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Autore: dream_more_sleep_less    19/11/2013    4 recensioni
A diciotto anni non si sa mai esattamente cosa si voglia dalla vita, né chi si voglia diventare. Si passa il tempo a porsi domande accompagnate da porte in faccia, e rimaniamo indecisi fino all'ultimo. Leeroy invece è cresciuto con la convinzione di poter diventare esattamente ciò che vuole: un calciatore. Non ha mai voluto altro e non ha mai sognato altro. Gli studi non fanno per lui. La sua presunzione lo porta a distruggere i sogni della squadra del suo liceo proprio alla finale di campionato. Ha deluso soprattutto i compagni che stanno ormai per diplomarsi. Per loro non ci sarà un'altra possibilità, sono arrivati all'ultimo giro di giostra. Alla fine scenderanno da vincitori o da perdenti. Dipenderà tutto da Leeroy, che dovrà riuscire a mettere le redini al suo ego per andare d'accordo con il portiere. Secondo lui, Lance è la vera causa della loro sconfitta.Troppo calmo, troppo sicuro di sé. Ma il loro rapporto dovrà cambiare per permettere ad entrambi e al resto della squadra di guadagnarsi il titolo di campioni. { In corso }
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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The last chance
III

Si specchiò nella vetrina della pizzeria. I grandi occhiali neri da vista stonavano sul suo viso, lo facevano apparire ancora più bambino. Li reputava scomodi oltre che brutti, ma sopratutto erano la sua barriera psicologica. Erano un qualcosa di indispensabile per la sua vita quotidiana e le partite. In realtà odiava i suoi occhi, ai quali mancavano dei gradi e quindi imperfetti. Leeroy sapeva di essere un giocatore con una tecnica perfetta, riusciva a sentire il movimento del pallone anche stando fermo, ma quei miseri gradi in meno lo facevano sentire impotente. Durante le partite e gli allenamenti indossava le lenti a contatto, ma il suo stato d'animo non cambiava ugualmente: quelle membrane trasparenti gli davano solo l'apparenza di normalità. Stranamente, però, nessuno gli aveva mai fatto notare quel piccolo particolare. Drew, invece, che aveva il suo stesso problema, veniva quotidianamente etichettato come "orbo" oppure "talpa". Roy era convinto che fosse per la differenza di bravura tra i due perché nonostante quel piccolo handicap il difensore era un fuoriclasse.
Aveva ancora la testa fra le nuvole quando Daniele aprì la porta per invitarlo ad entrare. "Akel è già arrivato?" chiese Leeroy. L'italiano sembrava essere uscito da un solarium da quanto era abbronzato, all'inglese il colorito scuro di Daniele era subito saltato all'occhio. Provò un po' di invidia. Roy sarebbe voluto andare da qualche parte durante l'estate, ma siccome Jo non aveva avuto buoni voti non aveva potuto raggiungerlo a Brighton. Quella strega di sua zia, in pratica, gli aveva rovinato le vacanze. "E' nella saletta privata a mangiare, mangi anche tu qua, non è vero?" domandò l'italiano cercando l'approvazione dell'altro,la quale non tardò ad arrivare. Roy ghignò sarcasticamente sapendo già come sarebbe finita la serata. "Ovvio."

La pizzeria aveva una grande sala per i clienti con un bancone per il bar nella zona opposta all' entrata. Seguì Daniele attraversò il locale fino all' ambiente privato riservato ai dipendenti e ai proprietari per riposare e mangiare. "Bella Napoli", la pizzeria della famiglia Balboa, era aperta dal 1969, anno in cui il nonno di Daniele emigrò in Inghilterra per aprire un ristorante e vedere il mondo. Gli affari andavano bene sin dall' apertura, infatti era il locale italiano più amato della città. Leeroy e Daniele trovarono Akel che divorava tranci di pizza come se non mangiasse da mesi, ed in parte era vero. Quando li vide provò a salutarli, ma quasi si strozzò, così fu costretto a buttare giù il boccone con un sorso di birra. Nonostante il turco e l'italiano fossero ancora minorenni Paolo, il padre di Daniele, se ne fregava della legge e offriva loro sempre alcolici.
"Non morire!" scherzò Roy.
"Non puoi capire... passa due mesi dai miei parenti e ne riparliamo. Odio il cibo turco."
"E ha pensato bene di venire qua a strafogarsi. Sembri una tredicenne che è appena stata mollata." lo prese in giro l' italiano.
Akel in tutta risposta sollevò il dito medio sorridendo ironico.
"Sediamoci che arriva mia sorella con le pizze e le birre." annunciò Daniele.
Leeroy lo guardò scettico: da quando in qua sua sorella gli concedeva favori? La conosceva da quando conosceva l'italiano, e poteva affermare che i due non si sopportavano proprio. Rebecca aveva un anno più del fratello e frequentava la loro stessa scuola.
"Rebecca viene a servirci ... ?"
"Mi doveva un favore... storia lunga."

Continuarono a parlare del più e del meno, di come erano andate le vacanze e di altre cose aspettando la "cameriera". Daniele raccontò di come aveva conosciuto una ragazza e di come presto aveva scoperto che questa fosse già impegnata con un altro. L'italiano aveva rischiato seriamente di essere preso a mazzate ed essere buttato in mare con le reti da pesca.
"Signorine, pizza e birra per voi."
Rebecca entrò nella stanza svogliatamente, sperando che nessuno dei tre facesse battutine idiote altrimenti avrebbe gettato loro il vassoio in faccia. Appena la vide Akel smise di mangiare e si pulì la bocca per non apparire un cavernicolo, mentre Daniele le lanciò un'occhiata divertita. Quei due erano il giorno e la notte nonostante di aspetto fisico si somigliassero molto. Mentre Daniele aveva uno sguardo più svagato, l'espressione della giovane era quasi sempre seccata e seria. La si era vista poche volte ridere.
"Rebi, non ti lamentare! Un accordo è un accordo, ci farai da cameriera per tutta la serata!"
La ragazza incenerì il fratello con lo sguardo per poi sibilare un insulto in italiano che gli altri due non capirono; dopodiche poggiò il vassoio in malo modo e sparì dietro alla porta con passo spedito, continuando ad insultare il fratello. Dover convivere con quel nulla facente era davvero dura per lei.
"Certo che è sempre più acida." commentò Akel.
"Come volevi che diventasse dopo le vacanze? Il suo sogno è di vivere in Italia ma siccome non c'è futuro per lei là è costretta a rimanere qui, così ogni volta che torniamo è più incazzata del solito."
Daniele non capiva l'assurdo attaccamento della sorella verso la loro terra natia. L'Italia era un bel paese, ma per lui viverci era fuori questione. Sapeva che in realtà Rebecca avrebbe voluto passare più tempo con i nonni materni, i quali, molto vecchi, sarebbero più potuti venire a trovarli in Inghilterra. Un po' la capiva, anche lui era triste per la loro lontananza ma non poteva farci nulla.
"Cambiando discorso..." La voce dell'inglese interruppe il filo di pensieri dell'amico. "... mi spieghi perché cavolo sei andato a dire a quei due di venirmi a rompere le scatole all'alba l'altro mese?!" chiese con tono seccato. Daniele lo guardò storto. "Ma sei scemo? Hai diciotto anni e passi le giornate rinchiuso in casa ai videogiochi o agli allenamenti! ... Avrei dovuto mandarti una ragazza a svegliarti, almeno mi avresti ringraziato invece di essere così rompi coglioni."
L'atteggiamento dell'inglese per Daniele erano inspiegabile, un ragazzino di dieci anni aveva una vita sociale più attiva della sua.
"Non rompere con queste stronzate." sbottò Roy. "Doveva venire mia cugina per l'estate, ma mia zia non l'ha lasciata venire, per questo non ho fatto niente."
Non riusciva a credere di essere arrivato al punto di doversi pure giustificare con quell'idiota. Se Jo fosse venuta a Brighton non sarebbe rimasto tappato in casa come un topo. Rimase per un istante perplesso dagli sguardi che i suoi amici gli rivolgevano. Si irritò non poco. "Ma che cazzo pensate? Sono cresciuto con lei, è come una sorella!" proruppe indignato. Gli altri due, in tutta risposta, scoppiarono in una fragorosa risata.
"Noi non abbiamo detto nulla, l'hai detto te!"
"Certo, trovatevi una ragazza e lasciatemi in pace!"
"Ci fai conoscere tua cugina?" 
"Assolutamente no!"
Non avrebbe mai lasciato sua cugina nelle mani di quei due disgraziati, erano amici, okay, ma Jo non si sarebbe mai abbassata a conoscere certe persone, erano due idioti incoscienti. Anche se lui non era da meno.

La serata trascorse tranquilla. Ogni tanto Rebecca passava malvolentieri a rifornirli di birra e cibo, ogni volta più indispettita della precedente. Fece avanti e indietro un bel po' quella sera e, secondo Daniele, si sarebbe sicuramente vendicata. Chiacchierando venne fuori il perché della sua mansione come loro personale cameriera: in Italia, infatti, un ragazzo ci aveva provato spudoratamente con lei, fino a sfinirla e, per toglierselo dai piedi, aveva dovuto ricorrere al fratello.
"Certo che per chiedere il tuo aiuto doveva essere proprio disperata." commentò Leeroy.
Erano arrivati più o meno alla quarta o alla quinta birra quando gli umori iniziarono a rallegrarsi.
"Povero ragazzo, mi faceva quasi pena! Era un riccone milanese senza palle, quando gli ho detto che se continuava gli avrei mandato i miei amici sotto casa quello è sbiancato ed è scappato con la coda tra le gambe!" raccontò Daniele con una punta di orgoglio nella voce, ridendosela al solo ricordo.

Tra gli scherzi e le risate, Leeroy rinchiuse il suo brutto carettere in una parte di se stesso, per essere una volta tanto una persona amichevole, cosa che accadeva di rado e con poche persone. Non perché fosse una persona introversa, ma quando qualcuno non gli piaceva non riusciva proprio a comportarsi bene, era più forte di lui. Il giorno dopo sarebbero iniziati gli allenamenti e sapeva già che sarebbe tornato di cattivo umore per colpa di Lance, nonostante la promessa che aveva fatto. Il massimo che poteva fare era ignorarlo, non aveva intenzione di diventare suo amico; doveva solo farselo andare a genio quando erano assieme alla squadra, e sapeva già che anche solo quello sarebbe stato arduo.
Sentì lo stomaco rigirarsi al solo pensiero di doverlo vedere il giorno dopo, quella volta al campetto gli era bastata per altre sei vite. Trangugiò metà birra a causa di quei brutti pensieri, esibendosi poi in un rutto assordante che suscitò le risate degli altri due e che diede il via ad una gara. Sentendoli Rebecca non poté fare a meno di chiamarli "porci", prendendo poi le sue cose dall'armadietto vicino alla porta e uscendo accompagnata dal suono di un altro rutto, questa volta da parte del fratello. Uno di quei giorni gliel' avrebbe fatta pagare a quei tre idioti. Quando rimasero soli nella stanza scoppiarono a ridere. "Certo che sei proprio stronzo con tua sorella." fece Akel, che non sapeva se rimanerci male per Rebecca o continuare a ridacchiare.

"Non ero l'unico!" si giustificò l' italiano finendo la frase con un altro rutto, suscitando nuova ilarità.

*

Andarono a letto verso l'una, sapendo che sarebbe stata un' impresa per tutti alzarsi quella mattina. Dormirono sul divano letto tutti e tre con delle coperte, ma nessuno di loro riuscì a chiudere occhio perché il materasso era scomodissimo. Akel si augurò di non dover dormire mai più con quei due, era una tortura per la schiena. Daniele, invece, si rigirava sul lato sinistro assestando colpi alle costole di Roy, ripromettendosi di non invitarli più a dormire nel ristorante. Vennero svegliati molto presto a causa dei rumori provenienti dalla cucina lì affianco: alle 5 e mezza Paolo era già a lavoro a preparare la pasta fresca e il pane per il locale.
"Odio tuo padre." farfugliò Akel tirandosi la coperta fin sopra la testa ma scoprendo i piedi, aveva passato l'intera notte a cercare di stare sotto quella coperta troppo corta per lui senza successo. Sbuffò avvilito, voleva andare a casa. Non avrebbe mai retto l'allenamento dopo una nottata come quella.
"Dovevi dormire a casa allora." Daniele si girò per l'ennesima volta nel divano colpendo Leeroy senza farsi scrupoli, tanto l'inglese continuava a dormire alla grossa come se non sentisse nulla. "Questo invece non si sveglia nemmeno con le trombe." aggiunse l'italiano lamentandosi.
"Lo odio, riesce a dormire in qualsiasi situazione! Non mi stupirei se sapesse dormire anche in piedi come i cavalli..." borbottò Akel strofinandosi gli occhi troppo stanchi per aprirsi. Dopo poco però li sgranò: aveva avuto un' idea grandiosa. Ghignò malignamente: se lui non riusciva a dormire perché Leeroy avrebbe dovuto? Si alzò e andò nel piccolo bagno dopo aver afferrato uno dei boccali di birra rimasti dalla cena, sotto lo sguardo incerto di Daniele, che, essendo ancora mezzo assonnato non riusciva a capire le intenzioni dell'amico. "Che cazzo fai?" chiese.
"Sveglio il bastardo." tagliò corto il turco con uno sbadiglio.
A quella risposta l' italiano si tirò automaticamente in piedi più sveglio che mai, porgendo la mano ad Akel. "Se va fatto, lo faremo assieme." disse con tono grave mentre un ghignò si dipingeva sulla sua faccia.
"Sai che ce la farà pagare?" chiese retoricamente il turco, conoscendo bene le conseguenze che quell'azione avrebbe comportato. Daniele annuì. "Ma quando ci ricapita una cosa del genere?"
I due si scambiarono uno sguardo complice prima di lanciare l'acqua del boccale in faccia a Leeroy, risvegliandolo. L'inglese annaspò come se stesse annegando, ma poi si tirò a sedere guardandosi attorno spaesato. Quando però sentì gli altri due ridere come ossessi iniziò ad imprecare: "Ma che cazzo fate?!"
"Dovevamo fargli una foto." disse Daniele sconsolato per non averci pensato prima.
L'inglese si alzò inveendo nuovamente dopo aver visto l'ora. "Ma che cazzo avete in testa?! Ora col cazzo che vi accompagno agli allenamenti!"
"Vai a casa!?" chiese Akel stupito; si preoccupò un po' perché a casa doveva riportarlo Roy in macchina, il turco infatti abitava troppo lontano dal ristorante e l'idea di farsela a piedi lo fece cadere nel panico.
Leeroy annuì prima di afferrare gli occhiali e andare in bagno per asciugarsi la faccia. Non se ne stava andando per lo scherzo, anche lui avrebbe fatto la stessa cosa a gli altri due al loro posto, ma aveva bisogno di un materasso e di stare solo nel letto senza che nessuno gli tirasse colpi alle costole. In più tutti quei disagi, se così li poteva definire, l'avevano fatto tornare irascibile, cosa che non poteva permettersi. Se normalmente era irritabile con le persone che non sopportava, quando aveva la luna storta era una persona odiosa, non voleva arrivare a quel punto. Quando tornò nella stanza vide Akel mettersi le scarpe mentre Daniele si ributtava sul divano occupandolo interamente e cadendo finalmente addormentato, senza curarsi minimamente dei suoi ospiti.
"Mi porti a casa?" chiese il turco afferrando il portafogli e le chiavi di casa dal tavolino.

"D'accordo, tanto l'avrei comunque fatto." sospirò Roy cercando di tenere un atteggiamento rilassato. Prima che uscissero dal locale Daniele urlò loro: "Ricordati di venirmi a prendere alle 9 per andare agli allenamenti! Altrimenti ti scordi la birra gratis la prossima volta!"

*

Arrivarono all'allenamento con dieci minuti di ritardo. Stan sarebbe stato furioso e tutti e tre, lo sapevano, ma l'unica cosa a cui riuscivano a pensare era correre senza inciampare nei loro borsoni.
"Questa è l'ultima volta che ci sbronziamo la sera prima dell'allenamento!" disse Akel prima di aprire la porta dello spogliatoio cadendo per terra dopo essere inciampato in un paio di scarpe lasciate li da qualcuno. Gli altri due scoppiarono a ridere. "Cazzo ridete!?" chiese massaggiandosi il ginocchio. "Alza il culo e muoviti, se Stan ci vede ci ammazza." sbottò Roy mentre si cambiava.
"Chi è il coglione che lascia qua le scarpe?"
"Sarà uno dei novellini." disse Daniele disinteressato.
"Certo che sei bravissimo a simulare falli!" scherzò l'inglese.

Vedere quei tre arrivare in ritardo al primo allenamento non fu una novità per Lance, ma preferì di gran lunga quello che un Leeroy inviperito che cercava di pestarlo senza motivo. Notò subito lo sguardo contrariato e severo di Stan. L'allenatore stava andando loro incontro per fargli una bella ramanzina. Cominciamo bene!, pensò il portiere continuando a fare gli addominali. Siccome dovevano iniziare la "preparazione" Stan li aveva fatti mettere a coppie e dovevano fare flessioni, addominali, allungamento e cose del genere. Fino a metà Settembre avrebbero unicamente preparato il fisico, dopo di che avrebbero iniziato con gli allenamenti veri e propri. Quel mese e mezzo sarebbe stato veramente faticoso. Sicuramente i suoi compagni avrebbero dato il massimo e lui anche per poter arrivare primi al campionato. Quei tre ritardatari sarebbero stati un vero spasso, Lance li vedeva già a fare venti giri di campo, e così fu: Stan, essendo già di cattivo umore, andò fuori di testa quando vide Roy, Daniele ed Akel arrivare in quel momento, evidentemente reduci da una serata all'insegna del divertimento.
"Si può sapere dove diavolo eravate?! Noi abbiamo iniziato da mezz'ora!... No, non voglio saperlo andate a fare subito venti giri di campo." disse l'allenatore cercando di trattenere a stento la rabbia.
Erano arrivati in ritardo per un motivo stupidissimo: Daniele, dopo essersi preparato e tutto, si era riaddormentato nella sala privata del ristorante non volendo saperne di alzarsi. Akel lo aveva svegliato tirandogli un bicchiere d'acqua fredda in faccia, lasciando l'italiano letteralmente senza fiato e di umore nero. Roy cercò di prendere le redini della situazione spiegando così le sue ragioni, ma Stan li spedì negli spogliatoi senza lasciargli aggiungere altro. Cinque minuti dopo i tre erano già fuori e stavano iniziando quei venti giri
"Daniele, rifai una cosa del genere e giuro che la prossima volta ti tiro un secchio d'acqua addosso, non un bicchiere!" disse il turco visibilmente irritato. Non era possibile che erano arrivati in ritardo per colpa dell'italiano, di solito la colpa era sempre di Roy. Era vero però, che quando Daniele dormiva era davvero molto difficile ridestarlo.
"Calmati! Sono cose che succedono, fortuna che Leeroy ha la macchina!" ribatté l'italiano cercando di discolparsi. Ormai il danno era stato fatto, quindi avrebbero dovuto correre all'infinito intorno a quel dannato campetto.
"Non posso fare da baby-sitter ad un narcolettico! Daniele stavolta la colpa è tua, non rompere! " aggiunse l'inglese seccato.

I loro compagni di squadra intanto si godevano la scena sghignazzando tra di loro, era sempre un piacere vedere Roy in punizione soprattutto se se la meritava. Lance rimase a fissare il trio per qualche secondo, domandandosi se le cose da quel momento sarebbero cambiate, se Leeroy si fosse ricordato del loro accordo. Era convinto che il difensore se ne fosse dimenticato o che avesse accettato unicamente per evitare altre discussioni.
"Non ti fermare." disse Stan al portiere vedendolo fermo con lo sguardo perso. Lance riprese subito il suo esercizio e l'allenatore passò oltre.
"Dici che andrà bene?" chiese Miles, che faceva coppia con Lance. Il portiere lo guardò un po' sofferente a causa dell'allenamento. "Cosa intendi?" chiese di rimando, facendo finta di non aver capito. Miles gli lanciò un' occhiata irritata. "Intendo, fate altri casini e siete fuori. Parlo di te e Rogers... da quello che mi avevi detto le cose dovrebbero andare meglio, almeno spero!" A quel punto la serie di addominali toccò al capitano, così si sdraiò sull'erba mentre il portiere gli teneva ferme le caviglie. "Si vedrà prossimamente se qualcosa è cambiato. Ora continuiamo qua e smettila di parlare. Sei una pettegola." sentenziò Lance prendendo in giro l'amico. "Spiritoso!"

L'unico lato positivo di quei tre, secondo il portiere, era che erano divertenti, tranne l'idiota di Leeroy. Lo aveva visto ridere solo una volta mentre le altre volte aveva sempre la luna storta o aveva la testa fra le nuvole, senza dubbio a sognare la Premier League. Era più forte di lui, non lo sopportava proprio. Sperava che qualcuno delle nuove reclute fosse più bravo di lui, così l'avrebbero sostituito. Avrebbe dato un rene per un nuovo difensore e per vedere Leeroy in panchina. Tra quelli nuovi aveva visto due ragazzi che secondo lui spiccavano tra gli altri, ma non era ancora sicuro, si sarebbe visto poi il loro rendimento. Tra l'altro aveva saputo da Miles che il budget per la squadra quell'anno era meno della metà dell'anno precedente quindi solo pochi ragazzi sarebbero stati reclutati, probabilmente quei due lo sarebbero stati. Uno dei due era alto, forse quanto lui, con un'espressione seria e i capelli biondi un po' lunghi, raccolti in un codino sulla testa, dall'accento doveva essere tedesco... Era strano come in quella squadra fosse pieno di stranieri, tra l'italiano, il turco, lo spagnolo e il polacco mancava solo il tedesco. Rise tra sé e sé. L'altro invece, era inglese, sorridente e un po' minuto, ma era solo apparenza. Aveva intenzione di vincere quel campionato, e se non si sarebbe sbagliato quei due avrebbero fatto al caso loro.

*

Dopo l'allenamento Stan annunciò il problema del budget, sentenziando che solo cinque nuovi ragazzi sarebbero stati ammessi nella squadra. A quella rivelazione molti dei novellini si sentirono senza alcuna speranza, sicuramente avrebbero provato con qualche altro sport che non avesse problemi economici. Dopo che tutti furono andati a cambiarsi Miles andò dall'allenatore per chiedere direttive. Si sentiva un po' affaticato, non era da lui, sicuramente era perché aveva passato l'estate ad oziare come non aveva mai fatto. Tra qualche giorno ci sarebbe stata l'amichevole della squadra di pallavolo e, Abigail come ogni volta, lo aveva chiamato obbligandolo ad andare a vederla. Molto probabilmente avrebbe invitato anche gli altri della squadra. Si chiese se anche Stan aveva in mente un' amichevole nei prossimi giorni, probabilmente sì. "Mi dica, Coach." chiese dopo averlo raggiunto.
"E' un peccato non poter prendere tutti quei ragazzi in squadra. Per ora ne ho visti due che potrebbero andare, Andrew e Viktor."
Miles rimase per un'attimo interdetto, era convito che Stan avesse altro da dirgli. "Mi ha chiamato solo per questo?"
L'allenatore lo guardò contrariato a causa del tono di voce usato dall'allievo. "Ti sembra il modo di parlarmi?" chiese scherzando.
"Pensavo avesse qualcosa di importante da dirmi."
"In effetti è così. Ho in programma un'amichevole con la Ravensburg, io ed il loro allenatore siamo già d'accordo per l'inizio di settembre."
Miles inarcò un sopracciglio. Una partita contro la squadra in cui giocava Oliver Sanders era l'ultima delle cose che si sarebbe mai immaginato, si chiese se Stan si fosse bevuto il cervello. Non poteva fare una cosa del genere, era un suicidio. Contro la Ravensburg avevano perso in finale solo pochi mesi prima, era stata la partita peggiore che avessero mai giocato. La colpa della loro disfatta era stata colpa di Lance e Leeroy, non voleva ripetere quell'esperienza di nuovo, soprattutto perché non aveva ancora idea di come sarebbe stato il comportamento del difensore. Per di più il resto della squadra non sarebbe stato molto contento, erano ancora abbattuti per la sconfitta troppo recente e non sapeva come avrebbero reagito alla notizia.
"So cosa ti turba, ma voglio provare una terapia d'urto e far vedere a quei ragazzini che quest'anno andrà diversamente. Non preoccuparti." lo rassicurò Stan.

Il capitano non la trovava comunque una bella trovata. "Non so..." disse grattandosi la punta del naso con fare un po' incerto.
"Ai ragazzi non diremo ancora nulla, teniamola come sorpresa per la fine del mese."
"Non mi piace questa cosa."
"Andrà bene, ne sono certo." rispose l'uomo con un gran sorriso genuino.
Miles non capiva proprio da dove prendesse tutto quell'ottimismo. Si congedò per andare a cambiarsi.
Nello spogliatoio quel giorno c'era più gente... troppa. Non vedeva l'ora che le selezioni fossero finite, tutti quei principianti lo irritavano.

*

In mezzo al mucchio di ragazzi intenti a cambiarsi si scorse una testa castana salire sopra una delle panche per poter dominare la scena dall'alto. "Come ben sapete la Spagna ha vinto gli Europei battendo l'Italia quattro a zero." annunciò Julio a gran voce, attirando l'attenzione di tutti. "Per questa lieta occasione ho deciso di offrire churros a tutti e di cantare una cosa per Daniele!"
Daniele lo guardò visibilmente indispettito, mentre tutti gli altri scoppiavano a ridere, compresi Akel e Leeroy. "E' colpa dell'allenatore, erano tutti infortunati e-"
Lo spagnolo non lo lasciò nemmeno finire la frase. "Certo, certo. Accetta la sconfitta e ascolta!"
"Appena scendi sai dove te li ficco i tuoi churros!?" gridò l'italiano inviperito.
"Pienso que un sueno parecido no valvera mas..." iniziò a cantare."Y me pintaba las manos y la cara de azul. Y d'improviso el viento rapido me llevo, y me hizo volar en el cielo infinitoooo... Voooolaaareee oh oh! Caaaantaaaareree oh oh oh!"
Tutti intorno non accennavano a smettere di ridere mentre Daniele rimaneva immobile, pensando che al prossimo mondiale gli avrebbero fatto il culo a quegli spagnoli.
"Non ti senti a casa ora!?" chiese lo spagnolo sorridendo, mentre passava con un vassoio di churros e li offriva all'italiano e ad i suoi amici. Daniele negò con la testa, non si sarebbe fatto corrompere.
Akel e Leeroy, invece, si riempirono le mani di quella specialità spagnola sotto gli occhi indignati dell'amico. "Traditori!" ringhiò. "Voglio vedere quando mi verrete a chiedere qualcosa, vedrete come vi manderò a quel paese!"
Tra lui e lo spagnolo era tutto appena iniziato, aspettava con impazienza i prossimi mondiali.

*

Miles uscì da quel caos dopo circa mezz'ora assieme a Lance, che avrebbe dovuto accompagnare a casa, ma proprio fuori dallo spogliatoio fu placcato come in una partita di Rugby dal libero della squadra femminile di pallavolo, finendo a terra con il borsone.

"Verrai alla partita vero!?" chiese Abigail che al contrario del capitano non era caduta durante l'azione.
"Ma che cazzo fai?!"
"Calmati, ti è successo anche di peggio!" rispose la ragazza offrendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
"Passate bene le vacanze Abi?" chiese Lance.
"Naturalmente, al contrario di voi sfaticati io l'ho passata giocando a beach volley e tenendomi in forma!" rispose orgogliosamente mostrando i muscoli delle braccia.
"Di sicuro è più in forma di te, Reginald." scherzò Lance, sottolineando il nome dell'amico.
Una volta che il capitano fu in piedi guardò storto il portiere. "Devo iniziare a chiamarti pel di carota?" ribatté con tono serafico. Nessuno aveva la minima idea di quanto detestasse il suo nome.
"Dai Regi non te la prendere se la mamma ti voleva così male da darti un nome del genere." infierì ancora Lance, facendo scoppiare a ridere Abigail. In quel momento sopraggiunse Daniele assieme ad Akel. "Che avete da ridere?" chiese il turco.
"Non sono cavoli tuoi." rispose acidamente Miles.
Vedendo anche gli altri due componenti della squadra la mora pensò bene di invitarli alla sua amichevole.
"Verrete assieme a Miles e Lance a vedermi giocare, vero!?" chiese con voce entusiasta.
Lance si chiese quando mai avesse accettato l'invito, che tra l'altro non gli era nemmeno stato rivolto.
"Certo che verremo!" disse Daniele.
Abigail guardò l'orologio e si rese conto che era già in ritardo per tornare a casa.
"Ragazzi, ci si vede! Miles, mi accompagni a casa?" domandò. Lei e il capitano si conoscevano da molto tempo, perciò la ragazza non si vergognava nel chiedergli continui favori.
Miles la guardò scocciato, prima lo atterrava e poi pretendeva di farsi portare a casa? Gli era proprio mancata Abigail e la sua vivacità. Sbuffò rassegnato.
"Va bene, ma vai dietro, non voglio che ti metti a giocare con la radio."
"Certo che sei proprio cattivo! Se non ti va di accompagnarla a casa ci pensiamo noi con Roy!" commentò Daniele, speranzoso di dare un passaggio alla ragazza.

Miles lo fulminò con lo sguardo.

"Andiamo Abigail." disse il capitano senza nemmeno pensarci, non avrebbe mai lasciato il libero con i suoi giocatori. Daniele ed Akel rimasero ad aspettare Leeroy divertiti dalla scenetta tra quei due. Quando finalmente il difensore uscì anche Lance aveva raggiunto Miles dopo aver salutato i due attaccanti.

"Hai proprio ragione su Miles, è troppo stupido per rendersi conto di Abigail." fu il commento di Akel.

"Scusate... e a me?" chiese disinteressato, doveva andare a casa ad ordinare il regalo di compleanno dell'italiano su internet non aveva tempo da perdere.

"Come sei permaloso!" commentò l'italiano incamminandosi assieme agli altri alla macchina.

Il compleanno di Akel e Daniele si sarebbe tenuto quel fine settimana alla pizzeria dei Balboa. Akel era contento di poter fare lì la festa, almeno avrebbe potuto vedere Rebecca, anche se se solo avesse provato ad accennare a Daniele che provava dell'interesse nei confronti della sorella lo avrebbe pestato o lo avrebbe fatto lei. Non era una ragazza comune, era orgogliosa, testarda, molto egocentrica e soprattutto odiava con tutto il cuore il calcio. Il turco sapeva perfettamente di non avere speranze, ma perlomeno voleva fare bella figura con lei e non il deficiente come era solito fare. Le aveva persino portato un souvenir dalla vacanza in Turchia, ma sicuramente glielo avrebbe tirato in testa. Sospirò sconsolato, appoggiato al bancone del bar del ristorante, mentre sorseggiava un espresso. Al suo fianco Daniele stava giocando alla PSP regalatagli dagli zii per il compleanno, gli piacevano i video giochi ma non ne era ossessionato come il suo migliore amico.
"Mi vuoi dire che hai, Akel? E' da quando sei tornato che hai quell'aria da cane bastonato." disse l'italiano continuando a giocare alla console masticando la cannuccia della sua Coca-Cola.
"Niente, mi sto chiedendo dove diavolo sia finito quel cretino di Leeroy." mentì. Daniele lo guardò con la coda dell'occhio, sapeva che qualcosa non andava, probabilmente affari di cuore. Pensare all'amico innamorato, però, gli fece venire il buon umore. "Non preoccuparti, mi ci gioco le palle che come minimo sta comprando ora i nostri regali!" scherzò l'italiano. "Devo farla pagare a quel bastardo di Julio e alla sua serenata del cazzo. Come gli è venuto in mente di cantarmi volare in spagnolo?" aggiunse nervosamente ripensando all'episodio di qualche giorno prima.
"E' stata una scena bellissima!" disse Akel beccandosi un'altra occhiataccia dall'amico. Daniele ringraziò la sua buona stella per non aver visto la finale degli Europei assieme agli altri, altrimenti lo avrebbero sfotutto per tutto il tempo, non sarebbe stata una bella scena.
La porta del locale si aprì lasciando entrare l'inglese del trio. "Alla buon ora, ma dov'eri finito?" chiese Akel.
"A cercare parcheggio."
Leeroy notò lo sguardo di Daniele puntato alla propria camicia. "Che c'è?" fece inarcando un sopracciglio. L'italiano appoggiò la console sul bancone e andò dall'amico afferrando il papillon blu elettrico che stava indossando.
"Spiegami cos'è questo!" domandò con tono allibito Daniele.
"Un farfallino, un papillon.." scandì bene le parole come se stesse parlando con un poppante.
"Lo so cos'è, ma... perché te lo sei messo!?"
Akel guardava i due amici senza capire il punto della situazione, che tra l'altro sfuggiva anche a Leeroy. "Mi dici qual'è il tuo problema?" chiese l'inglese stufo.
"Quel coso." disse l'italiano indicando il papillon. "E' orribile, dimmi che ti ha obbligato tua madre a metterlo!" poi scoppiò a ridere. "Sembri un cazzo di cameriere, se vuoi dico a mio padre di assumerti!"
L'inglese alzò gli occhi al cielo esasperato, Daniele non poteva essere così polemico riguardo al suo modo di vestire, si ricordava ancora la volta che lo aveva accompagnato a fare shopping. Gli era sembrato di trovarsi sul set di I love shopping, dopo quella esperienza si era giurato che non l'avrebbe mai ripetuta.
"Akel, gli altri fra quanto arrivano?" chiese Leeroy ignorando volontariamente l'italiano. Il turco sbirciò l'ora dal cellulare. "E' ancora presto, arriveranno tra un'ora." sbuffò.
"Ma che hai oggi?" chiese l'inglese, stupito come Daniele dall'umore dell'amico.
"Niente, spero solo di non ridurmi uno schifo altrimenti mia madre mi ucciderà."
Se la notte del loro ritorno dalle rispettive terre natie erano stati leggermente brilli quella serata invece non sapevano nemmeno come sarebbe finita: avevano il ristorante a loro completa disposizione, senza Paolo e gli altri camerieri intorno. Leeroy non poté fare a meno di pensare che i genitori dell'italiano avessero un gran coraggio a fargli quella concessione, ma c'era anche da dire che ci sarebbe stata Rebecca, la più responsabile tra i due fratelli, a controllare.

Passarono l'ora ad aspettare l'arrivo degli altri giocando con la PSP di Daniele e ascoltando musica. Rebecca arrivò poco prima dell'arrivo del primo ospite assieme alle sue amiche, andando direttamente al buffet senza nemmeno salutare i festeggiati. Akel si scoprì a spiarla con la coda dell'occhio ogni tanto, voleva riuscire a darle il souvenir ma quando poi la vide scomparire nella saletta privata decise di lasciar perdere. Il primo ad arrivare fu Miles, assieme a Nicholas e Abigail. Il capitano si diresse con passo spedito nella direzione di Leeroy e, dopo aver salutato il turco e l'italiano, si trascinò via il difensore con una scusa. Quando furono in disparte Miles parlò: "I regali li ho già nascosti nella cella frigorifera, avevo chiesto a Rebecca il permesso. Ad una cert'ora ti mando a prenderli, okay?" chiese.
"Sì, ma... non potevi farlo tu?"
"Sono i tuoi migliori amici." lo liquidò il capitano.

 
   
 
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