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Autore: dream_more_sleep_less    23/09/2013    3 recensioni
A diciotto anni non si sa mai esattamente cosa si voglia dalla vita, né chi si voglia diventare. Si passa il tempo a porsi domande accompagnate da porte in faccia, e rimaniamo indecisi fino all'ultimo. Leeroy invece è cresciuto con la convinzione di poter diventare esattamente ciò che vuole: un calciatore. Non ha mai voluto altro e non ha mai sognato altro. Gli studi non fanno per lui. La sua presunzione lo porta a distruggere i sogni della squadra del suo liceo proprio alla finale di campionato. Ha deluso soprattutto i compagni che stanno ormai per diplomarsi. Per loro non ci sarà un'altra possibilità, sono arrivati all'ultimo giro di giostra. Alla fine scenderanno da vincitori o da perdenti. Dipenderà tutto da Leeroy, che dovrà riuscire a mettere le redini al suo ego per andare d'accordo con il portiere. Secondo lui, Lance è la vera causa della loro sconfitta.Troppo calmo, troppo sicuro di sé. Ma il loro rapporto dovrà cambiare per permettere ad entrambi e al resto della squadra di guadagnarsi il titolo di campioni. { In corso }
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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The last chance
II

Nonostante il rimprovero di qualche giorno prima, Stan decise che per far assimilare meglio il messaggio "Non fare altri casini altrimenti sei fuori." a Leeroy, avrebbe dovuto utilizzare una soluzione semplice e pratica.
Mancavano poco meno di quindici minuti alla fine dell'allenamento, così l'allenatore fermò la partita che i ragazzi stavano disputando per avanzare una proposta. Era una giornata veramente afosa e tutti, nessuno escluso, stava annaspando per il caldo. Tutta la squadra era a torso nudo e sudata sia per lo sforzo fisico che per il caldo, ma finchè giocavano non ci badavano.
"Che c'è?" chiese Miles, fresco come una rosa, sembrava che non sentisse mai la fatica.
"Venite qua." poi si rivolse al portiere: "Lance, esci dalla porta."
Il ragazzo rimase interdetto: che Stan volesse fare altri discorsi? Non aveva voglia di perdere tempo in chiacchere, dovevano allenarsi.
"Leeroy, vieni anche te qui."
Il difensore superò i compagni per raggiunge l'allenatore. "Sì?" chiese con voce ancora affannosa.
"Lance, dagli i guanti." disse l'allenatore, aggiungendo poi:"Leeroy, vai in porta."
"Che?" chiese stupito il diretto interessato.
"Hai capito bene."
Il portiere si tolse malvolentieri i guanti per poi lanciarli al compagno di squadra, che li afferrò al volo. Nessuno capì la decisione fino a che Stan non parlò nuovamente: "Per evitare che a qualcuno sorga la brillante idea di rinchiudere Leeroy in uno sgabuzzino per poi riempirlo di botte faremo ora un bel allenamento. Vi aiuterà a scaricare la rabbia che provate nei suoi confronti. In questo modo nessuno si farà del male... beh, forse solo Leeroy." concluse sorridendo.
"Lo useremo come tiro al bersaglio?" Il tono di Daniele era stranamente euforico.
"Più o meno. Potrete fare quello che volete, a patto che usiate il pallone e non le mani o i piedi, ma avrete una sola possibilità. Non ve ne darò altre. In questo modo si chiuderà subito la questione. Chi è il primo?" chiese con un ghignetto divertito.
"Quindi lo useremo come tiro al bersaglio!" ripeté di nuovo l'italiano, tutto contento.
"Non siamo mica dei barbari!" esclamò il diretto interessato, molto preoccupato per l'esito di quell'allenamento. Sarebbe tornato a casa pieno di lividi.
"Taci. E vedi di parare se ci riesci." lo zittì Stan.
Leeroy non potè fare a meno di pensare che quell'uomo fosse un gran bastardo. Tra la folla di ragazzi si fece avanti Daniele con il pallone, sarebbe stato il primo a tirare. Si posizionò e si fece indietro per la rincorsa.
"Niente di personale." commentò l'italiano.
Leeroy sudò freddo: quel bastardo avrebbe fatto sul serio e avrebbe sicuramente mirato alla faccia.
"Cerca di evitare il naso, non voglio portarlo in ospedale." fu il commento ironico dell'allenatore.
"Ci proverò, mister!" 
"Che situazione del cazzo..." borbottò Leeroy infastidito. Come se non bastasse i guanti gli stavano enormi ed erano sudaticci. Avrebbe voluto uccidere qualcuno alla fine della giornata. Si posizionò al centro della porta a braccia aperte, come aveva visto fare molte volte a Lance,  aspettando il tiro. Non aveva idea in che punto avrebbe tirato ma pregò che non puntasse davvero alla faccia.
Daniele fece una rincorsa veloce per poi fermarsi improvvisamente ad un passo dal pallone e calciò proprio in direzione del portiere, più precisamente al basso ventre. Leeroy parò con il corpo bloccando la palla con le mani, ma il colpo lo sentì forte e chiaro.  Annaspò per un momento come svuotato del fiato che aveva in corpo. Quell'italiano era proprio un deficiente. Vide Daniele dare il cinque a Miles facendosi dare il cambio.
Lance aveva assistito alla scena molto divertito, trattenendosi dal scoppiare al ridere e non vedendo l'ora che fosse il suo turno.
Miles, al contrario di Daniele, non aveva intenzione di fargli male: preferì piuttosto umiliarlo facendo goal. Leeroy doveva capire che ogni ruolo era importante e difficile al tempo stesso.
Il capitano prese la rincorsa. Il portiere non aveva la più pallida idea di dove avrebbe tirato e quindi non sapeva se schivare un colpo diretto a lui o parare un goal. Quandò Miles colpì la palla non la vide nemmeno arrivare e finì in rete senza che Leeroy riuscisse a sfiorarla con la punta delle dita. Si buttò troppo tardi, la palla era già entrata quando capì cosa doveva fare, rimase a terra per qualche momento. Sono un difensore, non un portiere! Perché dovrei saper anche parare?!
"Bel goal." commentò Lance ghignando.
"Scommetto che se ci fosse stato il nostro portiere al suo posto l'avrebbe parato." aggiunse Daniele dando una pacca sulla spalla di Lance, ridendo dell'incapacità del suo amico come portiere.
"Già, sarebbe stata tutta un'altra storia." concordò Lance al compagno di squadra.
Dovevano farlo sentire un incapace, oltre che un idiota? Quella situazione era esasperante ed il caldo non lo aiutava di certo. "Datevi una mossa a finire questa pagliacciata."
"Certo, certo." fece Stan con sufficienza. "Il prossimo."
Dopo Miles venne il turno di Akel, ed anche lui fece goal facendo saltare i nervi a Leeroy mentre gli altri ridevano di gusto. A quel punto era chiaro che umiliarlo sarebbe stato più divertente del prenderlo a pallonate, così fecero gli altri componenti della squadra compreso James. 
Arrivò infine la volta del vero portiere. Leeroy era pienamente convinto che non avrebbe mai fatto goal, era impossibile. Non poteva immaginare, però, che Lance avrebbe fatto come gli altri, impaziente di dimostrare al novellino che, al contrario di lui, sapeva fare altro oltre parere. Quando si posizionò, Leeroy divenne improvvisamente nervoso. Deglutì prima di detergersi il sudore dalla fronte. I loro sguardi si incatenarono per un momento. Leeroy ebbe come un brivido su per la schiena nonostante il caldo. Non va affatto bene. Con una sola occhiata quel tizio riusciva a fargli perdere la concentrazione e la pazienza. "Dannazione."
Dagli occhi del rosso capì che non doveva aspettarsi nulla di buono, sicuramente lo avrebbe colpito dritto sul viso.
"Ci diamo una mossa?" domandò Miles. Quella pagliacciata doveva davvero avere fine, e chi meglio di Lance poteva finire in bellezza?
"Non mettermi fretta, non voglio sbagliare."
"Certo, se tu sai tirare un rigore io ho un unicorno rosa in casa!" sbottò Leeroy, al limite della sopportazione.
Lance ghignò perfidamente. Stai a vedere che ti combino, pensò. Fece parecchi passi all'indietro, correndo poi velocemente verso il pallone. Si fermò improvvisamente, fingendo di tirare. Leeroy uscì dalla porta, sicuro di aver intuito le intenzioni dell'altro, ma appena vide l'altro bloccarsi e colpire il pallone con il collo del piede capì di essere stato fregato. La palla volò sulla sua testa e cadde in rete. Goal. 
Gli aveva fatto il cucchiaio?!
"Sei un grandissimo bastardo!" tuonò a quel punto, alzandosi in piedi. "Non è valido! Dovevi colpire me, non mirare in porta!"
"Stan ha detto che potevamo fare tutto ciò che volevamo. Non è vero?" chiese Lance girandosi verso l'allenatore.
"Lance ha ragione." 
"Ora possiamo andare?" chiese il rosso con tono annoiato.
"Certo. Tutti nelle docce, ci si rivede tre settimane prima dell'inizio della scuola. Vi farò sapere il giorno esatto tramite Miles o un sms. Buone vacanze ragazzi."
 
Dopo la doccia i ragazzi si ritrovarono ad un bar nelle vicinanze della scuola, molto in voga tra i giovani della loro età. Era stata una giornata stancante e qualcuno avrebbe voluto addirittura dimenticarla. I brutti pensieri e le figuracce furono però ben presto sostituiti da risa e partite al calcio balilla. Il locale era grande, su due piani: al primo c'erano i tavolini in prossimità delle finestre, e al centro della sala il bancone, mentre al lato opposto delle finestre si trovava il biliardino assieme ad un biliardo. Al secondo piano, invece, si trovava un salone adibito a ristorante che veniva usato solamente la sera e in occasione di qualche festa o compleanno. Frequentavano quel locale dal primo giorno di scuola e nonostante conoscessero bene il proprietario non aveva mai fatto loro uno sconto. Quel giorno, però, non si erano riuniti tutti al bar: James e gli altri neo-diplomati, infatti, era andati a festeggiare con le rispettive ragazze in qualche locale fuori città. Verso le 11 di sera, però, i festeggiamenti sarebbero continuati: quelli della squadra avevano come usanza quella di fare una festa per i ragazzi che finivano la scuola. Altri, invece, non avevano semplicemente avuto voglia di rimanere fuori con quel caldo, nemmeno Leeroy era tra quelli, ma la fame aveva avuto la meglio sull'afa. Se ne stava seduto vicino a Drew e Daniele, mentre di fronte aveva Lance al cui fianco stavano Akel e Miles. A capotavola, invece, troneggiava come sempre l'unica ragazza del gruppo: Abigail. Era un'amica di Miles, il quale si ostinava a negare ogni tipo di coinvolgimento sentimentale con tale fanciulla. Il difensore stava aspettando con impazienza il suo fish and chips da divorare ma nell'attesa, molto svogliatamente, si era messo a sentire ciò che Abigail aveva da dire loro. Il più delle volte erano rimproveri. e quel caso non era di certo un'eccezione. Abigail non era la mascotte della squadra e nemmeno la manager, anche se era sempre alle partite e li aiutava con gli allenamenti. Leeroy la riteneva una ragazza strana, in quanto amava lo sport più della maggior parte dei ragazzi che conosceva, mentre odiava con tutto il cuore passare le giornate a sparlare delle sue compagne di classe e del bello di turno. Le uniche volte che l'aveva vista per negozi era stato per comprare abiti sportivi o palloni da pallavolo. 
"Ragazzi, mi raccomando per il prossimo anno: voglio che prendiate a calci nel culo quei bastardi!" esclamò la ragazza.
Gli altri la guardavano un po' preoccupati. Si poteva dire che era la loro fan numero uno, ma il più delle volte si sostituiva all'allenatore e pretendeva di prepararli come dei soldati prossimi alla guerra. La squadra era sempre riluttante quando lei si metteva in mezzo, a volte persino terrorizzata.
"Dai Abigail, calmati. C'è tempo, lascia finire le vacanze estive... che tra l'altro non sono nemmeno iniziate. Voglio vivere." commentò l'italiano con tono stanco, mentre si accasciava sul tavolino. Miles, al contrario, stava tamburellando con le dita sul tavolino in legno, molto seccato, non era possibile che quella trovasse da ridire su ogni cosa. Era in quei momenti che malediva il giorno in cui le aveva proposto di dar loro una mano. Notò con comprensione che anche gli altri erano veramente sfiniti dai discorsi della ragazza: Daniele, stranamente, non dava cenno di vita, si ostinava a tenere la testa china come quando dormiva durante le lezioni. Akel e Drew gesticolavano senza farsi notare dalla ragazza, capì che stavano pianificando la fuga da quella situazione, mentre gli altri due sembravano fuori dal mondo, con la testa chissà dove. Pensò che era arrivato il momento di farla calmare.
"Ci vuole più impegno da parte vostra, siete dei fannulloni!" replicò lei seccata. Si dava tanto da fare per loro e non aveva mai preteso un grazie o riconoscimenti, le bastava essere ascoltata... e che eseguissero i suoi ordini alla lettera. Ma quei tipi erano davvero impossibili.
"Abi, basta. Non ho più voglia di sentire i soliti discorsi. Daniele ha ragione, è estate, potrai romperci le palle durante la preparazione ad agosto. Ora basta." Il tono del capitano, che solitamente era sottile e basso, si era improvvisamente fatto duro e profondo.
La ragazza lo guardò tra lo stupito e l'incredulo. Quel porcospino di capitano, le stava dicendo di chiudere il becco perché era pesante? Gli altri ragazzi si guardarono allarmati, prevedendo mare in tempesta. Quando Abigail Twain si innervosiva era meglio non essere nei paraggi. La videro fare un respiro profondo per cercare di calmarsi, ma sapevano che sarebbe stato inutile. Leeroy si convinse che mangiare al bancone sarebbe stata una splendida idea.
"Che ne dite di una partita a biliardino magari?" chiese Drew, con tono vago.
"Va benissimo!" risposero gli altri all'unisono, alzandosi contemporaneamente e lasciando il capitano a fare i conti con il suo peggiore incubo. 
Miles ed Abigail non si accorsero nemmeno dell'accaduto da tanto che erano presi l'uno dall'altra, continuando a guardarsi in cagneso per un bel pezzo.
"Si può sapere che hai da ridire?" domandò lei in tono piatto, dopo un bel po'.
"Ho da ridire sul fatto che sei assillante con i miei giocatori!" rispose lui, furente di rabbia. La pazienza con lei andava ogni volta a farsi benedire. Era un bene per la squadra averla, ma anche un male dato il suo carattere, quindi Miles, il più delle volte non sapeva se mandarla a quel paese oppure ringraziarla.
Leeroy, che intanto era stato servito e aveva preso a mangiare voracemente il suo piatto, faceva finta, esattamente come gli altri, di non conoscere quei due che attualmente litigavano come marito e moglie. 
"Scommetto quello che volete che alla fine la spunta lei come sempre." proclamò a gran voce Daniele mentre parava il goal di Akel a biliardino.
"A questo giro la farà correre via in lacrime." commentò Drew preoccupato.
"Non dire cavolate, quella se lo mangia, col cavolo che scoppia a piangere." aggiunse Leeroy finendo la sua merenda. Sentì il cellulare vibrare, qualcuno doveva avergli scritto un sms. Sulla schermata comparve il nome "Jo", lo sguardo gli si assottigliò, c'erano quattro chiamate perse e tre messaggi. Doveva essere successo qualcosa.
Nei duelli verbali tra la ragazza e il capitano della squadra era Abigail quella che ne usciva puntualmente vincitrice. Gli altri della squadra continuavano a chiedersi perché non si fossero ancora messi assieme, visto che erano due persone insopportabili che si erano trovate.
"Io credo che gli darà un altro calcio nelle palle." se ne uscì Leeroy sovrappensiero, lo sguardo ancora sullo schermo del cellulare. "Che c'è? L'ha già fatto una volta." aggiunse scocciato, vedendo che gli altri lo guardavano storto.
"Sei proprio una persona violenta." sospirò Daniele. Leeroy lasciò perdere il commento, ormai ripetuto ogni giorno. Alle loro spalle la coppietta felice non dava cenno di cessare il litigio.
"Se non ci penso io ai tuoi giocatori, chi ci pensa?!"
"Sei ancora arrabbiata perché quella ti ha fregato il ruolo di capitano della squadra?" chiese alibito.
Lo sguardo della ragazza si raggelò per un momento. "Pensì che io me la prenda per una cosa così stupida...?" sibilò. I suoi occhi la tradivano, Miles l'aveva subito capito: quella stupida cercava di essere indifferente quando in realtà ci teneva molto. Aveva intuito sin da subito che qualcosa non andava con lei quel giorno, e aveva subito sospettato che il problema fosse quello. Quel litigio, in fondo, non poteva che farle bene, ora che si era sfogata avrebbe placato la sua rabbia almeno per un po'.  Abigail, infatti, sembrò aver capito ciò che il ragazzo stesse pensando e si calmò tornando a sedersi composta. Si sistemò i capelli neri sopra le spalle per poi ritrovarsi a gicoare con le punte fucsia, guardando fuori dalla finestra con improvviso disinteresse. Incredibile ma vero, Miles era riuscito nel suo intento, ed era un evento più unico che raro. La guardò meglio: gli sembrò che si fosse fatta una ragione dell'accaduto. Pensò che le donne sapevano adattarsi ai problemi molto meglio rispetto agli uomini, le era bastato insultarlo un po' per dimenticare la faccenda.
"Ti va di andare a fare un giro?" azzardò Miles.
"No, voglio stare anche con gli altri." lo liquidò lei.
Il capitano si rassegnò accennando un sorriso: in fondo, anche se le era passata, non voleva dire che avrebbe accettato proposte da lui.
Dall'altra parte del locale i ragazzi avevano visto e udito tutto. "Cazzo!" esclamò Akel stupito. "Stavolta l'ha calmata!"
"Tanto non gliela dà." commentò Leeroy, alzandosi dalla sedia per uscire dal locale e beccandosi altre occhiatacce.
"Lo sai che a parlare così di lei potresti prenderle dal capitano?" disse Drew.
"Tanto lui non si è accorto di essere ricambiato, è un idiota."
"Ma dobbiamo stare qua a cazzeggiare su quei due o andiamo al mare?" chiese l'italiano seccato dall'attesa.
"Finiamo prima la partita, io e Lance stiamo vincendo." disse il turco.
"Taci stronzo, non hai fatto che rullare tutto il tempo, chi ti ha insegnato a giocare!?" sentenziò Drew faticando con le stecche del biliardino.
La partita finì con la vittoria di Daniele e Drew per nove a otto. Lance si dileguò in bagno mentre gli altri  andarono a chiamare la coppietta felice.
"Allora si va?" chiese Drew, appoggiandosi allo schienale della sedia della ragazza per poi appoggiarle le mani sulle spalle con fare amichevole. Miles lo incenerì con lo sguardo.
"Sì. Ma, per curiosità... avete letto sul giornale delle rapine che stanno avvenendo nei quartieri alti della città? Sembra che il rapinatore sapesse quando e come entrare senza far scattare gli allarmi." raccontò Abigail preoccupata.
"Fortuna che noi non abitiamo nei quartieri alti... vero, Roy?" lo schernì l'italiano. In verità Leeroy abitava proprio in una di quelle villette, ma fortunatamente per sua madre nessun ladro aveva mai provato ad entrare in casa.
"Ho l'antifurto." rispose secco.
"E se lo disattivano?" chiese Drew.
"Senza il codice non possono staccarlo, è uno di quelli nuovi."
Lance arrivò in quel momento. "Andiamo?"
"Pensavamo ci fossi cascato dentro." disse il capitano.
Fuori dal locale l'afa li investì come un fiume in piena, neanche fossero nel deserto. Gli unici due che sembravano non curarsene più di tanto erano l'italiano e il turco, avvezzi a temperature esagerate. Per loro non sarebbe stata una brutta esatte, a casa loro si sarebbero divertiti, se non fosse stato che entrambi avrebbero compiuto gli anni proprio in quei mesi. Durante le ultime settimane di scuola, però, ad Akel era venuta la brillante idea di festeggiare il compleanno nel locale dei genitori di Daniele, una volta tornati dalle vacanze. Ora non bastava loro che dirlo agli altri.
"Ragazzi, prima che ce ne dimentichiamo, io e Akel faremo il compleanno assieme quando le vacanze saranno finite, siete tutti invitati naturalmente. Abi, per favore, porta qualche ragazza della squadra" chiese con occhi dolci alla pallavolista.
"Va bene, chiederò a due mie amiche." sorrise loro. "Pensavo che avreste fatto i compleanni a casa vostra."
"Sì, ma non ci divertiremo come a quella che faremo con voi." sentenziò Akel sorridendo.
"Va bene, tanto ci saremo tutti. Io vado a casa, non ho voglia di venire al mare." disse Leeroy svogliato.
"Bastardo di un asociale, lo so perché vuoi andare a casa!" gli gridò contro Daniele. "La tua cazzo di idromassaggio! Stai pur certo che quest'anno ci faremo tante feste a casa tua, tirchio!" aggiunse prendendolo in giro.
"Se faccio una cosa del genere mia madre mi ammazza. Ci si vede dopo le vacanze." si incamminò così verso l'auto che si trovava vicino alla scuola.
Daniele non si sbagliava: stava realmente andando a casa per l'idromassaggio. Il mare non gli era mai piaciuto, odiava con tutto il cuore l'acqua salmastra e fredda che bagnava le coste inglesi.
Per strada il telefono vibrò nuovamente. Era di nuovo Jo. Questa volta rispose, visto che nessuno l'avrebbe potuto ascoltare. Non gli piaceva parlare dei problemi della sua famiglia davanti agli altri.
"Cosa è successo?" chiese con tono apprensivo.
"Quella stronza di mia madre non mi manda a Brighton per le vacanze estive, mi obbliga a stare in collegio a Londra!" dal tono capì che la ragazza era davvero infuriata.
"Hai provato a sentire mia madre?"
"Sì, ma nemmeno lei può fare qualcosa. Cugino, non puoi provare a convincere la zia a farmi mandare da te? Non sopporto più di stare qua... Giuro che alla prossima che mi combina scappo da questa dannata scuola!"
"Non dire stronzate." le sbottò al telefono. La sua famiglia era davvero insopportabile, dovevano sempre crearsi problemi dove non esistevano. In più quella stupida di sua zia non lasciava che sua cugina conducesse una vita normale. Era intollerabile. "Facciamo così, appena arrivo a casa ti faccio chiamare da Amanda, così le spieghi tutto. Ma non dire altre cavolate come scappare dal collegio. Intesi?"
Senti la ragazza rispondergli dall'altra parte del telefono tra i singhiozzi. Leeroy sospirò. "Non piangere. Farei volentieri a cambio di madre con te."
"Non dire cavolate, tua mamma è fantastica! E' la mia che è una stronza."
"Basta dai. Ora stacco che devo guidare, ci si sente dopo, ok? Tu cerca di calmarti. Ciao Jo."
Dopo aver attaccato salì in auto, pensando che sua zia fosse davvero una stronza sragionevole a trattare così la figlia. Era anche vero che Jo non avesse proprio un bel carattere e che si arrabbiava per ogni cavolata, ma non era possibile che ogni santa volta doveva finirci lui di mezzo.
 
Approfittò del fatto sua madre non fosse ancora giunta a casa per prendere le lattine di Red Bull dal frigo prima di andare a mettersi il costume e buttarsi nella Jacuzzi con le cuffie alle orecchie. Stava ascoltando Viva la Vida per rilassarsi un po'.
 Il cielo era ancora azzurro, ma il sole a breve avrebbe iniziato a tramontare. Aveva una vista perfetta del tramonto da quella posizione, ma non vi prestò molta attenzione cercando invece di  concentrarsi sulle parole della canzone canticchiando a mezza voce. Ormai era chiaro che sua cugina non avrebbe passato l'estate con lui. Il cellulare sul bordo della vasca vibrò interrompendo per un momento la canzone. Era un messaggio di sua madre. 
 
Ho parlato con Adrian, ma non vuole saperne di lasciar venire qua Jo. La manderà in collegio a studiare per l'estate. Sarò a casa per le 20, baci.
 
A quanto pare sua cugina non era stata la migliore della classe nemmeno quell'anno. Leeroy era sicuro che lo facesse per ripicca nei confronti della madre, sapeva che in realtà Jo amava andare a scuola e studiare, ma Adrian le aveva fatto passare la voglia. Decise di scriverle un sms per consolarla.
 
Mi dispiace, di questo passo non so se tua madre ti lascerà venire da me a Natale. 
 
Inviò il messaggio e poi ripose il cellulare sul bordo, mettersi di nuovo ad ascoltare la musica. Quella sarebbe stata un'estate orribile per entrambi. Sospirò tra un sorso di Red bull e uno sbadiglio.
 
***
 
Senza che se ne accorgesse i giorni passarono stranamente in fretta. La calma che a lui piaceva tanto svanì però una mattina, quando Julio e Bartosz lo svegliarono suonando il campanello di casa. Erano circa le 10 di mattina e Leeroy era andato a dormire da appena quattro ore, dopo una nottata passata a giocare con l' X-Box. Sentì bussare ripetutamente alla porta, per un momento nella dormiveglia pensò di essere in ritardo per la scuola. Si diede del cretino mentre si rigirava nelle lenzuola, era ancora in vacanza grazio a Dio. Però sua madre non la smetteva di bussare, fortuna che questa volta aveva chiuso la porta a chiave. Naturalmente questo non la fermò dall'intento di svegliarlo. Qualche attimo dopo infatti, Leeroy sentì il cellulare suonare, e si maledì mentalmente per avere una suoneria per le chiamate così rumorosa. Sapeva che avere Last resort come suoneria era un suicidio, soprattutto se qualcuno lo avesse chiamato la mattina come in quel caso. "Cazzo, cazzo, cazzo!" ringhiò da sotto le coperte cercando il telefono nascosto sotto il cuscino. La stanza era completamente al buio, con il livello dell'aria condizionata al massimo. Sembrava di essere a settembre ma a lui piaceva così. Fece fatica a sollevare le palpebre degli occhi per vedere il nome sul display. "Amanda". Sua madre era veramente una palla al piede. Chiuse la chiamata e buttò il cellulare sul comodino. La suoneria ripartì nuovamente. Quell'apparecchio era un oggetto diabolico, era seriamente tentato di scaraventarlo giù dalla finestra. Questa volta decise però di spegnerlo, mandando al diavolo sua madre.
"Puffetto! Apri la porta, hai visite!"
Non rispose, era troppo stanco per sostenere un dialogo con quella donna.
"Puffetto! Ci sono i tuoi amici, vogliono che vai con loro a giocare al parco."
Quanti anni credeva che avesse, dieci? Si domandò se sua madre avesse finalmente realizzato che lui aveva già diciotto anni. Ma con lei non poteva dare nulla per scontato. Si rigirò per l'ennesima volta nel letto soffocando la testa nel cuscino per l'esasperazione.
"Leeroy, apri la porta o giuro che stacco internet." 
Sapeva di aver usato le parole giuste, anzi, le parole magiche per farsi ascoltare dal figlio. Infatti sentì un tonfo per terra e poi armeggiare con la chiave, trovandoselo davanti di umore nero.
"Che vuoi!?"
"Sei sordo? Vieni giù, ci sono Julio e il polacco dal nome impronuciabile che vogliono uscire con te."
"Si chiama Bartosz, non è così difficile da pronuciare."
"Avanti, vieni giù." Poi sembrò ripensarci un momento e lo fermò. "Prima datti una ripulita, sembri uno zombie."
Quel tono risoluto non fece che irritare ulteriormente il ragazzo. "Di loro che arrivo subito." rispose irritato.
"Intanto preparo loro qualcosa per colazione, te vuoi niente?"
"Caffe doppio."
"Tutta quella caffeina ti fa male!" strillò contrariata.
 
Qualche minuto dopo Leeroy arrivò in cucina. L'odore di caffè appena fatto lo travolse dandogli un dolce buon giorno, poco ma sicuro migliore di quello di sua madre. Julio e Bartosz stavano bevendo caffè americano, che lui però odiava con tutto il cuore: era acqua calda. L'espresso, invece, aveva un sapore più forte e lo svegliava appena lo assaggiava. Si chiese cosa fossero venuti a fare a casa sua così presto. Erano già stati a casa sua molte volte durante l'anno per sfide all'X-Box, ma nessuno dei suoi amici aveva mai osato tanto. Sapevano tutti che aveva un pessimo carattere, ma di prima mattina era veramente il peggio del peggio.
"Vieni con noi al campetto a fare due tiri?" chiese Julio solare.
Leeroy si sedette sullo sgabello della penisola della cucina afferrando la tazza di caffè nero datagli da sua madre.
"Non potevate dirmelo ieri sera?" chiese sorseggiando, trattenendo uno sbadiglio.
"Certo, almeno non ti facevi nemmeno trovare in casa. Daniele mi ha detto che bisogna venire a prenderti il giorno stesso in cui usciamo senza darti alcun preavviso." commentò il polacco.
Leeroy si massaggiò le tempie con le dita. Non era possibile che l'italiano mettesse lo zampino ovunque, anche quando non era presente. Una volta tornato per regalo di compleanno lo avrebbe preso a calci. Riusciva sempre a metterlo in situazioni scomode. 
"Ora che siamo qua non puoi fare altro che venire con noi." ghignò Julio sinistramente.
"Ragazzi vi ringrazio di essere venuti a prenderlo, non è uscito nemmeno un giorno durante questo mese. Penso che l'abbia passato su Youporn." raccontò la madre rattristata ma con una nota di ironia nella voce per prendere in giro il figlio.
Gli altri due non poterono fare a meno di scoppiare a ridere come due matti, beccandosi poi un'occhiataccia dal diretto interessato. "Penso che sia ora di andare." disse cupamente Leeroy pur di zittire la madre e i due amici. "Vado a prendere la sacca con gli scarpini e usciamo."
 
"Certo che in casa tua l'aria condizionata non manca, io e Bart non volevamo più uscire." rise Julio.
"Odio il caldo con tutto il cuore." replicò il polacco.
"Compratevela."
"In realtà ci stavamo chiedendo se non ti andava di fare un party a casa tua uno di questi giorni." disse piatto Bart.
"Non se ne parla, abbiamo promesso a Daniele di aspettarlo, perché vuole avere lui l'onore di battezzare casa Rogers con un mega party."
"Quell'idiota se lo sogna di entrare in casa mia..."
Arrivarono al campetto di periferia, che si trovava a poco più di mezz'ora a piedi da casa di Leeroy. Ad aspettarli c'erano già Miles, Drew e, per la gioia del difensore, Lance.  Leeroy si sentì in trappola. L'avevano forse fregato quei due? O era tutta un'idea di Daniele? Fece un respiro profondo prima di salutare gli altri e cercò di far finta di niente ignorando totalmente la presenza del portiere rompiscatole. 
A quel campetto ci aveva passato anni della sua infanzia giocando con altri bambini, il posto non era cambiato affatto, forse era un po' invecchiato. Sembrava che nessuno ci prestasse molta cura: l'erba, infatti, era quasi del tutto mancante sotto le due porte e al centro campo. La rete di recinzione era bucata in più punti e le panchine ai due lati opposti del campo era imbrattate di graffiti. Fortunatamente quella non era una giornata particolarmente calda, così non avrebbero sofferto a correre sotto il sole. La sua attenzione fu ripresa da Miles, che stava parlando di fare una partita tre contro tre. 
"Io, Lance e Drew contro voi tre, ok?" disse il capitano con voce autoritaria.
"Guarda che qua non comandi te, perché non dai a noi Lance e non ti prendi Julio?" disse il polacco.
"Julio non è un portiere, mi tengo Lance. Se vuoi ti dò Drew, penso che in porta se la sappia cavare." replicò Miles con tono deciso, ma in verità era dubbioso.
"Ok. Julio per Drew."
Finite le trattative i ragazzi si disposero in campo aspettando che Leeroy si cambiasse le scarpe. Stava già pensando che quella fosse l'occasione perfetta per farla pagare a quel bastardo. Il goal che gli aveva fatto durante l'ultimo allenamento gli era rimasto sullo stomaco. Si sentì pieno di energia, così corse subito in campo disponendosi a fianco del polacco.
Miles li aveva fregati. Drew non era capace a stare in porta, era riuscito a malapena a parare un goal, mentre ne aveva subiti tre. Leeroy invece sudava e ribolliva dalla rabbia per non essere riuscito a fare ancora un tiro in porta.
"Bart, passa!" urlò il difensore al compagno.
Il polacco scartò Julio, per poi ritrovarsi di fronte Miles che non aveva intenzione di lasciarlo passare. Provò a fare una finta, ma quello non si spostava di un centimetro. Leeroy andò incontro al compagno per farsi passare la palla. Appena la ebbe tra i piedi iniziò a correre verso la porta dopo aver scartato Julio. Lo spagnolo era bravo, ma lui era meglio. Se lo trascinò appresso fino a quando non fu abbastanza vicino alla rete per tirare, poi prendendo Julio alla sprovvista tornò indietro, passando nuovamente la palla a Bart e facendosela ripassare, tirando infine in porta. Il pallone prese in pieno la traversa, lasciando Leeroy di sasso. Si diede dell'idiota mentalmente.
"Sei proprio un cazzone, Roy!" gli urlò Bartosz.
"Non rompere, era solo riscaldamento."
"Non dire stronzate." lo apostrofò Miles. "Hai sbagliato, non atteggiarti a figo della situazione." trattenne a stento una risata.
"Parlò il grande centrocampista!" lo prese in giro Leeroy, ghignando infastidito.
"Sta zitto e torna a giocare." 
 
La partita si concluse con la vittoria della squadra di Miles; Drew in porta era stato a dir poco osceno. Bart si era già annotato mentalmente di farla pagare al capitano per quella fregatura; la loro squadra non aveva nemmeno un portiere di riserva e per il polacco era una cosa scandalosa. Era mezzogiorno passato e i ragazzi decisero di tornare alle rispettive abitazioni per pranzare, ma Leeroy non aveva voglia di rivedere sua madre in casa; ora che era in ferie l'aveva avuta tra i piedi troppo tempo.
"La prossima volta vogliamo la rivincita, non potete mettermi in porta così perché vi gira." disse Drew abbattuto. Si era sentito inutile per tutto il tempo.
"Non rompere. Non possiamo mica scannarci per una cosa così." sentenziò Miles.
"La fai facile tu, visto che ti sei fatto la squadra forte, con tanto di portiere." rispose Leeroy con una smorfia.
"Se non ti andava bene il portiere potevi andare te in porta, ma non penso che il risultato sarebbe cambiato di molto." fece Lance annoiato.
"Tu non parlare che è meglio." Anche quell'idiota ci si doveva mettere a dar noia? Si ripetè di stare calmo per non saltargli al collo e strangolarlo. Le minacce del capitano e dell'allenatore gli tornarono alla mente come una doccia gelata. Non doveva assolutamente venire alle mani con Lance, o avrebbe fatto il panchinaro per tutto l'anno.
"Come sei permaloso." lo canzonò il portiere.
A quel punto, Miles interruppe l'inizio dell'imminente litigio cambiando volutamente discorso. "Cosa regaliamo a Daniele e ad Akel per il compleanno?"
"A Daniele una padellata di cazzi suoi, e ad Akel una bambola gonfiabile."
"Vada per la bambola gonfiabile, ma serve qualcos'altro." disse Miles pensieroso, ignorando volutamente metà delle parole di Leeroy.
"Akel ha il borsone rotto, se ne prendessimo uno nuovo?" propose Julio.
"Ottimo. Per Daniele?"
"Niente sul calcio, altrimenti sua madre ci uccide. Ne ha anche troppe con il figlio e il marito per avere altra roba in giro per casa." rispose Leeroy assorto.
"Che musica gli piace?" domandò Lance.
"Italiana. Se siete d'accordo gli ordino un cd su internet e magari prendiamo anche una maglietta." fu l'idea di Leeroy.
"Perfetto! Ora vado che ho degli amici di famiglia a cena, ci si vede in questi giorni." salutò Miles prima di dirigersi all'auto.
A quel punto anche Julio, Drew e Bart si dileguarono, lasciando il difensore con il suo peggiore incubo che lo scrutava in modo strano. Che vuole da me ora?  Lo sguardo di Roy si assottigliò un poco, gli diede le spalle senza nemmeno salutarlo andando a cercare un bar nelle vicinanze. Non aveva intenzione di perdere tempo con quello. Contro ogni sua aspettativa, ritrovò Lance al suo fianco.
"Andiamo a mangiare, offri tu." tagliò corto il portiere, senza nemmeno lasciarlo rispondere.
Ma che diavolo si era messo in testa? Non era mica una banca il suo portafogli, pensò Leeroy. La cosa peggiore era che si stava chiedendo perché lo stesse assecondando. Forse dovevano davvero fare un trattato di pace temporanea o cavolate simili. L'importante era non litigare con il colosso.
"Come ti pare."
Il tragitto fu insolitamente silenzioso per quei due; trovarono un bar in una strada vicina, così si sedettero fuori aspettando che qualcuno venisse a prendere le loro ordinazioni. Lance stava messaggiando e quindi non gli prestava molta attenzione, anzi non lo considerava affatto. Leeroy, invece, aveva la testa appoggiata alle braccia sul tavolino, stava morendo di sonno e quella situazione era surreale. Aveva bisogno di caffeina come non mai, altrimenti non sarebbe mai stato in grado di reggere una conversazione con l'altro.
"Allora ragazzi, cosa vi porto?" domandò loro una ragazza sulla ventina molto carina con i capelli raccolti in due trecce corte. Leeroy notò che aveva già puntato gli occhi sul portiere, si chiese cosa ci trovassero le donne in quell'energumeno pel di carota. A sua grande sorpresa, lance si dimostrò molto freddo con la ragazza liquidandola dicendo cosa voleva ordinare.
"Una Red Bull con ghiaccio e un panino." disse il difensore.
"Torno subito." La ragazza sorrise e sparì dentro il locale.
Lance sembrò portare finalmente la sua attenzione sull'altro ragazzo. "Come fai a bere tutta quella Red Bull? Daniele mi ha detto che ne bevi a litri."
"Daniele dovrebbe pensare agli affaracci suoi, va a raccontare i miei cavoli a tutti." sbottò stanco strofinandosi gli occhi. Doveva avere di nuovo delle occhiaie profonde per la notte insonne trascorsa a giocare. Qualche momento dopo tornò la ragazza con le loro bibite.
"Grazie." dissero i due all'unisono svogliatamente.
"Ora vi porto i panini."
Leeroy aprì la lattina per poi versarne il contenuto nel bicchiere con ghiaccio, idem Lance con la sua Coca Cola. Il difensore non aveva idea di cosa dire, le uniche cose che gli venivano in mente erano insulti. Per ammazzare il tempo e l'imbarazzo trangugiò metà bevanda. Sicuramente ne avrebbe presa un'altra. Prese un po' di coraggio e chiese con tono neutro all'altro che continuava a messaggiare: "Perché dovrei offrirti il pranzo?"
"Perché non avevo soldi con me." rispose semplicemente.
"Non potevi chiederli a Miles?" disse infastidito.
"Mi sono dimenticato." Lance continuava a mandare un sms dopo l'altro senza prestargli troppa attenzione, quell'atteggiamento stava per far saltare i nervi a Leeroy. Lo scoppio della bomba venne però rimandato dall'arrivo della cameriera con il cibo.
"Ecco qua ragazzi." sorrise loro.
Leeroy controvoglia allungò una banconota da dieci sterline alla ragazza per pagare.
"Ricordati che mi devi un pranzo." Magari il fatto che Lance fosse in debito con lui era una buona cosa. L'altro annuì tranquillamente prima di rimettersi il cellulare in tasca e iniziare a mangiare.
Leeroy pensò che in fondo riusciva, se pur con un immenso sforzo, ad essere civile con l'altro.
Mentre il difensore addentava il panino vide Lance assumere un'espressione seria, rimase per un momento interdetto. "Che c'è?" chiese a bocca piena.
"Voglio parlare della partita."
 
Leeroy alzò un sopracciglio contrariato. Il portiere aveva davvero finto di farsi offrire il pranzo per discutere? Lo stava aggirato? Insomma, avrebbe potuto dirglielo anche una volta tornati a scuola. Ciò che lo stupì fu che Lance stesso intavolò il discorso. Oltre alle lotte e agli insulti non avevano mai sostenuto un dialogo "normale" fino a quel momento.
"Cos'è quell'espressione stupita?"
Leeroy mandò giù il boccone per poi domandare a sua volta con tono piatto. "Perché vuoi palrarne?"
L'altro sospirò. "Perché sono incazzato quanto te per aver perso." disse schiettamente.
Il difensore assottigliò lo sguardo. Forse se avessero parlato le cose sarebbero potute anche andare un po' meglio tra loro due. Ci pensò un po' su e poi domandò: "Che hai in mente?"
"Dare un taglio a tutte le tue puttanate. Cazzo, hai la mia stessa età e ti comporti come un ragazzino sul campo."
Come faceva a sapere che avevano la stessa età? Nessuno a scuola, oltre a Daniele e Akel, sapeva che aveva perso un anno. Gli rivolse uno sguardo interrogativo. Non fu tanto stupito da quel discorso, ormai erano le stesse cose che gli venivano dette da chiunque, ma sentirsele dire da lui era un'altra cosa. Se anche Lance lo pensava allora doveva proprio essere un caso pietoso, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di avere ragione.
"Non sono affari tuoi." lo liquidò prima di alzarsi per andarsene.
"Rimetti il tuo culo se quella cazzo di sedia, non abbiamo ancora finito." sentenziò il più alto.
"Io e te abbiamo finito. Non starò qua a sentire le tue stronzate!" gli ringhiò contro.
"Siediti, per piacere. Dobbiamo finire il discorso." sibilò tra i denti Lance. Non riusciva a capire come Leeroy potesse essere così immaturo, non era in grado di parlare civilmente con le persone se non per insultarle. Aveva davvero intenzione di discutere su come migliorare i loro rapporti, così da poter convivere placidamente in campo. Cercava di essere gentile con lui ma non ci riusciva, Leeroy era un ragazzino viziato con la puzza sotto il naso.
"Non farmi sprecare fiato, siediti."
Alla fine il difensore riprese posto contro la sua volontà. Doveva cercare di sopportare la presenza dell'altro senza spaccargli la faccia. Gli aveva dato fastidio il tono con cui lo aveva chiamato.
"Va bene. Ma cambiamo i toni, oppure finisce che davvero ci spaccheremo la faccia a vicenda." Leeroy cercò di sdrammatizzare la situazione. In fondo voleva davvero sentire che diavolo aveva da dirgli.
"Non dobbiamo diventare amici, a me non frega un cazzo di te e a te non frega un cazzo di me, giusto?" Lo guardò cercando la sua approvazione.
Il difensore annuì. La cosa era indubbiamente palese.
"Quindi?" chiese curioso.
"Io e te non ci consideriamo se non durante gli allenamenti o le partite, e con ciò intendo che quando siamo sul campo non voglio ritrovarmi a dover pestarti perché perdi tempo a farti insultare dal primo cretino che passa." disse serafico.
"Stai parlando di Sanders durante la partita?"
"E di tutti gli altri giocatori, ma soprattutto di lui. Non ti sei reso conto che lo ha fatto apposta per tutto il tempo? Tu naturalmente ci sei cascato come un idiota." sospirò stancamente.
Come poteva quell'idiota dirgli come comportarsi sul campo? Se un cretino come Oliver Sanders lo insultava lui non poteva che rispondere per le rime.
"Devo lasciarmi offendere senza reagire!?" chiese arrabbiato.
"Reagisci con il gioco, non attaccando briga!"
"Per te è facile, devi stare in porta!" sbottò acido.
Lance lo guardò storto. "Si può sapere che hai in testa? Sei idiota o cosa!?" Non era possibile che quel ragazzo fosse così egoista e stupido. Aveva idea di cosa fosse il gioco di squadra?
"Non dire stronzate. Se hai finito, io me ne vado." Si alzò e questa volta si incamminò davvero verso casa.
Il portiere non sapeva più che pensare. Leeroy aveva proprio un carattere impossibile. Aspettò qualche minuto prima di alzarsi e seguirlo.
Leeroy si infilò le cuffie e fece partire Animal I have become, camminando a passo svelto per sbollire. Non riusciva a smettere di pensare alla conversazione appena avvenuta. Aveva sprecato soldi e tempo con quello là. Era stato solo fiato sprecato, le cose non potevano cambiare solo perché Lance lo voleva, se loro due non si sopportavano non  sarebbero mai andati magicamente d'accordo. All'improvviso sentì come la presenza di qualcuno dietro di sé, pensando che fosse qualcuno che voleva passare si girò per cedere il passo. Di fronte a lui però non trovò una vecchietta che faceva fatica a camminare, ma Lance che lo guardava scocciato.
"Si può sapere che vuoi ancora? Il discorso è chiuso, non mi frega un cazzo di niente!" gli urlò contro.
Il portiere era sempre stato un ragazzo molto paziente, ma da quando aveva conosciuto Leeroy aveva perso il suo sangue freddo. Di impulso lo afferrò per la maglietta, scaraventandolo contro il muro di recinzione di una casa. Per la strada fortunatamente non c'era nessuno, così i passanti non avrebbero chiamato la polizia per separarli. Leeroy rimase un attimo frastornato a causa della botta alla nuca.
"Stammi bene a sentire, brutto pezzo di merda. Non mi frega un cazzo di te, fosse per me ti avrei già spaccato la faccia da renderti irriconoscibile agli occhi di tua madre. Ma siccome siamo nella stessa squadra, fammi il sacrosanto piacere di evitare di comportanti come un coglione. Non mi ci vuole niente a spezzarti le gambe!" tuonò il rosso, fuori di sé.
Leeroy restò interdetto. Quell'idiota era pesante e lo stava schiacciando contro la parete fregandosene di quanto gli stesse facendo male. Lance doveva avere dei problemi di bipolarismo, non poteva cambiare umore così su due piedi. Gli diede una ginocchiata al basso ventre, ma il portiere la evitò per un soffio. Roy ne approfittò allora per liberarsi dalla presa del rosso.
"Che cazzo fai!?" Digrignò Lance, infastidito per essersi fatto scappare il difensore.
"...Ti spacco la faccia!" disse tirandogli un pugno e prendendo il portiere sul naso.
Lance si portò istintivamente una mano sulla zona colpita scoprendo che stava perdendo sangue. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Afferrò nuovamente Leeroy per la maglietta strattonandolo e  colpendolo a sua volta in faccia. Il difensore venne colpito sullo zigomo destro per poi arretrare di qualche passo. Il giorno dopo avrebbe avuto un bel nerone. Ripartì all'attacco cercando di colpire l'altro allo stomaco, ma Lance gli afferrò il braccio in tempo bloccandoglielo dietro la schiena.
"Se non la smetti figlio di puttana ti spezzo il braccio." gli sibilò nell'orecchio.
"Vaffanculo." sputò Leeroy.
Lance strinse di più il braccio facendogli volutamente male. L'altro imprecò per il gesto.
"Che diavolo state facendo!?" urlò qualcuno alle loro spalle.
Istintivamente Lance lasciò la presa. Era una donna anziana che li guardava sconvolta ed adirata. "Non ci si azzuffa a quel modo in mezzo alla strada, delinquenti! Vi faccio arrestare!"
I due si guardarono stupiti e, non sapendo cosa fare, iniziarono a correre dalla parte opposta per fuggire alla vecchietta. "Quella è pazza!" disse Leeroy. "Solamente perché ce le stavamo dando non vuol dire che siamo teppisti, che pregiudizi del cazzo!" aggiunse con il fiatone.
"Sicuramente avrà pensato che ti stessi derubando." rispose Lance piatto.
Quando arrivarono ad un parco nelle vicinanze decisero di fermarsi per bere un po' d'acqua dalla fontana. Leeroy non poté fare a meno di iniziare a ridere, quella situazione era stata veramente surreale. 
"Che hai da ridere?" chiese Lance stupito del repentino cambio d'umore del compagno di squadra.
"Dimmi che per un momento non hai avuto paura che fosse la polizia!" e intanto non riusciva a trattenere le risate.
Il portiere lo guardò come si guarderebbe un alieno appena giunto sulla terra; non aveva mai visto l'altro ridere, e sembrava essere una di quelle persone che quando iniziava poi non si fermava più. Sicuramente soffriva anche il solletico.
"Ti prego, datti una pulita alla faccia". disse Roy, senza smettere di ridacchiare. "Sembra che ti è scoppiato in faccia una bottiglia di ketchup!" 
Lance lo guardò irritato. "Vuoi che ti riprendo a calci?" 
"Non rompere, la tua faccia mi sta facendo morire!"
"Vedo." 
Lance ficcò la faccia sotto la fontana bagnandosì i capelli e poi si ripulì il viso, ma rimase comunque quell'alone rosato sul mento e sopra il naso. Quando tornò a vedere l'altro lo scoprì a frugare nella sacca. Tirò fuori un pacchetto di fazzoletti e glielo lanciò. "Datti una ripulita." disse scherzando. 
"Grazie, mammina." lo prese in giro l'altro, sarcastico.
"Come ti pare, io intanto vado a prendere un lattina congelata da mettermi sulla guancia. Se vado di nuovo a casa con un nerone mia madre mi toglie dal mondo." disse piatto, per poi dirigendosi verso il chiosco al centro del parco. Era una casetta di legno, con una finestra ampia dalla quale si poteva ordinare, di fronte c'erano un paio di tavolini di plastica verde economici.
"Mi da una Red Bull, se possibile ghiacciata." chiese gentilmente. Per sua fortuna ce l'avevano, così pagò per tornare in dietro. Si bloccò pensando che dovesse prendere qualcosa anche per l'altro, sicuramente anche i suoi avrebbero trovato da ridire se Lance fosse tornato a casa con un nerone.
"Mi può dare anche una Coca Cola?"
Dopo aver preso finalmente tutto ciò di cui aveva bisogno, tornò dal portiere trovandolo seduto su una panchina con la schiena poggiata allo schienale e la testa reclinata all'indietro. 
"Idiota metti questa sul naso." lo chiamò il difensore.
L'altro si tirò su di scatto, come se lo avesse svegliato. "Ma stavi dormendo?" 
"Non sei l'unico che passa le nottate in bianco, anche se io le passo in un altro modo, e non a nerdeggiare." rispose Lance acido.
Si sentì offeso da quell'uscita, ma cercò di non darlo a vedere. "A me non frega di quello che fai durante le tue notti. Ti ho preso una lattina, tò." disse porgendoli l'oggetto con tono forzatamente inespressivo.
"Ma come siamo premurosi." lo canzonò ancora.
"Simpatico. Non voglio far incazzare i tuoi perchè il loro figlio torna a casa pieno di colpi."
Leeroy si sedette sulla panchina ma dalla parte opposta rispetto all'altro, sostenensodi la testa  con le mani e lo sguardo puntato a terra, mentre la lattina tra la mano destra e la guancia. Quanto avrebbe voluto berla, invece doveva tenersela a mò di ghiaccio.
Lance, al contrario dell'altro, se ne fregava di possibili lividi, ma su una cosa aveva ragione: se fosse tornato a casa in quello stato sua madre gli avrebbe urlato contro, per non parlare di sua sorella. Sospirò, poggiandosi svogliatamente allo schienale e lasciando la testa inclinata all'indietro con la lattina appoggiata al naso. Che estate del cazzo!  Non aveva più voglia di parlare con il difensore, ma non voleva nemmeno tornarsene a casa. Si sarebbe andato a fare un giro e poi avrebbe chiamato Miles per rompergli le scatole. Il suo sguardo cadde involotariamente sull'altro, che sembrava perso nei suoi pensieri come ogni volta. Si chiese se il suo cervello riuscisse davvero a formulare pensieri di senso compiuto.
"E adesso?" si sentì chiedere il portiere.
"E adesso cosa?" domandò in risposta.
Leeroy si sentì preso in giro, così tirò su la testa per cercare un contatto visivo con l'altro. "Voglio sapere se hai altre cavolate da dirmi."
Lance rimase sorpreso. Allora Leeroy non era un totale imbecille. "Ho detto tutto quello che avevo da dire." disse con tono neutrale.
"Va bene. Cercherò di darmi una controllata."  Puntò lo sguardo davanti a sé e sospirò. In fondo se entrambi avevano lo stesso obiettivo non potevano che provare a non uccidersi a vicenda.  Aprì finalmente la lattina per bere un po' di quella bevanda che gli piaceva tanto.
Lance alzò un sopracciglio stupito. Forse le cose sarebbero migliorate.. o peggiorate drasticamente. Fino ad agosto non si sarebbero più rivisti, quindi doveva aspettare a dire se quella chiaccherata aveva funzionato.  "Grazie per la Coca. Ci si vede." Lo salutò il portiere, tirandosi in piedi.
"Con questo siamo a due favori, ricordatelo."
"Sì, sì..."
Leeroy indugiò ancora per un po' sulla panchina, pensando agli avvenimenti della giornata. Finita la lattina di Red Bull si alzò e si avviò verso casa, pensando che doveva mandare un sms a Daniele dicendogli di scordarsi pure l'idea di fare una festa a casa sua.
   
 
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