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Autore: Mitsuki91    24/09/2013    5 recensioni
“La prima impressione che Sara Moon ebbe dell’uomo fu di severità. Il suo nome ricalcava bene il suo essere, ma, a differenza di tutti gli altri suoi compagni di casa, Sara non lo odiava a prescindere, né ne era spaventata.”
*
Ha partecipato al "Contest del banale" indetto da MedusaNoir sul forum di EFP, poi annullato per mancanza di partecipanti.
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Severus/OC
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Colin Canon, Ginny Weasley, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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L’estate era passata in una bolla di dolore e stordimento.
Subito dopo aver partecipato al funerale di Silente, Sara era stata ritirata da scuola in fretta e furia. Lì aveva avuto la prima vera litigata con i suoi genitori, che la volevano portare all’estero prima che la situazione precipitasse: aveva lottato con le unghie e con i denti e, alla fine, aveva ottenuto il permesso di restare in Inghilterra. Sua madre, che era una Babbana, se ne era andata invece in Francia, da parenti. Suo padre, Purosangue, era rimasto solo per starle accanto e per vigilare su di lei, senza però schierarsi apertamente nella guerra. Cercava di mantenere un “basso profilo”, di modo che la famiglia non venisse presa di mira.
Quando entrambi passarono i controlli anti Nati Babbani, tirarono un sospiro di sollievo. Poi uscì la notizia che Hogwarts era stata resa obbligatoria per tutti gli studenti inglesi.
Sara non aveva dubbi: sarebbe tornata, ad ogni costo. Non sapeva se avrebbe mai rivisto Severus; di sicuro si sarebbe trovata sola e senza amici; però era determinata più che mai a fare la sua parte per combattere il “sistema”.
La mattina in cui partì, sull’espresso per Hogwarts, lesse sulla Gazzetta del Profeta che Severus Piton era stato eletto preside. Questo la confortò e la spaventò in egual misura: lo avrebbe rivisto, sì, ma se avevano fatto preside lui, voleva dire che il male era entrato anche fra le mura protettive del castello.
In ogni caso, non si fece scoraggiare. Durante il bacchetto lo osservò, ma lui non la guardò neanche per sbaglio. Dopo il primo giorno di lezioni – fortunatamente senza Carrow, che erano gli altri Mangiamorte mandati da Voldemort – Sara decise che avrebbe fatto di tutto per vederlo, per parlarci. Doveva dirgli che credeva in lui, che non aveva mai dubitato.
Rimase fuori dal gargoyle di pietra dell’ufficio del preside. Voleva entrare, ma non sapeva la parola d’ordine.
Sapeva che Silente aveva la fissazione dei dolci, quindi provò a dire nomi di dolci a caso, senza successo. Ad un certo punto si bloccò, mentre un pensiero ridicolo e speranzoso la pervadeva.
Tentar non nuoce, si disse.
“Cioccocalderoni.”
Il gargoyle si inchinò e fece un passo di lato. Sara sorrise, confortata dal pensiero che Severus avesse scelto proprio quella parola.
Salì le scale a chiocciola, troppo impaziente per riuscire ad aspettare. Bussò.
“Avanti.” disse l’uomo, e lei si sentì sollevata nel sentire quella voce conosciuta.
Entrò.
Severus la osservò per un lungo momento.
“Come hai fatto ad arrivare qui?”
“Ho indovinato.”
L’uomo non smetteva di fissarla, ma la sua espressione era impassibile.
“E dunque, che sei venuta a fare?”
Sara si avvicinò, poggiò la borsa dei libri sul tavolo e si sedette. Sorrise.
“Come potrei rompere quella che ormai è la nostra tradizione?”
Severus parve confuso, così lei gli afferrò le mani e si sporse sulla scrivania, per avvicinarsi.
“Sev, sono tutte bugie.” lo vide irrigidirsi, ma solo dopo si ricordò che lui non voleva essere chiamato con quell’abbreviazione “O meglio, io so che tu hai ucciso Silente… Lo so, non so perché tu l’abbia fatto, eppure sono certa che dev’esserci un motivo, dietro; un qualcosa di valido. Non sei colpevole. E non lo dico solo perché contino ad essere innamorata di te: lo dico perché ti conosco.”
Severus era basito. Come poteva quella ragazza credere ancora in lui? Nessuno credeva mai in lui, davvero. Nemmeno… Nemmeno lei era stato disposto a perdonarlo. E ora questa ragazzina ammetteva candidamente di essere dalla sua parte.
Probabilmente si era inimicata tutta la scuola; o meglio, tutti gli amici che aveva, dato che era una Grifondoro eccellente. Lo era stata, almeno. Adesso proteggeva lui, l’assassino.
Non sapeva che dire.
“Oh, Severus, hai visto?” esclamò il ritratto di Silente, alle sue spalle “Sapevo che qualcuno ci sarebbe arrivato. Era una soluzione così semplice… Francamente gli altri mi hanno un po’ deluso, anche se li capisco.”
Sara distolse lo sguardo dal volto del professore per fissare il preside.
“Professor Silente…”
“Non dire nulla. Nessuno deve saperlo, no?” Silente le fece l’occhiolino.
Sara sorrise.
“Certamente.”
Severus tolse le sue mani dalle sue e ritrovò la sua solita espressione. La ragazza pensò però di riuscire a scorgere un barlume strano nei suoi occhi… Felicità? Era felice perché lei gli aveva creduto?
“Dunque, signorina Moon… Quest’estate ha studiato, o si è rilassata e basta?”
Sara tolse i libri dalla cartella, sempre sorridendo, aprendo il quaderno dove aveva fatto i compiti, per mostrarlo al preside.

***

Ginny, ormai, non le parlava più. Colin era arrabbiato, si sentiva tradito due volte, e la salutava a stento. Però Sara sapeva che gran parte della sua rabbia era dettata dal fatto che lui la desiderasse ancora.
Lei camminava a testa alta. Sapeva che Severus non aveva ucciso Silente volontariamente, anche se non poteva dirlo.
I Carrow erano terribili, davvero, e non solo per le punizioni che infliggevano – che facevano infliggere loro a chi aveva fatto qualcosa di contrario alle regole –. Erano terribili perché raccontavano menzogne spacciandole per verità assolute, menzogne riguardanti Babbani e Sanguesporco.
Lei rispose una volta sola. La cruciarono, mentre la classe assisteva inorridita. Sara vide un lampo di dolore negli occhi di Colin e in quelli di Ginny, ma nessuno fiatò.
Quel giorno andò da Severus come al solito, che si mostrò preoccupato e che la medicò nel miglior modo possibile, dopo che comunque l’aveva già fatto madama Chips. Vederlo così in ansia… Sara era in un certo senso felice. Quell’espressione sul viso lo rendeva terribilmente umano… E lei si era abbandonata alle sue cure, solo per poterlo sentire così vicino. Le mani sul suo corpo, il respiro e il suo profumo.
Dopo, comunque, lui l’aveva messa in guardia e le aveva intimato di evitare “simili sciocchezze” per il futuro. Era così arrabbiato e preoccupato insieme che lei non se lo fece ripetere due volte e, da quel momento, non reagì più in classe. Nel frattempo, comunque, cercava di capire come se la stesse passando il Mondo Magico in generale.
La situazione era pessima.
Una volta i Carrow arrivarono nell’ufficio del preside per discutere con Piton di faccende del Signore Oscuro, così lei fu costretta a nascondersi in camera, una stanza da cui si accedeva da una piccola porta posta sotto il ritratto di Silente. Non doveva fare alcun rumore, così aveva paura di muoversi, ma nel contempo non poteva fare a meno di osservarsi in giro: era la prima volta che si trovava in una delle stanze personali di Severus, anche se immaginava che quella del suo vecchio ufficio di pozioni fosse più consona. In ogni caso, il letto aveva coperte scure e c’erano davvero poche cose in giro; i mobili non avevano soprammobili o oggetti di altro genere appoggiati; gli unici elementi di arredo erano i libri.
Amò lo stesso quella stanza, con tutta se stessa.

***

Diversamente dagli altri anni, dato che ormai nessuno più le rivolgeva la parola, Sara decise di passare Halloween con il professor Piton. Come ogni volta, quindi, pronunciò la parola d’ordine, salì la scala a chiocciola ed entrò nell’ufficio.
Severus sembrava arrabbiato.
“Vattene.” le disse, prima ancora che lei si avvicinasse alla scrivania.
Sara si bloccò sul posto.
“Cosa?”
“Ho detto di andartene.”
“Ma… Perché? È Halloween, ho pensato che avremmo potuto…”
“Vattene!” urlò l’uomo, e il suo tono fu così duro che la ragazza si sentì così ferita da star male. Girò i tacchi e corse fuori, via da quell’ufficio.
Si chiuse in un’aula vuota, pallida come non mai, e decise di scendere solo quando ormai il banchetto era iniziato.
Non capiva cosa fosse successo. Il comportamento di Severus non era il solito; non riusciva a venirne a capo.
Era così immersa nei suoi pensieri che non si era resa conto di essersi seduta accanto a Ginny. Lei, comunque, non aveva detto nulla e stava giocando con il cibo, senza mangiare.
Improvvisamente, Sara si rese conto che anche lei doveva passarsela male. Di Harry non si avevano notizie, lui l’aveva mollata alla fine dell’anno scorso… E ora neanche Ron ed Hermione erano tornati a scuola; non ci voleva molto a trarne le conclusioni. Si sentì estremamente dispiaciuta per l’amica e si rese conto che, probabilmente, anche lei aveva sofferto. Forse era stata troppo ingiusta a condannarla, forse si era isolata volontariamente accusandola di qualcosa che non era mai successo.
“Ginny.” sussurrò, timida.
Lei alzò lo sguardo, la vide, sospirò e poi riprese a giocare con il cibo.
“Come… Come stai?” insistette lei.
“Da schifo.”
“Mi dispiace.”
Lei alzò di nuovo il viso, il labbro inferiore che tremava.
“Almeno tu sai che è vivo… La persona che ami… Io non so nulla.”
“Mi spiace, Ginny, non so come… Cosa…”
“Non puoi farci niente. Passerà: devo avere fiducia in Harry. Forse è la giornata, perché è l’anniversario di morte dei suoi genitori e io… Penso a tutte le volte che invece lui si è seduto qui con noi, al banchetto, ed era così felice… Quando magari invece dentro soffriva, ma nessuno…”
Sara aveva avvertito un brivido. Non era riuscita a capirne il motivo, così smise di ascoltarla ed analizzò le sue parole: che aveva detto di tanto strano?
Poi, dei flash: tutte le volte che aveva visto Severus arrabbiato. Al Ballo del Ceppo, dopo che le aveva parlato di una “lei”; quando erano entrati al ministero, quando le aveva detto di non chiamarlo “Sev”… I pezzi del suo cuore. E stasera. Un altro pezzo del suo cuore. Ma cosa volevano dire?
Il lampo. La comprensione sottoforma di scia argentea, la scia della cerva. Lei non riusciva a raccapezzarsi di come il suo patronus avesse potuto assumere quella forma, ma ora… Harry le aveva già dato la risposta anni prima… Perché il suo patronus era un cervo, e rappresentava suo padre, e la cerva… Lei, già allora, prima ancora di capirlo razionalmente, si era legata a Severus. Fin troppo.
Tanto da capirne il cuore.
Lei.
Si alzò di scatto, come punta, e Ginny la guardò con una strana espressione. Si sentiva pallidissima.
L’anniversario di morte dei genitori di Harry…
Corse.
La prima volta che provavo ad andare da lui ad Halloween…
Corse più forte, diretta verso l’ufficio del preside.
La cerva… I pezzi del suo cuore.
Si fiondò su per le scale, aprì la porta dell’’ufficio e non vide nessuno. Silente la stava osservando e le fece un cenno verso il basso.
Sara girò attorno alla scrivania e aprì la porta della camera, senza nemmeno bussare.
Severus era sdraiato sul letto e le dava la schiena. Quando sentì la porta aprirsi, sobbalzò e si girò.
Stava per insultarla, forse per dirle di andarsene, ma stavolta lei non l’avrebbe fatto. Chiuse la porta dietro di sé, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
L’odio per Harry. Il suo racconto di quando aveva visto suo padre torturare Severus, che Ginny mi aveva riferito. L’intervento di Lily. Sanguesporco.
“Si può sapere cosa non ti è chiaro del concetto…?”
“So.”
La profezia.
“Cosa?”
Sara si avvicinò, si fece cadere sul letto e avvolse Severus in un abbraccio. Lui si irrigidì.
“So che la ami ancora. Avrei dovuto capirlo tanto tempo fa.”
Nella sua mente, i pezzi del puzzle si stavano incastrando perfettamente, ricostruendo la storia. Non sapeva come, dove, quando, perché. Sapeva solo che Severus amava Lily, che l’aveva insultata, che l’aveva persa, che aveva fatto tutte le scelte sbagliate e che poi, probabilmente senza saperlo, aveva venduto la sua famiglia a Voldemort. E, forse, da quello stesso giorno, era passato dalla parte del bene. Per salvarla, senza riuscirci.
“Cosa…? Tu…?”
Severus era incredulo, non capiva. Non voleva prendere in considerazione l’idea che lei avesse scoperto davvero… Il suo segreto… Come era possibile che…
“Ma lei ti ha perdonato, Severus. Ti ha voluto bene, perché ha capito. Sa quello che stai facendo, sa che lo stai facendo solo per proteggere suo figlio.”
Ecco cosa voleva davvero dirgli, ecco con che spirito era corsa fino in quel luogo: non era tanto la consapevolezza dei sentimenti dell’uomo, non era tanto il rendersi conto di non aver mai avuto un posto speciale nel suo cuore o di non poterlo mai avere… Era venuta lì perché conosceva Severus, perché ora, con il senno di poi, sapeva che lui non si era ancora perdonato. Che non si sarebbe perdonato mai. E lei questo non lo poteva sopportare.
Severus aveva capito che Sara era davvero riuscito a scoprire il suo segreto. Non sapeva come comportarsi. Da una parte voleva staccarsi da lei, mandarla via, rimanere solo in quella camera ad annegare il suo dolore. Dall’altra, le parole che lei avevano appena detto rappresentavano per lui una speranza, una luce, una possibilità che si era sempre negato, in tutti questi anni. Rimaneva fermo, incatenato a quelle parole.
“Lei veglia su di te, io lo so. Ha protetto suo figlio con il sacrificio della carne e ora protegge te con la sua anima, io ne sono sicura. Ti ha perdonato, Severus.”
Poi, senza che nessuno dei due ne fosse pienamente consapevole, Severus si strinse di più a lei e soffocò un singhiozzo contro il suo collo. Le lacrime arrivarono dopo, facendo compagnia a quelle che già scendevano copiose dagli occhi della ragazza.
“Lei ti ha voluto bene, Severus.”
Per tutta la notte, Sara continuò a dire cose come questa, a consolarlo, finché entrambi, esausti, non crollarono.
Severus avrebbe tanto voluto crederci.

***

Il giorno dopo si svegliarono ancora semi-abbracciati. Severus dormiva con la testa sul suo seno e lei aveva una mano fra i suoi capelli. Rimase così per un po’, gustandosi quel momento di intimità rubata, quando anche lui aprì gli occhi e si rese conto della situazione.
Si spostò, senza riuscire a guardarla in faccia.
“Severus…”
“Dovresti andare, ora.” disse lui, la voce un po’ roca per il sonno e per il pianto della sera prima.
“Io… Vado in bagno.”
Sara si sistemò come poteva, lavandosi la faccia e cercando di lisciare le pieghe dei vestiti.
Quando uscì, vide l’uomo seduto sul bordo del letto. Aveva i capelli che gli coprivano il volto e la superò in fretta per entrare nel bagno.
Lei lo aspettò.
Lui sbuffò, contrariato dalla sua presenza.
“Severus, devo dirti una cosa.”
L’uomo la ignorò e si diresse verso l’armadio. Lei si alzò e gli prese un braccio.
“Questo non significa assolutamente niente.” disse lui, tornando suo malgrado a guardarla negli occhi “Non devi pensare che sia cambiato qualcosa nel nostro rapporto, o che…”
“Lo so.” lo anticipò lei. La sua voce era dolce e dolorosa insieme, tanto che Severus se ne sentì trafitto “Ma volevo dirti un’altra cosa.”
Lui continuò a guardarla.
“Credo davvero in ciò che ho detto ieri, in ogni singola parola.”
“… Ma tu non puoi saperlo davvero.”
“No, ti sbagli.”
Severus sembrava perplesso, e anche un po’ addolorato. Le labbra erano diventate una riga sottile, ma i suoi occhi esprimevano smarrimento.
“C’è una cosa che mi ha aiutato a capire, anche se ci ho messo molto tempo.”
“Non devi…”
“Dirlo a nessuno?” finì lei “Non lo farò. Ma il punto è un altro.”
Sara ai allontanò di qualche passo. Andò verso la finestra, si mise ad osservare fuori.
“Io credo davvero che la sua anima sia rimasta a vegliare su di te. Anche su Harry, è vero, però… Lei dev’essere qui, attorno a te, nell’aria.”
“Non penso che…”
“Se è davvero qui, allora, nel tempo, deve aver iniziato a proteggere anche le persone che ti stanno accanto. Anche me, Severus.”
Lei si girò, per fissarlo ancora negli occhi.
“Ho capito di amarti tempo fa, è vero, ma anche quando tutto aveva un sapore ancora innocente il mio cuore ti aveva già scelto. Era stato guidato, affinché io capissi i segnali, e suppongo che sia stata la stessa a Lily a farlo.”
“Io… Non capisco.”
“Ti ricordi l’Esercito di Silente?”
“Certo, ma cosa c’entra con… Quello che mi stai dicendo?”
Sara prese la bacchetta. Se l’avvicinò al viso, chiudendo gli occhi, poi si preparò per l’incantesimo. Guardò Severus e pensò che ora lo conosceva davvero, a fondo.
“Expecto Patronum!”
La cerva d’argento uscì dalla sua bacchetta, fece un giro per la stanza e poi si fermò accanto a lei.
Severus aveva sgranato gli occhi e non sapeva che dire. Perché quella era Lily.
“Capisci cosa intendo dire? Lei ha cercato di dirmelo, ma io non potevo sapere… Eppure, per me, questa è la prova che sia ancora qui, a proteggerti.”
La cerva sparì e Sara si avvicinò all’uomo. Gli posò una mano sul cuore, poi lo fissò negli occhi.
“Lily.” disse, a metà fra la gioia e il dolore.
Severus non sarebbe mai stato suo, lo sapeva.
L’uomo percepì una lacrima scivolare lungo la sua guancia. Una sola.
Sara lo abbracciò, cercando di infondergli tutto il suo calore, e lui non si sottrasse.
“Adesso devo andare.” disse infine, certa di doverlo lasciare solo per metabolizzare il tutto.
Quando uscì dalla porta, Severus continuò ad osservare il punto in cui era sparita per molto tempo.

***

Il giorno dopo era tornata.
Severus non aveva accennato alla cosa, così anche lei non ne aveva più parlato.
Alla fine del loro incontro, gli aveva detto la solita frase.
“Severus, mi sono innamorata di te.”
Sorrideva, serena.
Lui l’aveva guardata, aveva scosso la testa ed aveva borbottato.
Lei si era sentita più che mai felice.

***

La guerra stava avanzando, lo sapeva. La gente scompariva e il mondo magico era in panico. Ad Hogwarts non se la passavano meglio: o si stava alle regole, o si subivano le peggiori torture.
Sara aveva iniziato ad incantare un amuleto. Era un semplice cerchio di giada, piatto, da appendere come ciondolo. L’aveva scelto perché le pareva che avesse lo stesso colore degli occhi di Harry. Di Lily.
Lo incantava con potenti Scongiuri e Contromaledizioni. Cercava di infondergli un potere protettivo, di modo che chiunque lo portasse riuscisse a sopravvivere a qualche anatema o ferita oscura.
A Natale lo regalò a Severus. Andò a trovarlo nel suo ufficio e glielo diede, chiedendogli di indossarlo. Sapeva che non era nel suo stile, ma lei aveva seriamente paura che lui potesse morire.
Non voleva perderlo.
Severus si mostrò sorpreso dal regalo, le chiese come avesse fatto ad incantarlo. Poi fece apparire una sottile catenella d’oro, ci mise il ciondolo e se l’appese al collo, nascondendolo sotto le vesti.
“Grazie.” disse.
Lei sorrise, sollevata.
“Mi piaci sempre di più.” rispose.

***

Il tredici marzo, il giorno del suo compleanno, lui le regalò una piccola valigetta contente diverse pozioni e ingredienti. Rimpolpasangue, essenza di dittamo… Cose estremamente utili.
Incantò la valigia in modo da rimpicciolirla e l’attaccò ad un portachiavi.
Lei gli gettò le braccia al collo e lo strinse. Lui, invece di sottrarsi, ricambiò l’abbraccio, dopo un primo momento di stupore.
“Severus, posso essere almeno un po’ felice?” gli aveva chiesto.
L’uomo aveva sospirato.
“Spero che tu possa esserlo.”
Sara aveva sorriso e si era alzata sulle punte. Prima che lui potesse impedirlo, gli aveva sfiorato le labbra con le sue.
“Allora non arrabbiarti.” aveva detto, il cuore che batteva a mille “Regalami quest’attimo di felicità. Spero che un giorno ci possa essere un po’ di spazio nel tuo cuore, per me.”
“Sara…”
“Non dire niente. Non oggi, non adesso. E bada che non ti sto chiedendo di dimenticarla: devi solo fare un po’ di spazio in più.”
Severus aveva scosso la testa e borbottato, come al solito.
Ma lei sapeva che quel regalo valeva più di mille parole. Che lei sapesse, finora il professore non aveva mai regalato niente ai suoi studenti… Invece quella volta aveva scelto lei, donandole qualcosa di utile per la sua salvezza.
A modo suo, ci teneva… Ed era questo pensiero a confortarla.

***

La battaglia era arrivata, come un fulmine a ciel sereno.
Lei aveva corso, disperata, abbattendo quanti più Mangiamorte possibili. Ad un certo punto aveva intercettato Harry, Ron ed Hermione.
“Vi prego!” aveva detto ad Harry, afferrandolo. Aveva le lacrime agli occhi “Avete visto Severus? Dov’è?”
Loro non l’avrebbero aiutata, sicuramente. Ma Harry, stranamente, la fissò negli occhi, serio.
“Voldemort l’ha chiamato.”
Un gemito disperato uscì dalle sue labbra.
“Stiamo andando. Vieni.”
Sara si aggrappò ad Harry, ormai totalmente in panico, mentre il ragazzo cercava di coprire tutti con il Mantello dell’Invisibilità.
Il viaggio verso il Platano Picchiatore le parve infinito. Una volta che ebbero tutti strisciato nel sottopassaggio, Harry fece segno di stare zitti e di fermarsi.
Sara non riusciva a capire bene. Aveva un brutto presentimento.
Poi Harry avanzò, e lei credette di morire.
Severus era in una pozza di sangue. I suoi occhi videro il ragazzo e gli fecero cenno, imploranti.
“Guar… da… mi…”
Harry raccolse i ricordi.
“Sara…” le sussurrò Hermione, ma lei si era già inginocchiata vicino al collo del professore e cercava di fermare il sangue con le dita.
Percepì che gli altri se ne stavano andando: non le importava.
Poi si ricordò dell’amuleto e delle pozioni che lo stesso Severus le aveva regalato.
Ingrandì la valigetta, che portava sempre con sé, e prese ad armeggiare con i contenitori. Vide che con il Dittamo il sangue aveva smesso di scorrere, così scostò le vesti e constatò che l’amuleto si era rotto, probabilmente per la forza del Maleficio che aveva dovuto assorbire. Almeno, in questo modo, la ferita era stata “pulita” dalla Magia Oscura e avrebbe potuto rimarginarsi.
Fece bere a Severus una Rimpolpasangue, con difficoltà. I suoi movimenti erano precisi e il suo sguardo attento, quasi senza emozione. Ma il suo volto era pallido.
“Non morire.” sussurrò ad un certo punto, con la voce tremante.
Continuò ad armeggiare attorno alla ferita dell’uomo.
Severus, dal canto suo, la osservava e cercava di restare a galla in mezzo al mare di dolore.
Poi accadde una cosa strana: i contorni della ragazza si sfuocarono e lei si sdoppiò… Ma non era Sara.
Con un sussulto al cuore, si accorse che l’altra figura che lo stava osservando era Lily. Le era mancata così tanto… Così tanto…
Lily vestiva di bianco e aveva uno sguardo gentile e luminoso. Allungò una mano e gli toccò il viso, per poi scendere sulla sua ferita.
“Vai avanti, Severus.” gli disse.
Lui voleva protestare, voleva dirle che non avrebbe più voluto perderla. Era pronto a morire pur di restarle accanto.
“So cosa provi per me, ti sono grata. Non dimenticherò mai quello che hai fatto, come hai protetto Harry. Ma adesso devi andare avanti, Severus. Fallo per te. Io, ormai, non posso più far parte della tua vita, né della tua morte. Lo sai.”
E poi Lily si allontanò, e divenne una figura sempre più sfuocata, finché non sparì del tutto. Il mondo ridivenne chiaro ai suoi occhi, e lui vide Sara continuare a premere contro la sua ferita.
“Non morire.” la sentì sussurrare.
In quel momento, capì cosa avesse voluto dirgli Lily. Sapeva già da prima che per loro non c’era mai stato futuro, nemmeno una speranza. Ma lei aveva ragione: la sua vita non era finita. L’aveva perdonato, esattamente come aveva detto Sara.
In quel momento, Severus Piton cominciò a perdonarsi da solo. Non sapeva cos’avrebbe fatto d’ora in avanti, ma sapeva che non sarebbe morto. Aveva solo trentotto anni, era giovane, e poteva permettersi, finalmente, di distaccarsi dal ricordo di un amore mai nato. Aveva espiato le sue colpe: ora doveva solo ricominciare a vivere.

***

Quando Severus aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il volto di Sara.
Realizzò di essere in infermeria, sdraiato su un letto. Non doveva essere passato molto dalla battaglia, dato che la ragazza aveva ancora il viso sporco e le mani macchiate di sangue.
“Non sforzarti, madama Chips dice che non riuscirai a parlare per un po’ di giorni.”
Madama Chips? Ma era davvero finita? Aveva vinto qualcuno?
Un altro volto entrò nel suo campo visivo: Harry Potter, che dall’espressione che aveva doveva decisamente aver visto i suoi ricordi.
“Professor Piton, io… Non so cosa dire. La ringrazio infinitamente.”
Ma se aveva visto i ricordi, perché era ancora vivo?
“Silente aveva previsto tutto.” disse lui, come intuendo la domanda dell’uomo “Voldemort aveva preso il mio sangue per rinascere… Il sangue con la protezione di Lily. Per questo, se era lui ad uccidermi, io non potevo morire. Ma l’Horcrux è andato distrutto e, quindi, lui è morto veramente. Siamo di nuovo liberi, professore.”
A quelle parole, il sollievo lo pervase. Allora non era stato tutto inutile…
“Professore, le volevo ridare questi.”
Gli porse una fiala: i suoi ricordi.
Severus la prese, poi, dopo un secondo appena di riflessione, la porse a Sara.
Lei parve incredula. Lui sorrise.
Lei la prese, sorridendo a sua volta.

***

La ricostruzione procedeva lenta.
I funerali delle vittime di guerra si tennero tre giorni dopo la battaglia, nel parco di Hogwarts.
Sara aveva saputo che Colin era morto. In fondo al cuore, le rimase sempre il rimpianto di averlo rifiutato, anche solo per il fatto che avrebbe potuto farlo felice per gli ultimi anni della sua vita.
Ma il suo amore, in ogni caso, era solo per Severus.
Lui si era rimesso in piedi presto, aiutando come gli altri nella ricostruzione. Chi lo vedeva mormorava, rispettoso: ormai erano venuti tutti a conoscenza della sua storia.
Severus ignorava tutti. Solo Sara riusciva a rimanergli accanto, perché non aveva il timore degli altri.
Qualcuno giurò che lui, più di una volta, le avesse persino sorriso.



Ed eccomi qui, a fine storia.
Che dire? Spero che l’abbiate apprezzata almeno un po’ :)
   
 
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