Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Swish_    22/09/2013    3 recensioni
Il protagonista in questa storia non è un assassino. Non è un mostro. Non è un quaderno né un Dio sovrannaturale annoiato. Il protagonista in questa storia è una lei, una ragazza normale e semplice che si ritroverà ad un faccia a faccia con la mente più geniale, cinica e calcolatrice dell'intero mondo.
Un caso investigativo avrà proprio lei come punto focale e a farle capire quanto quella situazione sia pericolosa per lei quanto per il resto del mondo, non sarà un'amica, un parente, o un ragazzo bello ricco e famoso. A farle fare la pazzia più grande della sua vita, a farla cambiare, a farla addirittura innamorare sarà un piccolo genio cresciuto nella solitudine di un ruolo ambito e irraggiungibile. Un ragazzo nelle cui mani sono passati i casi più difficili e irrisolvibili dell'intero globo, tra cui anche l'impossibile caso del Death Note, il quaderno della morte.
Ebbene sì, quel ragazzo sarà proprio L.
Lo stesso L che è riuscito a sopravvivere a Light. Lo stesso che è restato a guardare cosa poi gli sarebbe accaduto.
Come avrà fatto a sopravvivere?
E soprattutto come si comporterà di fronte ai nuovi problemi del caso, tra cui l'amore?
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Mello, Near
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- “L”? -
Lo vidi alzare un sopracciglio, ma per il resto quello strambo ragazzo rimase completamente immobile come una statua. 
Se ne restò lì, in silenzio. Era ovvio che voleva lasciarmi continuare. Sentii il mio cervello andare sempre più veloce, finché non riuscii a lasciar uscire fuori le parole dai miei pensieri quasi passivamente, e farle scorrere come l’acqua di un fiume in piena:
- Lo stesso “L”… Del caso Kira? -
- Vedo che lo conosci… - sussurrò lui, con una sfumatura appena percettibile di compiacimento nella voce.
- Beh, si è parlato di lui ovunque, per qualche anno. Finché poi… -
Non fu dichiarata la sua morte.” pensai, confusa.
Rimasi così colpita da quell’ultima osservazione che non riuscii a proferirne più parola a voce alta. Perché mi stava chiedendo proprio di lui?
- Cosa sai di preciso su “L”, oltre che ha lavorato al caso Kira? –
Il ragazzo tirò giù il pollice che teneva premuto sulle labbra, e lo sostituì con l’indice.
- So… So che era l’investigatore privato più ambito dell’intero globo… Che ha lavorato per anni a quel caso… E poi… -
- Che è morto. Due anni fa. Non è così? -
- Sì. – risposi tutto d’un fiato.
- Bene. Tu ci hai creduto? -
- I media avevano detto questo… -
- E tu hai creduto ai media? -
- Sì. -
Alzai lo sguardo dalle mie mani pallide e lo piantai con una punta d’irritazione sul quel ragazzo. Rimanemmo a fissarci per istanti lunghissimi, finché poi, presa totalmente dall’imbarazzo, non lo distolsi di nuovo. Quegli occhi mi facevano sentire terribilmente in soggezione.
- Interessante. Beh, sappi che i media avevano torto marcio. O meglio, avevano volontariamente detto la notizia sbagliata. In effetti non è poi tanto un segreto  che “L” sia ancora vivo. Girano parecchie voci a riguardo tutt’oggi. Non te ne è mai arrivata nessuna? -
- No. In verità non ho mai ritenuto di vitale importanza sapere o meno della sua morte. Ho avuto ben altre faccende di cui preoccuparmi. -
Vidi un angolo della sua bocca rialzarsi appena, e le sue sopracciglia inarcarsi.
E’ un sorriso quello?
- Oh, perdonami. Non intendevo in alcun modo offenderti o ferire la tua sensibilità… -
- La mia sensibilità è apposto, grazie. -
- Se è davvero come dici come mai sei così sulle difensive? -
Tornai a guardarlo con un’espressione indecifrabile, con tanto di bocca spalancata per l’indignazione. Mi aveva preso in contropiede.
- Forse perché giochi a fare il commissario con me? -
A quelle parole fu lui ad assumere un’espressione confusa e in un certo senso anche ferita. Me ne meravigliai non poco. Allora ne era capace davvero?
- Cercavo solo di portarti al punto focale del discorso passo per passo, in modo che non ti sfuggisse nulla… -
- Puoi farlo anche senza inondarmi di domande come se fosse un vero e proprio interrogatorio. -
Ci fissammo di nuovo intensamente per dei minuti. In quel momento ero fortemente convinta che se fossimo stati in un’altra dimensione, in stile cartone animato, in quel preciso momento dai nostri occhi sarebbero sicuramente usciti dei fulmini in collisione. La cosa mi fece stranamente venir voglia di ridere, ma mi sforzai di non farlo e di mantenermi seria e tenebrosa almeno quanto lui (per quanto avrei potuto riuscirci). Continuai a fissarlo corrucciata, con tanto di lacrime agli occhi spuntate dal nulla all’improvviso, pregando Dio che lui non riuscisse a vederle; mentre lui invece azzardò un’espressione accigliata… O almeno così mi sembrava. Non era molto facile interpretare il suo viso quasi sempre marmoreo come pietra, sia per il colorito, sia per la staticità con cui cercava di esprimere (o forse di nascondere?) le sue espressioni.
- Pardòn. – disse poi, con tono acido.
Riabbassai lo sguardo verso le mie mani senza un preciso motivo. Semplicemente, quel ragazzo m’intimoriva.
- Ad ogni modo, sempre se mi dai il permesso, vorrei continuare a spiegarti… Ah, ma nessuno dei due è obbligato in alcun modo a sopportare l’altro, per cui se non ti va, posso anche andarmene. Forse è il caso di ricordartelo. -
Azzardai un’altra occhiata repentina, e quando tornai sul suo viso lo ritrovai sempre identico a prima, privo d’espressione. Non faceva altro che osservarmi attentamente quasi come se fossi una pietra preziosa od una nuova scoperta. Cominciò a darmi davvero sui nervi.
- Prima dimmi come sto messa. Fisicamente intendo… -
Vidi per un secondo i suoi occhi balzare al soffitto e poi ritornare su di me. Aveva davvero alzato gli occhi al cielo?!
- Collo, braccio destro e gamba destra fratturati. Più una costola inclinata e… Ah, una commozione cerebrale. Ma non preoccuparti, nulla di grave… Si spera.  In verità, sto ancora verificando. -
Scherza o fa sul serio?
- … Sono serio.  – aggiunse, quasi come se mi avesse letto nel pensiero.
- Quanto mi ci vorrà per guarire? -
- Per le ossa rotte una settimana circa… Ma i dolori dovrebbero cominciare già a diminuire entro domani. -
- E per la commozione? -
- Qual è l’ultimo evento di cui hai memoria? -
Quella domanda mi prese totalmente alla sprovvista, ma in effetti aveva senso. Qual era il mio ultimo ricordo? Ci misi qualche istante per rendermene conto…
- Ero sulla mia moto di ritorno a casa, quando… Una macchina bianca… - non riuscii a continuare la frase. Quei ricordi erano tornati, vivi e terrificanti come mai nessun altro.
- Il tuo ultimo ricordo risale all’incidente? – dal tono ne sembrava stupito.
- Sì. Perché? Cosa mi è successo dopo? -
- Sofia, dal giorno dell’incidente sono passate tre settimane. -
- C… Cosa? -
- Sei stata per due settimane ostaggio di alcuni uomini che lavoravano per la Liebel&Co, poi gli agenti dell’ FBI sono riusciti a recuperarti. Ti hanno trovata delirante… Con le tue ferite ancora così come si erano formate dopo l’incidente. Senza una cura, e quasi senza vita… - si fermò un istante, forse per studiarmi meglio, poi continuò:
- … Poi sei svenuta, hai perso i sensi… E ti abbiamo portata qui, dove ti abbiamo curata e tenuta in osservazione fino ad oggi… -
- Cosa!? – ripetei più forte, in preda al panico.
- Sofia, cerca di stare calma. Adesso sei in un posto sicuro. Davvero non ricordi nulla di quelle due settimane? -
- No! – urlai, ignorando il dolore acuto che mi percuoteva il corpo mentre cominciavo a tremare in modo sempre più violento.
Tre settimane…” cercai con tutta me stessa di capacitarmene, ma proprio non riuscivo a crederci. Perché a me? Cosa c’entravo io in tutto questo?
FBI… “L”… Liebel&Co…
- Aspetta… Liebel&Co è l’azienda dove io lavoro! -
- …Come segretaria, lo so. -
- M… Ma… Ma… -
I pensieri giravano sempre più veloci nella mia testa…
Tre settimane…
Quanta vita mi ero persa in quelle tre maledette settimane?
Tre settimane…
Cosa sarà successo alla mia moto, al mio lavoro, alla mia vita, al mio appartamento? I pensieri volteggiarono nella mia stessa veloci e violenti come un tornado, finché un fulmine non mi colpì in pieno, oscurando ogni altro pensiero:
- Sarah! -
Il ragazzo inarcò di nuovo le sopracciglia scure, mantenendosi ancora immobile in quella posizione così stramba:
- Chi? La tua coinquilina? Non preoccuparti, c’ho pensato io sia a lei che alla tua famiglia. Mi sono permesso di ingaggiare una tua “sostituta”… -
- Cosa!? – urlai ancora più forte, ignorando il dolore che ormai mi aveva completamente divorata.
- …Se mi lascia finire di parlare, Sofia… Stavo dicendo. Ho creato un alibi sia per Sarah che per la tua famiglia. A Sarah ho fatto dire che un tuo parente a New York stava male e sei dovuta accorrergli, e alla tua famiglia che eri in vacanza con Sarah, da sua sorella. -
- Ma sua sorella si trova sempre a… -
- New York. Già. -
- E cos’è questa storia della… -
- …Sostituta? – Un’idea mia. Giusto per qualche eventuale telefonata, per non fare in modo che qualcuno s’insospettisca. -
Oramai sapevo di non avere più controllo del mio viso, né tanto meno del mio corpo quanto delle mie reazioni. Ero a dir poco sconvolta, scioccata. Senza parole, eppure, con ancora miriadi di domande senza risposta.
Restai lì su quel letto, imbambolata, a fissare il vuoto con espressione scioccata e sconvolta.
Riprese il ragazzo a parlare:
- Hai idea di dove ti trovi adesso? -
Sentii passare secondi  eterni di silenzio assoluto. Era ovvio che voleva una risposta. Alzai lentamente lo sguardo su di lui, e lo fissai con occhi tremanti e stracolmi di lacrime:
- Lasciami indovinare… - bisbigliai furente.
- … A New York! – urlai all’improvviso, senza contegno. Sentii la prima lacrima scivolarmi sulla guancia, e le mani tornarono a tremarmi convulsamente. Le chiusi a pugno e mi morsi forte il labbro inferiore.
- Esatto. – rispose lui, atono.
- E’ assurdo! Completamente assurdo! – sbraitai.
Senza rendermene conto, in preda alla rabbia e all’esasperazione, alzai istintivamente entrambe le mani, e fu lì che il vero dolore si fece sentire.
- Aaaahh! – lasciai subito ricadere il braccio ingessato sul letto, mentre mi portavo l’altra mano sulla bocca per ricoprire i singhiozzi.
- Sofia! -
Alzai lo sguardo e mi ritrovai il viso di lui distante dal mio un solo centimetro, così all’improvviso da farmi balzare.
- Aaah! – tornai ad urlare, arretrando verso la parte opposta del letto.
- Sofia, basta! Sta’ calma! -
Il ragazzo mi afferrò entrambe le spalle e le tenne ben strette, ma senza farmi male. Mi guardò dritto negli occhi e disse:
- Sta’ calma, ho detto. Agitarsi non ti servirà a nulla, peggiorerai le cose a te e agli altri. Per cui, cerca di mantenere almeno un po’ di autocontrollo, per favore. E comunque ad ogni modo adesso sei in un posto sicuro, dove nessuno ti farà mai del male. Okay? -
Restai immobile, pietrificata dal terrore di tutte quelle notizie così surreali e spaventose… Senza parole.
- Okay? – ripeté lui, più forte.
Annuii flebilmente, per quanto potevo, ancora con la mano piantata sulla bocca spalancata.
- Bene… - continuò lui in un sospiro.
Chiuse per un istante gli occhi, e fu allora che notai le profonde occhiaie che portava più sotto. Come se non dormisse da interi giorni.
Mi lasciò le spalle delicatamente, e si accomodò sul letto di fianco a me. La semplice maglia bianca che indossava lasciava trasparire la sua pelle chiara, ed anche qualche lineamento sottile dei muscoli…
- Ora, come ti stavo dicendo all’inizio, L non è mai morto. E’ vivo, e si occupa di questa indagine… -
- E saresti tu? – mi azzardi a chiedere, in un sussurro.
Il ragazzo tornò a guardarmi con l’ombra di un sorriso sulle labbra:
- Chi? L? -
Annuii di nuovo in silenzio.
- Oh, non dire sciocchezze! Se io fossi L non sarei mica così stupido da espormi in questo modo, ti pare? Lui è la mente… Ed io sono un semplice braccio. Tutto qui. Chiamami Ryuzaki. Ovviamente è un nome falso, ma per adesso credo possa andare bene così. -
Mi guardò con espressione enigmatica, restando per qualche minuto in silenzio. Si aspettava forse un mio commento? Beh in tal caso non arrivò. Ero ancora paralizzata, inanime e incapace di formulare neanche un altro solo pensiero.
- Direi … Che dovremmo trovare un nome falso anche per te. Giusto per precauzione, capisci? -
Annuii per l’ennesima volta, senza aggiungere altro.
- Bene. Che ne dici di Kanade? Ti piace? -
- Sì… - sussurrai, come una bambina.
Non ci avrei giurato, ma subito dopo la mia risposta mi parve di vederlo sorridere davvero. Se non si fosse alzato e non mi avesse dato le spalle così velocemente, magari avrei saputo dire con certezza se l’avesse davvero fatto oppure no. Ad ogni modo avanzò verso la larga vetrata continuando a darmi le spalle. Notai con stupore che anche in piedi Ryuzaki assumeva una posizione alquanto insolita, con entrambe le mani sprofondate nelle tasche dei suoi bluejeans e la schiena ingobbita; ma soprattutto notai per la prima volta l’aspetto più curioso di tutti: i suoi piedi scalzi.
- La Liebel&Co è sospettata di grossi crimini, e di diverso genere. Inquinamento abusivo delle falde acquifere nazionali ed estere, corruzione da parte di grosse organizzazioni mafiose di tutto il mondo… -
…Altro che convegni…” pensai, allibita.
- …Ma soprattutto L sospetta che stiano sperimentando qualcosa che non è stato mai autorizzato dallo stato di nessuna nazione. Qualcosa di molto pericoloso… -
- Cosa? – chiesi subito, curiosa e allo stesso tempo riluttante.
- Sostanze altamente tossiche che loro ritengono possibili di grandi giovamenti sull’uomo. -
- Ma, se sono ritenute altamente tossiche… -
- E’ una situazione molto complicata. Loro, tra cui il tuo capo, Mister Bustri, ritengono che sia possibile aumentare le capacità motorie e intellettive dell’uomo. Una sorta di “superpoteri”. A mio parere… - si allontanò lentamente dalla vetrata e ritornò sul divano, di fronte a me, tornando a premersi le labbra con l’indice nella stessa ed identica posizione in cui l’avevo visto la prima volta.
- …Hanno semplicemente visto troppo film della Marvel. Devono essere fermati. -
- E perché non l’avete fatto? -
- Ogni volta che L e l’FBI si avvicinano ad una potenziale prova schiacciante, questa scompare. E’ da circa sei mesi che sono coinvolti. -
- Oh… - fu tutto quello che riuscii a rispondere.
Era diventato tutto così assurdo, così estraneo dalla mia vita che ancora stentavo a credere fosse tutto vero.
- Ma… Perché, perché io? -
- Ti stai chiedendo perché sei coinvolta in tutta questa faccenda? Beh, la stessa domanda me la sto facendo anch’io… E ancora ne cerco la risposta. Perché sei qui, Kanade? -
- Sono così confusa… - mi portai la mano sana nei capelli, mentre sentivo altre lacrime scorrermi sul viso freddo e immaginavo anche molto pallido.
- Adesso devi solo stare calma. E pensare a guarire. Quando starai meglio ci aiuterai con le indagini, e… -
- Come!? -
Ryuzaki inarcò le sopracciglia scure, con aria interrogativa.
- Quando tornerò a casa? – chiesi in tono quasi supplichevole.
- Kanade… - Ryuzaki s’interruppe subito, con aria stanca.
- Io voglio… Devo tornare a casa… -
- Non puoi. -
- Perché!? – tornai ad urlare, piantando una mano sul materasso con fare isterico. Sentii le lacrime non smettere di colarmi sulle mie guancie, la testa cominciò a girarmi forte e le ferite e le ossa rotte tornarono a farsi sentire sempre di più. Ryuzaki mi scrutò con un’espressione in volto indecifrabile. Si alzò di nuovo sospirando rumorosamente,  si avvicinò al mio letto e si accomodò di nuovo sopra come prima, solo adesso molto più vicino a me, che non avevo arretrato. Era pericolosamente vicino. Troppo vicino. Dopotutto ero troppo stordita in quel momento per accorgermene, e non ci feci troppo caso.
- Kanade. Capisco che possa essere tutto molto strano per te, ma… Servi qui. Non posso lasciarti andare. Ormai hanno coinvolto anche te, che ti piaccia o no, e non puoi tornare indietro. L non ti lascerà mai andare via prima che il motivo per cui sei stata coinvolta non uscirà fuori. -
- N… No.. -
Ryuzaki allungò lentamente una mano verso di me, mentre sentivo le mani tremare di nuovo come prima per la rabbia. Lo vidi avvicinare un indice sulle mie labbra, in segno di silenzio.
- Sta’ calma, ti ho detto che andrà tutto bene. – riabbassò la mano e la poggiò sulla mia, quella sana, che essendo libera dal gesso tremava più dell’altra.
Le sue dita erano fredde, e affusolate come quelle di un pianista. Mi strinse forte la mano e, non sapendo precisamente il perché, cominciai a calmarmi davvero.
Alzai lo sguardo verso di lui, sempre più confusa e stordita, ma soprattutto curiosa di vedere se dopo un gesto così inaspettatamente affettuoso fosse ancora capace di assumere quell’espressione fredda e calcolatrice che aveva cercato di mantenere tutto il tempo …
Ebbene, l’espressione che vi ritrovai sul suo viso fu di una confusione devastante. Non assunse nessuna smorfia, nessun segno chiaro o evidente. Le sue labbra sottili erano rimaste come prima, strette in una linea sottile, ma lo sguardo era perso, fisso sulle nostre mani che lui stesso aveva fatto incontrare.
Ci annegai nei suoi occhi in quegli attimi così intensi di sentimenti… Così intrisi di paura, di confusione, e di una sensazione così strana da non saper spiegare.
Quella volta non riuscii a capire quel suo gesto, né tanto meno quello sguardo così disorientato. L’unica cosa che fui capace di comprendere, era che mi piaceva. Più di quanto mi sarei concessa.
In un momento in cui la mia vita andava alla distruzione totale. In un momento in cui tutti i miei progetti, i miei piani, il mio intero futuro, erano improvvisamente scomparsi, dissolti come cenere spenta… Sentivo tutto d’un tratto di avere una via d’uscita, di avere una scialuppa di salvataggio. Di potermi aggrappare ancora a qualcosa.
Era totalmente e inevitabilmente stupido, e io lo sapevo bene, ma non me ne importava. Oramai ci ero già dentro in tutto quel fottuto casino, e forse anche più di quanto si poteva credere.
Fissai Ryuzaki senza fiatare, trattenendo addirittura il respiro, finché ad un tratto non scattò all’in piedi nel giro di un secondo, e se ne andò deciso dalla stanza senza degnarmi più d’un altro solo, fugace sguardo.
- Scusami… - borbottò a voce bassissima, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Poggiai la testa sui cuscini, chiudendo gli occhi ed espirando forte. Nessun’altra discussione mi aveva mai così stancata.
Era tutto così assurdo…
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Swish_