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Autore: Emmie90    11/09/2013    1 recensioni
Una bambina con dei rossi capelli, occhioni verdi e il carattere giusto per mandare in crisi un timido e riservato ragazzo di otto anni più grande di lei.
"Il fogliame iniziò a scricchiolare sotto il leggero tocco di un paio di stivaletti rossi di gomma, la loro proprietaria era infatti sgattaiolata in giardino, senza farsene accorgere e, ancora in camicia da notte, puntava decisa verso il grosso albero del giardino."
La storia è ambientata nel mondo di Harry Potter, anche se i due protagonisti sono stati creati prendendo spunto dai personaggi di Doctor Who: Amy Pond per lei, Eleven (e un po' Rory Williams caratterialmente) per lui. Gli sviluppi della trama e i loro caratteri si evolvono poi in maniera differente, ma lo scheletro dei loro personaggi e storie è stato attinto da questa serie tv che amo particolarmente. Una specie di tributo, insomma.
Ringrazio inoltre NadyaTompsett che mi ha concesso di usare il suo personaggio (Steven) per questa storia.
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ed eccomi qui con un nuovo capitolo, scusatemi per l'attesa! Spero che vi possa piacere come i precedenti e che capiate che questa è una storia "lenta" e fatta di attese e di piccoli momenti.
Buona lettura! E lasciatemi un commento se leggete, mi fa piacere sapere cosa ne pensate.
 
8. Non così.
 
Una Amelia quasi sedicenne era stretta nelle braccia del suo fidanzato del momento: Jack. Aveva quattro anni più di lei, la fama di aver sedotto mezza Pittenweem e di trattare le ragazze nel peggior modo possibile. Come fosse finito con Amy era un mistero anche per lei, forse sperava che il poco amore reciproco la avrebbe fatta sentire meno in colpa, che sarebbe durata poco e non ci sarebbe rimasta troppo male. O forse, inconsciamente, sperava di provocare interesse agli occhi di Steven, vedendola con un ragazzo più grande e popolare.
Il ragazzo le aveva appena infilato una mano sotto la gonna, toccandole la pelle morbida e candida della coscia, ma venne interrotto dalla rossa che cercò di distogliere la sua attenzione da quello che lui aveva iniziato a fare, togliendogli la mano e posandosela su un fianco.
“Facciamo un giro?”
Propose indicando il parco circostante: erano nei giardinetti del paesino, su una panchina isolata che sembrava essere il luogo preferito di Jack.
“Eh? E perché?”
Domandò lui, guardandola come se fosse scema: che gli fregava di fare un giro quando teneva tra le braccia una ragazza e non vedeva l’ora di passare ad altro di molto più invitante?
Le diede un bacio insistente per poi posarle una mano sulla pelle nuda della schiena, sotto la maglietta rossa della ragazza.
“Voglio andare a casa, mia zia ha detto che sarei dovuta tornare presto.”
Brontolò lei: come poteva non capire? Era così chiaro che non avesse nessuna intenzione di lasciarsi andare con lui: doveva essere Steven e non quel biondo slavato con quei pettorali ben scolpiti. L’unica cosa che voleva fare era scappare a casa sua ed essere lasciata in pace.
“Amelia ma che problema hai? Vuoi farti desiderare, piccola? Guarda che potrei stufarmi. E lo sai che ne trovo altre dieci come te.”
Fece uno dei suoi sorrisini soddisfatti, quelli che le ragazze di Pittenweem pensavano potessero valergli un posto nella copertina di un giornale di moda.
“Non mi piace questo posto. Non qui.”
Disse lei per poi svicolare dalla sua presa, alzandosi in piedi e deglutendo.
“Mi accompagni?”
Chiese lei, guardando ovunque tranne che il ragazzo, ma perché non lo lasciava e basta?
“La strada la conosci no?”
Replicò lui, sistemandosi la giacchetta di pelle e mettendosi poi le mani in tasca mentre si alzava.
Amelia fece una smorfia, ma sinceramente preferiva così: non voleva fare tutta la strada con Jack.
 
Erano passati due giorni dalla panchina nel parco e i due ragazzi erano nuovamente soli a casa McKenzie.
“Vuoi qualcosa da mangiare?”
Chiese Amelia, mentre apriva un mobiletto della cucina per cercare qualcosa, probabilmente i suoi biscotti preferiti, ma Jack la afferrò per i fianchi tirandola a sé.
“Magari dopo.”
La strinse forte, bloccandola contro il muro e baciandola in maniera ben poco casta.
“J-jack…”
Iniziò lei, cercando di opporre un minimo di resistenza, non riusciva a lasciarsi andare: nemmeno le piaceva Jack, e nella casa di fianco … no, non voleva.
“Potrei dirlo a tutti, lo sai? E non credo che poi avresti altre possibilità, dolcezza.”
Lei spalancò gli occhi verdi: sarebbe arrivata fino a Steven la voce? Avrebbe saputo anche lui quanto era stupida e inesperta e forse non la avrebbe mai più voluta, lui era così grande confronto a lei.
“Di cosa hai paura, Amelia? Che lo sappiano i tuoi zii?”
Domandò ancora, canzonandola con un ghigno furbastro.
“No, i-io … no. “
deglutì, non le sembrava di avere tante altre possibilità: o lo sbatteva fuori e continuava a sognare la sua prima volta con il ragazzo di cui era innamorata da più di un anno o..bhè, non sarebbe poi stato così grave, in fondo. Le sue amiche ne parlavano così tanto … si mordicchiò un labbro, insicura.
“Vieni di sopra.”
Concluse infine, afferrandolo per una mano e portandolo nella sua camera.
 
Amelia era seduta sul letto, occupata ad abbottonarsi la camicetta: uno dei bottoncini venne colpito da una lacrima e luccicò per un momento tra le dita di lei. Non era felice, non era elettrizzata, non si sentiva più grande o più donna, si sentiva solo uno schifo, vuota e sbagliata.
“Piccola, io vado.”
disse Jack, avvicinandosi poi a lei e lasciandole un colpetto su una coscia: non si accorse del suo stato emotivo o del fatto che i suoi occhi fossero lucidi e tristi.
Lei annuì, abbassando lo sguardo per non rilevare le piccole lacrime che le imperlavano le ciglia e non lo rialzò fino a quando non sentì il cancelletto della sua villa chiudersi alle spalle del ragazzo.
Non aveva nessun motivo per trattenere le lacrime ora, mentre si infilava la gonna e lanciava uno sguardo al letto disfatto. Si avvicinò poi con mani tremanti, sfiorando il lenzuolo: le mani di lui su di lei, nessun ti amo, nessuna parola gentile, la bocca di lui che la baciava con insistenza. Chiuse gli occhi, cercando di non ricordare e afferrò il lenzuolo con entrambe le mani, tirandolo con forza. Una volta che lo ebbe tra le mani, con i bordi che sfioravano il pavimento, tirò ancora fino a quando non lo strappò, quasi concentrando la sua rabbia su quel pezzo di stoffa che le ricordava quanto era stata sciocca; si lasciò cadere per terra, affondando il volto tra i lembi di cotone, mentre le lacrime ricominciavano a scendere senza possibilità di trattenerle.
Non seppe dire quanto rimase lì, in quella posizione sul freddo pavimento, ma non riusciva a rimanere ancora in quella stanza, sentiva addosso l’odore, il fastidio … si alzò, lasciando cadere malamente il lenzuolo e correndo in bagno, sciacquandosi la faccia con forza, per poi guardare il suo riflesso nel vetro davanti a lei. Non credeva che le avrebbe dato così fastidio, ma non era come aveva sempre desiderato, era stato così freddo e vuoto e avrebbe solo voluto capirlo e aver cacciato Jack prima che fosse troppo tardi.
Forse sarebbe bastato uscire da quella stanza, prendere un po’ d’aria e sarebbe stata meglio, si sentiva soffocare, senza via di uscita lì dentro.
Con aria mogia e colpevole si sedette sul gradino antistante il cancelletto di casa, lo sguardo fisso sulla strada, anche se non guardava davvero; appoggiò la fronte sulle gambe, facendo ricadere i capelli rossi in avanti. Si sentiva come se avesse messo piede in un incubo, faceva freddo ed era tutto ovattato, un po’ confuso, i contorni non erano ben nitidi.
Steven stava tornando a casa, passando proprio di fronte ad Amelia, si fermò osservandola, anche se lei non poteva vederlo tenendo la testa in quel modo.
“Hei, Amy.”
La salutò avvicinandosi di qualche passo: ma che aveva? Non gli aveva ancora risposto: solitamente avrebbe fatto un sorrisone e avrebbe urlato un ‘ciao’ a squarciagola, magari seguito da un ‘come stai, faccia da scemo?’, ma adesso non sembrava nemmeno accorgersi della sua presenza.
“Va tutto bene, Amelia?”
Domandò ancora, continuando a non vedere arrivare nessuna risposta dalla testolina rossa. Dopo qualche secondo, la ragazza sembrò decidersi ad alzare lo sguardo incontrando quello di lui. Steven la osservò con attenzione: dannazione, erano lacrime quelle che aveva tra le ciglia? Aveva pianto? Non poteva certo permetterlo. Che cosa era accaduto alla sua Amelia?
Senza pensarci troppo le si sedette accanto, posandole con cautela una mano sul braccio, con un movimento dolce.
Il respiro di Amelia si fermò in quell’istante, era così diverso da poco prima, era solo una piccolissima carezza ingenua, ma aveva toccato molto più a fondo di quanto non avesse fatto Jack.  Si sentì sporca e sbagliata per tutto quello che aveva fatto con quella stessa pelle che ora lui le stava sfiorando con così tanta dolcezza.  Ritrasse il braccio, strofinandosi più volte il posto dove lui aveva posato la mano.
“Non è niente.”
Disse un secondo dopo, pensando che forse Steven si sarebbe sorpreso per quel comportamento: non era mai stata così strana, era sempre allegra e divertente.
Steven non sembrava per niente convinto dalla sua frase seguita da quell’espressione così triste: la conosceva troppo bene per non capire che sole tre parole in un tempo di qualche minuto era un record al quale Amelia non era mai arrivata.
“Se qualcuno ti ha fatto qualcosa me lo devi dire, ok?”
commentò poi guardandola seriamente: come poteva non capirlo? Avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla sorridere di nuovo.
La ragazza sentì accartocciarsi qualcosa a livello del petto a quella frase, un nuovo calore la riempì, cullandola dolcemente, come se potesse sentirsi al sicuro ora. Era solo una frase, ma si sentiva protetta: a lui interessava davvero. Non ne avrebbe certamente parlato, non voleva farlo e non certo con lui, ma lo sentiva vicino, come mai prima d’ora.
Si voltò così verso di lui con espressione riconoscente e senza dire nulla lo circondò in un abbraccio: fino a un attimo prima non voleva che lui la toccasse, perché si sentiva così colpevole, ma ora non riusciva a fare a meno della sua vicinanza, di sentirlo vicino a lei anche fisicamente, di potersi perdere nella sua stretta.
Steven, dopo un attimo di smarrimento, si decise a  posarle un braccio sulle spalle dandole dei colpetti un po’ imbarazzati, ma allo stesso tempo colmi di amore: cosa poteva averla sconvolta così tanto? Aveva capito che non sarebbe riuscito a farla parlare in alcun modo e di certo non voleva costringerla, ma non la avrebbe sicuramente lasciata sola in quello stato. Sarebbe rimasto lì stretto a lei fino a quando non si sarebbe finalmente calmata e non avesse fatto uno dei suoi bellissimi sorrisi. Anche se ci fosse voluto un giorno intero, voleva solo che sapesse che adesso c’era lui lì con lei.
 
  
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