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Autore: NonSoCheNickMettere2    14/09/2013    1 recensioni
What if? ambientato 20 anni dopo ROTS. Cresciuto come Sith da suo padre, Luke è così sconvolto dal primo test della Morte Nera che decide di rubarne i piani e passarli all’Alleanza ribelle. Dark Luke, sequel de Il rapimento.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Bail Organa, Luke Skywalker, Palpatine/Darth Sidious, Principessa Leia Organa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'apprendista Sith'
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Questa fiction è scritta solo per divertimento e non mi procura alcun guadagno. I personaggi e la galassia di Guerre Stellari appartengono alla Lucasfilm e alla Disney. Per i personaggi e i luoghi di mia invenzione, ho usato nomi presi dal mondo reale, ma li ho scelti soltanto perché stavano bene nella fiction e, quindi, non hanno alcuna relazione con persone vere o fatti storici: ogni eventuale rassomiglianza è puramente casuale.

Ringraziamenti
Desidero ringraziare jedi1952 per la revisione della versione originale inglese di questa fanfiction. Avendomi segnalato alcuni importanti problemi nella caratterizzazione dei personaggi e nelle scene, il suo lavoro è stato fondamentale e anche questa versione italiana sarebbe sicuramente diversa senza il suo aiuto.
La responsabilità di quanto scritto è naturalmente solo mia.

------------ Capitolo 11 ------------
 

Questa volta Luke spinse con la Forza il soldato piuttosto energicamente, ma ancora nessun fulmine uscì dalle sue mani.

L’uomo di mezza età gridò per la sorpresa, volando alcuni metri indietro. Batté la testa sul pavimento e svenne. Il giorno precedente, con un pessimo tempismo, si era fatto cogliere con le mani nel sacco, mentre stava rubando dagli armadietti dei commilitoni. Perciò era stato immediatamente promosso a bersaglio per i pietosi tentativi del giovane Sith di produrre i fulmini della Forza. Vader non sentiva davvero la necessità di un pretesto, quando occorreva scegliere una cavia. Ma, siccome Luke di solito sì, suo padre era abbastanza comprensivo da facilitare l’addestramento cercando qualcuno con una colpa qualsiasi: non era difficile in mezzo a un equipaggio così numeroso.

La palestra divenne silenziosa, a parte il rumore del respiratore meccanico, alle spalle di Luke. Com’era ovvio, il Signore Oscuro non era soddisfatto della sua prestazione. Stava chiaramente riflettendo su come istruire meglio il figlio. «Non importa con quanta energia spingi nella Forza,» gli disse infine. «La qualità dei tuoi sentimenti fa la differenza, non la loro profondità. Devi rilasciare rabbia e odio puro.»

Il giovane annuì automaticamente, ma si stava stancando. Quelle sessioni sui fulmini si erano dimostrate le più frustanti che avesse mai sopportato. Era piuttosto irritante ascoltare prediche su qualcosa che suo padre stesso non poteva fare e molto difficile imparare senza un esempio da seguire.

Il soldato rinvenne, sbattendo le palpebre.

«In piedi!» gli ordinò Vader secco.

Non desiderando cadere in ulteriore disgrazia, l’uomo obbedì docilmente, anche se con qualche difficoltà, e si mise a pochi passi davanti a Luke, come gli era stato spiegato all’inizio della sessione. Il suo volto rivelava con chiarezza che si era pentito della sua stupida avidità.

Il Sith più giovane alzò le mani nella sua direzione. Provò a odiarlo: quest’uomo non era un ladro che causava solo problemi? Non doveva essere disprezzato? Forse c’era qualcosa di sbagliato in Luke, perché a fatica poteva provare ostilità per lui. Perciò, cambiò strategia e si figurò mentalmente la faccia di Palpatine, l’ultimo vero destinatario dei suoi sforzi. Chiamò la Forza dal suo essere interiore e spinse ancora. La rabbia, che provava per l’Imperatore, si mescolò immediatamente alla costernazione per la paura che vide negli occhi del soldato. La risultante spinta debole, senza la minima traccia di fulmini, fece solo dondolare l’obbiettivo fino a farlo cadere sulle proprie ginocchia, con gli occhi ancora rivolti alla faccia del suo aggressore.

Davanti al nuovo fallimento, Luke chinò la testa. Poteva percepire facilmente l’impazienza di suo padre. Udì la spada di Vader accendersi dietro di lui: gli ci volle tutto il suo autocontrollo per non sobbalzare. La parte terminale della lama rossa entrò nell’angolo inferiore della sua visuale, vicino al suo braccio destro, lasciato nudo dalla canotta che indossava abitualmente durante l’addestramento. Chiuse gli occhi e si morse il labbro. Il rovente tocco della spada lo tagliò lentamente, ma superficialmente, sulla parte superiore del suo arto. Deglutì, reprimendo un gemito, mentre poteva sentire l’odore della propria carne che si cauterizzava. Respirò profondamente. Poi riaprì gli occhi.

Il soldato, pieno di stupore, stava osservando la ferita. Il suo sguardo corse alle tenui cicatrici che coprivano entrambe le braccia del giovane Sith. L’improvvisa comprensione che erano il risultato di anni di addestramento divenne chiara alla sua mente e uno sguardo empatico gli apparve sulla faccia.

Quel tizio lo stava compatendo!

La rabbia di Luke crebbe subito forte. Chi si credeva di essere? Una specie di suo camerata nella disgrazia? Quel soldato non capiva niente: non poteva nemmeno comprendere la differenza tra gli spiacevoli svantaggi di un addestramento Sith e l’adeguata punizione per un ladro. Ora, desiderava che l’uomo soffrisse per la sua insolenza. Alzò le braccia e rilasciò un rapido, ma potente, fulmine.

L’uomo urlò per il dolore e cadde a terra.

Capiva adesso? Al giovane Sith non interessava veramente, voleva solo fargli del male. Lo colpì ancora, questa volta continuando a generare fulmini.

Il soldato non poteva far altro che gridare e contorcersi per il dolore… proprio come Luke stesso aveva fatto diverse volte sotto gli attacchi di Palpatine.

L’improvvisa consapevolezza spezzò la sua concentrazione. Guardò dubbioso al tizio che ora stava gemendo debolmente. Conosceva anche troppo bene la nausea e la disperazione che l’uomo stava provando.

«Notevole,» lo lodò suo padre. «Veramente notevole. Devi imparare a protrarre ciò che hai sentito.»

Il giovane annuì debolmente, mentre i suoi occhi colpevoli erano ancora fissi sul soldato: la maggior parte del dolore se n’era andato, ma la paura di un nuovo attacco era chiara sulla sua faccia.

«Uccidilo,» ordinò Vader.

Luke deglutì. Non poteva. Non poteva proprio: non lo odiava più; non voleva che soffrisse. «Io… io…,» balbettò. Cosa poteva dire? Giustificazioni e lamentele non erano opzioni: facevano sempre arrabbiare il Signore Oscuro nei suoi confronti. «Io penso che abbia imparato la lezione per questa volta,» si lasciò sfuggire alla fine.

Udì i passi di suo padre: da dietro gli girò intorno per guardarlo in faccia. Poteva percepire il suo sguardo su di lui. Stava chiaramente soppesando il rifiuto del figlio. Stava per punirlo di nuovo?

«Molto bene,» gli accordò Vader sorprendentemente. «Sei abbastanza grande per giudicare in queste faccende di minore importanza. Se non riesci a sentire che merita la morte è inutile proseguire,» gli spiegò. Poi, si voltò verso il soldato che si stava lentamente alzando. «Siete un uomo molto fortunato. Fate in modo che non senta più la minima lamentela sul vostro conto o mi occuperò personalmente di voi, davanti al vostro stesso plotone. Siete licenziato.»

«Grazie, mio signore,» l’uomo balbettò, ancora incredulo di essere vivo. Fece il saluto militare e se ne andò.

Quando padre e figlio furono di nuovo da soli, il Signore Oscuro riprese a parlare con Luke. «Sappi che domani saremo a Coruscant,» lo mise in guardia, puntandogli un dito. «Per il tuo bene, è meglio che tu sia più determinato.»

Il giovane Sith impallidì all’idea del prossimo duello con Palpatine, ma annuì leggermente, guardando dritto nelle lenti nere: era sicuro di poter facilmente protrarre l’odio per il vecchio tiranno.

«Ora devo andare sul ponte. Questa sera, vieni nel mio ufficio: dobbiamo ancora studiare alcuni dettagli del nostro piano,» lo istruì Vader prima di lasciare la stanza.
 

***
 

Il giorno seguente, Luke sentiva le sue viscere stringersi in paura, mentre lui e Vader camminavano lungo i corridoi del Palazzo Imperiale che conducevano alla sala del trono, nella parte superiore della costruzione. Ufficialmente era un prigioniero portato difronte all’Imperatore. In realtà le sue mani erano libere e la sua spada laser era agganciata alla sua cintura. Era ben consapevole che, entro un’ora, almeno uno di loro tre sarebbe stato morto. Suo padre si diceva certo della loro vittoria. Eppure, lui non si sentiva così ottimista. Naturalmente erano in due contro uno, ma Palpatine era molto più forte di loro: le ferite del Signore Oscuro lo indebolivano, nonostante il suo grande potere; suo figlio era giovane e in salute, ma ancora carente in esperienza.

La porta si aprì ed entrarono dentro la sala del trono. Nella parte superiore della stanza, Palpatine sedeva sul suo scranno nero, girato verso l’ampia finestra. Apparentemente osservava il paesaggio.

Vader camminò verso la breve scala per avvicinarglisi. Come avevano concordato il giorno precedente, Luke si occupò immediatamente delle due guardie rosse. Senza nemmeno girarsi verso di loro, afferrò le loro gole con la Forza e le soffocò, mentre camminava dietro suo padre.

Il trono ruotò e il vecchio tiranno li squadrò con un sorriso sottile dipinto sulle labbra. «Lord Vader,» disse con un quieto tono divertito, «finalmente! Iniziavo a pensare che non avessi il coraggio di completare il tuo apprendistato.» Si alzò lentamente e avanzò di qualche passo.

Luke si stupì all’accettazione del tradimento in quelle parole, come parte naturale della vita dei Sith. Quello non era ciò che Vader gli aveva insegnato.

Palpatine rise e l’osservò. «Sei sorpreso, ragazzo

Il più giovane dei Sith non si sentiva abbastanza sicuro su cosa rispondere e rimase in silenzio.

«Cosa pensi?» lo schernì l’Imperatore, «Che se io vengo eliminato, tu e Vader non vi tradirete l’un l’altro solo perché siete padre e figlio?»

Luke non ci aveva mai pensato e probabilmente avrebbe fatto meglio a non pensarci proprio in quel momento. La sfida aveva lo scopo evidente di rompere la sua concentrazione e minare la sua lealtà. Eppure non poté fare a meno di interrogarsi, con l’angolo dell’occhio osservò il Signore Oscuro a suo fianco.

Suo padre, ben consapevole di ciò che stava accadendo, interruppe il monologo del suo padrone accedendo la sua spada. «Tutto ciò non ha senso,» dichiarò.

Palpatine gli rivolse una veloce occhiata, prima di rivolgersi di nuovo al giovane. «Ora ha bisogno di te per detronizzarmi, ma dopo tu sarai solo un pericolo per lui,» lo mise in guardia minacciosamente.

Gli occhi azzurri si rivolsero completamente verso suo padre questa volta, valutando la situazione. Luke non raggiunse una conclusione certa, ma desiderava solo che il vecchio tiranno la smettesse di parlare e di instillargli dei dubbi.

L’Imperatore era naturalmente consapevole del suo disagio e proseguì, mantenendo il tono calmo. «La fede in tuo padre è la tua debolezza.»

«E la sicurezza è la vostra,» ribatté questa volta il giovane.

Il sorriso di Palpatine si ampliò. «Non mi credi?» lo sfidò. «Eppure, il giorno che si adirerà con te per davvero, ti strangolerà come fece con tua madre.»

L’ira del Signore Oscuro scoppiò violentemente nella Forza. Urlò di rabbia e si scagliò risolutamente contro il Sith più anziano. L’Imperatore era pronto: la sua spada laser venne fuori da qualche parte del suo mantello nero e cominciarono a combattere.

Luke rimase immobile, osservandoli. Non riusciva a muoversi dopo quello che aveva appena sentito. Le parole di Palpatine e la reazione di Vader sembravano confermare le sue peggiori supposizioni sulla fine di sua madre. Avrebbe dovuto aiutare, come avevano pianificato per giorni. Invece, fece qualche passo in avanti verso i due avversari che stavano duellando ferocemente. Aveva bisogno di risposte e ne aveva bisogno adesso, ma nessuno poteva dargliele. Perciò, raggiunse la mente di suo padre e lo sondò a fondo. L’ovvia rabbia tetra avvolgeva il suo intero essere: la sua forza era impressionante e creava quasi l’illusione che fosse l’unico sentimento dentro di lui. Quasi. Riuscendo ad attraversare quella barriera nera, il giovane Sith trovò un caos di emozioni represse che erano difficili da mettere in relazione con il Signore Oscuro: dispiacere, dolore e un bruciante rimorso. L’aveva fatto, l’aveva veramente fatto! Ma poi l’aveva rimpianto così tanto che non era stato più in grado di perdonarsi e si era proibito da solo qualsiasi felicità.

Se Vader fosse consapevole della profonda indagine che suo figlio stava compiendo, non ne diede segno. Era nei guai: nonostante Palpatine fosse più vecchio, era molto più veloce di lui. I quattro arti artificiali di Vader non potevano reggere il confronto con la rapidità del suo maestro e appariva un po’ impacciato paragonato a lui. I due contendenti scesero le scale, affrontandosi. Nel loro duello, si spostavano ruotando e le lenti nere incrociarono lo sguardo del figlio, tradendo in qualche modo un rimprovero silenzioso per l’indecisione del giovane. Quella distrazione si dimostrò fatale. L’Imperatore tagliò via la sua mano destra, lasciandolo senza la difesa della sua spada.

Ridendo, Palpatine emanò una scarica di fulmini della Forza verso il petto di Vader, bloccando temporaneamente i controlli del suo respiratore artificiale.

Il Signore Oscuro volò indietro di alcuni metri, perdendo conoscenza.

Dispiacere e vergogna s’impossessarono di Luke: aveva giurato a suo padre che non lo avrebbe deluso, ma aveva lasciato che Palpatine li dividesse e poi aveva solo guardato, senza agire. Arrabbiato più con sé stesso che con chiunque altro, fece qualche passo in avanti e, alzando le mani, emise un fulmine verso il vecchio tiranno.

L’Imperatore, colto di sorpresa, cadde e la sua spada finì a terra. Ma l’attacco non era stato molto forte: non era svenuto e si rialzò quasi immediatamente. I suoi lineamenti si indurirono.

Ora Luke era terrorizzato. Emise un’altra scarica di fulmini. Ma questa volta il suo avversario era pronto e contrattaccò con forza opposta. L’aria tra loro divenne pericolosamente elettrizzata. Il giovane Sith non era in grado di generare tanto potere più a lungo: finì colpito e cadde all’indietro.

«Giovane stolto,» sibilò Palpatine. «Quanto potenziale sprecato! Avresti dovuto scegliere meglio il tuo alleato e imparare da chi ti poteva insegnare.»

Luke scattò in piedi, sganciò la sua spada laser e l’accese. L’Imperatore attaccò ancora con fulmini di potenza enorme. Il giovane li assorbiva con la lama rossa, ma era obbligato lo stesso ad arretrare. Palpatine avanzò, continuando a originare fulmini, senza fatica apparente. Finirono per spostarsi verso la parte sinistra della stanza e poi su un ponte retrattile che conduceva al giardino privato sospeso. Sotto a esso, c’era solo il vuoto per centinaia di metri.

Nel frattempo Vader aveva ripreso conoscenza e si era avvicinato a loro. Luke vide il Signore Oscuro dietro a Palpatine, vicino al bordo, ma ancora nella stanza. La sua rimanente mano sinistra era prossima ai controlli del ponte: doveva solo premere il pulsante che lo chiudeva e avrebbe vinto.

Il giovane Sith, terrorizzato, era consapevole che non c’era possibilità di fuga né per lui stesso, né per Palpatine. Avrebbe dovuto essere orgoglioso di aver adempiuto al proprio destino, permettendo al suo padrone di conquistare l’Impero. Allora, perché non provava altro, se non il dispiacere per la vita che avrebbe perso nella sua giovinezza? Parava ancora i fulmini automaticamente, mentre si faceva coraggio per affrontare la lunga caduta, che gli avrebbe lasciato un bel po’ di tempo per pensare, e per il violento impatto finale al suolo, che lo avrebbe ucciso.

Ma Vader non si decideva a premere il pulsante e continuava a fissarlo.

Anche l’Imperatore percepì il pericolo. Interruppe l’attacco verso il giovane Sith, si voltò di scatto e, con una rapidità sorprendente, correndo verso la sala del trono, fece volare di nuovo indietro il Signore Oscuro con una violenta scarica di fulmini.

Luke sapeva che Palpatine non conosceva le esitazioni di suo padre e lo inseguì. Ma era troppo tardi: non appena l’Imperatore mise saldamente i propri piedi nella sala del trono, premette il pulsante che controllava il ponte retrattile.

Il giovane sentì il pavimento scivolare via sotto gli stivali. Lasciando cadere la sua spada laser nel vuoto, riuscì ad afferrare con le mani l’angolo del ponte che si stava chiudendo, mentre questo si avvicinava all’edificio. Ma quando esso sparì all’interno della parete, per Luke iniziò la caduta. Pochi metri più sotto, agguantò al volo un’asta portabandiera che fortunatamente sporgeva dalla superficie della facciata e si tenne aggrappato lì.

Non c’erano appigli per arrampicarsi, ma se non trovava il sistema di tornare di sopra, presto avrebbe seguito la sua spada laser, mentre le forze iniziavano a lasciarlo. Si calmò, concentrandosi profondamente nella Forza. Percepì che il piano da cui era caduto si trovava molto al di sopra del suo livello. Palpatine non era più sul bordo del ponte, la sua attenzione era completamente presa dai fulmini che stava ampiamente usando contro suo padre, ormai al limite dell’incoscienza. Il giovane Sith doveva eseguire un salto altissimo. Sospirò. Superando la paura di un eventuale fallimento, si affidò alla Forza e si spinse in su finché fu all’altezza della sala del trono. Con un’elegante capriola nell’aria, toccò il pavimento, perfettamente sui suoi piedi.

L’Imperatore era diversi metri avanti, rivolto verso l’altra parte, dove giaceva Vader, il cui consueto respiro pesante suonava ancora più difficoltoso. Il vecchio tiranno era troppo preso dalla sua vittima per aver notato cosa era avvenuto alle sue spalle. «Anakin,» apostrofò il suo servo, «tu sei solo un fallimento: un vero Sith avrebbe chiuso il ponte. Hai fallito come Jedi e hai fallito come Sith.»

Luke comprese che Palpatine stava per riprendere l’attacco contro suo padre. Doveva coglierlo di sorpresa alle spalle. Vide la spada laser di Vader vicino alle scale, dove il Signore Oscuro aveva perso il suo arto artificiale. La richiamò con la Forza e l’accese non appena fu nelle sue mani.

Il movimento fu intercettato con la coda dell’occhio dall’Imperatore che si voltò per affrontarlo. Il suo stupore, alla vista del giovane ancora vivo, fu presto rimpiazzato da una feroce rabbia. Richiamò anche lui la propria spada dal pavimento, l’accese e gli corse incontro, urlando in odio. E allora ci fu l’errore. Nella sua furia, il vecchio tiranno non fu freddamente cauto e iniziò il suo colpo troppo presto, alzando la spada prima di aver spezzato la guardia del suo avversario.

Erano solo pochi millesimi di secondo, in cui il fianco del vecchio tiranno rimase esposto, ma per il Sith più giovane furono sufficienti a colpirlo appena sotto la cassa toracica a sinistra. Luke voleva finirla una volta per tutte. Non ritirò la lama dopo il colpo, ma la mantenne dentro al corpo del suo avversario, mentre avanzava di un altro passo, e le fece definitivamente tagliare l’uomo anziano in due parti, lasciandosi cadere su un ginocchio.

La morte di Palpatine fu nella Forza come un improvviso tornado: l’energia oscura fluiva intorno a lui, come se avesse potuto spazzar via tutto con sé. Ma scemò rapidamente, lasciando una pacifica luce al suo posto.

Il giovane Sith fu certo che il suo avversario fosse finito, prima ancora di voltarsi per verificarlo con i propri occhi. Si alzò e osservò il vecchio corpo morto, incredulo che l’incubo di tutta la sua esistenza non ci fosse più, sconfitto dalla più banale delle forme di combattimento, a causa del suo eccesso di rabbia. Al suo posto, solo un cadavere, rigido e patetico come quello di chiunque altro.

La contemplazione di Luke venne interrotta dal crescente rumore del respiro affannoso di Vader. Gli si avvicinò e si inginocchiò di fianco a lui. Sentì la sua presenza divenire sempre più debole, anche se era meno oscura del solito, anzi quasi luminosa alla radice. «Chiamo subito il soccorso medico,» provò a rassicurarlo, mentre scrutava la stanza per trovare il sistema di comunicazione.

«No,» gli disse suo padre con grande sforzo, «per me è finita. Aiutami: toglimi questa maschera.»

«Ma morirai,» protestò il figlio.

«Niente può impedirlo ormai,» spiegò Vader. «Lascia che, per una sola volta, ti guardi con i miei veri occhi.»

Il giovane annuì debolmente. Non aveva la più pallida idea di come fosse chiusa la maschera. Gli sfilò l’elmetto e, con le mani, cercò un gancio di apertura dietro al collo. Lo trovò e rimosse la perpetua barriera nera tra lui e suo padre.

Non era pronto a quella vista.

Il terribile Signore Oscuro era una uomo calvo e sfregiato. Sembrava molto più anziano dei suoi quarantatré anni. Solo gli occhi azzurri erano gli stessi che Luke aveva visto nella vecchia foto.

Tante domande affollavano la testa del giovane Sith, ma una cosa soprattutto non capiva. Si voltò indietro per osservare il ponte retrattile chiuso: suo padre aveva avuto l’Impero fra le mani, eppure non aveva premuto il pulsante. Luke poteva pensare a una sola spiegazione logica, ma non osava contemplarla. Si voltò di nuovo, per guardare Vader negli occhi. «Perché?» gli chiese.

«A cosa serve un Impero, se si perde ciò che di più prezioso si possiede?» rispose l’uomo più maturo.

Luke arrossì: non aveva mai sperato, nemmeno sognato, che suo padre potesse provare quel sentimento nei suoi confronti.

«Non intendevo far del male a tua madre,» dichiarò il Signore Oscuro con il tono di implorare perdono.

«Lo so,» rispose suo figlio, ancora colpito dal forte rimorso che aveva scoperto, quando aveva sondato a fondo suo padre.

«Luke,» lo chiamò Vader con grande sforzo, «ora l’Impero è tuo. Sii saggio nelle scelte: non farti odiare dalle persone che ami.»

«Io non ti odio, padre,» dichiarò suo figlio immediatamente.

Il Signore Oscuro tentò un ultimo respiro soffocato e un sorriso gli increspò le labbra: il sorriso paterno che Luke non aveva mai visto prima di allora. Poi chiuse gli occhi e morì.

  
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