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Autore: Eloise_Hawkins    17/09/2013    1 recensioni
Se Daphne avesse più coraggio, direbbe a Draco che non vuole un ricordo di Astoria. Ma Daphne è stata una Serpeverde, non una Grifondoro, s’intende di omertà e omissione, non di audacia e temerarietà.
Così, mentre lui si chiude nel bagno di quel piccolo appartamento che ha comprato dopo che sua moglie se n’è andata, la donna stringe le labbra e spinge indietro la collera e il dolore. Abbassa lo sguardo solo un attimo – quel tanto che le basta per vedere, tra le mille strappate, l’unica fotografia ancora intatta. Daphne la raccoglie da terra e la guarda. Un’Astoria che non ha mai conosciuto la fissa con occhi spenti dall’altro lato dell’immagine, la mano poggiata sul ventre tondo e gonfio.
Le dita della donna tremano e la fotografia cade a terra. Quando alza gli occhi, Draco la sta guardando. E, per la prima volta da dieci anni, la sta guardando negli occhi.
Se Daphne avesse più coraggio, direbbe a Draco che l’unico regalo che vuole è proprio Astoria.
[Questa storia si è classificata prima al contest "Festività ad Hogwarts", indetto da AngeliqueBouchard sul forum di Efp, e giudicato da GiulyV]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Daphne Greengrass, Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Titolo: Prima che l’amore finisca

 

 

P rima che  l ’ amore finisca

 

 

Una macchia rossa su una distesa bianca: è questa l’immagine che i suoi occhi individuano e seguono. Nascosto dietro il vetro opaco di una finestra resa pallida dal denso ghiaccio che si è irradiato, come una ragnatela, dalla cornice d’argento fino al centro del cristallo, osserva con occhi avidi e stranamente inespressivi quell’errore scarlatto, che oscilla lievemente, come smosso da un vento leggero. Invisibile dall’alto della sua posizione, non è altro che uno spettatore ansioso in attesa di qualcosa. Gli sembra quasi di sentire la neve scricchiolare sotto i passi di quell’esile figura: misurati e quieti, sono una fila interminabile ed elegantissima, che lascia dietro di sé, come unico segno del suo passaggio, piccole orme deformi e stonate.

Daphne non sa ancora che lui la sta guardando, ma riesce a intuire il suo sguardo, a immaginare i suoi gesti: quasi lo vede, mentre si ritira oltre il cono d’ombra della finestra quando lei, per il solo piacere di provocarlo, si ferma e, piegandosi appena, lancia un’occhiata in alto, oltre la tela dell’ombrello, oltre la cornice che il balcone disegna con il cielo, dritto in quella stanza. Sorride, prima di accelerare appena il passo, quasi un desiderio irrefrenabile e sconveniente si fosse impadronito di lei: i fiocchi candidi si impigliano tra i capelli dorati mentre lei, completamente dimentica della funzione cui dovrebbe attendere l’oggetto che tiene tra le dita esili e bianchissime, spinge il grande portone d’ingresso e divora con ansia gli scalini. Non ha nemmeno bisogno di bussare: Draco la aspetta sulla soglia del suo appartamento, sul volto un’espressione tesa, quasi colpevole. Quando lui la vede, la debole luce dei suoi occhi si spegne.

Daphne finge di non notare il divorante buio che serpeggia, minaccioso, nei suoi occhi vacui. Draco spera di affogare quel dolore nel suo sguardo e sui suoi seni.

È Natale, ed entrambi sono soli. È Natale, ma non c’è nessun albero dentro casa di Draco, né c’è luce nei gesti di Daphne, o gioia sul viso di entrambi. È Natale, e anche se nevica, non dovrebbe esserlo, perché c’è solo sofferenza dentro quel giorno.

Draco la bacia prima ancora che lei abbia il tempo di sfilarsi il cappotto. Daphne si lascia possedere senza reticenze né pudori. Perché, così, lui può fingere di averla ancora, lei può ingannarsi di averlo avuto in ogni tempo. È così da sempre. È così da allora.

 

***

 

Quando Daphne aveva saputo del matrimonio, non aveva reagito come Astoria si sarebbe aspettata. Le urla e i pianti che la ragazzina era certa di sentire, infatti, erano stati sostituiti da un’indifferenza, arroccata su una rupe di silenzio, che aveva fatto più male di tutto.

La piccola di casa Greengrass nutriva per il padre un’adorazione che rasentava la dipendenza. Perciò, quando lui le aveva imposto, senza possibilità d’appello, di sposare Draco Malfoy, lei aveva accettato di buon grado, nonostante conoscesse appena quel ragazzo, perché questa era la sua volontà. Pensava, da adolescente onesta e da figlia ubbidiente, che le decisioni del padre andassero al di là del bene e del male, ragion per cui, nonostante fosse più che consapevole del sentimento – ossessione – che sua sorella nutriva per l’uomo in questione, non pensò nemmeno per un istante di potersi rifiutare.

Quella era stata la prima crepa che aveva diviso le sorelle Greengrass, una sottile fenditura che si era allargata diventando precipizio voragine burrone e infine baratro. Ci erano cadute entrambe, anche se Daphne ancora non lo sapeva: perché nel trascinare giù Astoria, non si era resa conto che ci era finita dentro anche lei.

 

***

 

Luci multicolori lampeggiano a intermittenza dentro la stanza, dando ai due occupanti l’illusione di trovarsi a pochi metri da un circo in festa. In realtà, sono solo le piccole, allegre lampadine dell’albero di Natale del vicino di casa a lanciare sprazzi blu, oro e verdi dentro la camera da letto.

Draco guarda il soffitto, osservando le ombre che quei nuovi colori drappeggiano sul muro bianco. L’intonaco cadente è quasi una cornice grottesca ai suoi pensieri: racchiude spettri beffardi di una vita che non è più la sua.

Daphne consuma ossigeno quasi divorando l’aria, tesa di un nervosismo di cui finge di non conoscere la causa e che non ha più fine da troppo tempo, ormai.

« Credo che dovremo andare a trovarla » dice solamente, la voce priva di inflessioni e depurata da ogni accento. Draco le lancia un’occhiata obliqua: le sue iridi sembrano metallo fuso, adesso, e lei riesce quasi a vedere i fantasmi che si addensano dietro le nuvole di una tempesta che sembra imminente.

« Quando?» domanda lui con tono estremamente pacato, tradendo ogni aspettativa. Di tutte le risposte che può dare, quella è senz’altro la più inaspettata. Daphne sposta lo sguardo verso la finestra: oltre il vetro, candidi fiocchi di neve volteggiano nell’aria. Nel salotto dell’appartamento di fronte compare e scompare la sagoma di un albero di Natale.

« Prima che l’amore finisca »

 

***

 

Da quel giorno, Daphne non aveva fatto altro che collezionare istanti bruciati. Aveva cominciato ad uscire con tanti uomini, senza amarne mai nessuno. Era partita e non era tornata per mesi lunghissimi, mesi durante i quali, anche se lei non poteva saperlo, la sorella l’aveva attesa con l’ansia di una traditrice che attende il suo verdetto finale.

Daphne non era nemmeno andata al matrimonio, non le aveva mandato una sola lettera di congratulazioni. Astoria era diventata, nel giro di pochi mesi, più che una nemica, una sconosciuta.

C’era stato un tempo, che lei ricordava con una punta di nostalgica malinconia, in cui sua sorella era un’amica fidata, una complice preziosa, un’alleata a cui non avrebbe mai potuto rinunciare. C’era stato un tempo, tanto lontano da non sembrare neanche più vero, in cui avrebbe potuto perdonare l’egoismo di Astoria. Quel tempo, però, era passato, aveva ceduto il passo al rancore prima, alla gelosia poi. L’invidia, alla fine, aveva corroso anche la delusione, annichilendo persino la debole propensione al perdono che, durante i suoi mesi d’assenza, si era accesa in lei come una salvifica luce che non aveva tardato a spegnersi.

Daphne aveva strappato dal cuore e dalla mente ogni ricordo di Astoria, eccezion fatta per l’ultimo, quello che voleva conservare di lei: l’immagine di due occhi troppo uguali ai suoi per poter essere assolti.

In una casa esageratamente grande per essere così vuota, aveva trascinato con sé i fantasmi di una vita che non era più, estirpando ogni possibile memoria: i vestiti di Astoria, il cespuglio di fiori piantato alla sua nascita per celebrarne l’arrivo, il letto sul quale loro due, la notte, si scambiavano segreti e parole, confidavano sogni e desideri. Persino le fotografie che accendevano i muri della loro villa di sorrisi luminosi e spensierati, felici. Daphne le aveva staccate dalle pareti, le aveva estratte dalle cornici e le aveva strappate. Tutte le foto in cui loro due erano insieme erano state lacerate, divise com’era successo a quelle donne nella realtà. L’Astoria nelle foto si era rabbuiata, aveva pianto e strillato ma Daphne non le aveva dato possibilità d’appello: aveva rinchiuso le centinaia di piccole Astoria delle foto in una scatola, e le aveva mandate alla sorella in carne e ossa. Crudele e vendicativa come una Serpeverde dovrebbe essere. Spietata come una sorella non dovrebbe diventare.

 

***

 

Quando Daphne si alza, Draco la guarda. Per un attimo, gli sembra di avere davanti la donna che ha sposato dodici anni prima. È solo un istante, un battito di ciglia; poi, Astoria scompare, e davanti a lui non rimane che l’eco sbiadita di una donna troppo bella – troppo sola. Si riscuote in un istante, arrotolandosi tra le coperte come un bruco che si vuol trasformare in farfalla. La metamorfosi non ci sarà mai, lui lo sa, ma quel bozzolo morbido lo fa sentire protetto.

Prima che la donna ritorni, apre il cassetto del comodino che ha accanto e ne estrae, con una cura che sfiora l’ossequio, una scatola. La poggia sul letto, accanto a sé, poi si volta di nuovo: non vuole vedere l’espressione di Daphne quando la scorgerà.

« Cos’è? » domanda lei, con voce dura, quando intercetta la sagoma rettangolare dell’oggetto.

« Il tuo regalo di natale » La voce di Draco è monocorde e piatta. Non c’è traccia di emozione dentro di lui.

« Io non ti ho comprato niente » Daphne si siede sul bordo del letto, prende la scatola e la poggia sulle ginocchia. Non sembra imbarazzata da quella mancanza, né tantomeno eccitata per aver ricevuto un regalo: tutto, dentro di lei, sembra essersi spento.

L’uomo non emette alcun suono mentre lei solleva lentamente il coperchio, ma forse quel silenzio doveva già essere un segno premonitore: Draco sta trattenendo il respiro. Quando si volta, ha addosso gli occhi verdi di Daphne, due braci ardenti in fondo alle quali lampeggia l’eco del dolore.

« Che cosa significa? » La sua voce non traballa, ma lui sa che in fondo alla gola c’è un sentimento soffocato a cui lei non vuole dar modo di scappare.

« Le ha tenute tutte » risponde semplicemente, alzandosi in piedi e regalandole il profilo incurvato della schiena. È schiacciato da un peso troppo grande da sostenere: la naturale inclinazione della colonna vertebrale ha ceduto sotto il greve fardello dei ricordi – del dolore.

« Non le voglio. Non mi interessano » La donna afferra con un gesto frettoloso e irriverente le fotografie a metà che giacciono sul fondo della scatola. Due o tre finiscono a terra, qualcun’altra tra le lenzuola candide che ricoprono il letto. Un’Astoria ragazzina occhieggia con sguardo triste la linea dura della mascella di una Daphne in carne e ossa, imponente signora che troneggia sopra di lei con sguardo implacabile.

Sta tremando, ma né il ricordo di quella bambina rinchiusa dentro le foto, né l’uomo che le sta accanto, possono notarlo. Il ricordo della sorella ha suscitato in lei emozioni contrastanti, violente e bellissime al tempo stesso, ma anche dolorose e feroci.

Davanti a lei, anche Draco trema.

 

***

 

Daphne l’aveva saputo due mesi dopo, perché si era rifiutata di ricevere sue notizie tre anni prima. Quando Draco si era presentato a casa sua, sfondando il grande portone d’ingresso e imponendole con urla e incantesimi un colloquio, lei aveva cercato di cacciarlo e, quando non c’era riuscita, aveva tentato di Schiantarlo. L’uomo era stato più veloce, spinto da un dolore che lei gli leggeva in fondo agli occhi ma a cui non aveva saputo dare un nome.

Era Gennaio. Un sole pallido filtrava attraverso le nuvole grigie di un cielo inclemente, che regalava lo stesso gelo con cui lei aveva accolto la notizia.

Draco l’aveva guardata a lungo, in silenzio, aspettando lacrime che non arrivarono mai. Poi se n’era andato, trascinando via con sé anche il ricordo di un amore che non era mai stato.

 

***

 

Se Daphne avesse più coraggio, direbbe a Draco che non vuole un ricordo di Astoria. Ma Daphne è stata una Serpeverde, non una Grifondoro, s’intende di omertà e omissione, non di audacia e temerarietà.

Così, mentre lui si chiude nel bagno di quel piccolo appartamento che ha comprato dopo che sua moglie se n’è andata, la donna stringe le labbra e spinge indietro la collera e il dolore. Abbassa lo sguardo solo un attimo – quel tanto che le basta per vedere, tra le mille strappate, l’unica fotografia ancora intatta. Daphne la raccoglie da terra e la guarda. Un’Astoria che non ha mai conosciuto la fissa con occhi spenti dall’altro lato dell’immagine, la mano poggiata sul ventre tondo e gonfio.

Le dita della donna tremano e la fotografia cade a terra. Quando alza gli occhi, Draco la sta guardando. E, per la prima volta da dieci anni, la sta guardando negli occhi.

Se Daphne avesse più coraggio, direbbe a Draco che l’unico regalo che vuole è proprio Astoria.

 

***

 

Si dice che il dolore ha cinque fasi. La prima, la negazione, Daphne l’aveva saltata o, se l’aveva affrontata, era durata davvero poco. Lei era passata direttamente alla seconda: la rabbia. Era deflagrata dentro di lei qualche ora dopo che Draco se n’era andato, e non l’aveva abbandonata per tanto, troppo tempo. La notizia l’aveva lasciata incredula e intontita, sulle prime, ma ben presto aveva fatto accrescere in lei un sentimento di fastidio bruciante.

Astoria era morta il giorno di Natale. L’aveva saputo da Draco, qualche mese dopo, quando l’ira era diventata talmente accecante che era stato impossibile controllarla. Allora, lei aveva cercato risposte dall’unica persona che poteva dargliele.

Draco era stato paziente, stranamente mite: quell’uomo non aveva nulla del ragazzino che lei ricordava. La sua boria, l’arroganza e il senso di superiorità di cui amava vestirsi in gioventù, erano stati sostituiti da un velo di pacata apatia che l’avevano reso un uomo cupo e grigio. L’algida bellezza che aveva ereditato da sua madre era stata completamente risucchiata da quell’aura di tristezza che lui si trascinava dietro, e che aveva sorpreso Daphne, accrescendo la sua rabbia. L’amore, però, quello non era scomparso.

Astoria era morta il giorno di Natale. Si era addormentata con il sorriso sulle labbra, fiori scarlatti a sbocciare dai suoi polsi e un ventre troppo piatto per una donna all’ottavo mese di gravidanza.

Draco l’aveva raccontato con una voce insipida, spenta di ogni emozione. Aveva detto che aveva sofferto molto per la rottura del loro rapporto; che era riuscita ad andare avanti, per un po’, poi la sua fragilità aveva preso il sopravvento. Dopo, non era più stata la stessa. L’aveva portata via una debolezza che aveva catturato prima la mente e poi il corpo, cominciata con la perdita del figlio che portava in grembo e terminata con il suo suicidio.

Draco aveva detto che, negli ultimi tempi, Astoria parlava spesso con lei. Nella sua mente, loro erano ancora insieme: solo in quei dialoghi ritrovava la pace, e lui aveva il sospetto che il sorriso con cui l’aveva trovata quella notte, era lo stesso che Daphne le aveva dipinto sulle labbra.

Non le aveva dato nessuna colpa, ma nella sofferenza sottile del suo racconto c’era una traccia di rancore che la donna non aveva potuto ignorare.

Quando Daphne si era alzata, la bocca cucita da un silenzio indifferente, lui le aveva rivelato la verità più crudele, quella che attendeva di svelare dall’inizio del loro incontro.

« Non ha mai voluto sposarmi. I primi tempi non voleva guardarmi negli occhi, non permetteva che la sfiorassi. Si comportava come te, e lo faceva perché io mi innamorassi del riflesso di una Daphne che, però, dentro di lei non c’è mai stata. Era delicata, Astoria, era bella di un’ingenuità che l’ha portata alla morte » Draco si era alzato, e l’aveva lasciata sola a percorrere il sentiero del rimpianto.

 

 

Daphne aveva scaricato sulle spalle esili ed eleganti di Astoria il fardello di colpe che in fondo aveva anche lei. In tutti quegli anni, non aveva fatto altro che cucirle addosso errori e mancanze, ricamando sui suoi torti e imbastendo gli sbagli di una ragazzina troppo limpida per sporcarsi con la negligenza. Era stato più facile, in questo modo, continuare ad odiarla. Ma se solo l’avesse ascoltata, se solo fosse stata meno cieca, meno egoista, meno sciocca, se solo avesse letto nei suoi occhi l’amore che nutriva nei suoi confronti, allora avrebbe scoperto, dentro di lei, la volontà di dividere quel fardello.

Astoria non aveva mai voluto sposare Draco. Glielo imponeva la sua condizione, ma dentro di sé sapeva a cosa andava incontro pronunciando quel sì: per Daphne e per sé, era un futuro che non aveva mai desiderato.

Se solo Daphne fosse stata meno ingorda se ne sarebbe resa conto prima della fine, prima che fosse troppo tardi; ora, tutto ciò che le rimaneva da fare, era raccogliere i cocci di una vita mai vissuta e sbrindellare anche quegli ultimi ricordi. Vivere come poteva, in attesa che il senso di colpa e il dolore la portassero là dove riposava Astoria. E amarla di nuovo, prima che l’amore finisse.

 

 

Aveva cominciato a vedersi con Draco. Era stato il bisogno a spingerli l’uno verso l’altra: da un lato, l’amore segreto; dall’altro, il desiderio nascosto. Si vedevano solo a Natale, aspettandosi a vicenda senza un appuntamento e salutandosi la mattina dopo per poi incontrarsi di nuovo l’anno successivo.

A volte, quando la guardava, a Draco sembrava di poter rivedere Astoria. Di tanto in tanto allungava una mano verso di lei, desideroso di toccarla; si ricordava con qualche istante di ritardo che quella non era Astoria – che Astoria non sarebbe tornata mai più.

Daphne le somigliava. Le somigliava in un modo spaventoso, terribile e dolorosissimo. In un modo complice. Le somigliava tanto che Draco a volte smetteva di respirare, e la guardava con il fiato bloccato in gola e la bile a corrodergli lo stomaco. Aveva i tratti delicati e nobili dei Greengrass, Daphne, il collo lungo e sottile della sorella. Ma gli occhi – quelli non erano gli occhi di Astoria, e Draco lo sapeva.

Era questo che la spezzava dentro, ogni volta: lo sguardo che Daphne non potrà mai avere è lo stesso che sua sorella le ha rubato.

Era stato allora che Daphne aveva ricominciato ad odiare Astoria. E quando Draco l’aveva capito, la prima volta che l’aveva toccata con il desiderio di rivivere dentro di lei il suo amore perduto, ne era stato spaventato e affascinato al tempo stesso. Per un tempo lunghissimo, non era stato capace di capire il sentimento di quella donna; quando, infine, aveva compreso che persino il suo odio non era altro che amore mascherato – il tentativo, stupido e inutile, di ingannare se stessi, costringendo il proprio cuore a liberarsi dalle catene di un dolore troppo grande e vero per accettarlo – aveva cominciato ad amarla, in un modo strano e contorto, che non era altro che una pallida eco del suo sentimento per Astoria, ma che, non per questo, era meno vero.

Lei non aveva ancora raggiunto questa consapevolezza, e continuava a ripetere che dentro di lei era rimasto un sentimento tanto effimero e minuscolo, nei confronti della sorella, da non potersi permettere di lasciarlo andare.

 

***

 

Astoria riposa sotto il peso lieve della terra del Galles. Draco l’ha seppellita sotto un albero di ciliegio. Daphne non può fare a meno di ricordare la loro infanzia, il sapore agre di quei piccoli frutti rossi come le sue labbra, la morbidezza dei petali rosa di quella pianta dal tronco ampio e forte, che nessuna delle due riusciva mai a scalare, a vincere. Non riesce a non odiarla: persino dopo la morte, Astoria si è dimostrata più forte e incorruttibile di lei, tenace come solo una donna che ama può essere. Ha amato Draco, di un amore vero e colpevole, involontario e indesiderato, ma delicato e limpido. Ha amato il figlio che non ha mai avuto. Ha amato suo padre, tanto da acconsentire al suo desiderio, anche se non combaciava con quello che lei serbava nel cuore. Ma soprattutto, sopra ogni cosa, ha amato Daphne, anche se lei non era riuscita a farlo di rimando; l’ha amata con tutta se stessa, tanto da consacrarle il suo unico figlio e la sua stessa vita. L’ha amata tanto da sacrificare il suo amore, sempre oscurato da quella traccia indelebile, che aveva fatto più male di tutto.

Astoria riposa sotto il peso lieve della terra del Galles. Draco e Daphne guardano la sua lapide, e non riescono a non piangere. Per lui non sono che lacrime di tutti i giorni, per lei sono le prime da quando sua sorella se n’è andata. Piangono in silenzio, senza dire una parola, ciascuno chiuso nei suoi ricordi. Dopo un tempo interminabile, Draco respira. Dà un’ultima carezza alla lapide, impreziosita dai petali morbidi dei fiori di ciliegio che l’albero regala a quella ragazzina bellissima che un tempo lo accarezzava, poi si allontana con passi stanchi.

Daphne rimane accanto ad Astoria: sa che deve fare ancora una cosa, prima che l’amore finisca. Si siede vicino a lei e, per la prima volta, sorride. Sorride al suo ricordo e alla sua presenza. E sa che ogni cosa andrà al suo posto.

È Natale. Astoria riposa sotto il peso lieve della terra del Galles, circondata da neve e fiori di ciliegio, accompagnata dalla presenza di una sorella amata. È come un cerchio che si chiude. Astoria è morta con il sorriso sulle labbra, Daphne accanto e fiori rossi a sbocciare dalle vene. Daphne chiude gli occhi e si addormenta vicino alla sorella, fiori di ciliegio ad adornarle il capo. Per la prima volta da tanto tempo, ha la pace nel cuore.









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Autore: Eloise_Hawkins

Pacchetto 4 del Natale (più complesso): Personaggi - Daphne Greengrass; Pozione - Felix Felicis; Oggetto – Ombrello; Genere – Introspettivo; Rating – Giallo; Prompt – Fotografia; Contesto - Dopo la II guerra magica/pace; Obbligo - Daphne deve tenere una conversazione con un compagno di Casa a scelta.

Nota dell’autrice: La storia è divisa in due diversi livelli narrativi: il presente, narrato, appunto, al tempo presente, e il passato, per il quale ho usato il passato o il trapassato remoto. Il presente si svolge nel giorno di Natale, il passato ricopre un periodo più ampio, di circa dodici anni.

Non sono riuscita a inserire la pozione; l’oggetto compare a inizio storia.

 


   
 
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