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Autore: Damien Dixon    26/09/2013    2 recensioni
La storia è ambientata dopo il finale di mezza stagione e segue una story-line di mia completa invenzione. In questo racconto ho inserito elementi di altre serie televisive (che specificherò in seguito più dettagliatamente nelle note d'Autore) che spero abbiate visto (altrimenti no problem, son qui per questo...) creando così una sorta di cross-over. Spero di avervi incuriosito e che apprezzerete. Sono gradite critiche di ogni genere, detto ciò... Go!!!
(Tratto dalla 3x11)
- Deaton: È pericoloso per più di una ragione: darete nuovo potere al Nemeton, un luogo che non ha avuto potere per molto tempo. Questo tipo di potere è come una calamita. Attrae il sovrannaturale, quel tipo di cose con cui una famiglia come gli Argent riempirebbe le pagine di un bestiario. Li porterà qui, come un faro.
- Stiles: Non sembra... peggio di quello che abbiamo gia visto.
- Deaton: Sareste sorpresi da quello che ancora dovrete vedere!
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3 - NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE


BEACON HILLS HOSPITAL ore 07:00
Un sole giallo e dorato si ergeva alto nel cielo terso della California diffondendo luce e calore a profusione. Il giardino ben curato ospitava una miriade di addobbi e palloncini dai mille colori disposti un po' ovunque. Alcuni erano affissi agli alberi, altri alle grondaie e il resto al centro del lungo tavolo stracolmo di dolciumi variopinti. Molta gente era presente all'evento tra parenti, genitori e vicini, e tutti chiacchieravano allegri piluccando qualche fetta di torta qua e la oppure sorseggiando bevande frizzanti dai festosi bicchieri di carta. Non si vedevano molti bambini nei paraggi, o per meglio dire, ce n'erano soprattutto raggruppati nei pressi della staccionata tuttavia erano o troppo grandi o troppo occupati a parlottare tra loro con aria di sufficienza per notare il festeggiato, il quale gironzolava tutto solo reggendo in mano un pallone arancione nuovo di zecca. Il suo regalo. Aveva lunghi capelli ribelli, neri come la pece e occhi scurissimi. E cosa più importante cercava disperatamente un compagno di giochi.
- Ciao, tu devi essere Scott, i nostri papà lavorano insieme - disse improvvisamente un bambino dai capelli a caschetto. Il piccoletto aveva minuscoli nei sul viso chiaro e vispi occhi castani - La mia mamma dice che quando si compiono gli anni bisogna farsi tirare le orecchie perché così si diventa più saggi - raccontò come se aspettasse una qualche sorta di permesso. Nel complesso sembrava leggermente timdo.
- Cosa significa? - gli venne chiesto.
- Boh, forse che sai tante cose. Come un genio penso... - rispose dubbioso avvicinando la piccola mano all'orecchio dell'altro per tirarne il lobo sei volte consecutive, una per ogni anno compiuto, poi abbassò lo sguardo e - Wow, quella palla è nuova? - domandò febbricitante notando le stampe dei cartoni animati in perfette condizioni.
- Sì - affermò l'altro con un grosso sorriso - Come ti chiami? -
- Stiles - rispose immediatamente il bambino con più sicurezza.
- Io mi annoio a stare qui in mezzo ai grandi, ti va di giocare con me? - propose amichevolmente il festeggiato porgendogli il regalo.
- Certo! - esclamò di rimando il piccolo Stiles al settimo cielo. Finalmente qualcuno lo stava davvero invitando a giocare. I due si allontanarono allegri, correndo e lanciandosi a vicenda il gioco totalmente ignari del fatto che, alle loro spalle, frotte di moscerini iniziarono ad ammassarsi e a pedinarli passo dopo passo.

Il basso ronzio emesso dei macchinari medici che facevano il proprio lavoro riempiva la stanza d'ospedale. Stiles giaceva sopra il lettino dormendo ancora profondamente. Steso accanto a lui c'era suo padre che gli teneva la mano. Non lo avrebbe lasciato per nulla al mondo. Qualcuno bussò delicatamente allo stipide della porta. Melissa.
La donna si avvicinò lentamente all'uomo. Un padre. Fragile. Gli accarezzò il volto lievemente cercando di comunicargli in quel gesto tutta la sua comprensione nonché solidarietà di genitore.
- Ah sei tu... - sospirò l'uomo visibilmente deluso aprendo gli occhi speranzosi quasi di scatto.
- Hai dormito qui tutta la notte, perché non provi ad andare a casa. Hai bisogno di letto vero - l'ex sceriffo scosse la testa in segno di diniego - Rimarrò io qui nel frattempo - assicurò l'infermiera.
- Non rifarò lo stesso errore. Claudia non me lo perdonerebbe mai. Lui...è tutto ciò che mi rimane... - balbettò appena.
- Non gli succederà nulla. I medici dicono che fisicamente è sano come un pesce - ricordò.
- Allora perché non si sveglia? - domandò - Perché è steso in questo lettino, mentre io sono qui - sospirò - Mi sento così impotente... - disse con voce rotta.
La donna lo abbracciò forte perché sapeva che lui non aveva bisogno di molto, solo di conforto - Andrà tutto bene, vedrai... - gli sussurrò.
Da che lo conosceva, Melissa non aveva mai visto il signor Stilinski così desolato e vuoto come adesso. Dentro il suo cuore sentì un magone nel saperlo in quelle condizioni.

CASA McCALL ore 07:05
Scott riposava ancora profondamente, avvolto nelle coperte del suo letto.
Dopo essere svenuto, Chace si era assunto l'onere di riportarlo a casa e vegliare su di lui mentre la madre seguiva l'ambulanza fino in ospedale per occuparsi del ragazzo appena ritrovato. Quando Isaac era rincasato si era ritrovato il moretto a girare per casa, cosa che lo infastidì particolarmente. Gli aveva gettato un cuscino ed una coperta "cedendogli" poco carinamente il divano del salotto come giaciglio notturno e poi si era rintanato nella stanza dell'amico decidendo di sorvegliare personalmente il proprio alpha. Perché si, a dispetto di tutto, Scott era il SUO alpha. Ed era suo il compito di guardargli le spalle, non del primo arrivato. Poi una volta sveglio, il biondino era sceso in cucina e qui c'era quasi rimasto di sasso. Chace sedeva al tavolo ben apparecchiato e faceva colazione come fosse in casa propria.
- Hai preparato da mangiare? - fu lo sgomento del beta.
- Pancakes, spero piacciano! - annunciò allegro - Tranquillo, prima ho chiesto il permesso alla padrona di casa - assicurò.
- Oh tranquillo e solo che... i pancakes mi ricordano di mia madre - ammise rabbuiato.
A questo punto, la strega si sentì in imbarazzo. Non avrebbe mai pensato che il suo gesto potesse avere dei risvolti imprevisti - Mi dispiace, davvero non ne avevo idea - si scusò alzandosi dal tavolo per mettere via il dolce.
- Non preoccuparti, è stato solo l'impatto iniziale, ma va già meglio - garantì afferrandogli il polso al fine impedirgli di completare l'azione.
I due si sedettero placidamente a tavola. C'era un leggero imbarazzo nell'aria.
- Dorme ancora? - chiese il moro.
- Sì - gli rispose l'altro - Credo sia meglio per lui se per oggi si prendesse una vacanza. Questa settimana è stata scombussolante -
- Posso solo immaginare - fu il commento.
- E così saresti una strega - cambiò argomento - Cosa significa letteralmente? -
- Uh - sbuffò l'altro - Mi crederesti se ti dicessi che nessuno mi aveva mai fatto una simile domanda? - sorrise.
- Sì, penso di sì - fece finta di pensarci su.
Il ragazzo più grande addentò una forchettata abbondante della spessa pastella - Dunque, in un certo senso ci assomigliamo: entrambi siamo il frutto del sovrannaturale a differenza dei druidi che ci hanno semplicemente a che fare. Infatti, streghe si nasce non si diventa e solitamente il potere si manifesta durante la pubertà, ma il senso è comunque quello -
- Ti riferisci al fatto che non esiste una sorta di "morso" per quelli come voi? - domandò.
- Esattamente! - esclamò - La nostra caratteristica principale è quella di saper incidere sulla realtà che ci circonda attraverso l'uso innato della magia -
- Cosa vuol dire? - s'incuriosì.
- Quando ero più piccolo, sei/sette anni fa, capitava che ogni volta in cui qualcuno mi faceva arrabbiare seriamente, lo sbalzo emotivo che subivo era tale da causare del tutto inconsapevolmente l'esplosione di qualcosa, di solito lampadine o simili. Il punto è questo: non ero io a deciderlo, semplicemente accadeva -
- In un certo senso è paragonabile ai primi pleniluni di un licantropo - pensò ad alta  voce il biondo.
- Forse, non posso dirlo per certo. Tuttavia è questo il potere delle streghe, riuscire a influenzare l'ambiente attraverso la volontà - concluse.
Isaac masticò la colazione lentamente digerendo la spiegazione assieme agli zuccheri - I druidi sono in grado di eguagliare le vostre abilità? -
- Difficilmente, sarebbe un po' come paragonare un lupo ad un licantropo e sappiamo entrambi la risposta -
- Già! -
- Nonostante ciò, non sono gli unici a saper interferire in maniera efficace col sovrannaturale. Nella mia vita ho avuto a che fare con sciamani, wiccan, praticanti di vudù, di hoodoo eccetera, ma se proprio ti preme saperlo nessuno di loro reggerebbe un confronto col potere di una vera strega -
Il beta fece uno dei suoi soliti sorrisi sghembi - Interessante. Il dottor Deaton aveva detto che fuori c'era molto più di quanto potevamo immaginare, ma ad essere sinceri non lo credevo davvero possibile -
- "Mai dire mai" diceva la mia cara nonna - raccontò Chace.
- Un ultima domanda -
- Spara! -
- Precisamente quanti anni hai? - chiese imbarazzatissimo.
Chace diede un finto colpetto di tosse, poi tese la mano al suo interlocutore presentandosi - Chace Lunsford, per gli amici CL e ho 20 anni - poi guardando l'orologio - E ora fila a scuola o farai tardi pur avendo la super velocità - lo rimproverò.
- D'accordo, a dopo - salutò.
- Senz'altro -

Una volta chiuso l'ingresso, tonfi di passi rimbombarono dal soffitto. C'era attività al piano di sopra. Chace salì le scale e trovò la porta della stanza aperta, il letto sfatto e il gorgogliare dell'acqua che scorreva da un rubinetto.
- Buongiorno bell'addormentato, dormito bene? - salutò allegramente rimanendo sulla soglia.
Vari grugniti si levarono dal bagno da cui subito dopo ne emerse uno Scott dai capelli arruffati coperto unicamente da una canottiera scura e un paio di boxer rigorosamente neri - È opera tua questa? - domandò indicandosi.
- Beh tua madre si era vivamente raccomandata che tu non andassi a letto vestito, perciò... mi sono dovuto arrangiare - provò a spiegare grattandosi il retro del collo imbarazzato.
Al solo pensiero di ciò che significavano quelle parole, le guance del lupo si imporporarono. Quel ragazzo sconosciuto lo aveva spogliato e per di più mentre era incosciente - Mi riferisco al quadro più ampio... - specificò impacciato.
- Folletto testa di vento, è ovvio! - si batté la mano sulla fronte - Ma certo sono stato io a riportarti a casa e, tanto per la cronaca, Isaac è appena uscito per la scuola mentre tua madre è ancora in ospedale - lo aggiornò mentre l'altro si infilava il resto dei vestiti.
Completata la manovra, l'alpha tornò alla realtà, si sedette confuso sopra il letto ancora in disordine fissando il pavimento e con voce bassa sussurrò - Ho paura di chiedertelo perché temo che sia stato tutto un sogno... - iniziò, ma non riuscì a completare la frase che già l'altro gli si era seduto accanto poggiandogli una mano sulla spalla. Il volto completamente serio.
- Il tuo amico sta bene e in questo momento si trova in ospedale. Ti ci posso accompagnare se vuoi - lo rassicurò.
Nel sentirlo, Scott tirò un sospiro di sollievo. Gli occhi lucidi, ma non avrebbe pianto. Non questa volta. Adesso era felice. Il suo migliore amico, il fratello che non aveva mai avuto era ancora vivo. Solo questo contava, il resto era nulla.

BEACON HILLS HOSPITAL ore 8:00
L'atmosfera generale era notevolmente cambiata. Adesso l'aria sembrava satura di moscerini. A causa loro, il cielo si era man mano scurito tanto da sembrare quasi notte anziché pomeriggio. Nel complesso, tutto appariva più sinistro. Più cupo, lugubre. I due bambini continuavano a giocare a calcio lanciandosi a vicenda la palla. Non sembravano prestare attenzione alla miriade si insetti che vorticavano loro intorno. Dei grandi non c'era più traccia ed anche la casa era scomparsa così come pure qualunque altra costruzione artificiale. Solo una distesa infinita di erba brulla sotto le scarpe. E mosche. Ovunque. In ogni come e in ogni dove. Sciamavano continuamente a destra e a sinistra come fossero nuvole senzienti.
Poi, un colpo troppo poderoso e la palla volò via, lontano. Prontamente il bambino dai capelli a caschetto si lanciò all'inseguimento.
- Hey Stiles - riecheggiò tutto intorno - Dove vai? - domandò innocentemente il festeggiato. Di nuovo l'eco.
- A riprenderla - spiegò a voce alta l'altro. Subito dopo sentì dietro di se qualche altra frase, ma era troppo concentrato sull'obbiettivo per comprenderla. Stava correndo, con tutte le sue forze eppure l'obbiettivo era ancora molto lontano. I mosconi sembravano essere entrati in fibrillazione. Si ammassavano e disperdevano ininterrottamente ronzando minacciosamente a più non posso.
Stiles si asciugò la fronte imperlata di sudore nonostante facesse freddo.
Stava correndo da molto, tuttavia l'obbiettivo sembrava irraggiungibile. Sempre più distante remoto finché non scomparve del tutto dall'orizzonte. E lui correva, correva. Non ce la faceva più. Il fiato corto. Improvvisamente si rese conto di non trovarsi più nell'immenso parco desolato, bensì nella riserva tra querce grottesche che apparivano dal nulla e tafani.
Piccolo in mezzo a tutte quelle mani scheletriche che sbucavano dal terreno.
- Dove vai, dove vai, dove vai? - disse una voce graffiata proveniente da ovunque e al tempo stesso da nessuna parte.
Il bambino si fermò. Aveva già vissuto tutto questo. E non era assolutamente finito bene.
- Vieni da noi, noi, noi, noi! - rintronò mellifluo tutto attorno.
La paura s'impadronì del piccolo Stiles che cercò di allontanarsi da ovunque sembrasse provenire quel vociare. Ma la presenza sembrava onnipresente fino a quando non comprese la verità. Le mosche. La presenza era nelle mosche. La presenza era le mosche. Tutto ad un tratto, come fossero un sol corpo, gli insetti si avventarono sul volto del povero Stilinski che ad occhi chiusi iniziò a scappare correndo e muovendosi alla cieca, gridando a tutto spiano - Lasciatemi, andate via, aiutoooo! - ma la sua era solo una richiesta vana.

Scott stringeva la mano del suo migliore amico come se quel gesto fosse bastato a risvegliarlo. Una volta finito di vestirsi, Chace lo aveva accompagnato di corsa all'ospedale e, sebbene avesse cercato di prepararlo già alla situazione, la vista di quel corpo inerme non lo fece stare tanto meglio.
- Tu puoi aiutarlo? - chiese speranzoso.
- Voglio essere sincero. Molto probabilmente ne sarei in grado, ma i medici dicono che fisicamente è sano come un pesce. La bradicardia non è stata dovuta a nulla di chimico, ne deduco quindi che si tratti solo di un fattore mentale. Sta accadendo qualcosa nella testa del tuo amico e francamente non ho alcuna intenzione di interferire con una cosa così delicata - si vedeva chiaramente che gli era costato tanto dire quelle cose.
- Vuoi dire che non vuoi fare niente? -
- Ho paura di si. Non ci sono malefici di mezzo, altrimenti  me ne sarei accorto. Probabilmente si tratta solo di un qualche meccanismo di difesa contro la realtà vissuta, a molti capita. Stiles dovrà trovare da se la strada per ritornare... - gli spiegò - Tutto quello che possiamo fare è vegliare mentre ci prova! -
- Ho idea che non sarà semplice... - sospirò.
- Tranquillo, con un amico sarà più sopportabile. Sono sicuro che Derek ti starà accanto, hai notato che ha dormito qui tutta la notte? -
Sbigottito Scott fece una faccia strana - Derek? -
- Oh si, l'ex alpha. L'ho notato poco prima di entrare nella stanza, veniva dritto dai bagni e aveva tutta l'aria di chi non è riuscito a dormire su di un letto vero - lo informò divertito.
- Non me lo sarei mai aspettato! - esclamò.

Una camminata per distendere i muscoli tutti indolenziti ci voleva proprio. Le sedie dell'ospedale erano così scomode, che dormirci sopra aveva reso quadrate le regali natiche Hale. Derek non sapeva nemmeno perché era rimasto lì tutta la notte. Era stata una decisione improvvisa. Ma ora, a mente lucida, capì qual'era la vera ragione del suo comportamento, ovvero dare il morso qual'ora sarebbe successo il peggio. La rivelazione lo scioccò e al tempo stesso lo fece infuriare come una bestia.
Era scioccato perché cosciente del fatto che sarebbe stato disposto a tutto pur di sapere sano e salvo quel ragazzino petulante e logorroico, ma al tempo stesso infuriato per aver perso il proprio status di alpha e quindi incapace di concedere nuovamente il dono a chicchessia. Non aveva rimpianti per aver guarito la sorella. Semplicemente era arrabbiato per aver perso il potere. Inizialmente aveva pensato che nessuno avrebbe sentito la sua mancanza come lupo dominante e che, visti i precedenti con Jackson e il branco di Deucalion, il morso in fin dei conti aveva portato più disgrazie che vantaggi. Ma ora più che mai sentiva lui stesso la mancanza del dominio nonché il bene che avrebbe potuto fare nei confronti del suo... amico.
Questa nuova consapevolezza lo fece impaurire. Si immobilizzò. Pensava che solo Scott, in quanto suo primo alleato, e forse anche Isaac, in qualità di suo primo beta, godevano della sua amicizia e del suo rispetto. Tutti gli altri al di fuori della famiglia semplicemente rappresentavano per lui piacevoli conoscenze, ma forse, forse non era così per tutti. Forse quel ragazzino non apparteneva più a quella cerchia. La cerchia delle conoscenze. Rammentò di come Stiles fosse stato il primo a riconoscerlo il giorno in cui aveva restituito l'inalatore al suo proprietario e ciò non era cosa da poco. Sia Scott che Danny avevano dato chiara prova di non saperlo. Ricordò inoltre la sera in cui il kanima era riuscito a metterlo sotto scacco insieme ad Erika paralizzandoli. In quell'occasione il ragazzino gli aveva salvato la vita mantenendolo a galla sopra il pelo dell'acqua.
Ma si, dopo tutto quello che avevano passato in reciproca compagnia, dopo tutte le volte che avevano rischiato insieme la vita era giusto che lo considerasse un proprio compagno di avventure. Un amico.
- Io e Stiles siamo amici - sussurrò piano. Gli piaceva il suono di quelle parole. Decise che da quel momento in poi sarebbe stato proprio così. Si sarebbe dimostrato un amico nel vero senso della parola. Non importa quanto sarebbe costato. Piacevolmente conscio di ciò, fece retro front e di corsa si diresse verso la stanza del suo nuovo amico. Perché è così che fanno gli amici: si supportano l'un l'altro.

Cadde a terra come quella fatidica sera. Il corpo avvolto in un sudario di insetti ronzanti che cercavano in tutti i modi di penetrare al suo interno sfruttando le naturali cavità corporee, ostruite però dalle mani del ragazzino. Stiles si dimenava come un forsennato tentando di usare i piedi per scacciare le entità malefiche. Inoltre aveva un disperato bisogno di respirare, ma non poteva permettersi in alcuna maniera di allentare la presa della mano sul naso per far passare aria. I polmoni ruggivano come forsennati chiedendo a gran voce l'ossigeno. A poco a poco le gambe arrestarono i loro inutili movimenti convulsi, poi l'istinto di sopravvivenza prevalé sulla razionalità e la mano si scostò.
Approfittando di quell'occasione d'oro, i piccoli animaletti si fecero strada nel corpo della loro preda, penetrando dentro di esso dal naso e in seguito dalla bocca e dalle orecchie.
Fuoco, ovunque. Tutte le mucose erano in fiamme. Bruciavano di dolore. Un grido atavico leggermente strozzato partì dalla bocca del piccolo Stilinski, il quale agitava le braccia nel vano tentativo di schiacciare quelle bestioline nere. Era un incubo. Lacrime corpose rigavano le guance, arrivando al mento e colando dal collo giù fino al petto ansimante. Stiles pensò che stesse per morire e fu proprio questo pensiero a dargli la forza necessaria per voltarsi con la faccia a terra reggendosi sulle braccia.
Avrebbe voluto ancora gridare aiuto, ma non ne aveva la forza, per di più uno sciame infinito di mosche gli ostruiva pericolosamente le vie respiratorie.
Improvvisamente un lampo dorato informe riuscì a superare la spessa barriera umida catturando la sua attenzione. La luce dorata si avvicinava sempre di più fino a quando il bambino capì che non si trattava di un bagliore bensì di capelli. Lunghi capelli umani. Biondi come il grano. Sembrava una ragazza, ma non riusciva a vederla per bene. Una voce femminile sussurrò dolcemente parole di conforto. Per un breve attimo Stiles sembrò riconoscerla. Flash di eventi passati lo colpirono. Sapeva che lei lo avrebbe aiutato. Tese la mano destra verso di lei, esattamente come si fa quando si prova ad afferrare un miraggio, e mosse i piedi cercando di annullare la distanza.
Un passo, due e poi tre. Era ai suoi piedi.
La ragazza si accovacciò verso di lui, lo afferrò per lei guance portandoselo al petto e abbracciandolo forte come se volesse fondersi con lui.
- Sono qui, tranquillo! - bisbigliò - Credimi: non lascerò che ti facciano del male! Ma adesso devi svegliarti, Stiles. Devi svegliarti! -
Aprì gli occhi di scatto. Tutto era sparito. L'incubo, le mosche, la foresta, i suoi sei anni e, a malincuore, perfino la ragazza bionda. Pareti bianche arredate di macchinari lo circondavano e l'odore di disinfettante lo avvolse come una coperta.
Si trovava in ospedale.
_____________________

NOTE dell'AUTORE
Innanzitutto: Buon Settembre a tutti carissimi e che la scuola non sia troppo severa con voi miei adorati lettori!!!
Chiedo scusa tutti per avervi fatto aspettare così a lungo, ma con l'inizio di settembre ha colpito perfino me e quindi sono stato parecchio impegnato. Spero che questo capitolo vi soddisfi dell'attesa! Si lo so che stato piuttosto traumatizzante con tutti quegli insetti eccetera, ma ehi stiamo parlando di un incubo, non di una scampagnata!!! Ad ogni modo vi sarò eternamente grato se posterete qualche vostro commento personale (e non risparmiatevi a sottolineare errori di grammatica o simili, perché non finirò mai di averne bisogno!!!).
Cosa posso dirvi in questo momento non saprei, se non che ho adorato descrivere i pensieri del nostro Sourwolf preferito (STILES: Che carino, mi ha fatto la guardia XD!!!! Ma allora gli piaccio!!!), nonché creare quel momento di leggero imbarazzo tra uno Scott seminudo (e ho detto tutto!!!) ed un Chace piuttosto libertino (SCOTT: Ora che ci penso mi sorge un dubbio: ma la sera in cui abbiamo ritrovato Stiles, non indossavo dei boxer differenti?!).
Come avrete già capito, il titolo altri non è che un omaggio a "Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie" del reverendo Charles Lutwidge Dodgson. Mi sembrava fosse appropriato da momento che il capitolo contiene scene che si svolgono nella dimensione onirica di Stiles, non trovate? Inoltre l'icona sotto il titolo è la rappresentazione simbolica del caos, perfetta allusione alla mente momentaneamente caotica del nostro personaggio preferito.
Infine prima che mi dimentichi, eccovi il link di un Tyer Posey da piccolo (non è adorabile???)!!! Purtroppo sul web non c'è nulla che ritragga il nostro beneamato Dylan nelle stesse condizioni.
Auguro una buona giornata a tutti e un in bocca a lupo per quanti di voi sono alle prese con un nuovo anno scolastico, detto ciò ci vediamo al prossimo capitolo!!! Ciao!!!

 
  
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