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Autore: SilverKiria    20/09/2013    8 recensioni
James Potter e Lily Evans.
Tutti a Hogwarts li conoscevano e tutti sapevano che non si sopportavano e non si sarebbero certo considerati amici.
Tutto però cambiò all'inizio del loro sesto anno per due parole tanto innocenti quanto terribili.
" Ti sfido "
Sì perché James Potter non rifiuta mai una sfida, soprattutto se a porla è Lily Evans.
E soprattutto se il premio in palio è un bacio da questa.
Ce la farà però James ad assolvere questa scommessa?
Dopotutto non è semplice, insomma, deve pur sempre...
Vuoi sapere cosa deve fare James? Allora non aspettare un secondo e apri questa storia!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CAPITOLO 27 - GIOCARE CON IL FUOCO

 


Abitare a casa di James si rivelò sia incredibilmente divertente che estremamente pericoloso.
Sebbene infatti Malocchio non avesse mai proibito a nessuno di uscire di casa, tutti ebbero la necessaria premura da scegliere di limitare le uscite al minimo.
Questo faceva però in modo che, a volte per molto tempo, le uniche persone che si vedevano fossero loro cinque.
E ciò provocava sempre litigi, per inezie come per questioni serie.
Frank e Alice, che invece avevano preferito nascondersi a casa della nonna di quest’ultima, scrivevano loro quasi quotidianamente, ma se ne sentiva la mancanza.
Il maggior litigio si ebbe quando, dopo una riunione dell’Ordine, Marlene, James e Sirius iniziarono a discutere sulle tattiche utilizzate da Moody in maniera abbastanza critica, mentre Remus e Lily dissentirono vivacemente, allibiti dalle proposte degli amici.
- Andiamo Lils, è ovvio che nasconderci non servirà a niente! – esclamò quella sera Sirius, mentre fronteggiava la rossa.
Marlene era sdraiata sul divano in taverna e annuiva alle parole del moro, mentre James fissava la scena appoggiato al muro, pensieroso.
Lily stava davanti a Sirius, le guance imporporate per la rabbia, al suo fianco c’era Remus, pronto a controbattere alle argomentazioni dell’amico.
L’aria si stava surriscaldando e tutti lo sapevano, ma nessuno voleva fermare ciò che era inevitabile: ogni giorno l’ansia, la paura, la rabbia e il dolore consumavano un po’ di pazienza e logica. Lo scoppio era sempre stato inevitabile.
- Oh per l’amor del cielo Sirius! Noi non ci stiamo nascondendo, stiamo tastando il terreno per…-  sbuffò infastidita Lily, battendo il piede a terra, prima di essere di nuovo interrotta da Felpato.
- PER COSA?! Sono quasi sei fottutissime settimane che siamo qui e ancora nessun accenno a missioni o altro! Stiamo perdendo tempo, ecco cosa! – urlò Sirius, sembrando davvero più cane che uomo.
- Perdendo tempo? Semmai lo stiamo guadagnando! Credi che una missione suicida servirebbe a qualcosa? Credi che altri morti favorirebbero la vittoria?! – domandò tagliente la rossa, gli occhi verdi come fuoco ardente.
- MAGARI SI! Tutto sarebbe più utile se qualcuno si degnasse di capire che non facendo nulla non facciamo che avvantaggiarli! Lils credevo che fossi intelligente, e non capisco come tu faccia a non comprendere quanto ogni minuto significa venti nuovi Mangiamorte da uccidere! –
- Lo sono infatti e credo che sia meglio essere sicuri di ciò che facciamo. Lì fuori è vero Sirius, non è un gioco! E se muori nessuno potrà cambiarlo, ma non lo capisci?! –
James fu il primo a notarlo: Lily aveva gli occhi lucidi. La conosceva troppo bene per non immaginare le cruente scene che proprio in quel momento probabilmente le affollavano la mente. Sirius sanguinante a terra, gli occhi vitrei, le labbra che non avrebbero più emesso risata bianche come la morte.
Ma non disse nulla, si limitò a fissarla con insistenza, esausto.
Di lei, della sua fragilità, della Guerra e della paura.
E si odiò, perché quello non era lui.
Era cambiato, ogni secondo in cui si sentiva prigioniero sembrava strappargli l’aria dai polmoni, con feroce piacere.
Sembrava morire ogni giorno di più e odiava lei perché lo costringeva a farlo col sorriso.
E forse avrebbe preferito morire in mezzo ad una battaglia.
Almeno lì, perfino nella morte, si sarebbe sentito vivo.
James amava Lily più di ogni altra cosa e aveva paura, perché quei pensieri non potevano essere suoi.
La Guerra lo stava cambiando.
E lui non voleva.
Anche Sirius si era accorto degli occhi lucidi di Lily, del labbro che tremava leggermente e delle mani che sembravano scosse da un leggero tremito.
E ne trasse la forza per dire ciò che ne seguì.
- Preferirei morire piuttosto che stare qui un secondo di più e sentirmi dire che dobbiamo farlo per proteggere chi amiamo. Cazzate. Se dovessimo davvero proteggere qualcuno allora dovremmo essere lì fuori, bacchetta sguainata e cuore pulsante. Invece siamo qui, come dei codardi. Sinceramente Evans, ora non saprei dire quanto siamo migliori di loro. Quanto tu sia migliore di loro. – concluse, accennando un ghigno inquietante, frutto della frustrazione e della rabbia.
Nessuno osò perfino respirare dopo l’ultimo commento di Sirius, perché le parole alleggiavano ancora sopra di loro, come coltelli affilati pronti a trafiggerli.
Il labbro di Lily prese a tremare ancora di più e Sirius non si preoccupò di smettere di ghignare.
Remus le si parò davanti, a pochi centimetri dall’amico.
- Non lo pensi sul serio. – sussurrò.
Non era una domanda ma un’affermazione.
Sirius, per tutta risposta, finse di pensarci, per poi sorridere amaro e rispondere: - Vuoi scommettere?-
L’unico rumore che ne seguì fu la porta sbattuta con furia.
L’unico suono che si udì fu il singhiozzo di Lily mentre la varcava.
E l’unica cosa inattesa il silenzio di James, che non fece nulla per seguirla.
 
 

***

 
 
Lily si rifugiò nell’unico posto che ormai le dava conforto, a parte le braccia di James.
Ricacciò indietro le lacrime, mentre la memoria la costringeva a rivedere il suo capo chino mentre Sirius le urlava quelle cose e le orecchie a farle notare l’assenza di una risposta.
Si sedette sulla neve soffice, caduta incredibilmente presto quell’anno, e guardò dritto di fronte a sé.
L’ansia scomparve e rimase solo il vuoto, sia dentro che fuori.
Fece passare lo sguardo più e più volte su quelle parole delle quali ormai conosceva ogni particolare, ogni graffio o danno, ogni granello di pietra e ogni linea.
 
Qui giacciono per sempre Harry e Amanda Evans, genitori e amici amati.
‘Solo la morte conserva ciò che la vita troppo spesso dimentica: l’amore’
 
Lily si guardò attorno, accarezzò delicatamente i nomi dei suoi genitori e iniziò a piangere sommessamente.
La loro mancanza era rimasta sempre come sottofondo, ma quando era lì il volume pareva alzarsi fino a farle sanguinare le orecchie.
Sfilò la bacchetta dalla tasca dei jeans e, con un movimento fluido del polso, fece apparire una corona di rose bianche che depositò davanti alla tomba.
Le lacrime presto le bagnarono tutto il viso e lei si soprese a pensare a quanto avesse pianto nell’ultimo anno.
La morte dei suoi genitori, la morte di Mary, le liti con James e la paura, compagna ormai fedele e inscindibile da chiunque stesse vivendo quella situazione.
Pensò ad Hogwarts, a cosa stessero facendo in quel momento quei pochi coraggiosi che erano rimasti lì e come sarebbe stata la sua vita se Voldemort non fosse mai esistito.
Immaginò di ridere e scherzare con Mary, Marlene ed Alice come sempre; di prendere in giro i Malandrini; di parlare tutta la notte con il suo dolce Remus e di baciare James come se da questo dipendesse la sua vita.
E un’altra fitta le attanagliò le viscere ricordando nuovamente il suo silenzio indifferente, la sua espressione annoiata mentre Sirius la demoliva.
Sirius.
Un altro piccolo infarto.
Credeva che in quei mesi si fosse instaurata un’amicizia vera tra di loro, diceva a sé stessa che ciò che le aveva detto era dettato dalla disperazione; se lo ripeteva con quanta forza aveva in corpo.
Eppure, le parole bruciavano ancora come fuoco iniettato in vena, un dolore straziante e continuo.
 
Sinceramente Evans, ora non saprei dire quanto siamo migliori di loro. Quanto tu sia migliore di loro.
 
L’aveva detto sorridendo amaro, godendo di quella che sapeva essere una crudeltà innominabile.
Dopo tutto ciò che avevano passato insieme, dopo tutto ciò che aveva perso, Sirius si sentiva in diritto di dirle quelle parole orribili senza rimpianto.
Lily si domandò quanto in realtà conoscesse di Sirius e si sentì dividersi a metà: una cieca fedeltà e amicizia contro un egoistico istinto di mandarlo a quel paese.
La testa le doleva sempre di più e seppe che non avrebbe retto ancora molto in quel casino che sembrava infinito.
Stava per lasciarsi andare del tutto quando una mano calda le si poggiò sulla spalla.
Si voltò e, guardando quel volto vissuto e quel sorriso, le parve di poter volare via.
Sorrise a sua volta, felice che fosse lui.
Sollevata di non essere più sola.
Cosciente di star per affogare.
Ma vogliosa di sperare in un domani.
 
 

***

 
 
L’aveva osservata durante le riunioni dell’Ordine, aveva imparato ogni sua espressione, ogni suo gesto, ogni suo movimento a memoria, come un bravo alunno davanti ad un compito particolarmente importante.
Le aveva parlato durante le pause tra una spiegazione e l’altra, aveva conquistato la sua fiducia e l’aveva aiutata quando stava per cadere.
La Guerra era dura per tutti, Mangiamorte e non, cattivi e buoni, deboli e forti.
Era estenuante, un pensiero fisso che non ti abbandona mai.
Dopotutto, i suoi incubi continuavano a trasformare ogni notte in un inferno.
 
I suoi capelli biondi che cadevano nel vuoto, gli occhi verdi che si spegnevano per sempre.
E la sua risata, la cosa peggiore di tutte: lui che stava lì davanti, che fissava la vittima come fosse un piatto succulento o una partita vinta dopo alcune fatiche.
La soddisfazione nell’aver vinto, a costo di una vita che per lui contava meno di nulla.
La stessa vita che per te non aveva prezzo.
E tu l’avevi semplicemente guardato senza far nulla, senza reagire.
Codardo.
Vigliacco.
Vile.
Nessuna parola sembrava rispecchiarti a sufficienza, nessuna parola pareva colmare il mare di disgusto che ora provavi per te.
 
 
- Hey! –
Jack tornò alla realtà solo quando sentì qualcuno urlare.
Moody teneva stretto il braccio di Black, lo sguardo più truce del solito che si scontrava con quello di sfida dell’altro.
Jack sorrise amaro: sapeva dell’indole per così dire ‘selvatica’ di Sirius, ma che qualcuno affrontasse così a cuor leggere Alastor Moody era qualcosa di incredibilmente raro.
- Che ti ribecchi ancora una volta a lamentarti del modo in cui gestisco le manovre e giuro che ti ritrovi appeso per le mutande alla torre di Astronomia ad Hogwarts, sono stato chiaro?! –
Sirius si era liberato con uno strattone e ora stava sorridendo sarcasticamente.
- A che serve? Tanto Hogwarts non è più nostra, no?! –
Per poi uscire seguito da Potter e Lupin.
Moody aveva brontolato qualcosa e si era congedato.
Hogwarts era caduta ‘informalmente’ nelle mani dei Mangiamorte e ormai non ci si poteva nemmeno più fidare di chi ti sedeva accanto.
Jack sapeva che la lista di infiltrati aveva raggiunto numeri considerevoli durante l’estate e che l’unica cosa che impediva a Voldemort di dichiararla sua era Albus Silente.
Sembrava che lo temesse e, se davvero era così, Jack non gli avrebbe dato torto.
Uno dei più grandi maghi mai esistiti, innegabile realtà.
Il paladino dei giusti, una delle poche luci che ormai rischieravano l’oscurità che si propagava.
Jack ricordò, forse per la prima volta da tanto tempo, uno degli avvenimenti che più lo avevano sconvolto durante la sua permanenza nell’Ordine.
 
 
Silente era venuto a introdurre l’Ordine della Fenice ai nuovi arrivati, cosa assai strana. Molti nemmeno lo avevano mai visto dopo la Scuola, ma tutti sapevano chi fosse.
E tutti lo rispettavano.
Mentre però parlava Jack si sentì catturato da quella voce incredibilmente serafica, quasi disumanamente calma.
Era come parlare col tempo, come ascoltare una storia narrata dal vento.
L’uomo gli era a pochi passi di distanza, avrebbe potuto toccarlo, stregarlo, ucciderlo in qualsiasi momento; ma qualcosa lo tratteneva.
Una specie di barriera, più forte di qualsiasi incantesimo esistente, più fugace di un attimo di felicità.
Le parole.
Le usava con leggerezza ma sapeva bene quanto fossero determinanti, se usate nel modo appropriato.
Tesseva racconti e spiegazioni come un’enorme coperta, che avvolgeva le persone, intrappolandole nella sua spirale.
E per la prima volta Jack dubitò del potere del Signore Oscuro, di quell’enorme forza che lui pensava di possedere.
Cos’era rispetto alla capacità innata e predominante di Silente di convincere con dolcezza, incoraggiare con grazia e sciogliere le paure con un semplice sorriso?
Quando poi concluse il suo intervento, accadde qualcosa che Jack non si seppe spiegare.
Si voltò verso di lui.
O almeno così gli sembrò.
E disse: - La verità giace in noi, così come la forza per accettarla e difenderla. Dobbiamo solo trovarle. Insieme. –
Gli occhi azzurri brillarono mentre sorrise; un’accoltellata al cuore che sembrò uccidere il giovane di fronte a lui.
 
 

***

 
 
- Luogo non proprio adatto per l’umore, in questi giorni, non trovi? – le disse sorridendo, guardando quegli occhi verdi e perdendosi in essi.
Le lacrime le rigavano il volto più pallido del solito, brillando come stelle e mettendo in risalto il rosso acceso dei capelli che le adornavano il viso, come la scia di una cometa.
Lei sorrise imbarazzata, facendogli spazio e invitandolo implicitamente a sedersi.
Lui eseguì e stette in silenzio per pochi minuti, osservando la lapide di fronte a loro.
- Che succede? – domandò poi, dolcemente.
Lily alzò le spalle, incurante.
- Tutto. Niente. La Guerra, immagino. – concluse, sospirando.
Lui annuì, per poi accarezzarle delicatamente la guancia, asciugandole le lacrime.
- Avete di nuovo litigato eh? – chiese, sapendo già la risposta.
Lei non attese inviti, perché ormai era diventata consuetudine che finisse così: lei che si buttava nelle braccia accoglienti di lui, dando spazio alle lacrime che troppo a lungo aveva trattenuto; alla rabbia che da troppo tempo la tormentava e dall’ansia che ormai si agganciava ad ogni suo singolo respiro, lasciandola senza fiato.
Lui l’accolse, dandole delle carezza sulla schiena e sussurrandole cose che dovevano restare segreti, parole sibilate tra i suoi capelli, in un muto segno di amicizia.
Lily gli raccontò tutto ciò che era accaduto, la lite con Sirius e l’indifferenza di James.
Lui non si spostò, continuò ad ascoltare in silenzio, lasciandola sfogare.
Quando la rossa finì, si ritrasse e lo fissò grata.
- Come fai ad avere così tanta pazienza con me? – chiese imbarazzata, strofinandosi il naso ormai rosso per il freddo.
Lui sorrise dolcemente.
- Sei mia amica, che ti aspettavi? –
Lei annuì e lo ringraziò ancora, prima di alzarsi e congedarsi abbracciandolo un’ultima volta.
I capelli rossi erano appena spariti nella smaterializzazione quando lui sentì qualcuno afferrargli la spalla.
Si voltò e riconobbe Abraxas Malfoy, alto, imponente e nobile come sempre.
Ghignava divertito, ma in modo talmente altezzoso da sembrare quasi divertente.
- Quindi la Pozione dell’Odio sta funzionando? –
Jack annuì, inespressivo.
- Toglimi una curiosità, come fai? –
Scrollò le spalle, indifferente.
- Cinque gocce in ogni boccale di burrobirra che bevono all’Ordine, prima di pranzo hanno già litigato. Di solito i primi sono Black e Potter, ma anche Lily non ci mette molto a infuriarsi per sciocchezze. –
L’ultima frase l’aveva detto distogliendo lo sguardo.
- Non te ne starai innamorando, vero? – domandò schifato.
Il ragazzo negò, accendendosi una sigaretta presa dalla tasca.
- Perché sarebbe un problema, lo sai, no? – finì schietto, prendendogli con invidiabile velocità la sigaretta e lanciandola lontano, nella neve.
Il ragazzo sorrise amaro, accendendo e spegnendo il piccolo accendino babbano.
- Lo so… dopotutto non bisogna mai giocare col fuoco, sbaglio? –
Jack fissò con così tanta intensità quella piccola fiammella che questa iniziò a tremare sempre più fortemente.
- No, non sbagli. Per spegnere il fuoco non bisogna alimentarlo. Sarebbe da idioti. – osservò l’altro, enigmatico.
Ciò che Jack disse poi lo sibilò con cattiveria, come un serpente infastidito e in procinto di attaccare.
- Già. Da idioti. -
E la fiamma si spense definitivamente.
 
 

***

 
 
Il padrone ha detto a Kreacher di non dire niente, il padrone ha detto che non importa, ma Kreacher ha paura.
Kreacher ha visto lei torturare il padrone per ore, ora il padrone sta dormendo ma non sta bene. Kreacher ha sbagliato, Kreacher si taglierà un dito, sì Kreacher lo farà.
Ma Kreacher deve disubbidire a padron R., altrimenti il padrone starà ancora male e Kreacher non vuole.
Aiuto, padron S.
Aiuto.
 
Sirius finì di leggere la lettera senza parole.
Poi prese il cappotto e si diresse fuori da Casa Potter.
Venne intercettato da James, che gli si parò davanti e gli chiese: - Dove vuoi andare? –
Sirius lo scostò con una forza forse eccessiva e uscì fuori.
L’unica cosa che James gli sentì urlare, prima di smaterializzarsi fu:
- A regolare i conti. –



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Eccoci finalmente con un nuovo capitolo! Non odiatemi, secondo me non è granché ma spero mi screditiate dicendo che vi piace ù_ù :( Vi ringrazio moltissimo per l'enorme supporto e vi mando un bacione enorme, alla prossima!

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