L’estate era passata in una bolla
di dolore e stordimento.
Subito dopo aver partecipato al
funerale di Silente, Sara era stata ritirata da scuola in fretta e furia. Lì
aveva avuto la prima vera litigata con i suoi genitori, che la volevano portare
all’estero prima che la situazione precipitasse: aveva lottato con le unghie e
con i denti e, alla fine, aveva ottenuto il permesso di restare in Inghilterra.
Sua madre, che era una Babbana, se ne era andata invece in Francia, da parenti.
Suo padre, Purosangue, era rimasto solo per starle accanto e per vigilare su di
lei, senza però schierarsi apertamente nella guerra. Cercava di mantenere un
“basso profilo”, di modo che la famiglia non venisse presa di mira.
Quando entrambi passarono i
controlli anti Nati Babbani, tirarono un sospiro di sollievo. Poi uscì la
notizia che Hogwarts era stata resa obbligatoria per tutti gli studenti
inglesi.
Sara non aveva dubbi: sarebbe
tornata, ad ogni costo. Non sapeva se avrebbe mai rivisto Severus; di sicuro si
sarebbe trovata sola e senza amici; però era determinata più che mai a fare la
sua parte per combattere il “sistema”.
La mattina in cui partì,
sull’espresso per Hogwarts, lesse sulla Gazzetta del Profeta che Severus Piton
era stato eletto preside. Questo la confortò e la spaventò in egual misura: lo
avrebbe rivisto, sì, ma se avevano fatto preside lui, voleva dire che il male
era entrato anche fra le mura protettive del castello.
In ogni caso, non si fece
scoraggiare. Durante il bacchetto lo osservò, ma lui non la guardò neanche per
sbaglio. Dopo il primo giorno di lezioni – fortunatamente senza Carrow, che
erano gli altri Mangiamorte mandati da Voldemort – Sara decise che avrebbe
fatto di tutto per vederlo, per parlarci. Doveva dirgli che credeva in lui, che
non aveva mai dubitato.
Rimase fuori dal gargoyle di
pietra dell’ufficio del preside. Voleva entrare, ma non sapeva la parola
d’ordine.
Sapeva che Silente aveva la
fissazione dei dolci, quindi provò a dire nomi di dolci a caso, senza successo.
Ad un certo punto si bloccò, mentre un pensiero ridicolo e speranzoso la
pervadeva.
Tentar non nuoce, si disse.
“Cioccocalderoni.”
Il gargoyle si inchinò e fece un
passo di lato. Sara sorrise, confortata dal pensiero che Severus avesse scelto
proprio quella parola.
Salì le scale a chiocciola,
troppo impaziente per riuscire ad aspettare. Bussò.
“Avanti.” disse l’uomo, e lei si
sentì sollevata nel sentire quella voce conosciuta.
Entrò.
Severus la osservò per un lungo
momento.
“Come hai fatto ad arrivare qui?”
“Ho indovinato.”
L’uomo non smetteva di fissarla,
ma la sua espressione era impassibile.
“E dunque, che sei venuta a
fare?”
Sara si avvicinò, poggiò la borsa
dei libri sul tavolo e si sedette. Sorrise.
“Come potrei rompere quella che
ormai è la nostra tradizione?”
Severus parve confuso, così lei
gli afferrò le mani e si sporse sulla scrivania, per avvicinarsi.
“Sev, sono tutte bugie.” lo vide
irrigidirsi, ma solo dopo si ricordò che lui non voleva essere chiamato con
quell’abbreviazione “O meglio, io so che tu hai ucciso Silente… Lo so, non so
perché tu l’abbia fatto, eppure sono certa
che dev’esserci un motivo, dietro; un qualcosa di valido. Non sei colpevole. E
non lo dico solo perché contino ad essere innamorata di te: lo dico perché ti
conosco.”
Severus era basito. Come poteva
quella ragazza credere ancora in lui? Nessuno credeva mai in lui, davvero.
Nemmeno… Nemmeno lei era stato
disposto a perdonarlo. E ora questa ragazzina ammetteva candidamente di essere
dalla sua parte.
Probabilmente si era inimicata
tutta la scuola; o meglio, tutti gli amici che aveva, dato che era una
Grifondoro eccellente. Lo era stata, almeno. Adesso proteggeva lui,
l’assassino.
Non sapeva che dire.
“Oh, Severus, hai visto?” esclamò
il ritratto di Silente, alle sue spalle “Sapevo che qualcuno ci sarebbe
arrivato. Era una soluzione così semplice… Francamente gli altri mi hanno un
po’ deluso, anche se li capisco.”
Sara distolse lo sguardo dal
volto del professore per fissare il preside.
“Professor Silente…”
“Non dire nulla. Nessuno deve
saperlo, no?” Silente le fece l’occhiolino.
Sara sorrise.
“Certamente.”
Severus tolse le sue mani dalle
sue e ritrovò la sua solita espressione. La ragazza pensò però di riuscire a
scorgere un barlume strano nei suoi occhi… Felicità? Era felice perché lei gli
aveva creduto?
“Dunque, signorina Moon…
Quest’estate ha studiato, o si è rilassata e basta?”
Sara tolse i libri dalla
cartella, sempre sorridendo, aprendo il quaderno dove aveva fatto i compiti,
per mostrarlo al preside.
***
Ginny, ormai, non le parlava più.
Colin era arrabbiato, si sentiva tradito due volte, e la salutava a stento.
Però Sara sapeva che gran parte della sua rabbia era dettata dal fatto che lui
la desiderasse ancora.
Lei camminava a testa alta.
Sapeva che Severus non aveva ucciso Silente volontariamente, anche se non
poteva dirlo.
I Carrow erano terribili,
davvero, e non solo per le punizioni che infliggevano – che facevano infliggere
loro a chi aveva fatto qualcosa di contrario alle regole –. Erano terribili
perché raccontavano menzogne spacciandole per verità assolute, menzogne
riguardanti Babbani e Sanguesporco.
Lei rispose una volta sola. La
cruciarono, mentre la classe assisteva inorridita. Sara vide un lampo di dolore
negli occhi di Colin e in quelli di Ginny, ma nessuno fiatò.
Quel giorno andò da Severus come
al solito, che si mostrò preoccupato e che la medicò nel miglior modo
possibile, dopo che comunque l’aveva già fatto madama Chips. Vederlo così in
ansia… Sara era in un certo senso felice. Quell’espressione sul viso lo rendeva
terribilmente umano… E lei si era abbandonata alle sue cure, solo per poterlo
sentire così vicino. Le mani sul suo corpo, il respiro e il suo profumo.
Dopo, comunque, lui l’aveva messa
in guardia e le aveva intimato di evitare “simili sciocchezze” per il futuro.
Era così arrabbiato e preoccupato insieme che lei non se lo fece ripetere due
volte e, da quel momento, non reagì più in classe. Nel frattempo, comunque,
cercava di capire come se la stesse passando il Mondo Magico in generale.
La situazione era pessima.
Una volta i Carrow arrivarono nell’ufficio
del preside per discutere con Piton di faccende del Signore Oscuro, così lei fu
costretta a nascondersi in camera, una stanza da cui si accedeva da una piccola
porta posta sotto il ritratto di Silente. Non doveva fare alcun rumore, così
aveva paura di muoversi, ma nel contempo non poteva fare a meno di osservarsi
in giro: era la prima volta che si trovava in una delle stanze personali di
Severus, anche se immaginava che quella del suo vecchio ufficio di pozioni
fosse più consona. In ogni caso, il letto aveva coperte scure e c’erano davvero
poche cose in giro; i mobili non avevano soprammobili o oggetti di altro genere
appoggiati; gli unici elementi di arredo erano i libri.
Amò lo stesso quella stanza, con
tutta se stessa.
***
Diversamente dagli altri anni,
dato che ormai nessuno più le rivolgeva la parola, Sara decise di passare
Halloween con il professor Piton. Come ogni volta, quindi, pronunciò la parola
d’ordine, salì la scala a chiocciola ed entrò nell’ufficio.
Severus sembrava arrabbiato.
“Vattene.” le disse, prima ancora
che lei si avvicinasse alla scrivania.
Sara si bloccò sul posto.
“Cosa?”
“Ho detto di andartene.”
“Ma… Perché? È Halloween, ho
pensato che avremmo potuto…”
“Vattene!” urlò l’uomo, e il suo
tono fu così duro che la ragazza si sentì così ferita da star male. Girò i
tacchi e corse fuori, via da quell’ufficio.
Si chiuse in un’aula vuota,
pallida come non mai, e decise di scendere solo quando ormai il banchetto era
iniziato.
Non capiva cosa fosse successo.
Il comportamento di Severus non era il solito; non riusciva a venirne a capo.
Era così immersa nei suoi
pensieri che non si era resa conto di essersi seduta accanto a Ginny. Lei,
comunque, non aveva detto nulla e stava giocando con il cibo, senza mangiare.
Improvvisamente, Sara si rese
conto che anche lei doveva passarsela male. Di Harry non si avevano notizie,
lui l’aveva mollata alla fine dell’anno scorso… E ora neanche Ron ed Hermione
erano tornati a scuola; non ci voleva molto a trarne le conclusioni. Si sentì
estremamente dispiaciuta per l’amica e si rese conto che, probabilmente, anche
lei aveva sofferto. Forse era stata troppo ingiusta a condannarla, forse si era
isolata volontariamente accusandola di qualcosa che non era mai successo.
“Ginny.” sussurrò, timida.
Lei alzò lo sguardo, la vide,
sospirò e poi riprese a giocare con il cibo.
“Come… Come stai?” insistette
lei.
“Da schifo.”
“Mi dispiace.”
Lei alzò di nuovo il viso, il
labbro inferiore che tremava.
“Almeno tu sai che è vivo… La
persona che ami… Io non so nulla.”
“Mi spiace, Ginny, non so come…
Cosa…”
“Non puoi farci niente. Passerà:
devo avere fiducia in Harry. Forse è la giornata, perché è l’anniversario di
morte dei suoi genitori e io… Penso a tutte le volte che invece lui si è seduto
qui con noi, al banchetto, ed era così felice…
Quando magari invece dentro soffriva, ma nessuno…”
Sara aveva avvertito un brivido.
Non era riuscita a capirne il motivo, così smise di ascoltarla ed analizzò le
sue parole: che aveva detto di tanto strano?
Poi, dei flash: tutte le volte
che aveva visto Severus arrabbiato. Al Ballo del Ceppo, dopo che le aveva
parlato di una “lei”; quando erano entrati al ministero, quando le aveva detto
di non chiamarlo “Sev”… I pezzi del suo cuore. E stasera. Un altro pezzo del
suo cuore. Ma cosa volevano dire?
Il lampo. La comprensione
sottoforma di scia argentea, la scia della cerva. Lei non riusciva a
raccapezzarsi di come il suo patronus avesse potuto assumere quella forma, ma
ora… Harry le aveva già dato la risposta anni prima… Perché il suo patronus era
un cervo, e rappresentava suo padre, e la cerva… Lei, già allora, prima ancora
di capirlo razionalmente, si era legata a Severus. Fin troppo.
Tanto da capirne il cuore.
Lei.
Si alzò di scatto, come punta, e
Ginny la guardò con una strana espressione. Si sentiva pallidissima.
L’anniversario di morte dei genitori di Harry…
Corse.
La prima volta che provavo ad andare da lui ad Halloween…
Corse più forte, diretta verso
l’ufficio del preside.
La cerva… I pezzi del suo cuore.
Si fiondò su per le scale, aprì
la porta dell’’ufficio e non vide nessuno. Silente la stava osservando e le
fece un cenno verso il basso.
Sara girò attorno alla scrivania
e aprì la porta della camera, senza nemmeno bussare.
Severus era sdraiato sul letto e
le dava la schiena. Quando sentì la porta aprirsi, sobbalzò e si girò.
Stava per insultarla, forse per
dirle di andarsene, ma stavolta lei non l’avrebbe fatto. Chiuse la porta dietro
di sé, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
L’odio per Harry. Il suo racconto di quando aveva visto suo padre
torturare Severus, che Ginny mi aveva riferito. L’intervento di Lily.
Sanguesporco.
“Si può sapere cosa non ti è
chiaro del concetto…?”
“So.”
La profezia.
“Cosa?”
Sara si avvicinò, si fece cadere
sul letto e avvolse Severus in un abbraccio. Lui si irrigidì.
“So che la ami ancora. Avrei
dovuto capirlo tanto tempo fa.”
Nella sua mente, i pezzi del
puzzle si stavano incastrando perfettamente, ricostruendo la storia. Non sapeva
come, dove, quando, perché. Sapeva solo che Severus amava Lily, che l’aveva
insultata, che l’aveva persa, che aveva fatto tutte le scelte sbagliate e che
poi, probabilmente senza saperlo, aveva venduto la sua famiglia a Voldemort. E,
forse, da quello stesso giorno, era passato dalla parte del bene. Per salvarla, senza riuscirci.
“Cosa…? Tu…?”
Severus era incredulo, non
capiva. Non voleva prendere in considerazione l’idea che lei avesse scoperto davvero… Il suo segreto… Come era
possibile che…
“Ma lei ti ha perdonato, Severus.
Ti ha voluto bene, perché ha capito. Sa quello che stai facendo, sa che lo stai
facendo solo per proteggere suo figlio.”
Ecco cosa voleva davvero dirgli,
ecco con che spirito era corsa fino in quel luogo: non era tanto la
consapevolezza dei sentimenti dell’uomo, non era tanto il rendersi conto di non
aver mai avuto un posto speciale nel suo cuore o di non poterlo mai avere… Era
venuta lì perché conosceva Severus,
perché ora, con il senno di poi, sapeva
che lui non si era ancora perdonato. Che non si sarebbe perdonato mai. E lei
questo non lo poteva sopportare.
Severus aveva capito che Sara era
davvero riuscito a scoprire il suo segreto. Non sapeva come comportarsi. Da una
parte voleva staccarsi da lei, mandarla via, rimanere solo in quella camera ad
annegare il suo dolore. Dall’altra, le parole che lei avevano appena detto
rappresentavano per lui una speranza, una luce, una possibilità che si era
sempre negato, in tutti questi anni. Rimaneva fermo, incatenato a quelle
parole.
“Lei veglia su di te, io lo so.
Ha protetto suo figlio con il sacrificio della carne e ora protegge te con la
sua anima, io ne sono sicura. Ti ha perdonato, Severus.”
Poi, senza che nessuno dei due ne
fosse pienamente consapevole, Severus si strinse di più a lei e soffocò un
singhiozzo contro il suo collo. Le lacrime arrivarono dopo, facendo compagnia a
quelle che già scendevano copiose dagli occhi della ragazza.
“Lei ti ha voluto bene, Severus.”
Per tutta la notte, Sara continuò
a dire cose come questa, a consolarlo, finché entrambi, esausti, non
crollarono.
Severus avrebbe tanto voluto
crederci.
***
Il giorno dopo si svegliarono
ancora semi-abbracciati. Severus dormiva con la testa sul suo seno e lei aveva
una mano fra i suoi capelli. Rimase così per un po’, gustandosi quel momento di
intimità rubata, quando anche lui aprì gli occhi e si rese conto della
situazione.
Si spostò, senza riuscire a
guardarla in faccia.
“Severus…”
“Dovresti andare, ora.” disse
lui, la voce un po’ roca per il sonno e per il pianto della sera prima.
“Io… Vado in bagno.”
Sara si sistemò come poteva,
lavandosi la faccia e cercando di lisciare le pieghe dei vestiti.
Quando uscì, vide l’uomo seduto
sul bordo del letto. Aveva i capelli che gli coprivano il volto e la superò in
fretta per entrare nel bagno.
Lei lo aspettò.
Lui sbuffò, contrariato dalla sua
presenza.
“Severus, devo dirti una cosa.”
L’uomo la ignorò e si diresse
verso l’armadio. Lei si alzò e gli prese un braccio.
“Questo non significa
assolutamente niente.” disse lui, tornando suo malgrado a guardarla negli occhi
“Non devi pensare che sia cambiato qualcosa nel nostro rapporto, o che…”
“Lo so.” lo anticipò lei. La sua
voce era dolce e dolorosa insieme, tanto che Severus se ne sentì trafitto “Ma
volevo dirti un’altra cosa.”
Lui continuò a guardarla.
“Credo davvero in ciò che ho
detto ieri, in ogni singola parola.”
“… Ma tu non puoi saperlo
davvero.”
“No, ti sbagli.”
Severus sembrava perplesso, e
anche un po’ addolorato. Le labbra erano diventate una riga sottile, ma i suoi
occhi esprimevano smarrimento.
“C’è una cosa che mi ha aiutato a
capire, anche se ci ho messo molto tempo.”
“Non devi…”
“Dirlo a nessuno?” finì lei “Non
lo farò. Ma il punto è un altro.”
Sara ai allontanò di qualche
passo. Andò verso la finestra, si mise ad osservare fuori.
“Io credo davvero che la sua
anima sia rimasta a vegliare su di te. Anche su Harry, è vero, però… Lei
dev’essere qui, attorno a te, nell’aria.”
“Non penso che…”
“Se è davvero qui, allora, nel
tempo, deve aver iniziato a proteggere anche le persone che ti stanno accanto.
Anche me, Severus.”
Lei si girò, per fissarlo ancora
negli occhi.
“Ho capito di amarti tempo fa, è
vero, ma anche quando tutto aveva un sapore ancora innocente il mio cuore ti
aveva già scelto. Era stato guidato, affinché io capissi i segnali, e suppongo
che sia stata la stessa a Lily a farlo.”
“Io… Non capisco.”
“Ti ricordi l’Esercito di
Silente?”
“Certo, ma cosa c’entra con…
Quello che mi stai dicendo?”
Sara prese la bacchetta. Se
l’avvicinò al viso, chiudendo gli occhi, poi si preparò per l’incantesimo.
Guardò Severus e pensò che ora lo conosceva davvero, a fondo.
“Expecto Patronum!”
La cerva d’argento uscì dalla sua
bacchetta, fece un giro per la stanza e poi si fermò accanto a lei.
Severus aveva sgranato gli occhi
e non sapeva che dire. Perché quella era
Lily.
“Capisci cosa intendo dire? Lei
ha cercato di dirmelo, ma io non potevo sapere… Eppure, per me, questa è la
prova che sia ancora qui, a proteggerti.”
La cerva sparì e Sara si avvicinò
all’uomo. Gli posò una mano sul cuore, poi lo fissò negli occhi.
“Lily.” disse, a metà fra la
gioia e il dolore.
Severus non sarebbe mai stato
suo, lo sapeva.
L’uomo percepì una lacrima
scivolare lungo la sua guancia. Una sola.
Sara lo abbracciò, cercando di
infondergli tutto il suo calore, e lui non si sottrasse.
“Adesso devo andare.” disse
infine, certa di doverlo lasciare solo per metabolizzare il tutto.
Quando uscì dalla porta, Severus
continuò ad osservare il punto in cui era sparita per molto tempo.
***
Il giorno dopo era tornata.
Severus non aveva accennato alla
cosa, così anche lei non ne aveva più parlato.
Alla fine del loro incontro, gli
aveva detto la solita frase.
“Severus, mi sono innamorata di
te.”
Sorrideva, serena.
Lui l’aveva guardata, aveva
scosso la testa ed aveva borbottato.
Lei si era sentita più che mai
felice.
***
La guerra stava avanzando, lo
sapeva. La gente scompariva e il mondo magico era in panico. Ad Hogwarts non se
la passavano meglio: o si stava alle regole, o si subivano le peggiori torture.
Sara aveva iniziato ad incantare
un amuleto. Era un semplice cerchio di giada, piatto, da appendere come
ciondolo. L’aveva scelto perché le pareva che avesse lo stesso colore degli
occhi di Harry. Di Lily.
Lo incantava con potenti
Scongiuri e Contromaledizioni. Cercava di infondergli un potere protettivo, di
modo che chiunque lo portasse riuscisse a sopravvivere a qualche anatema o
ferita oscura.
A Natale lo regalò a Severus.
Andò a trovarlo nel suo ufficio e glielo diede, chiedendogli di indossarlo.
Sapeva che non era nel suo stile, ma lei aveva seriamente paura che lui potesse
morire.
Non voleva perderlo.
Severus si mostrò sorpreso dal
regalo, le chiese come avesse fatto ad incantarlo. Poi fece apparire una
sottile catenella d’oro, ci mise il ciondolo e se l’appese al collo,
nascondendolo sotto le vesti.
“Grazie.” disse.
Lei sorrise, sollevata.
“Mi piaci sempre di più.”
rispose.
***
Il tredici marzo, il giorno del
suo compleanno, lui le regalò una piccola valigetta contente diverse pozioni e
ingredienti. Rimpolpasangue, essenza di dittamo… Cose estremamente utili.
Incantò la valigia in modo da
rimpicciolirla e l’attaccò ad un portachiavi.
Lei gli gettò le braccia al collo
e lo strinse. Lui, invece di sottrarsi, ricambiò l’abbraccio, dopo un primo
momento di stupore.
“Severus, posso essere almeno un
po’ felice?” gli aveva chiesto.
L’uomo aveva sospirato.
“Spero che tu possa esserlo.”
Sara aveva sorriso e si era
alzata sulle punte. Prima che lui potesse impedirlo, gli aveva sfiorato le
labbra con le sue.
“Allora non arrabbiarti.” aveva
detto, il cuore che batteva a mille “Regalami quest’attimo di felicità. Spero
che un giorno ci possa essere un po’ di spazio nel tuo cuore, per me.”
“Sara…”
“Non dire niente. Non oggi, non
adesso. E bada che non ti sto chiedendo di dimenticarla: devi solo fare un po’
di spazio in più.”
Severus aveva scosso la testa e
borbottato, come al solito.
Ma lei sapeva che quel regalo
valeva più di mille parole. Che lei sapesse, finora il professore non aveva mai
regalato niente ai suoi studenti… Invece quella volta aveva scelto lei,
donandole qualcosa di utile per la sua salvezza.
A modo suo, ci teneva… Ed era
questo pensiero a confortarla.
***
La battaglia era arrivata, come
un fulmine a ciel sereno.
Lei aveva corso, disperata,
abbattendo quanti più Mangiamorte possibili. Ad un certo punto aveva
intercettato Harry, Ron ed Hermione.
“Vi prego!” aveva detto ad Harry,
afferrandolo. Aveva le lacrime agli occhi “Avete visto Severus? Dov’è?”
Loro non l’avrebbero aiutata,
sicuramente. Ma Harry, stranamente, la fissò negli occhi, serio.
“Voldemort l’ha chiamato.”
Un gemito disperato uscì dalle
sue labbra.
“Stiamo andando. Vieni.”
Sara si aggrappò ad Harry, ormai
totalmente in panico, mentre il ragazzo cercava di coprire tutti con il
Mantello dell’Invisibilità.
Il viaggio verso il Platano Picchiatore
le parve infinito. Una volta che ebbero tutti strisciato nel sottopassaggio,
Harry fece segno di stare zitti e di fermarsi.
Sara non riusciva a capire bene.
Aveva un brutto presentimento.
Poi Harry avanzò, e lei credette
di morire.
Severus era in una pozza di
sangue. I suoi occhi videro il ragazzo e gli fecero cenno, imploranti.
“Guar… da… mi…”
Harry raccolse i ricordi.
“Sara…” le sussurrò Hermione, ma
lei si era già inginocchiata vicino al collo del professore e cercava di
fermare il sangue con le dita.
Percepì che gli altri se ne
stavano andando: non le importava.
Poi si ricordò dell’amuleto e
delle pozioni che lo stesso Severus le aveva regalato.
Ingrandì la valigetta, che
portava sempre con sé, e prese ad armeggiare con i contenitori. Vide che con il
Dittamo il sangue aveva smesso di scorrere, così scostò le vesti e constatò che
l’amuleto si era rotto, probabilmente per la forza del Maleficio che aveva
dovuto assorbire. Almeno, in questo modo, la ferita era stata “pulita” dalla
Magia Oscura e avrebbe potuto rimarginarsi.
Fece bere a Severus una
Rimpolpasangue, con difficoltà. I suoi movimenti erano precisi e il suo sguardo
attento, quasi senza emozione. Ma il suo volto era pallido.
“Non morire.” sussurrò ad un
certo punto, con la voce tremante.
Continuò ad armeggiare attorno
alla ferita dell’uomo.
Severus, dal canto suo, la
osservava e cercava di restare a galla in mezzo al mare di dolore.
Poi accadde una cosa strana: i
contorni della ragazza si sfuocarono e lei si sdoppiò… Ma non era Sara.
Con un sussulto al cuore, si
accorse che l’altra figura che lo stava osservando era Lily. Le era mancata
così tanto… Così tanto…
Lily vestiva di bianco e aveva
uno sguardo gentile e luminoso. Allungò una mano e gli toccò il viso, per poi
scendere sulla sua ferita.
“Vai avanti, Severus.” gli disse.
Lui voleva protestare, voleva
dirle che non avrebbe più voluto perderla. Era pronto a morire pur di restarle
accanto.
“So cosa provi per me, ti sono
grata. Non dimenticherò mai quello che hai fatto, come hai protetto Harry. Ma
adesso devi andare avanti, Severus. Fallo per te. Io, ormai, non posso più far
parte della tua vita, né della tua morte. Lo sai.”
E poi Lily si allontanò, e
divenne una figura sempre più sfuocata, finché non sparì del tutto. Il mondo
ridivenne chiaro ai suoi occhi, e lui vide Sara continuare a premere contro la
sua ferita.
“Non morire.” la sentì
sussurrare.
In quel momento, capì cosa avesse
voluto dirgli Lily. Sapeva già da prima che per loro non c’era mai stato
futuro, nemmeno una speranza. Ma lei aveva ragione: la sua vita non era finita.
L’aveva perdonato, esattamente come aveva detto Sara.
In quel momento, Severus Piton
cominciò a perdonarsi da solo. Non sapeva cos’avrebbe fatto d’ora in avanti, ma
sapeva che non sarebbe morto. Aveva solo trentotto anni, era giovane, e poteva
permettersi, finalmente, di distaccarsi dal ricordo di un amore mai nato. Aveva
espiato le sue colpe: ora doveva solo ricominciare a vivere.
***
Quando Severus aprì gli occhi, la
prima cosa che vide fu il volto di Sara.
Realizzò di essere in infermeria,
sdraiato su un letto. Non doveva essere passato molto dalla battaglia, dato che
la ragazza aveva ancora il viso sporco e le mani macchiate di sangue.
“Non sforzarti, madama Chips dice
che non riuscirai a parlare per un po’ di giorni.”
Madama Chips? Ma era davvero
finita? Aveva vinto qualcuno?
Un altro volto entrò nel suo
campo visivo: Harry Potter, che dall’espressione che aveva doveva decisamente
aver visto i suoi ricordi.
“Professor Piton, io… Non so cosa
dire. La ringrazio infinitamente.”
Ma se aveva visto i ricordi,
perché era ancora vivo?
“Silente aveva previsto tutto.”
disse lui, come intuendo la domanda dell’uomo “Voldemort aveva preso il mio
sangue per rinascere… Il sangue con la protezione di Lily. Per questo, se era
lui ad uccidermi, io non potevo morire. Ma l’Horcrux è andato distrutto e,
quindi, lui è morto veramente. Siamo di nuovo liberi, professore.”
A quelle parole, il sollievo lo
pervase. Allora non era stato tutto inutile…
“Professore, le volevo ridare
questi.”
Gli porse una fiala: i suoi
ricordi.
Severus la prese, poi, dopo un
secondo appena di riflessione, la porse a Sara.
Lei parve incredula. Lui sorrise.
Lei la prese, sorridendo a sua
volta.
***
La ricostruzione procedeva lenta.
I funerali delle vittime di
guerra si tennero tre giorni dopo la battaglia, nel parco di Hogwarts.
Sara aveva saputo che Colin era
morto. In fondo al cuore, le rimase sempre il rimpianto di averlo rifiutato,
anche solo per il fatto che avrebbe potuto farlo felice per gli ultimi anni
della sua vita.
Ma il suo amore, in ogni caso,
era solo per Severus.
Lui si era rimesso in piedi
presto, aiutando come gli altri nella ricostruzione. Chi lo vedeva mormorava,
rispettoso: ormai erano venuti tutti a conoscenza della sua storia.
Severus ignorava tutti. Solo Sara
riusciva a rimanergli accanto, perché non aveva il timore degli altri.
Qualcuno giurò che lui, più di
una volta, le avesse persino sorriso.
Ed eccomi qui, a fine storia.
Che dire? Spero che l’abbiate apprezzata almeno un po’ :)