dietro le spalle.

Le chiazze di luce sulla radura si spostavano. Rivelavano una presenza.

Cappuccetto Rosso fissava viole e bianche primule. Poi, con un gesto innocente, se ne liberò scaraventandole dietro le sue spalle.

“Oh, oh. Chi abbiamo qui?”

Si voltò di scatto. Un fruscio di stoffe e trine. Gli occhi della figura che si stagliava – altissima, per Cappuccetto Rosso inginocchiato tra i fiori – brillavano come brace. Le viole e le primule giacevano ai suoi piedi. Rimase in silenzio, l’angelica figura. Sapeva che non si doveva dare confidenza al primo venuto. Perciò non rispose.

“Cosa ci fa una graziosa creaturina come te tutta sola nel bosco?” la voce, raschiante e bruta,  dava una tinta sinistra al tono ruffiano di chi parlava. La parola graziosa era stata quasi sputata, facendo trapelare disprezzo. Tuttavia ghignava.

Gli occhi ardevano. Rossi. Come quelli di un lupo.

“Che c’è, bellezza? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”

“La nonna dice sempre che non devo parlare con gli sconosciuti.”

Si fece scappare, ingenuamente, la morbida voce. Ma con una scioltezza modulata, troppo sicura. Il Lupo rise. Sghignazzò, aperto, volgare.

“Ma sentilo. Sei proprio una puttana.”

L’altro, inaspettatamente, educatamente, maliziosamente, sorrise. D’altro canto, se avesse voluto, avrebbe semplicemente ucciso. Si fece scivolare il cappuccio dalla testa con deliziosa civetteria, e sbatté gli occhi riprendendo con facezia un’aria dignitosa e subito dopo, tocco di classe, imbronciata. Lo fece solo ridere di più, e a quella risata sgangherata Cappuccetto Rosso tornò a sorridere, imperscrutabile, assottigliando gli occhi.

“Sei sempre il solito. Non hai un briciolo d’eleganza. Non hai classe.”

Raddrizzò il capo che aveva rovesciato, il Lupo, con una smorfia grottesca e buffa, e sputò astioso: “Che? E che cavolo c’entra?”

“Hai fatto un’entrata in scena da B movie.”

“Ma guardati te, piuttosto, ti vesti in maniera sempre più indecente ogni giorno che passa.”

“Apparire aiuta ad ingannare. Dimmi, ti sembro forse un efferato sicario?”

Da dov’era seduto, Aphrodite accavallò vezzosamente le gambe, fissandolo mentre inclinava il capo di lato. L’altro fece una smorfia a metà tra il disgusto e… non si capì bene cos’altro. Di sicuro non disdegnò le gambe accavallate.

“Ti basta la faccia per sembrare una donna.”

“Il gothi-loli va di moda. Stai pestando le mie viole.”

“Da quando in qua te ne frega qualcosa delle viole?”

“Infatti.” Stava appunto svuotando coscienziosamente il cestino di vimini. Cascate di fiori che cadevano impietosamente, come prima i fiori gettati alle spalle. “Sono le rose che m’interessano.”

“Non parlarmi dei tuoi fiori puzzolenti. Quando penso che ho rischiato di…”

“Di?” Ci fu una manciata di secondi di silenzio. “…Lupo?”

“Non chiamarmi così, ‘sta minchia. Se lo fai ancora ti spacco quel bel visino che ti ritrovi.”

“Puoi provarci” flautò. “Se vuoi ritrovarti dissanguato.”

Silenzio, ancora. Passarono cinque minuti buoni seduti uno di fianco all’altro. Cappuccetto Rosso sfogliava con indifferenza i fiori che non gli interessavano, ed usava i loro petali per avvolgere e preservare dagli urti le rose selvatiche dalla bellezza graffiante che si svelavano sul fondo del cesto. Il Lupo invece si era disteso, in quella maniera nervosa propria delle bestie selvatiche, e nonostante questo aveva l’aria di chi stava per addormentarsi.

“Se penso che dovevamo lavorare assieme mi vengono i brividi” biascicò ad un certo punto.

“Ah, questo volevi dire.”

“Sì. Con te attorno, te e tutte quelle maledettissime rose. E tienmele lontane!”

Aveva fatto per porgergliene una. Aphrodite si corrucciò.

“Quanto sei indisponente, Lupo.”

“Ti ho detto di smetterla di chiamarmi così. Mi fa schifo. È il nome che va in giro, ma non lo sopporto. Maschera di Morte è quello che preferisco.”

“Maschera di Morte è lungo e direi lì lì sulla soglia dell’imbarazzante.”

“Ne hanno terrore. Il terrore mi piace. Mi fa sentire forte. Ne hanno terrore tutti.”

“Tranne Shiryu il Dragone.”

“Tranne Shi–NON TIRARE IN BALLO QUELLA VECCHIA STORIA.”

“Come vuoi…”

“Cosa vuoi saperne te, che vai in giro vestito da pervertito.”

“Non ti vedo dispiaciuto.”

“Fottiti.”

“Eppure…” sfogliava una margherita, Aphrodite, ignorandolo bellamente. Un sospiro. “Questa collaborazione sarebbe stata una buona occasione, non trovi?”

“Che?”

“Finché ognuno è per proprio conto non si può stabilire…”

“Stronzate. Lo sai.”

“Prego?”

“Sono io il più forte.”

Aphrodite inarcò graziosamente le sopracciglia.

In maniera talmente sarcastica da sfiorare il sadismo.

Maschera di Morte andò su tutte le furie, come era prevedibile. Aphrodite più che altro cercava di nascondere dietro una compassata facciata di porcellana quanto si stesse ferocemente divertendo.

“Che cazzo hai da guardare così? Lo sanno tutti! Sono terrorizzati dal lupo sanguinario, maschera di morte, mi chiamano, e il terrore è la prova, te non capisci una minchia. Pensi che Death Mask rivaleggi con le signorine in gonnella?!” e qui scoppiò a ridere, una risata malvagia, forte e disturbante. “Sei solo un principiante.”

“Tu un semplice imbecille.”

S’incupì, repentino, sbigottito: “Che hai detto?”

“I nostri nomi suonano dall’una all’altra parte del paese” spiegò l’altro, trattenendosi dal ridere di fronte a quell’inaspettata faccia da schiaffi. “Tanti, sono, i nomi, ma tutti si riferiscono a noi. Non a me, non a te. Arles si è rivolto ad entrambi. Non puoi dire…”

“Un buono a nulla, uno sfigato. È sparito nel niente prima che potessimo entrare in azione. Lo vedevo bene, mi piaceva il suo modo di fare, l’avrei seguito, ma ci ha messo poco a diventare un cane del re.”

“Non sto parlando di lui, adesso…”

“E allora di che minchia stai parlando?!”

Aphrodite si alzò di scatto, seccato. Le conversazioni, con Death Mask, come sempre finivano per diventare estenuanti. Anche adesso gli stava con fiato sul collo, domandando, e le domande di Death Mask avevano l’abitudine di farsi sempre più sboccate quanto più era evidente che non stava capendo il discorso. Aphrodite era abituato alla volgarità di Death Mask; ma alla lunga, la tentazione diventava quella di strangolarlo.

“Ti sfido.”

“Che?”

“Ti sfido. Trova una vittima.”

“Trova una…?”

“Sì. È così difficile?” lo canzonò, con voce melodiosa. “Trova una vittima. Il primo di noi che finisce il lavoro…”

“Frena, frena, belloccio. Stai…? No, ok, aspetta. Mi piace.”

“Oh, che cosa c’è di difficile?”

“Va bene, va bene, ho capito.”

“Vai e portala, su.”

“Eh ‘sta minchia, non sono mica un cane! Vado!”

Sparì. Una sfida lanciata in cinque minuti, Maschera di Morte spariva, curvo, con le sue falcate forti e larghe nel fitto del bosco. Aphrodite sorrise; prima di tutto, finalmente nella radura regnava di nuovo un piacevole sottofondo. Il merlo aveva addirittura ripreso a cantare. Per seconda cosa – accarezzò una rosa – era veramente arrivata l’ora di fare abbassare la cresta a quel presuntuoso di un italiano…

 

“Lupo. Lupo sanguinario. La Belva…”

Shura s’interruppe un secondo a pensare al cattivo gusto di quest’ultimo nome d’arte. Sorvolò. Già leggere a cavallo si rivelava difficile. Ma stava coscienziosamente studiando:

“Maschera di Morte, Death Mask. La Maschera. La Morte.”

Era chiaro. Lupo, morte e maschera. Assortiti a piacere.

“Rosa, Rosa rossa,” riprese a leggere “Rosa scarlatta, Rosso Sangue…” dovette stringere le redini, il cavallo voleva fermarsi a brucare l’erba. “…Cappuccetto Rosso. Cappuccetto Rosso?”

Il capitano delle guardie reali era perplesso. Conosceva la storia di Cappuccetto Rosso, probabilmente gliel’avevano raccontata da bambino, e doverla associare ad uno spietato sicario doveva evidentemente turbarlo. Ma non staccò lo sguardo dai fogli – stava sempre coscienziosamente studiando: era in borghese, ed era in missione. Una missione tutta particolare per conto del principe Aioros.

 

“So di potere affidarmi solo a te, Shura.”

“Potete contare su di me, Vostra Grazia.”

“Questi due individui si stanno rivelando oltremodo pericolosi, e non abbiamo nessuno strumento per poter dar loro la caccia. Sono avidi, spietati, crudeli, mio nobile Shura. Acconsenti ad indagare per primo?”

“Sì, signore.”

“Fino ad ora pochi elementi ci erano noti di questi due criminali. Ma grazie all’aiuto del generale Saga…” Qui un sorriso illuminò quasi a giorno la stanza. Shura, composto, socchiuse gli occhi, in assenza di un parasole. Non voleva apparire maleducato. Saga era seduto lì a fianco, arrossì leggermente e si schernì.

“Ehm…”

“Che era a conoscenza di qualche indizio in più…”

“Se è lecito, Vostra Grazia, come…?”

“…qualche indizio in più” ripeté interrompendolo il regale giovane.

Il principe Aioros continuava a sorridere. Imperturbabile e fisso. Saga stava palesemente facendo finta di niente, arrossendo ormai fino alle orecchie. Prese ad ordinare delle carte in fila sul tavolo. Il fatto che Shura continuasse a bucargli la schiena con quello sguardo, lo sentiva, che neanche due puntaspilli tra le scapole, non lo aiutava. Ma Shura era ben lontano dal voler turbare l’animo del principe.

“Comprendo.”

 “Agirai per noi in avanscoperta, capitano?”

Il capitano ricevette in mano un dispaccio, scritto di pugno dai due uomini che aveva davanti.

Lo ripose al sicuro e fece un inchino formale.

“Sì, Vostra Grazia.”

 

“Oi.”

“Mh?”

La rosa intrecciata tra i capelli conferiva al bellissimo giovane un’aria ancor più voluttuosa. Death Mask si limitò a far ruotare gli occhi verso al cielo, ma lo sbuffo uscì nervoso. Non si sentiva perfettamente a suo agio, in verità. Si ritrovò a borbottare:

“C’è un ciuro, sulla strada, là, passa a cavallo.”

“Ah?”

“Ciudiddu coi capelli scuri. Cavallo bianco. Ha una spada e basta. Giù da là, contro la scarpata. Sembra un po’ stordito, ma scommetto che è una preda mica facile.”

“Perché lo dici?”

“Lo so. Ci so fare. Ci stai?”

“Va bene.”

“Dividiamoci.”

Si allontanarono per i due capi opposti della radura.

“Lupo?”

“La prossima volta ti accoppo, ‘sta minchia. Ripetilo ancora e ti sbuccio come un mandarino, sono stato chia–?”

Assottigliò i bellissimi occhi, Aphrodite, velenoso: “Prova a barare e ti ammazzo.”

“Eh? Chi, io? Bara te e ti trovi secco. Fa’ in tempo a pensare di mettermi i bastoni tra le ruote che appendo la tua bella faccia in casa mia” gracchiò l’altro. Si fissarono in cagnesco. Si allontanarono.

Niente scherzi, su questo erano d’accordo.

Ostacolare l’altro – ovviamente – sarebbe stata la parte più divertente.

La vittima faceva solo parte del gioco, non avrebbe dato problemi. Era solo un’ignara pedina.

 

“Uh?”

Era la quarta, forse quinta rosa che Shura trovava conficcata nel terreno. Era innaturale, pensò, decisamente innaturale che le rose crescessero a quel modo. E ogni tanto aveva percepito un fischio sordo, un sibilo quasi impercettibile. Ma il capitano non ci si spaccava la testa; proseguiva, in guardia, una meta ben precisa. Spronò il cavallo proprio mentre la sesta rosa – bianca, questa volta, minacciosa – si conficcava a terra là dove un secondo prima sulla traiettoria c’era la sua testa.

“Dannazione! Ma come fa?!”

Aphrodite rasentava l’isteria. La terza rosa andata a vuoto era stato il colpo che aveva cominciato ad urtare i suoi nervi. E ogni rosa sprecata peggiorava la situazione. Era molto. Molto. Molto. Nervoso.

Tanto nervoso che Maschera di Morte sgattaiolava, silenzioso, alle spalle della vittima scesa da cavallo, ed era già bell’e che pronto per tagliargli la gola; ma i suoi sensi a mille gli furono utili più che altro per bloccarsi e tirarsi indietro quando un muro di rose velenose gli si piantò proprio davanti ai piedi, fitte che manco uno zerbino. Mandò giù tutte le bestemmie che gli si stavano affollando in gola, batté in ritirata, cercò, fiutò, trovò – Aphrodite lo vide in tempo e corse via, ma il lupo era svelto e cieco di rabbia e lo aggredì, balzandogli addosso:

MA IO TI SGOZZO!

Fu graffiato da unghie e spine, Aphrodite lottava feroce, e cadevano entrambi, rotolando sull’erba selvatica, fiori e sterpi. Lo sentì urlare: “Tu per primo mi hai ostacolato! Lo so che sei stato tu, sei stato tu, lo so! Maledetto, maledetto–”

Gli tappò la bocca, appena furono fermi. Ansimavano, feriti e furibondi. Lui lo morse.

AHIA!”

Death Mask si tirò in piedi, imprecando in siciliano strettissimo, scomodando dai loro seggi i santi tutti, dai più eminenti a quelli abituati ad un seguito di accoliti molto ristretto. Tutti se li ricordò. E poi si buttò di nuovo addosso all’assassino, Rosa scarlatta, dalla bellezza che feriva e che gli aveva morso una mano, ‘sta minchia.

“Quanto mi fai incazzare!”

Rantolò, tremendo, afferrandogli i polsi con una forza incredibile. Poi lo baciò.

 

“Quindi, capitano? Il vostro rapporto è questo?”

“Sì, signore, negativo, per quest’oggi, purtroppo.”

“Non avete trovato niente di sospetto, quindi.”

“Niente di sospetto, no, Vostra Grazia. In quel bosco c’è qualcuno. Ho percepito chiaramente due presenze minacciose, di cui ero certamente l’obiettivo. Ho sventato un esiguo numero di attentati alla mia persona, senza darne mostra per non insospettirli. Per questo è necessaria una perlustrazione più approfondita, signore. Per conto mio con il tempo che rimaneva ho setacciato il luogo il più possibile, ma sembrava non ospitasse anima viva. Il bosco era disabitato, se non fosse per una… ehm… coppia di… giovani, che ho… interrotto, ehm… in un momento poco opportuno.”

Era uno spettacolo compassionevole, quello del capitano delle guardie reali che arrossiva sino alla punta delle orecchie. Saga pensò per un attimo che c’erano buone possibilità che quella scena l’avesse traumatizzato per il resto dei suoi giorni. Provò quasi tenerezza per lui.

“Non ti capisco, nobile Shura.” Il principe, la sua principale fonte d’imbarazzo, aggrottava virilmente le sopracciglia. Shura si fece se possibile ancor più rosso.

“Beh, io… mio signore, Vostra Grazia, la… fanciulla, voglio dire, i due giovani, Vostra Grazia, io… erano piuttosto intenti… voglio dire… personalmente… la loro persona… erano…”

“Sì, sì, capisco.” L’erede al trono annuì solennemente. “Non c’è niente di più imbarazzante che introdursi in un intimo colloquio tra due amanti.”

“Ecco, sì” prese al volo lo spunto, ormai senza fiato, il valoroso soldato, senza bene capire a cosa acconsentisse. Saga invece si reggeva le tempie, non osando intervenire; si schiarì la voce, vagamente imbarazzato: “Beh… in questo caso immagino sarà solo questione di tempo.”

“Sì, signore, senza dubbio, generale.”

“Quando due giovani sono innamorati, nel conversare s’isolano dal mondo intero” continuava a ragionare saggiamente Aioros, fra sé e sé. “E qualunque benintenzionata persona ha la sensazione d’essere un terzo in mezzo a tale armonia. Non è vero, nobile Saga?”

Saga gli rivolse un modesto sorriso. Aioros sorrise a sua volta. Pareva che le stelle sulla volta celeste scintillassero tutte assieme. Shura aveva la vaga sensazione d’essere un terzo.

“Animo, capitano!”

“Ah! Sì, signore. Chiedo solo che questa missione mi sia lasciata. Perlustrerò il luogo ogni giorno finché non avrò trovato indizi di un certo rilievo.”

“I due in questione, perdonate…”

“No. Non credo abbiano idea della mia identità.”

“Lo credo bene, altrimenti avrebbero preso più sul serio la vostra presenza, capitano” intervenne Saga. “Ai tempi del vostro servizio come guardia personale della famiglia reale non avete sventato più di una ventina di avventati?”

“Trentadue sicari. Giustiziati con Excalibur.” puntualizzò con un battito di ciglia il capitano. Non aveva l’aria di vantarsene. Reggeva nella destra l’elsa della spada, tranquillamente inguainata.

“È per questo che siete stato nominato capitano delle guardie reali, un anno fa. I vostri trascorsi sono molto famosi. Non dubito che vi avrebbero preso tanto alla leggera, data la vostra fama. Non dubito che ne uscirete incolume.”

“Datemi ancora un mese, Vostra Grazia, al massimo due. Perlustrerò il luogo ogni giorno fino a quando non riscontrerò qualche indizio utile.”

“Permesso accordato, capitano Shura. Avete tutto il tempo che vi sarà necessario.”

 

“Dovremmo rifarlo, sai.”

“Eh?”

Abbassò lo sguardo, Aphrodite, il mento a poggiarsi sul petto. Sbuffò, scostandosi così un ciuffo di serici capelli che gli era finito davanti agli occhi.

“Dovremmo rifarlo. Domani.”

“Che cosa?”

“La sfida.”

“La che?”

“La sfida.”

“Ah. Ah, la sfida. Che–? Ah, la sfida.”

Il sorriso sarcastico di Aphrodite non aveva uguali sulla Terra. Era quello più capace di qualsiasi altro di farti sentire un completo idiota. Lui ti poneva quella domanda trabocchetto, tu ci cascavi come un pirla, poi stavi in silenzio, lui stava in silenzio e poi lì, gli s’incurvavano le labbra in quel modo e in mezzo secondo ti umiliava sino all’interno delle ossa. Gli ribollì il sangue nelle vene. Death Mask si chiese se saltargli di nuovo addosso, sgozzarlo, o baciarlo di nuovo o mandarlo a farsi fottere o provvedere direttamente lui, ora lì e subito. Come prima. Come tutte le altre volte. Nel dubbio, rimase fermo e lo guardò malissimo, più torvo che poteva, sino a suscitare le sue risa più cristalline. Era bello, bello, crudele e dolcissimo. E più lo provocava, più lo metteva in obbligo di rispondere, di imporsi, di prenderlo per i polsi e salirgli sopra e fargli capire chi comandava. E Aphrodite lo sapeva, perché lo faceva apposta. E questo, a Death Mask, piaceva.

“Tu lo sai.”

“Cosa?”

“Ce lo siamo fatti scappare. Finché non muore, non ci sarà un vincitore.”

“Morirà. Non sembrava uno sveglissimo. La prossima volta che torna, muore.”

“E quando?”

“Domani.”

“E se non domani?”

“Dopodomani.”

“E se non–?”

“Beh, prima o poi muore!”

“Io mi sono divertito.”

“Solo te ti diverti.”

“Anche tu.”

“Fino a quando non mi hai lanciato quelle fottutissime rose.”

“E ti ho morso.”

“E mi hai morso.”

Era bello, bello, crudele e dolcissimo. E più lo provocava…

E Aphrodite lo sapeva, perché lo faceva apposta. E questo, a Death Mask, piaceva.

“E se finisce in pareggio?”

“Oggi è finita in pareggio.”

“No.” ghignò il lupo, saldi gli artigli sul velluto cremisi, saldi mentre lo stringeva a sé, la preda conquistata. “Ho vinto io.”

“No. Ho vinto io.” A sorpresa, il sorriso di Cappuccetto Rosso. Crudele e bellissimo.

E potevano benissimo avere ragione entrambi.

 

 

And they all lived happily ever after. ~

 

 

 

 

 

 

{ Ever after }

 

Per amor di cronaca, debbo farvi notare che la dolce melodia che intona Pisces non è una qualsiasi bucolica amenità da passeggio. Green Finch and Linnet Bird sotto il suo incantevole aspetto – e deliziosi gorgheggi, ascoltatela – viene dal soundtrack di Sweeney Todd.  Sì, beh. Non potevate aspettarvi di meno.

Questo capitolo era veramente riuscito bene, e in più Shura mi fa una tenerezza mostruosa. Certo che è un figo, però. Bisogna lustrarselo meglio! Su Death Mask non mi pronuncio, è incontenibile, e io confesso, mi sono divertita come una cretina a trovare i modi più improponibili di fargli esternare i suoi scleri. Bisognerebbe lasciargli più carta bianca. Aphrodite è il migliore.

…Oddio come mi manca l’adorabile acidità di Aphrodite. Quand’è che torna dalle vacanze? çOç

  
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