Titolo: Prima che l’amore finisca
P rima che l ’ amore
finisca
Una
macchia rossa su una distesa bianca: è questa l’immagine che i suoi occhi individuano
e seguono. Nascosto dietro il vetro opaco di una finestra resa pallida dal
denso ghiaccio che si è irradiato, come una ragnatela, dalla cornice d’argento
fino al centro del cristallo, osserva con occhi avidi e stranamente
inespressivi quell’errore scarlatto, che oscilla lievemente, come smosso da un
vento leggero. Invisibile dall’alto della sua posizione, non è altro che uno
spettatore ansioso in attesa di qualcosa. Gli sembra quasi di sentire la neve
scricchiolare sotto i passi di quell’esile figura: misurati e quieti, sono una
fila interminabile ed elegantissima, che lascia dietro di sé, come unico segno
del suo passaggio, piccole orme deformi e stonate.
Daphne
non sa ancora che lui la sta guardando, ma riesce a intuire il suo sguardo, a
immaginare i suoi gesti: quasi lo vede, mentre si ritira oltre il cono d’ombra
della finestra quando lei, per il solo piacere di provocarlo, si ferma e,
piegandosi appena, lancia un’occhiata in alto, oltre la tela dell’ombrello,
oltre la cornice che il balcone disegna con il cielo, dritto in quella stanza.
Sorride, prima di accelerare appena il passo, quasi un desiderio irrefrenabile
e sconveniente si fosse impadronito di lei: i fiocchi candidi si impigliano tra
i capelli dorati mentre lei, completamente dimentica della funzione cui
dovrebbe attendere l’oggetto che tiene tra le dita esili e bianchissime, spinge
il grande portone d’ingresso e divora con ansia gli scalini. Non ha nemmeno
bisogno di bussare: Draco la aspetta sulla soglia del
suo appartamento, sul volto un’espressione tesa, quasi colpevole. Quando lui la
vede, la debole luce dei suoi occhi si spegne.
Daphne
finge di non notare il divorante buio che serpeggia, minaccioso, nei suoi occhi
vacui. Draco spera di affogare quel dolore nel suo
sguardo e sui suoi seni.
È
Natale, ed entrambi sono soli. È Natale, ma non c’è nessun albero dentro casa
di Draco, né c’è luce nei gesti di Daphne, o gioia
sul viso di entrambi. È Natale, e anche se nevica, non dovrebbe esserlo, perché
c’è solo sofferenza dentro quel giorno.
Draco
la bacia prima ancora che lei abbia il tempo di sfilarsi il cappotto. Daphne si
lascia possedere senza reticenze né pudori. Perché, così, lui può fingere di averla ancora, lei può ingannarsi
di averlo avuto in ogni tempo. È così da sempre. È così da allora.
***
Quando
Daphne aveva saputo del matrimonio, non aveva reagito come Astoria si sarebbe
aspettata. Le urla e i pianti che la ragazzina era certa di sentire, infatti,
erano stati sostituiti da un’indifferenza, arroccata su una rupe di silenzio,
che aveva fatto più male di tutto.
La
piccola di casa Greengrass nutriva per il padre
un’adorazione che rasentava la dipendenza. Perciò, quando lui le aveva imposto,
senza possibilità d’appello, di sposare Draco Malfoy, lei aveva accettato di buon grado, nonostante
conoscesse appena quel ragazzo, perché questa era la sua volontà. Pensava, da
adolescente onesta e da figlia ubbidiente, che le decisioni del padre andassero
al di là del bene e del male, ragion per cui, nonostante fosse più che
consapevole del sentimento – ossessione – che sua sorella nutriva per l’uomo in
questione, non pensò nemmeno per un istante di potersi rifiutare.
Quella
era stata la prima crepa che aveva diviso le sorelle Greengrass,
una sottile fenditura che si era allargata diventando precipizio voragine
burrone e infine baratro. Ci erano cadute entrambe, anche se Daphne ancora non
lo sapeva: perché nel trascinare giù Astoria, non si era resa conto che ci era
finita dentro anche lei.
***
Luci
multicolori lampeggiano a intermittenza dentro la stanza, dando ai due
occupanti l’illusione di trovarsi a pochi metri da un circo in festa. In
realtà, sono solo le piccole, allegre lampadine dell’albero di Natale del
vicino di casa a lanciare sprazzi blu, oro e verdi dentro la camera da letto.
Draco
guarda il soffitto, osservando le ombre che quei nuovi colori drappeggiano sul
muro bianco. L’intonaco cadente è quasi una cornice grottesca ai suoi pensieri:
racchiude spettri beffardi di una vita che non è più la sua.
Daphne
consuma ossigeno quasi divorando l’aria, tesa di un nervosismo di cui finge di
non conoscere la causa e che non ha più fine da troppo tempo, ormai.
« Credo che dovremo andare a trovarla » dice solamente, la
voce priva di inflessioni e depurata da ogni accento. Draco
le lancia un’occhiata obliqua: le sue iridi sembrano metallo fuso, adesso, e
lei riesce quasi a vedere i fantasmi che si addensano dietro le nuvole di una
tempesta che sembra imminente.
« Quando?» domanda lui con tono estremamente pacato, tradendo
ogni aspettativa. Di tutte le risposte che può dare, quella è senz’altro la più
inaspettata. Daphne sposta lo sguardo verso la finestra: oltre il vetro,
candidi fiocchi di neve volteggiano nell’aria. Nel salotto dell’appartamento di
fronte compare e scompare la sagoma di un albero di Natale.
« Prima che l’amore finisca »
***
Da
quel giorno, Daphne non aveva fatto altro che collezionare istanti bruciati. Aveva cominciato ad uscire con tanti uomini, senza
amarne mai nessuno. Era partita e non era tornata per mesi lunghissimi, mesi
durante i quali, anche se lei non poteva saperlo, la sorella l’aveva attesa con
l’ansia di una traditrice che attende il suo verdetto finale.
Daphne non era nemmeno andata al matrimonio, non le aveva
mandato una sola lettera di congratulazioni. Astoria era diventata, nel giro di
pochi mesi, più che una nemica, una sconosciuta.
C’era stato un tempo, che lei ricordava con una punta di
nostalgica malinconia, in cui sua sorella era un’amica fidata, una complice
preziosa, un’alleata a cui non avrebbe mai potuto rinunciare. C’era stato un
tempo, tanto lontano da non sembrare neanche più vero, in cui avrebbe potuto
perdonare l’egoismo di Astoria. Quel tempo, però, era passato, aveva ceduto il
passo al rancore prima, alla gelosia poi. L’invidia, alla fine, aveva corroso
anche la delusione, annichilendo persino la debole propensione al perdono che,
durante i suoi mesi d’assenza, si era accesa in lei come una salvifica luce che
non aveva tardato a spegnersi.
Daphne aveva strappato dal cuore e dalla mente ogni ricordo
di Astoria, eccezion fatta per l’ultimo, quello che voleva conservare di lei:
l’immagine di due occhi troppo uguali ai suoi per poter essere assolti.
In una casa esageratamente grande per essere così vuota,
aveva trascinato con sé i fantasmi di una vita che non era più, estirpando ogni
possibile memoria: i vestiti di Astoria, il cespuglio di fiori piantato alla
sua nascita per celebrarne l’arrivo, il letto sul quale loro due, la notte, si
scambiavano segreti e parole, confidavano sogni e desideri. Persino le
fotografie che accendevano i muri della loro villa di sorrisi luminosi e
spensierati, felici. Daphne le aveva staccate dalle pareti, le aveva estratte
dalle cornici e le aveva strappate. Tutte le foto in cui loro due erano insieme
erano state lacerate, divise com’era successo a quelle donne nella realtà.
L’Astoria nelle foto si era rabbuiata, aveva pianto e strillato ma Daphne non
le aveva dato possibilità d’appello: aveva rinchiuso le centinaia di piccole
Astoria delle foto in una scatola, e le aveva mandate alla sorella in carne e
ossa. Crudele e vendicativa come una Serpeverde
dovrebbe essere. Spietata come una sorella non dovrebbe diventare.
***
Quando Daphne si alza, Draco la guarda.
Per un attimo, gli sembra di avere davanti la donna che ha sposato dodici anni
prima. È solo un istante, un battito di ciglia; poi, Astoria scompare, e
davanti a lui non rimane che l’eco sbiadita di una donna troppo bella – troppo
sola. Si riscuote in un istante, arrotolandosi tra le coperte come un bruco che
si vuol trasformare in farfalla. La metamorfosi non ci sarà mai, lui lo sa, ma
quel bozzolo morbido lo fa sentire protetto.
Prima che la donna ritorni, apre il cassetto del comodino che
ha accanto e ne estrae, con una cura che sfiora l’ossequio, una scatola. La
poggia sul letto, accanto a sé, poi si volta di nuovo: non vuole vedere
l’espressione di Daphne quando la scorgerà.
« Cos’è? » domanda lei, con voce dura, quando intercetta la
sagoma rettangolare dell’oggetto.
« Il tuo regalo di natale » La voce di Draco
è monocorde e piatta. Non c’è traccia di emozione dentro di lui.
« Io non ti ho comprato niente » Daphne si siede sul bordo
del letto, prende la scatola e la poggia sulle ginocchia. Non sembra
imbarazzata da quella mancanza, né tantomeno eccitata per aver ricevuto un
regalo: tutto, dentro di lei, sembra essersi spento.
L’uomo non emette alcun suono mentre lei solleva lentamente il
coperchio, ma forse quel silenzio doveva già essere un segno premonitore: Draco sta trattenendo il respiro. Quando si volta, ha
addosso gli occhi verdi di Daphne, due braci ardenti in fondo alle quali
lampeggia l’eco del dolore.
« Che cosa significa? » La sua voce non traballa, ma lui sa
che in fondo alla gola c’è un sentimento soffocato a cui lei non vuole dar modo
di scappare.
« Le ha tenute tutte » risponde semplicemente, alzandosi in
piedi e regalandole il profilo incurvato della schiena. È schiacciato da un
peso troppo grande da sostenere: la naturale inclinazione della colonna
vertebrale ha ceduto sotto il greve fardello dei ricordi – del dolore.
« Non le voglio. Non mi interessano » La donna afferra con un
gesto frettoloso e irriverente le fotografie a metà che giacciono sul fondo
della scatola. Due o tre finiscono a terra, qualcun’altra tra le lenzuola
candide che ricoprono il letto. Un’Astoria ragazzina occhieggia con sguardo
triste la linea dura della mascella di una Daphne in carne e ossa, imponente
signora che troneggia sopra di lei con sguardo implacabile.
Sta tremando, ma né il ricordo di quella bambina rinchiusa
dentro le foto, né l’uomo che le sta accanto, possono notarlo. Il ricordo della
sorella ha suscitato in lei emozioni contrastanti, violente e bellissime al
tempo stesso, ma anche dolorose e feroci.
Davanti a lei, anche Draco trema.
***
Daphne l’aveva saputo due mesi dopo, perché si era rifiutata
di ricevere sue notizie tre anni prima. Quando Draco
si era presentato a casa sua, sfondando il grande portone d’ingresso e
imponendole con urla e incantesimi un colloquio, lei aveva cercato di cacciarlo
e, quando non c’era riuscita, aveva tentato di Schiantarlo. L’uomo era stato
più veloce, spinto da un dolore che lei gli leggeva in fondo agli occhi ma a
cui non aveva saputo dare un nome.
Era Gennaio. Un sole pallido filtrava attraverso le nuvole
grigie di un cielo inclemente, che regalava lo stesso gelo con cui lei aveva
accolto la notizia.
Draco l’aveva guardata
a lungo, in silenzio, aspettando lacrime che non arrivarono mai. Poi se n’era
andato, trascinando via con sé anche il ricordo di un amore che non era mai
stato.
***
Se Daphne avesse più coraggio, direbbe a Draco
che non vuole un ricordo di Astoria. Ma Daphne è stata una Serpeverde,
non una Grifondoro, s’intende di omertà e omissione,
non di audacia e temerarietà.
Così, mentre lui si chiude nel bagno di quel piccolo
appartamento che ha comprato dopo che sua moglie se n’è andata, la donna
stringe le labbra e spinge indietro la collera e il dolore. Abbassa lo sguardo
solo un attimo – quel tanto che le basta per vedere, tra le mille strappate,
l’unica fotografia ancora intatta. Daphne la raccoglie da terra e la guarda.
Un’Astoria che non ha mai conosciuto la fissa con occhi spenti dall’altro lato
dell’immagine, la mano poggiata sul ventre tondo e gonfio.
Le dita della donna tremano e la fotografia cade a terra.
Quando alza gli occhi, Draco la sta guardando. E, per
la prima volta da dieci anni, la sta guardando negli occhi.
Se Daphne avesse
più coraggio, direbbe a Draco che l’unico regalo che
vuole è proprio Astoria.
***
Si dice che il dolore ha cinque fasi. La prima, la negazione,
Daphne l’aveva saltata o, se l’aveva affrontata, era durata davvero poco. Lei
era passata direttamente alla seconda: la rabbia. Era deflagrata dentro di lei
qualche ora dopo che Draco se n’era andato, e non
l’aveva abbandonata per tanto, troppo tempo. La notizia l’aveva lasciata
incredula e intontita, sulle prime, ma ben presto aveva fatto accrescere in lei
un sentimento di fastidio bruciante.
Astoria era morta il giorno di Natale. L’aveva saputo da Draco, qualche mese dopo, quando l’ira era diventata
talmente accecante che era stato impossibile controllarla. Allora, lei aveva
cercato risposte dall’unica persona che poteva dargliele.
Draco era stato
paziente, stranamente mite: quell’uomo non aveva nulla del ragazzino che lei
ricordava. La sua boria, l’arroganza e il senso di superiorità di cui amava
vestirsi in gioventù, erano stati sostituiti da un velo di pacata apatia che
l’avevano reso un uomo cupo e grigio. L’algida bellezza che aveva ereditato da
sua madre era stata completamente risucchiata da quell’aura di tristezza che
lui si trascinava dietro, e che aveva sorpreso Daphne, accrescendo la sua
rabbia. L’amore, però, quello non era scomparso.
Astoria era morta il giorno di Natale. Si era addormentata
con il sorriso sulle labbra, fiori scarlatti a sbocciare dai suoi polsi e un
ventre troppo piatto per una donna all’ottavo mese di gravidanza.
Draco l’aveva
raccontato con una voce insipida, spenta di ogni emozione. Aveva detto che aveva
sofferto molto per la rottura del loro rapporto; che era riuscita ad andare
avanti, per un po’, poi la sua fragilità aveva preso il sopravvento. Dopo, non
era più stata la stessa. L’aveva portata via una debolezza che aveva catturato
prima la mente e poi il corpo, cominciata con la perdita del figlio che portava
in grembo e terminata con il suo suicidio.
Draco aveva detto che,
negli ultimi tempi, Astoria parlava spesso con lei. Nella sua mente, loro erano
ancora insieme: solo in quei dialoghi ritrovava la pace, e lui aveva il
sospetto che il sorriso con cui l’aveva trovata quella notte, era lo stesso che
Daphne le aveva dipinto sulle labbra.
Non le aveva dato nessuna colpa, ma nella sofferenza sottile
del suo racconto c’era una traccia di rancore che la donna non aveva potuto
ignorare.
Quando Daphne si era alzata, la bocca cucita da un silenzio
indifferente, lui le aveva rivelato la verità più crudele, quella che attendeva
di svelare dall’inizio del loro incontro.
« Non ha mai voluto sposarmi. I primi tempi non voleva
guardarmi negli occhi, non permetteva che la sfiorassi. Si comportava come te,
e lo faceva perché io mi innamorassi del riflesso di una Daphne che, però,
dentro di lei non c’è mai stata. Era delicata, Astoria, era bella di
un’ingenuità che l’ha portata alla morte » Draco si
era alzato, e l’aveva lasciata sola a percorrere il sentiero del rimpianto.
Daphne aveva scaricato sulle spalle esili ed eleganti di
Astoria il fardello di colpe che in fondo aveva anche lei. In tutti quegli
anni, non aveva fatto altro che cucirle addosso errori e mancanze, ricamando
sui suoi torti e imbastendo gli sbagli di una ragazzina troppo limpida per
sporcarsi con la negligenza. Era stato più facile, in questo modo, continuare
ad odiarla. Ma se solo l’avesse ascoltata, se solo fosse stata meno cieca, meno
egoista, meno sciocca, se solo avesse letto nei suoi occhi l’amore che nutriva
nei suoi confronti, allora avrebbe scoperto, dentro di lei, la volontà di
dividere quel fardello.
Astoria non aveva mai voluto sposare Draco.
Glielo imponeva la sua condizione, ma dentro di sé sapeva a cosa andava
incontro pronunciando quel sì: per Daphne e per sé, era un futuro che non aveva
mai desiderato.
Se solo Daphne fosse stata meno ingorda se ne sarebbe resa
conto prima della fine, prima che fosse troppo tardi; ora, tutto ciò che le
rimaneva da fare, era raccogliere i cocci di una vita mai vissuta e
sbrindellare anche quegli ultimi ricordi. Vivere come poteva, in attesa che il
senso di colpa e il dolore la portassero là dove riposava Astoria. E amarla di
nuovo, prima che l’amore finisse.
Aveva cominciato a vedersi con Draco.
Era stato il bisogno a spingerli l’uno verso l’altra: da un lato, l’amore
segreto; dall’altro, il desiderio nascosto. Si vedevano solo a Natale,
aspettandosi a vicenda senza un appuntamento e salutandosi la mattina dopo per
poi incontrarsi di nuovo l’anno successivo.
A volte, quando la guardava, a Draco
sembrava di poter rivedere Astoria. Di tanto in tanto allungava una mano verso
di lei, desideroso di toccarla; si ricordava con qualche istante di ritardo che
quella non era Astoria – che Astoria non sarebbe tornata mai più.
Daphne le somigliava. Le somigliava in un modo spaventoso,
terribile e dolorosissimo. In un modo complice. Le somigliava tanto che Draco a volte smetteva di respirare, e la guardava con il
fiato bloccato in gola e la bile a corrodergli lo stomaco. Aveva i tratti
delicati e nobili dei Greengrass, Daphne, il collo
lungo e sottile della sorella. Ma gli occhi – quelli non erano gli occhi di
Astoria, e Draco lo sapeva.
Era questo che la spezzava dentro, ogni volta: lo sguardo che
Daphne non potrà mai avere è lo stesso che sua sorella le ha rubato.
Era stato allora che Daphne aveva ricominciato ad odiare
Astoria. E quando Draco l’aveva capito, la prima
volta che l’aveva toccata con il desiderio di rivivere dentro di lei il suo
amore perduto, ne era stato spaventato e affascinato al tempo stesso. Per un
tempo lunghissimo, non era stato capace di capire il sentimento di quella
donna; quando, infine, aveva compreso che persino il suo odio non era altro che
amore mascherato – il tentativo, stupido e inutile, di ingannare se stessi,
costringendo il proprio cuore a liberarsi dalle catene di un dolore troppo
grande e vero per accettarlo – aveva cominciato ad amarla, in un modo strano e
contorto, che non era altro che una pallida eco del suo sentimento per Astoria,
ma che, non per questo, era meno vero.
Lei non aveva ancora raggiunto questa consapevolezza, e
continuava a ripetere che dentro di lei era rimasto un sentimento tanto
effimero e minuscolo, nei confronti della sorella, da non potersi permettere di
lasciarlo andare.
***
Astoria
riposa sotto il peso lieve della terra del Galles. Draco
l’ha seppellita sotto un albero di ciliegio. Daphne non può fare a meno di
ricordare la loro infanzia, il sapore agre di quei piccoli frutti rossi come le
sue labbra, la morbidezza dei petali rosa di quella pianta dal tronco ampio e
forte, che nessuna delle due riusciva mai a scalare, a vincere. Non riesce a
non odiarla: persino dopo la morte, Astoria si è dimostrata più forte e
incorruttibile di lei, tenace come solo una donna che ama può essere. Ha amato Draco, di un amore vero e colpevole, involontario e
indesiderato, ma delicato e limpido. Ha amato il figlio che non ha mai avuto.
Ha amato suo padre, tanto da acconsentire al suo desiderio, anche se non
combaciava con quello che lei serbava nel cuore. Ma soprattutto, sopra ogni
cosa, ha amato Daphne, anche se lei non era riuscita a farlo di rimando; l’ha
amata con tutta se stessa, tanto da consacrarle il suo unico figlio e la sua
stessa vita. L’ha amata tanto da sacrificare il suo amore, sempre oscurato da
quella traccia indelebile, che aveva fatto più male di tutto.
Astoria
riposa sotto il peso lieve della terra del Galles. Draco
e Daphne guardano la sua lapide, e non riescono a non piangere. Per lui non
sono che lacrime di tutti i giorni, per lei sono le prime da quando sua sorella
se n’è andata. Piangono in silenzio, senza dire una parola, ciascuno chiuso nei
suoi ricordi. Dopo un tempo interminabile, Draco respira.
Dà un’ultima carezza alla lapide, impreziosita dai petali morbidi dei fiori di
ciliegio che l’albero regala a quella ragazzina bellissima che un tempo lo
accarezzava, poi si allontana con passi stanchi.
Daphne
rimane accanto ad Astoria: sa che deve fare ancora una cosa, prima che l’amore
finisca. Si siede vicino a lei e, per la prima volta, sorride. Sorride al suo
ricordo e alla sua presenza. E sa che ogni cosa andrà al suo posto.
È
Natale. Astoria riposa sotto il peso lieve della terra del Galles, circondata
da neve e fiori di ciliegio, accompagnata dalla presenza di una sorella amata.
È come un cerchio che si chiude. Astoria è morta con il sorriso sulle labbra,
Daphne accanto e fiori rossi a sbocciare dalle vene. Daphne chiude gli occhi e
si addormenta vicino alla sorella, fiori di ciliegio ad adornarle il capo. Per
la prima volta da tanto tempo, ha la pace nel cuore.
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Autore: Eloise_Hawkins
Pacchetto 4 del Natale (più complesso): Personaggi - Daphne Greengrass; Pozione
- Felix Felicis; Oggetto – Ombrello; Genere – Introspettivo; Rating – Giallo; Prompt – Fotografia; Contesto
- Dopo la II guerra magica/pace; Obbligo - Daphne deve tenere una
conversazione con un compagno di Casa a scelta.
Nota dell’autrice: La storia è divisa in due diversi livelli narrativi: il
presente, narrato, appunto, al tempo presente, e il passato, per il quale ho
usato il passato o il trapassato remoto. Il presente si svolge nel giorno di
Natale, il passato ricopre un periodo più ampio, di circa dodici anni.
Non sono
riuscita a inserire la pozione; l’oggetto compare a inizio storia.