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Autore: Guido    18/03/2008    3 recensioni
Ormai è ufficiale: Voldemort è tornato. Il Mondo Magico si prepara per la guerra. Harry è ancora alle prese con la morte di Sirius, da cui solo Ginny lo riesce a distrarre. Invece, Draco Malfoy diventa un Mangiamorte, ma le cose non vanno come sognava: ben presto, deve capire se Voldemort lo voglia morto e se suo padre stia tradendo, ma non può più fidarsi neppure della sua stessa memoria. Mentre gli avvenimenti incalzano, i due arcinemici di Hogwarts intrecciano una corrispondenza che avrà conseguenze profonde per entrambi...
NOTA: l'OOC è cautelativo, ma un po' tutti i personaggi si trovano a manifestare lati del loro carattere poco visibili nel canone
Genere: Angst, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Da Mangiamorte a...'
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RISVEGLI

Risvegli


Ringraziamenti:
Dopo tanto tempo trascorso dall'ultimo aggiornamento
(mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!), debbo ringraziare, innanzitutto, i vecchi lettori che riprendono in mano la storia. E spero anche di poter dare il benvenuto a qualche nuovo.
Questo capitolo è piuttosto breve, almeno per il mio stile: in origine, essendo imperniato sulla figura di Draco, avrebbe dovuto includere anche... quello che, invece, leggerete nel prossimo. Per compensare il taglio, gli ho conferito un carattere interlocutorio che, magari, potrà stancare o deludere alcuni di voi - soprattutto visto il taglio del precedente, per certi versi analogo - ma che reputo indispensabile per gli sviluppi successivi della trama, se non altro perché Draco
non è il solo protagonista, dopotutto. Dovevo pur far entrare in scena i comprimari, no?
Twinkle: Benvenuto/a, spero che - nonostante la mia velocità da ghiacciaio - tu sia ancora lì, da qualche parte!
Mariademolay: eh sì, càpitano sempre tutte a Draco. Neanch'io avrei scommesso granché sulla sua sopravvivenza nel canone, e invece...!
Ti posso assicurare che anche Draco si sta chiedendo il perché di quella sparata assurda da parte di Pansy...
(Innocentino) Da qualche parte ho scritto che i figli di Mangiamorte (o di simpatizzanti, mi sembra di aver precisato questo dettaglio, che supera la tua fondatissima obiezione "carceraria") sono tutti Serpeverde? O anche solo precisato quanti di loro appartengano alla suddetta Casa? In tutta sincerità, non mi sono posto il problema: la Row stessa ha dichiarato che ve ne sono in tutte le Case...
Oh, credo proprio che le sorprese non mancheranno: il prossimo cap. è stato rimandato proprio perché dovrebbe contenerne un po'.




The time to hesitate is through
No time to wallow in the mire.


[J.M., Light My Fire]





L’indomani, Draco tardò a svegliarsi, come se il sonno naturale, ad un tratto, fosse divenuto una droga per il suo corpo e la sua mente, ambedue anelanti a quel riposo totale che nessun surrogato, magico o Babbano che sia, è in grado di sostituire.
Ma si svegliò, infine, e, pur sentendosi piacevolmente intontito, avvertì subito - per la prima volta da... da qualunque cosa fosse successa - i morsi dell’appetito. Per fortuna, la colazione lo attendeva, ottima e abbondante. Intanto che ingurgitava tè e dolciumi assortiti alla massima velocità consentita dalle buone maniere, il suo cervello riprendeva a funzionare a pieno regime; concentrandosi sul cibo, riuscì a mantenersi impassibile, mentre i ricordi più freschi affioravano e reclamavano a gran voce un piano di azione.
Allorché l’ultima rosellina di pastafrolla e zabaione fu scomparsa oltre la candida chiostra dei denti, il piano era già elaborato. O almeno, lo era l’azione immediata: chiedere il permesso di trascorrere a casa gli ultimi giorni di convalescenza. Dopo aver atteso inutilmente qualche visita dai suoi compagni di Casa, non avrebbe sopportato altri cinque giorni di solitudine in quella fottuta stanza. Inoltre, se fosse tornato a casa, forse sarebbe riuscito a scoprire... qualcosa.
Non ammise neanche con sé stesso che gli premeva disperatamente appurare una cosa soltanto: se e fino a che punto suo padre sapesse del piano di Voldemort.
Che Voldemort lo volesse morto era certo: l’aveva sentito da Bellatrix stessa. Silente gli aveva fornito una spiegazione che sembrava reggere ad ogni attacco.
Sembrava.
Quel vecchiaccio era furbo. Troppo furbo. Non sarebbe stato facile scoprire fino a che punto avesse mentito, o quale parte di verità avesse taciuto. Eppure, qual era l’alternativa? Respingere in blocco le sue illazioni? Impossibile: l’Oscuro Signore poteva anche uccidere per puro e semplice capriccio - gliel’aveva visto fare molte volte - ma non si toglieva mai lo sfizio con i figli dei propri sostenitori principali.
Scartata quest’ipotesi, restava in piedi la punizione; e tuttavia, Draco era certo - per quanto può esserlo un Mangiamorte, che è soggetto a regole mutevoli e capricciose - di non aver commesso la minima colpa. D’accordo, non si poteva escludere che qualcuno l’avesse calunniato, ma si tornava al punto di prima: Voldemort non uccideva un Mangiamorte in questo modo. Intanto, gli piaceva inscenare qualcosa di simile ad un processo; e poi, voleva che la morte del colpevole o, peggio, del traditore fosse spettacolare, che servisse da monito per tutti gli altri.
Era possibile che lo volessero punire per le colpe di suo padre? Per il fallimento al Ministero?
Certamente, era possibile. Ci aveva pensato già il giorno prima, al risveglio.
Anzi, sarebbe stato tipico di Voldemort metterne al corrente suo padre, presentandogli l’esecuzione come un gesto di clemenza e magari aggiungendo qualche battuta sarcastica sulle colpe dei padri e la loro singolare tendenza a ricadere sui figli. Poteva quasi vedere la scena.
Adesso, poi, disponeva di un elemento in più: l’articolo di Rita Skeeter.
Checché avesse detto a Silente, Draco sapeva benissimo che suo padre non avrebbe mai anteposto alcuna lealtà alla propria sopravvivenza. Per questo il suo sostegno a Voldemort non sarebbe mai venuto meno: tradire l’Oscuro Signore, o anche soltanto attraversargli la strada, significava morte certa, più certa della neve d’Inverno.
D’altra parte, se Lucius Malfoy avesse anche solo sospettato la possibilità di una sconfitta... (Merlino, come gli veniva un'idea simile!) Però era innegabile che si sarebbe regolato di conseguenza. Avrebbe cominciato a pararsi il culo alla grande.
Magari tradendo qualche Mangiamorte a lui vicino, ma insignificante, come i padri di Tiger e Goyle. Abbastanza per rifarsi una qualche verginità presso il Ministero, forse; troppo poco perché Voldemort si prendesse la briga di punirlo, forse.
Il gioco sembrava fin troppo rischioso. Soprattutto con l’Oscuro Signore già irritato nei suoi confronti.
Così irritato, magari, che quelle stesse voci, giunte anche alle sue orecchie, avrebbero potuto spingerlo a ordinare l’uccisione di Draco, per buona misura. Non sarebbe stato neppure tanto insolito.
Dunque, l’ipotesi di una punizione per qualche colpa di suo padre - vera o presunta - restava in campo; ma, con tutto questo, non poteva neppure accantonare la tesi di Silente. D’accordo, il Preside era il Nemico Numero Uno, e va bene; ma, dopo essere sfuggito per un pelo alle mani assassine della propria zia (nonché madrina di battesimo e di iniziazione nei Mangiamorte) e aver dovuto ringraziare il proprio peggior nemico per questo, doveva riconoscere che, foooorse, qualcosa non quadrava. E che cazzo! Ci sarebbero arrivati perfino Tiger e Goyle!
Qualcosa nelle sue lealtà, amicizie e alleanze, magari.
Non che importasse davvero: dopotutto, era figlio di suo padre, no? Fin da bambino aveva imparato che nessun legame, di qualsiasi natura fosse, doveva essere anteposto alla sopravvivenza. Nessuna lealtà. Nessun’alleanza. Nessun’amicizia.
Dovevano averlo imparato anche i suoi cosiddetti amici.
E allora perché il loro comportamento lo faceva incazzare tanto?
Non si era mai trovato - anzi, neppure immaginato - dall’altra parte. Dalla parte del perdente.
Io non sono un perdente! Io sono un Malfoy e tutti, tutti, faranno bene a ricordarselo!
Respirò a fondo. Calma. Gli serviva una gran calma.
Quel dannato articolo. Uscito dopo una settimana. Con la foto presa al Maniero. Da sua madre.
La faccenda puzzava, puzzava troppo.
Certamente, era possibile che Voldemort, il quale non poteva certo essere definito uno sciocco, avesse deciso di sfruttare quell’esecuzione andata a monte per i propri fini. Anzi - strinse le labbra - doveva riconoscere che il ragionamento di Silente filava, eccome se filava: era probabile, molto probabile che, già in fase di pianificazione, l’Oscuro avesse previsto di sfruttarlo anche da morto, per ottenere la liberazione di suo padre.
Da un certo punto di vista, quindi, neanche gli sarebbe dovuto interessare, se Silente avesse ragione fino in fondo o meno: per lui, cambiava davvero poco. Voldemort lo voleva morto prima e tanto più adesso. Forse - ma si trattava di una speranza davvero tenue, per non dire sciocca - suo padre, una volta liberato, sarebbe stato in grado di intercedere in suo favore...
Ma con quali risultati?
Poteva già sentire la cara zia Bellatrix strepitare, pretendendo vendetta. E, di certo, qualcuno avrebbe suggerito che, dopotutto, la morte del giovane traditore avrebbe rafforzata la corrente di simpatia per il povero Lucius...
No, era probabile che suo padre rinunciasse in partenza. Non era esattamente un avvocato delle cause perse.
Insomma, che Voldemort volesse ucciderlo per capriccio, per punizione o per la messinscena suggerita da Silente, il suo imperativo restava quello di sopravvivere. Secondo la logica di famiglia, quindi, avrebbe dovuto evitare il Maniero come la peste. O forse no: dopotutto, se fosse stato ucciso proprio sotto il naso di suo padre, qualcuno avrebbe anche potuto cominciare a nutrire sospetti su tutta la faccenda.
Ma, fosse quel che fosse, doveva sapere come stessero le cose. Dopotutto, la sua sopravvivenza sarebbe dipesa anche dal possesso delle informazioni giuste.
Sperava, sperava con tutto il cuore di non essere costretto a cambiare schieramento; eppure, quale alternativa gli restava?
Forse il problema non si pone neppure: chi ti dice che Silente ti accoglierà a braccia aperte? "Resti uno dei suoi studenti", certo, come no... ma questo basta, forse, per evitarti Azkaban. Sei sicuro, ma proprio sicuro, che ti garantisca un posto in prima linea?
E tu lo vorresti?
Vorresti combattere al fianco di
Potter?
E no, che cazzo! Non avrebbe voluto... neanche morto.
Ma portava scritto Avada Kedavra sulla fronte e si sa, "il nemico del mio nemico è mio..." Oddio, non diciamo "mio amico". Diciamo che ci conviene, almeno, guardarci le spalle a vicenda. Soprattutto se il nemico in questione è l’Oscuro Signore.
La cui fama non si deve esattamente alla clemenza.
Avrebbe potuto parlarne con Piton - non avrebbe cercato di ammazzarlo, ne era abbastanza sicuro, o la sua copertura sarebbe saltata - offrirsi di dargli una mano, insomma arruolarsi tra i doppiogiochisti. Era una possibilità da non scartare a priori.
Ammesso e non concesso che Silente e i suoi potessero mai fidarsi di lui quel tanto che sarebbe bastato per renderlo una spia di qualche utilità.
E ammesso anche che a Voldemort la cosa interessasse almeno un po’: dopotutto, Piton svolgeva egregiamente il proprio compito.
No, la possibilità era davvero remota. Quasi come la sconfitta dell’Oscuro Signore.
Sospirò: non aveva scelta. Doveva tornare a casa; doveva cercare di saperne di più.
Bando agli indugi!
Si allungò verso il cordone del campanello e lo tirò con decisione.

Emergendo da un sonno inquieto, Harry James Potter si contorse nel letto già assai scomposto.
Ormai, gli capitava sempre più spesso di trovarsi alle prese con questi subitanei attacchi di irrequietezza, con un bisogno di agire, di fare qualcosa - qualunque cosa - tanto più forte quanto più irrazionale.
Non occorreva davvero essere un genio della psicologia per individuarne la causa: c’era una guerra in corso. Una guerra in cui, volente o nolente, avrebbe dovuto giocare un ruolo di piano. Una guerra che aveva appena dimostrato di saper insidiare anche la relativa tranquillità di cui, al momento, poteva godere... in teoria, almeno.
D’altro canto, probabilmente doveva a quella stessa smania tutte le lunghe ore meravigliose che trascorreva con Ginny, quindi, forse, non era neppure il caso di lamentarsi troppo. Difficilmente avrebbe trovato il coraggio di farsi avanti con lei, se l’inazione non avesse cominciato ad assillarlo, come un pungolo invisibile, già durante le vacanze alla Tana, dove le notizie della guerra giungevano appena, come se si fossero ridotti a vivere in un buco ben imbottito di bambagia.
L’insofferenza non lo aveva certo reso un compagno di vacanze ideale, tanto più che né Ron né Hermione parevano condividerla; al contrario, era come se, magari inconsciamente, avessero deciso entrambi di divertirsi finché potevano. Invece, la piccola Weasley - oddio, non più tanto piccola, a giudicare dalle tette! - si comportava in maniera tanto simile alla sua che, quasi inevitabilmente, avevano finito per trascorrere interi pomeriggi insieme, da soli, tentando di placare i nervi in furiosi duelli a Quidditch o assorti in lunghe discussioni - piuttosto animate, per giunta - su quello che avrebbero potuto o dovuto fare; anzi, per dirla con la Gazzetta, sul loro personale «contributo allo sforzo bellico nazionale». Così gli era capitato di notare altre cose di Ginny, oltre alle tette; di scoprire che la pensavano nello stesso modo su un mucchio di cose, non ultime la guerra, il Ministero stronzo e le premure da chioccia della signora Weasley; in breve, si era ritrovato ad aspettare quei pomeriggi quasi con ansia.
Quelle tette (ma anche le gambe, i fianchi...) frequentavano i suoi sogni già da un po’, quando, fatto il punto della situazione, aveva deciso che quella ragazza gli interessava parecchio. Nondimeno, sapendo bene quanto Ron fosse protettivo nei confronti della sorellina, probabilmente avrebbe lasciato perdere, contentandosi di aggiungere il pepe della novità proibita alle proprie fantasie erotiche, se l’irrequietezza non gli fosse divenuta pressoché intollerabile e la sfida irresistibile.
Ginny era irresistibile.
Chissà se sarebbero riusciti a trovare qualche minuto di libertà, quel pomeriggio?
Si sentiva particolarmente nervoso. Una bella pomiciata al calor bianco (ah ah, battutone!) gli avrebbe fatto un gran bene.
Lo stomaco brontolò la propria famelica approvazione.
Aspetta che ti metta le mani addosso, porcellina... pensò, infilando la porta.
Niente di meglio, per levarsi di torno l’irritazione verso quella cerebrolesa della Parkinson. Che si fosse messa con Malfoy la diceva lunga... ma arrivare a sparar cazzate del genere!
Al posto suo, si sarebbe preoccupato per la propria sopravvivenza. Parecchio. Quando mai si erano visti Harry Potter e Draco Malfoy uniti contro un nemico comune?
Be’, uniti era una parola grossa. E, forse, almeno per la vipera maschio, quel cespo di acidella non era un nemico nel vero senso del termine. Ma comunque, far coalizzare contro sé stessa i due arcinemici di Hogwarts... ci voleva cervello!
Avrebbe detto fegato, se l’avesse fatto apposta. Ma questo non era possibile, non aveva senso,... vero?
Qualche cosa non gli tornava, in tutta la stramaledetta faccenda. Ci aveva rimuginato sopra buona parte della notte, anche durante il sonno, e, detto per inciso, non gradiva affatto pensieri tanto molesti da interferire con la sua attività masturbatoria, soprattutto adesso che, grazie a Ginny, non solo si era fatta particolarmente intensa, ma anche molto soddisfacente.
Possibile che la Parkinson fosse così stupida!?
Possibile che Malfoy...
Malfoy, già. Stando a Silente, Voldemort lo voleva morto.
Ma era sempre meglio non fidarsi troppo del Preside. Oh, non mentiva mai, era troppo fottutamente onesto! Si limitava ad omettere un dettaglio qui e uno là, a tornire qualche frase sibillina nei punti strategici... insomma, a fare in modo che fossi tu a fraintendere. Sempre per qualche ragione nobilissima, beninteso. "Sei troppo piccolo, devo proteggerti, non capiresti" e simili stronzate da vecchia mummia con la puzza sotto il naso.
Si capiva che ne aveva le palle piene? Che era stanco di fraintendere, anzi, di sentirsi preso per il culo?
In un caso come quello, poi...
Il vecchiardo non gli aveva fornito spiegazioni di sorta, sul comportamento del cespo di acidella. Lì per lì, invalvolato com’era, non ci aveva fatto caso, ma adesso quest’omissione gli puzzava. Puzzava davvero troppo per essere, toh, un semplice gabinetto intasato dagli stronzi rinsecchiti del Preside.
Com’era quella definizione pungente di Hermione? "Falso per surrezione", o qualcosa del genere. Un delitto, secondo la legge magica,... ma solo se compiuto in atti diretti al Ministero. "O davanti al Wizengamot. Di cui Silente è Stregone Capo". Bella scuola di ipocrisia, vero?
Porca puttana, a lui era toccato in processo in piena regola, come neanche al peggiore dei criminali, e quel fetente di Lucius Malfoy, compagni al seguito, se l’era cavata con una condanna per effrazione e tentato furto!
Possibile che il vecchiaccio - pardon, lo Stregone Capo - non c’entrasse niente?
Possibile che tutto ‘sto casino fosse soltanto un mucchio di coincidenze?
Si fiondò al tavolo, salutando con un sorriso Hermione e Ron, già intento a rimpinzarsi. Scoprì di essere altrettanto affamato... e non solo di cibo.
Dov’era Ginny?

Ginevra Molly Weasley si svegliò in leggero ritardo rispetto al proprio orario consueto: neppure il riflesso condizionato della corsa alla colazione - fortissimo, com’era naturale, in chiunque si fosse trovato a dover competere con Ron, che non esitava un solo secondo a sbafarsi anche le porzioni degli assenti, senza far caso alcuno alla loro mole - riusciva a prevalere sulla particolare stanchezza di quelle ultime sere e mattine.
Una stanchezza profonda, ma, per così dire, appagata.
D’altra parte, come non sentirsi appagata - stanca, ma appagata - dopo aver trascorso ore intere a pomiciare con il sogno di tutta una vita?
Harry.
Come non pensare a lui, ad ogni risveglio?
Al suo sorriso, alla luce particolare che infondeva a quelle iridi smeraldine; alla voce, capace di assumere toni rochi e sensuali che suscitavano brividini deliziosi lungo tutta la spina dorsale; alle mani, alle mani soprattutto, delicate e forti, sempre più risolute ed esperte nell’esplorare, titillare, stuzzicare il suo corpo...
Ricordava che Hermione, tempo addietro, aveva etichettato i suoi sentimenti - anzi, il suo Amore! - come «un’infatuazione per l’Eroe frammista all’istinto materno di proteggere il Povero Bambino Sopravvissuto.» Che sciocca! Se soltanto avesse saputo fino a che punto il Povero Bambino fosse diventato uomo, ormai....
Nelle sue fantasie, aveva immaginato di dover prendere per mano un Harry quasi innocente, di guidarlo, passo dopo passo, alla scoperta del proprio corpo, al modo migliore di soddisfare i reciproci desideri. Forse, in questo, c’era stato davvero qualcosa di materno.
Ma non aveva messo in conto l’ardore, la passione, il trasporto che, pure, avrebbe dovuto intuire, scorgere nella vitalità di quello sguardo così espressivo, sempre, qualsiasi emozione si trattasse di esprimere, dall’euforia ai mille toni grigi della malinconia, fino alla concentrazione del cacciatore, alle vampate del desiderio.
C’era qualcosa di entrambe, nel modo in cui i suoi occhi si incollavano al suo corpo, come se al mondo non esistesse nient’altro che meritasse un minimo di attenzione. Neanche lei stessa, pensava a volte, quando il suo Amato, per minuti interi, si dimostrava incapace di distogliere lo sguardo dal seno, fosse pure per un solo istante. Ah, ma era facile ricredersi subito dopo, sotto il dolce assalto dei baci, ora teneri, ora profondi, ora quasi selvaggi; e per tutta la durata dei loro incontri - brevi, troppo brevi per la brama di entrambi - la costante, il Leitmotiv delle mani.
Mani forti, sicure, sicure già la prima volta, come se una magia arcana vi avesse infuso una conoscenza precisa del suo corpo, come se ogni sentiero da percorrere su di lei, in lei, fosse inciso dalla nascita nel palmo di lui.
Mani abili, sempre più abili ad accarezzare, palpare e stimolare....
Con un sospiro sognante, si costrinse a interrompere quella rievocazione per alzarsi: dopotutto, il suo stomaco non aveva ancora perso tutte le buone abitudini di casa e le stava rammentando a gran voce quante calorie le costassero quelle sessioni erotiche, sempre più torride, in tutti i sensi.
Oltre all’innegabile appagamento, ci stava guadagnando anche una linea perfetta: si ammirò nello specchio, che le fornì tutte le conferme del caso.
Ma all’improvviso, per chissà quale associazione di idee, si vide col pancione, le mani incrociate con fare protettivo, chiaramente in dolce attesa.
No! Non è possibile!
Non era possibile, infatti, e la visione svanì in un attimo: lo specchio rifletteva soltanto la snellezza più rassicurante.
Si vestì in fretta, preoccupata suo malgrado. Poteva essere una vera premonizione? Non aveva antenati Veggenti, o almeno non ne ricordava nessuno; ma era pur vero che, per come stavano andando le cose, lei e Harry si sarebbero potuti ritrovare a farlo da un giorno all’altro...
D’accordo, Ginevra, adesso càlmati. Questa è solo paura. Paura di quello che stai facendo, paura delle conseguenze, perché c’è una fottuta guerra là fuori e tu lo ami e sai che presto, molto presto, vorrà correre a combattere...
Senza di te.

Scacciò con risolutezza quei pensieri.
Era il caso di essere pratica. Una dote che la convivenza con sei fratelli maggiori, assai poco sensibili ai capricci e (se si escludeva Percy) molto facili ai dispetti, le aveva insegnato a sviluppare.
Inspirò a fondo.
Molto bene. Durante l’ora buca, comincerò a cercare informazione sulla contraccezione.
Sempre che informazioni del genere fossero disponibili nella Biblioteca di Hogwarts. Si immaginava facilmente la McGranitt censurare qualsiasi riferimento, oppure confinare i libri nella Sezione Proibita.
Oh be’, per male che potesse andare, avrebbe sempre potuto fare ricorso a Hermione e alla sua conoscenza dei metodi contraccettivi Babbani.
Semplicissimo.


Note:
Niente da segnalare, a mio avviso. Tranne, forse, la mia perplessità sulle rievocazioni di Ginny: non ho mai tentato di dar vita ad un personaggio femminile, per di più innamorato, quindi sarò particolarmente grato ai recensori, di qualunque sesso, che vorranno soffermarsi sul punto. Anche perché
(arrossisce) non c'è molto altro da commentare.

  
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