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Autore: SofiaAmundsen    22/09/2013    0 recensioni
Capitolo uno:
«Quello che voglio dire,» ricomincia Thor, questa volta con tono dolce. La mano intanto ha lasciato il polso e sta accarezzando il palmo del fratello, proprio dove prima c’era il fuoco «è che anche se due persone si amano, possono ferirsi a vicenda, involontariamente.»

"Non c'è Thor senza Loki e non c'è Loki senza Thor". L'uno senza l'altro non sarebbero potuti essere, non potranno mai essere. Che lo ammettano o meno. Thor e Loki sono un amore che non può non esistere, da sempre e per sempre.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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“Non c’è Thor senza Loki e non c’è Loki senza Thor.”
Tom Hiddleston
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: Come ho lasciato intendere dalla presentazione, questa storia si addentra nel rapporto tra Thor e Loki in un lasso di tempo abbastanza vasto. Qui sono ragazzi agli sgoccioli dell’adolescenza (inteso in una vita umana, non saprei dire quante centinaia di anni abbiano!)
 
 
 
 
 
 
 
 Loki è silenzioso nel suo maneggiare liquidi dai colori cangianti. Non ha bisogno di parlare, d’altronde non c’è nessuno lì con lui. Ma non percepisce la solitudine come un fastidio, anzi. Ha imparato ad apprezzare la calma e il silenzio che l’assenza di altri gli concede, la concentrazione più facile da catturare, il non essere costretto a rispondere a domande inutili. La sua indole lo porta ad isolarsi: lui non ama gli ubriachi vaneggi di arroganza, rumorosi e volgari, che i suoi coetanei chiamano divertimento. Preferisce il silenzio, la riflessione, la conoscenza. Preferisce i suoi libri di magia. In effetti, la magia è la sua unica compagna.
 
Da mesi si sta concentrando sull’utilizzo delle pozioni. È rimasto incuriosito, quasi scioccato, da come dei semplici liquidi, se bilanciati nel modo giusto, possano assumere un potere quasi devastante. Ha letto tutto quello che gli è stato possibile trovare sull’argomento, imparando a riconoscere i nomi, gli odori, i colori, le dosi. La teoria è sempre la strada maestra verso la pratica, Loki sa che occorre percorrerla con passi calmi e pazienti, se si desidera una buona riuscita. [1]
 
Ormai, però, conosce l’uso delle pozioni meglio di chiunque altro nei nove regni e ha deciso che è giunto il giorno di provare le proprie conoscenze. Per questo ha camminato fino alla radura oltre i boschi, con la sacca di tela verde piena di piccole ampolle che tintinnavano tra loro ad ogni passo. La natura è sempre la sua prima cavia quando si destreggia con una nuova scoperta. La seconda, neanche a dirlo, è un principe biondo e presuntuoso. Non è stato facile arrivare lì, ha rischiato un paio di volte di cadere e molte di più di rompere alcune delle boccette che aveva con sé. Ad un certo punto avrebbe anche creduto di essersi perso, se non avesse potuto far ricorso a un incantesimo che gli ha mostrato i punti cardinali. Deve ammettere, però, che ne è valsa davvero la pena.
 
Del caldo che da poco ha invaso Asgard, spinto dall’arrivo dell’estate, in quel luogo arriva solo un lontano sospiro, protetto e accolto com’è tra le braccia di alberi millenari dal legno sfumato di diverse tonalità brune. Loki si è seduto in un punto strategico, a diversi metri dal tronco di un maestoso pesco. I rami infiniti, che sembrano sfiorare il cielo e non raggiungerlo solo per un soffio, proiettano un’ombra allungata e sempre più frastagliata man mano che si protrae sul terreno, così il dio si è accomodato proprio dove il sole gli arriva solo per pochi spiragli, abbastanza per poter osservare bene i colori nelle ampolle, non abbastanza da infastidire la sua pelle incredibilmente chiara. La brezza leggera sembra accarezzare tutti i frutti di madre natura, le foglie, i fiori, i fuscelli più delicati, i suoi capelli. In particolare, gioca con i morbidi fili d’erba di cui quello spazio è elegantemente vestito: di un verde acceso come gli occhi del principe, leggero e soffice, il manto erbaceo su cui è seduto non potrebbe essere più gradevole di così, al tatto, alla vista e persino all’olfatto. Loki lo preferisce persino ai sontuosi e vellutati tappeti del palazzo, sui quali ha visto la sua vita scorrere, un libro dietro l’altro. Non ha infatti saputo resistere alla tentazione di togliere i calzari e rimanere a piedi nudi a contatto con il prato: una sensazione di pace lo ha sfiorato quando la sua pelle delicata è entrata in contatto con quella leggera carezza.
 
Pochi passi più in là del telo su cui ha steso le boccette e un paio di libri, la naturale calma di un piccolo lago è interrotta solo dal soffio curioso del vento che crea, di tanto in tanto, piccole onde che si spengono prima ancora di raggiungere l’apice. L’acqua è tanto limpida da riflettere il mondo come due occhi sinceri. Loki, prima di accomodarsi sotto la treccia ombrosa dei rami, si è sporto appena sopra la riva. Per un attimo ha visto in profondità, oltre la superficie dell’acqua: niente pesci, ma qualche pianta acquatica a diversa distanza l’una dall’altra, cresciute in un fondale misto tra sabbia e terra. Subito dopo gli è tornata indietro l’immagine di sé. Ormai quasi più uomo che ragazzo, il suo fisico lo tradisce facendolo sembrare più giovane: alto e slanciato attira sicuramente sguardi ammiccanti delle ragazze di corte, ma manca del corpo massiccio e muscoloso tipico dei guerrieri. Il viso allungato e definito nelle linee scolpite della mascella e degli zigomi lascia che gli occhi siano i protagonisti, permettendo alle labbra sottili e disegnate di passere in secondo piano, insieme al naso importante. Due gemme verde smeraldo brillano sulla superficie acquosa, carismatiche e ipnotiche, tanto che sembrano bucare l’acqua. Loki si guarda negli occhi attraverso il riflesso e nota che sono particolarmente verdi, in quel momento.
 
I suoi occhi sono cangianti, madre glielo dice sempre. Quando era più piccolo amava ascoltare di come lei avesse passato ore, i primi giorni che lui era al mondo, a cercare di capire di che colore fossero: un giorno erano azzurri come il ghiaccio, quello dopo celesti come il cielo, quello dopo ancora di un verde simile al mare in tempesta e poi di un verde acceso e brillante come le foglie in primavera. Alla fine la regina aveva deciso che quegli occhi non avevano un colore definito, ma che non c’era niente al mondo di più incantevole. Ora che è cresciuto, il secondo genito della famiglia reale finge di non provare più interesse per le vecchie storie di secoli prima, ma in verità conserva quei ricordi raccontati come un tesoro prezioso.
 
I suoi occhi così dinamici non hanno solo sostenitori, però. Fin da piccolo le male lingue hanno borbottato alle sue spalle della vena maligna che sembra esserci in quello sguardo. Qualcuno l’ha definita magia, qualcun altro, più perfido e pettegolo, ha dubitato che la bontà e la saggezza nel sangue di Odino si sia trasferita nel principe moro.
 
Una volta solo era capitato che una serva, ormai di mezza età, fosse così sfortunata da essere sentita dalla regina mentre le sue parole si coloravano di veleno:
 
“Il principe Loki ce l’ha scritto negli occhi, sta solo aspettando il momento giusto e poi, ci scommetto tutto l’oro di Asgard, tirerà fuori qualche stregoneria e farà fuori chiunque non gli vada a genio!”
 
Frigga, sempre stata paziente e clemente nei suoi giudizi, aveva ordinato che la donna fosse bandita da Asgard per sempre, con le labbra cucite, così che non avesse potuto più parlare per dire il falso. Aveva anche ordinato che nessuno si permettesse di far sapere ai due principi, poco più che bambini, di quanto era successo, ma se Thor era un ingenuo ragazzino che cresceva tra le sue armi sempre più vere, Loki era un attento osservatore con un intelletto fino, a cui non sfuggiva mai niente.
 
 
Il vento soffia uno sbuffo più forte degli altri, ma il braccio di Loki è fermo come pietra mentre versa gocce di un liquido viola da un’ampolla a un’altra. Non perde la concentrazione e continua a contare, anche quando una delle gocce sembra titubante nel lasciare il vetro arrotondato e trema un po’ al soffio del vento prepotente. Quando anche l’ultima delle cinque tocca il liquido bluastro nella boccetta, questo cambia improvvisamente aspetto. Come se un buco nero si stesse espandendo al suo interno, il colore comincia a scomparire: dal centro si allarga un vuoto senza confini nitidi, ingoiando ogni traccia di sfumatura e tonalità. In pochi sgocciolii di un secondo, il liquido dell’ampolla è diventato completamente trasparente.
Il dio sfodera un sorriso soddisfatto. Sa che una delle costanti fondamentali della magia è l’inganno. Se quella pozione può tranquillamente essere scambiata per acqua, allora è abbastanza sicuro che avrà effetto: un risultato inaspettato, subdolo, silenzioso all’occorrenza e manifesto ad atto compiuto. Avvicina la boccetta al naso e cerca di percepirne l’odore: nulla. Non gli resta che la prova del nove.
 
Ha intenzionalmente scelto una pozione con un doppio effetto. Pur essendo consapevole della difficoltà della loro preparazione, ha rischiato un insuccesso al suo primo tentativo, perché sapeva che avrebbe dovuto avere una scusa pronta, se qualcuno l’avesse trovato a prepararla, o peggio ancora, ad usarla. Tutto sommato però, ha scelto bene: una pozione che annoda. Gettata su una pianta o un albero, questa ne annoderà le radici e la vittima, non più capace di trarre sostentamento dalla terra, perirà. Bevuta da un dio, questa ne annoderà la lingua e lui non sarà capace di parlare. Per qualche ora o qualche giorno, ma sarà comunque un sollievo non dover sentire la voce di Thor per un po’.
Perché ovviamente è per lui che fa tutto questo. È la sua cavia, la sua vittima. È lui che lo spinge a scoprire nuovi incantesimi, nuove tecniche, qualsiasi cosa che possa anche solo infastidirlo. Loki sorride, con le labbra tese nel ghigno malefico che gli si dipinge sul viso ogni volta che pensa alla vena che si gonfia sul collo del fratello, quando è bersaglio delle sue magie. Il grande e possente Thor, primogenito di Odino, si sente impotente quando una piccola fiamma bluastra gli incenerisce l’armatura senza bruciarlo minimamente, davanti a tutti i suoi bellicosi amici, o quando la sua pelle inizia ad arrossarsi sempre più, tanto che alla fine sembra quasi una delle aragoste che sono sul tavolo, quando durante la cena con Madre e Padre, Loki muove appena le labbra fingendo di bere.
 
Tre gocce. Lo tiene bene a mente, mentre si alza dal manto soffice, lasciando come eco un’ombra di fili d’erba sfatti, e si guarda attorno in cerca di un candidato.
Una piantina cresce timida e fresca sulla riva del lago. Le foglie spuntano rare ma lucide e di un verde acceso sul suo corpo flebile e in cima, come a completarne la fragile bellezza, un solo fiore, di un lilla così chiaro da sembrare rosa macchiato o viola tinto di bianco. Perfetta, pensa Loki.
 
La osserva ancora un attimo prima di sollevare il braccio, solo per essere sicuro che sia quella giusta, che la magia andrà a buon fine. Inclina l’ampolla e si scopre teso, quando si ferma un attimo prima di far scoccare il liquido trasparente sul verde della pianta. Tre gocce, ripete mentalmente, solo tre gocce, e un piccolo rivolo di sudore comincia a imperlargli la fronte. Teso, ruota il polso con lentezza e precisione, osservando il contenuto dell’ampolla scivolare al suo interno, temporeggiare appena sul bordo e poi cadere in una piccola, quasi invisibile, goccia. Nessuna reazione. Sollevato ma ancora ansioso, permette anche alla seconda goccia di cadere. Questa si trastulla un po’ più dell’altra sul vetro, quasi come non volesse lasciarlo, e sembra metterci più tempo della precedente a cadere, ma Loki sa che è solo l’agitazione che gli gioca brutti scherzi. Scivola su una foglia e subito questa la assorbe: nessuna reazione. Ormai convinto del successo, si abbandona a un sorriso soddisfatto mentre si prepara a versare l’ultima, quella che decreterà la buona riuscita della sua prima pozione.
 
Si ferma un attimo prima che il liquido tocchi il bordo. Raddrizza la boccetta e il contenuto torna rapidamente alla base. Ha sentito un rumore, non così lontano, troppo comunque per essere definito. Eppure, sembrava qualcosa di familiare. Tende l’orecchio nella quiete silenziosa della radura, ma persino il vento e gli animali che la abitano sembrano tacere. Aspetta, zitto e rigido come un animale che sta per cacciare. Nulla, solo le foglie che si accarezzano tra loro per il vento che ha ripreso a soffiare leggero.
 
Di solito la mente non lo inganna. No, la mente di Loki è una macchina perfetta d’ingegno, lubrificata da un po’ di malizia. Eppure questa volta deve averlo fatto, perché la radura sembra più quieta che mai. Il dio ignora quella sensazione, quel sospetto che rimane stabile e sospeso dentro di lui, cercando di ritrovare la concentrazione persa solo in parte. Controlla ancora una volta la posizione del braccio sopra la pianta e poi ricomincia ad inclinare l’ampolla, questa volta con un’epica lentezza. La pozione scivola sul vetro e Loki la segue con gli occhi, attento.


Di nuovo quel rumore, ma ormai è troppo tardi per fermarsi. L’ultima goccia rotea intorno al bordo. Il rumore si fa più forte, più vicino, più vero. Cespugli che si muovono, o meglio, che vengono mossi. La goccia cade, vibra nell’aria. Il rumore è cessato, ma non del tutto: al suo posto ce n’e un altro di diversa entità, più sommesso e strusciante. Voci? La pozione tocca la foglia e non è che un millesimo di secondo quello che precede la magia. A questo punto, Loki non sente più niente, anche se forse il rumore si è fatto più chiaro: è troppo incantato a guardare l’effetto del suo impegno. Il terreno sotto la pianta si muove appena, borbotta, mostrando il marrone scuro della terra sotto il verde dell’erba sottile. Il corpo dell’arbusto trema, come se stesse facendo uno sforzo immane e Loki per un attimo tema che stia per esplodere o peggio, prendere fuoco. Invece, con una forza che sembra non appartenergli, la pianta tira fuori dall’oscurità sotterranea una delle sue radici che, sotto gli occhi curiosi e scintillanti del dio, si arrotola su sé stessa formando un nodo ben tirato. Funziona. Questa volta il sorriso di Loki non è più mascherabile. Perché ne possa essere certo però, tutte le radici devono subire l’effetto: guarda la seconda terminazione uscire della terra tremando.
 
Poi è tutto veloce, molto veloce. Il rumore che aveva archiviato è presente, incredibilmente vicino. Non ha il tempo di voltarsi a inquadrare quel suono familiare e fastidioso, perché un colpo gli arriva alla spalla, potente e sicuro, ma non maligno. Loki oscilla appena sotto la forza con cui viene colpito e tenta di salvare l’impossibile, ma è troppo tardi: l’ampolla gli scivola dalle mani con l’urto e la pozione si svuota perduta e sdegnata sulla pianta. Questa per un attimo rimane immobile, con una delle radici annodata, una sospesa a mezz’aria e le altre ancora sepolte nella terra. Poi una luce violacea, tendente al blu come al bianco, sembra avvolgerla a partire dal basso. Rapidamente la luce si disegna in fiamme e il fuoco innaturale divora la pianta prima che Loki possa sbattere le ciglia: non ne resta che polvere.  
 
Lo sguardo del dio s’impregna di delusione e subito dopo di rabbia furente. Si volta e la mano di Thor è ancora sulla sua spalla in quello che, solo all’apparenza, sembra un gesto amichevole. Il principe biondo ride di chissà quale immensamente stupida battuta con i suoi amici, guardando verso di loro. Volstagg, Hogun e
Fandral scoppiano in una risata più fragorosa e canzonatoria quando si accorgono che la piantina ha miseramente preso fuoco sotto l’errore di Loki – quella di Volstagg è forse la più fastigiosa, baritonale e volgare com’è – mentre Sif si limita a un sorrisetto soddisfatto e sbeffeggiatore.
Loki sente la rabbia montare dentro di lui e prendere il sopravvento del suo corpo, della sua mente, della sua magia. Tenta di fermarla, prima che sia troppo tardi, prima che le conseguenze siano più grandi della causa. La indirizza verso le parole e la sua voce sembra il sibilo di un serpente per quanto è carica d’odio.
 
«Thor.»
 
Quel nome potrebbe prendere fuoco per quanto  intensa è l’ostilità con cui è pronunciato.
Il dio biondo smorza appena il suo sorriso, ora colorato di una nota di preoccupazione, mentre guarda il fratello, dubbioso e inconsapevole.
 
«Tu e i tuoi stupidi modi da volgare plebeo.» Loki fa una pausa, come se ognuna di quelle parole fosse tanto potente da costargli fatica «Hai rovinato l-»
 
«Che cosa stavi facendo, Loki?»  la voce di Volstagg ha una fastidiosa sfumatura di ilarità. «Provavi a vedere se con un fuocherello ti si scioglieva quell’aria impettita da pinguino?»*
 
La risata generale scoppia rumorosa e sgradevole, questa volta coinvolgendo anche Sif. Thor ride più forte di tutti gli altri e toglie la mano dalla spalla del fratello per mettersela su un fianco, come se avesse bisogno di sorreggersi per il troppo ridere.
 
La rabbia di Loki ora è palpabile. È energia pura, densa, visibile, di un colore a metà tra il verde intenso e il violaceo, lo avvolge e si espande verso il circostante. Gli occhi verdi sono gemme che risplendono di filamenti d’oro e sembrano essere fonte di energia propria, racchiusi nella fessura della sua espressione furiosa.
 
Thor si fa improvvisamente serio quando nota il petto del fratello alzarsi e abbassarsi rapidamente, scosso dai respiri tremanti e iracondi. Quando gli altri smettono di ridere è ormai troppo tardi, lui però capisce.
 
Il giovane dio del tuono non è mai stato dotato di brillante intelligenza o di un intuito acuto, ma questo passa in secondo piano quando si tratta di Loki. C’è qualcosa di naturale e invisibile tra loro, come un cordone ombelicale che li lega in un’unica emozione, divisa in due diverse sfaccettature. Come fossero due metà di uno stesso frutto, diverse eppure così indispensabili. Thor guarda l’altro per un secondo che sembra un’eternità di parole, suppliche, sentimenti. I suoi occhi si fanno di un azzurro acqueo e sincero, come si sciogliessero al contatto esplosivo con quelli del fratello. È uno sguardo intenso che si fonde su sé stesso per creare un legame con quello di odio e rabbia in cui si rispecchia. È uno sguardo comprensivo e amorevole, pentito, sincero, preoccupato. Probabilmente Loki sta per fare qualcosa d’irreparabile, armato di rabbia e magia, Thor ne ha la vaga consapevolezza – conosce suo fratello come nessun altro nei nove regni – eppure l’unica cosa che i suoi occhi stanno chiedendo con chiarezza estrema è Stai bene?
 
L’acqua del lago inizia a sollevarsi e finalmente le risate degli altri vengono soffocate dalla paura. Thor e Loki non le sentivano già più, entrambi uditori soltanto di un discorso senza parole, fatto di occhi verdi in occhi azzurri. Passa troppo poco tempo da quando l’acqua muta in un muro alto e possente di trasparenza e cascate, a quando Loki distende le dita per prepararsi a ruotare il polso e indirizzarla verso la fonte della sua rabbia. Thor urla un Loki, no! e getta un ultimo sguardo angosciato e denso al fratello. Ma Loki è gelido e fermo nella sua espressione furente, che ora presenta un sorriso sardonico e uno sguardo acceso di soddisfazione nel verde brillante.
 
Il lago avanza nell’arco di un battito di ciglia verso il terreno. Sif e Volstagg urlano, gli altri rimangano senza fiato. L’acqua si tuffa su i corpi inermi di tutti loro e Loki si lascia sfuggire un ghigno quando vede il terrore farsi strada nei loro occhi. Quando sta per avvolgerli in un vortice inevitabile, però, la cascata eretta sopra di loro si blocca.
 
Loki spalanca gli occhi dalla sorpresa e dalla delusione. Non vuole credere che una sua magia possa non aver funzionato. E infatti, ha subito la magra consolazione che non è così.
 
«Loki!»
 
La voce di Odino risuona impetuosa e profonda nella radura. Tutti si voltano a guardarlo, chi grato e chi spaventato.
 
Il giovane dio sembra aver perso tutta la sua sicurezza e malignità, ora che guarda il padre con due grandi occhi da cucciolo impaurito.
 
«Ferma subito tutto questo!»
 
Odino urla ancora più forte questa volta, tanto che tutta Asgard sembra tremare.
Loki esita un attimo. Vorrebbe urlare lui, che la colpa non è sua, che si stava solo difendendo, che Thor…
 
«Subito!» urla di nuovo e Loki si volta verso l’acqua ancora sospesa innaturalmente sopra le teste degli aspiranti guerrieri.
 
Rivolge la mano affusolata e candida verso quella direzione e piega le lunghe dita su sé stesse, lentamente. Quando i polpastrelli sono abbastanza vicini al palmo, il lago è tornato ad essere placido e inoffensivo.
 
«Per Hel, che cosa è successo?» tuona il Padre degli dei, rivolgendosi al figlio più giovane, ma gettando uno sguardo di biasimo anche al primo genito.
 
Loki sa che non è una vera domanda, eppure osa.
 
«Padre, io…»
 
«Silenzio!» Asgard trema di nuovo. «Se la guardia a cui ho ordinato di controllare te e tuo fratello non mi avesse avvertito, cosa sarebbe successo? Ci hai pensato?»
 
Il re urla così forte che persino il pesco sembra tapparsi delle legnose orecchie.
 
«Stavo solo cercando di…» Loki tenta di nuovo di difendersi, di spiegare, ma Odino lo zittisce con un gesto della mano.
 
Allora guarda verso il fratello. In cerca di cosa? Di aiuto? Di difesa? Di comprensione? Gli getta uno sguardo con il quale vorrebbe appigliarsi, ma Thor non ha gli occhi liberi per permetterglielo. È troppo occupato a scambiarsi sguardi e sorrisini di soddisfazione e scherno con i suoi amici, tutti apertamente compiaciuti della sfuriata che il giovane principe sta subendo. Il moro si dà solo un secondo per rimanere deluso: non può contare su Thor, mai, dovrebbe saperlo.
 
«Ora torniamo al palazzo e lì deciderò la tua punizione. Ma sappi fin d’ora, Loki, secondogenito di Odino, che sarà degna di questo nome.»
 
Il re conclude e Loki fa in tempo a notare  gli sguardi derisori che gli stanno rivolgendo gli amici del fratello, prima di riapparire in una sontuosa stanza ornata d’oro, insieme a Odino e Thor.   
 
 
 
 
 
 
Le prigioni dorate sono sempre le più claustrofobiche. T’illudono, con l’immensità di una stanza ampia, intessuta di oggetti inutili e abbellita di sfarzi. Ti fanno odorare il profumo della libertà e poi, sotto i tuoi occhi increduli, ti privano di questa.
 
La libertà. Loki si chiede quando potrà respirarla davvero, mentre accende e spegne un fuocherello bluastro sul palmo della sua mano, semplicemente aprendo e chiudendo le dita. La sua camera è degna di quella di un principe. Le pesanti tende appese a coprire le immense finestre sono ricamate di fili preziosi, i tappeti che adornano il pavimento di tutta la stanza sono stati intessuti a mano, con un sospiro di magia a renderli perfetti. Un’intera parete è farcita di mensole traboccanti di libri, ampolle, rari materiali. Non manca di nulla, eppure Loki desidererebbe solo poter uscire da lì.
 
Ma Odino è stato chiaro quando l’ha relegato nelle sue stanze fino a nuovo ordine. Niente uscite e niente visite, neanche da Frigga. Loki punta su di lei perché ammorbidisca il giudizio furibondo e severo di Odino e in cuor suo sa che può far affidamento sulla naturale propensione della madre a calmare gli animi.
 
Avvicina il palmo alla tenda rossa del suo letto a baldacchino. Non gli piace quel colore, non gli è mai piaciuto. L’angolo inizia ad ardere lentamente, sfiorato da quel frizzante fuocherello. Pian piano, il calore si estende e il velluto inizia a trasformarsi in scheletro, poi in cenere.
 
«Neanche a me piacciono le mie.»
 
La voce di Thor fa sussultare Loki e spegnere il fuoco con uno sbuffo. Il dio biondo è appoggiato allo stipite della porta.
 
«Che cosa ci fai qui? Padre l’ha vietato.»
Il tono di Loki è acido. Risponde senza guardarlo negli occhi, come se si vergognasse della sua situazione.
 
«Padre non lo saprà. Per fortuna le guardie che ha messo fuori dalla tua porta sono tra le più facili da corrompere.»
 
Si avvicina con passi lenti, aspettando un segno dal fratello.
 
Il più giovane rimane seduto a terra, sul soffice tappeto, a guardare le proprie dita giocare con delle fiammelle sui polpastrelli.
Thor sospira, poi si siede anche lui a terra, accanto all’altro.
 
«Fratello…» comincia, ma il giovane principe è più rapido di lui.
 
«Risparmiami la tua pietà, Thor. Non ne ho bisogno.»
 
Adesso il sospiro di Thor sembra quasi un singhiozzo. Loki continua nella sua indifferenza, ma rizza le orecchie e lo sguardo, incuriosito dall’atteggiamento di Thor. Il principe biondo prende fiato, come se parlare gli costasse davvero un’immensa fatica.
 
«Loki, ascolta… so che sei arrabbiato, ma dovrest- »
 
«Arrabbiato?» ora Loki si volta a guardarlo, con occhi accesi d’ira e una nota tesa nell’espressione. «Perché mai dovrei essere arrabbiato? Oh, forse perché tu e i tuoi amici babbei non solo avete rovinato il frutto di mesi di lavoro, ma mi avete anche relegato qui, in questa bolla di falsità?»
 
Thor rimane senza fiato. Non sa che dire, perché Loki, fondamentalmente, ha ragione. È dispiaciuto, ma questo non cambierà le cose. È il suo turno di distogliere lo sguardo dagli occhi del fratello.
Il silenzio cala nella stanza e dura dei lunghi secondi. È Loki ad interromperlo.
 
«Se è tutto, puoi anche andare» decreta, guardando da nessuna parte.
Thor boccheggia un po’, le parole sembrano non venirgli alle labbra. Non è lui, tra i due, quello bravo a parlare.
 
«Io vorrei solo che tu…» comincia, ma già perde il filo. «Mi piacerebbe che capissi che… »
Altra pausa e Loki sospira sonoramente la sua impazienza, solo per il gusto di metterlo ancora più in difficoltà.
 
Thor rimane in silenzio solo un attimo, poi allunga la mano e afferra il polso di Loki. Prima che questo possa protestare, ricomincia a parlare.
 
«Prendi il fuoco per esempio, a te piace il fuoco e al fuoco piaci tu. »
 
Loki gli rivolge uno sguardo dubbioso, con un sopracciglio alzato. Thor lo ignora e continua.
 
«Ti piace passare del tempo con il fuoco, averlo accanto e sentirne il calore. Nonostante questo, può capitare che il fuoco ti scotti o ch –»
 
«Questo fuoco non può scottarmi, è creato con la mia stessa magia» ribatte Loki,ma Thor finge di non aver sentito.
 
«Può capitare che il fuoco ti scotti o che tu lo spenga senza preavviso e lui, non so, si offenda per questo.»
 
«Thor, stai iniziando a delirare»
La voce di Loki è annoiata e beffeggiante, ma in realtà sta ascoltando con attenzione: non ha idea di dove il
fratello voglia andare a parare.
 
«Quindi, tu e il fuoco vi piacete, anzi, direi che avete bisogno l’uno dell’altro, eppure è possibile che vi facciate male a vicenda.»
 
«Thor senti, io non so che genere di vino abbiano servito a cena, ma - »
«Quello che voglio dire,» il principe biondo calca la voce sulle parole e Loki recepisce il messaggio, chiudendo la bocca, almeno una volta.
 
«Quello che voglio dire,» ricomincia Thor, questa volta con tono dolce. La mano intanto ha lasciato il polso e sta accarezzando il palmo del fratello, proprio dove prima c’era il fuoco «è che anche se due persone si amano, possono ferirsi a vicenda, involontariamente.»
 
Entrambi si stupiscono di come Thor sia riuscito a formulare un concetto tanto profondo senza inciampare nelle parole. Ora Loki ha il coraggio di guardare in viso il fratello, con l’espressione sorpresa e curiosa, i lineamenti del viso addolciti. Ma Thor, improvvisamente timido, ha lo sguardo perso nelle loro dita che, lentamente, si intrecciano.
 
Loki si stupisce di come quel calore sia strano. Ha sempre preferito il freddo, il pungente tocco dell’inverno, eppure la sensazione che tiene calda la sua mano è diversa da qualsiasi altra cosa. Potrebbe anche trovarlo piacevole. Con il proprio pollice, sfiora quello del fratello più grande, lo accarezza, in movimenti senza senso.
 
Sì, è decisamente piacevole. Potrebbe farci l’abitudine. Ecco perché è qualcosa che va fermato quando è ancora in tempo. 
 
Tira via la mano dalla stretta affettuosa e il suo sguardo torna ad essere una saetta che trafigge, contro quello incerto di Thor.
 
«Bella metafora, l’appunterò nella lista di cose idiote che hai detto nella tua vita. Quando sarai re magari ci guadagnerò qualcosa vendendola.»
 
Thor è deluso e amareggiato, basta osservare la piega delle sue labbra per scorgere il dispiacere.
 
«Ora va» sentenzia Loki, e si volta dalla parte opposta, fingendo di leggere un libro preso dal pavimento a una pagina casuale.
 
Thor si alza lentamente, nessuno sente il suo sospiro.
 
Cammina passi silenziosi fino alla porta, non guardando da nessuna parte. Quando è davanti al pesante legno scuro esita, ma non si volta.
 
«Mi dispiace.» dice soltanto e rimane immobile, ad aspettare una risposta, una qualsiasi.
 
Niente.
 
Esce dalla stanza e Loki è di nuovo solo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note:
[1] Non so quanto sia possibile che Loki faccia uso di pozioni, le dinamiche della sua magia mi risultano ancora vaghe, quindi ho lavorato di fantasia.
*Non ho idea se su Asgard ci siano i pinguini (XD), è un riferimento a un’amica che non potevo non fare.
 
 
   
 
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