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Autore: Luly Love    28/09/2013    5 recensioni
Questo nero destrier, i cui passi
ascolto nei sogni, quando l’ombra scende,
e passando al galoppo, m’appar
della notte nelle fantastiche strade
da dove viene? Quali sacre e
terribili regioni ha incrociato, d’apparir
tenebroso e sublime tanto, e da provar
un fremito nell’agitato crine?
Un cavalier dal penetrante sguardo,
vigoroso, ma placido, all’aspetto,
di splendente armatura rivestito,
senza timor cavalca l’animale strano.
E il nero destrier dice: “Io son la Morte!”
Risponde il cavalier: “Io son l’Amore!”

Storia ambientata nella prima metà dell'800. Potrebbero (levate il condizionale) riscontrarsi alcuni cliché riguardanti Naminè. 
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naminè, Riku, Roxas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Mors-Amor – Parte seconda
 
 
 
 
– Un tipo strano, direi. –
– State dicendo che gli credete? –
– Indipendentemente dal fatto che dica la verità o meno, è un tipo strano. –
– Strano in positivo o in negativo? –
– Positivo, direi. Con accenni negativi. –
Era l’indomani mattina dell’incontro di Naminè col cavaliere; la ragazza e Riku si trovavano nell’enorme studio di lui. Naminè gli aveva raccontato come erano andate le cose, tralasciando tutte le parti in cui si faceva accenno al loro matrimonio combinato. Gli aveva però parlato dei due consigli che Roxas le aveva dato.
Era ancora decisamente elettrizzata per l’accaduto, ma anche pensierosa: quello che il ragazzo le aveva detto, infatti, la turbava e la trascinava nei meandri della sua mente, quei meandri che in venti e più anni di vita erano stati l’unico posto in cui potesse fuggire dall’opprimente mondo in cui viveva. Aveva dovuto nascondere quei pensieri al mondo e adesso doveva lasciarli affiorare? Avrebbe dovuto dire a sua madre, a suo padre, ai suoi suoceri, al mondo intero che non amava Riku nel modo in cui tutti credevano e si aspettavano? Avrebbe dovuto gridare al mondo che stare chiusa in casa a fare la mogliettina perfetta non era quello che voleva? Avrebbe dovuto ammettere che non era pronta ad essere madre? Alle donne sarebbe venuto un infarto e gli uomini le avrebbero puntato il dito contro. Così facendo, inoltre, avrebbe gettato disonore anche su Riku e lui non se lo meritava affatto; aveva sempre rispettato lei e i suoi sentimenti, aveva portato avanti egregiamente e senza problemi la farsa: in pubblico la teneva per mano, la abbracciava, qualche volta si erano anche baciati, ma nel privato non dormivano neanche nella stessa stanza!
Come avrebbe potuto fargli una cosa del genere? Sarebbe stato così egoista!
Ma... ma la prospettiva di una vita libera la allettava come acqua fresca dopo una torrida nottata. Viaggiare, conoscere tradizioni e persone nuove, vivere esperienza adrenaliniche, provare sentimenti conturbanti. Poteva rinunciare a tutto questo di nuovo?
Nascose il viso tra le mani e prese dei profondi respiri.
Non davanti a Riku, per carità!
Dopo che si fu calmata, rialzò la testa e guardò il ragazzo.
– E riguardo i suoi consigli cosa pensate? –
– Naminè, prima di rispondere ti voglio chiedere un favore: smettila di darmi del voi! Santo cielo, viviamo insieme da sei mesi e ci conosciamo da anni. – sembrava esasperato.
– D’accordo, scusa. È che io sono stata educata così e certe abitudini sono difficili da perdere. E poi la smetto se la smetti pure tu. – rispose ridacchiando. – Allora, che ne pensi? –
– Affare fatto. Beh, non ha tutti i torti. Certo, è rischioso seguirli, ma la vita cos’è senza rischio? Devi prendere in considerazioni i pro e contro che si presenteranno quando li metterai in pratica. –
– Mi stai dicendo di fidarmi? –
– Non alla cieca. –
– Non sei d’aiuto. Non molto, almeno. Senza offesa. – sbuffò.
– Sai qual è il tuo problema? – sbottò Riku. – La paura. Nella vita, è la paura che ci frega. Ma se vinciamo la paura, vinciamo la vita. Impara a rischiare, Naminè. –
– E se così facendo combinassi un guaio in mezzo a cui ci andassero anche altre persone? –
– La strada per il paradiso passa per l’inferno, se capisci cosa intendo. –
 
 
Fra tutte le ragazze che Naminè aveva conosciuto a Steventon, l’unica che le piacesse davvero era lady Olette. Figlia del dottore del paese e moglie di un proprietario terriero, aveva la sua stessa età ma era sposata da molto più tempo, da quando aveva compiuto diciotto anni. Suo marito, più grande di sette anni, era un uomo di bell’aspetto ma di pessimo carattere: donnaiolo, grande bevitore e giocatore di carte.
Lui e Olette si erano conosciuti quando il corpo di lei aveva appena iniziato a sbocciare: l’uomo, infatti, si era ammalato di polmonite e il dottore andava ogni giorno, più volte al giorno, a casa sua per visitarlo, accompagnato dalla figlia. Olette e l’ammalato si erano innamorati perdutamente e lui le aveva promesso che l’avrebbe sposata.
Otto anni più tardi, la promessa era stata mantenuta. Ma i sentimenti erano cambiati: mentre la ragazza non aveva mai smesso di amarlo, l’uomo si era presto stufato di lei; l’unico motivo per cui non l’aveva lasciata era che Olette non si lamentava mai e inoltre, qualora dei soldi venissero a mancare nelle casse familiari a causa dei suoi vizi, c’era il caro suocero che tappava i buchi finanziari.
Naminè provava una pena infinita per Olette, ma non riusciva a spiegarsi come facesse a sopportare che tutti le ridessero e parlassero dietro. Tuttavia, lei non aveva mai provato un amore così cieco e dunque non se la sentiva di menare sentenze e giudizi. In fin dei conti, seppur per motivi e modalità diversi, anche lei era incastrata in un matrimonio scomodo.
La andava a trovare ogni giovedì nel pomeriggio, quando i rispettivi mariti erano al lavoro; era piacevole per entrambe.
Quel giovedì, a quattro giorni dall’incontro con Roxas, Naminè era particolarmente distratta; le parole di Riku le ronzavano in testa insieme alle due piccole regole della vita elargite dal cavaliere.
Era da sempre che desiderava prendere in mano la sua vita e adesso, adesso che se ne presentava l’opportunità, aveva paura e titubanze. Come era possibile? Perché almeno per una volta le cose non erano semplici?
– Ti vedo distratta, Naminè. Cosa ti cruccia? –
La voce cristallina di Olette la riportò alla realtà. Mise a fuoco la ragazza e notò che aveva un’espressione divertita in viso.
– Tutto a posto, stavo solo pensando. – si giustificò. Ma Olette rise come se avesse fatto una battuta.
– Cosa c’è? – chiese leggermente piccata.
– Oh, niente. – rispose l’altra. – È solo che credo di sapere che genere di pensieri affollino la tua mente. Te lo leggo in viso e nello sguardo. –
Naminè attese che andasse avanti, ma evidentemente Olette, di solito calma e ingenua, per una volta si divertiva a tenere qualcuno sulle spine.
– E di grazia, cosa leggi? – la interrogò nascondendo il fatto che fosse leggermente indispettita.
– Una sola parola: amore. A quanto pare finalmente Riku ha finalmente fatto la mossa giusta. – si sentì rispondere.
Le spalle della bionda si abbassarono.
– Ti sbagli. Io non provo amore. – mormorò sconsolata.
– E questo chi lo dice? Tutti amano. In modi diversi e a volte un po’ strani, ma amano.
Anche tu, te lo leggo negli occhi. Sono diversi, si perdono più del solito. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, lo sai? –
Naminè non rispose e nella stanza calò un silenzio quasi rumoroso.
– Cosa sai del cavaliere misterioso? – chiese tutto ad un tratto.
– Non molto. – disse Olette pensierosa. – So che alcuni l’hanno incontrato. –
La giovane si voltò a guardarla di scatto, gli occhi fuori dalle orbite, la bocca che formava una “o” silenziosa.
– Che cosa? Chi? – riuscì a rantolare.
– I nomi non li so, me ne ha parlato mio padre una volta, di sfuggita. Mi ha detto che alcuni coraggiosi uomini, anni e anni fa, hanno pattugliato il bosco e i dintorni di notte. –
Si interruppe, timorosa.
– E...? – la incalzò l’altra.
– Ecco... alcuni sono stati ritrovati morti. Altri, sono spariti nel nulla e nessuno li ha mai più visti. –
– E che mi dici della nenia che cantano le vecchie del villaggio? Qualcuno deve essere sopravvissuto ad un incontro con il cavaliere. I dettagli sono stupefacenti.  –
– Non lo so. Quella canzone gira da decenni, è vecchia quanto la leggenda. –
Naminè dovette mordersi la lingua per evitare di urlare che non era una leggenda, che il cavaliere esisteva, si chiamava Roxas e che era la creatura più bella che lei avesse mai visto.
Si limitò a perdersi di nuovo nei suoi tortuosi pensieri, fingendo di ascoltare le chiacchiere dell’amica su questa e quella persona.
Alla fine, quando era ormai sulla strada di casa, aveva un piano.
 
 
Era nuovamente notte, ma stavolta la luna, coperta da un velo di nuvole, era visibile solo per tre quarti.
Una silente figura incappucciata si muoveva per le stradine secondarie di Steventon, diretta verso il bosco, stavolta sola. Ci mise il doppio del tempo della prima volta, poiché aveva fatto il giro di mezzo paese piuttosto che attraversarlo, ma era soddisfatta ugualmente.
Arrivò vicino al masso sul quale sia lei che Roxas si erano appoggiati quella domenica notte e si calò il cappuccio sulle spalle; scrutò tutto attorno a sé e constatò che non c’era anima viva.
Sospirando, alzò lo sguardo verso la luna e pregò intensamente che lui si facesse vivo. Sua madre, quando era piccola, le raccontava che la luna accoglie tutte le preghiere degli amanti, è complice e spettatrice delle loro passioni e con la sua luce (o con il suo buio) li aiuta a vedersi e a nascondersi.
E a proposito di buio, una nuvola coprì l’unica fonte di luce di quella notte e tutto piombò nell’oscurità; una poderosa folata di vento freddo soffiò dal bosco e l’orlo del mantello della ragazza ondeggiò furiosamente. Naminè si portò una mano al viso per evitare che il vento le facesse lacrimare gli occhi e quando la abbassò con sua grande sorpresa vide un cavallo nero come la notte a pochi metri di distanza.
Basita, lo riconobbe come l’animale sul quale cavalcava Roxas.
– Lui non c’è. – disse una familiare voce femminile direttamente nella sua testa.
– Vieni pure. – continuò la voce. – Solo perché io sono la Morte non vuol dire che ti farò del male. –
Titubante, inghiottì il groppo che le bloccava la gola e si avvicinò alla bestia. Nuovamente, ne apprezzò tutto: era grande, sinuosa, irradiava potenza; arrivata a pochi passi, dovette reprimere la voglia di accarezzarle un fianco.
– Sei... sei davvero la Morte? – domandò.
– In una delle sue tante forme, sì. –
– E dunque, di conseguenza, Roxas è davvero l’Amore? –
– Esattamente. Non riesci a crederci, vedo. L’Amore non mente mai. Gli uomini mentono, l’amore no. Mi pare di capire che lui e le sue parole abbiano lasciato un segno non indifferente in te. –
Naminè arrossì ed evitò lo sguardo della Morte. L’animale alzò uno zoccolo e lo battè a terra.
– E la cosa non è a senso unico. Anche tu hai fatto un certo effetto su di lui. – le disse, sempre parlandole nella testa.
– Allora perché non è qui? – sbottò, incapace di trattenersi.
– Perché essendo lui una delle tante forme dell’Amore, ha dei doveri. Così come me. Il che, – continuò – mi porta al motivo della mia presenza qui. –
– Ossia? –
– Amore e Morte sono strettamente legati, anche se magari solo dal filo che può tessere un ragno. Sottile, invisibile, ma resistente. Ne sanno qualcosa i pochi uomini che anni addietro sono venuti, come te, a cercare me e Roxas di persona. –
– Sono morti? – si sentì domandare con voce vacillante.
– Alcuni, sì. Pochi altri, quelli abbastanza forti da sostenere il peso, l’onere e l’onore della comprensione -  comprensione non totale, si intende - sono andati via. Hanno chiuso con la vecchia vita e ne hanno iniziata un’altra. La maggior parte di quell’esiguo gruppo è felice, te lo assicuro. Nemmeno la Morte mente. –
La bionda si stava torcendo le mani in grembo, mentre una strana sensazione di esaltazione la pervadeva.
– Hai detto che sei qui per un motivo. Quale sarebbe? –
– Se accetti la forma di amore più pura che esista, devi accettare anche un’altra cosa. Immagini quale sia? –
– Te. – mormorò Naminè. Si stupì nel sentire che la propria voce era ferma.
– Io. – confermò la Morte. – La storia di Roxas è... ah, complicata. Chissà, forse te la racconterà un giorno. Ti basti sapere che pur essendo una forma dell’Amore, lui non conosce questo sentimento in prima persona. Ma questo lo sai. Non sai, invece, che quando ti ha vista, ha sentito per la prima volta qualcosa. Da quella notte, in lui si agita, quasi in rivolta, il suo stesso potere. –
Si fermò e la ragazza giurò di poter sentire il rombare del proprio cuore riverberarsi nell’aria. Iniziava a capire dove stesse andando a parare quel discorso e non aveva assolutamente paura. Piuttosto, fremeva per arrivare ai fatti.
– È vero che lui rappresenta l’Amore, ma è anche vero - ripeto - che non ha la minima esperienza. Indi, non si farà mai avanti. Primo, perché conserva ancora le abitudini degli uomini e come ogni uomo alle prese col primo amore, è pieno di dubbi, ansie e paure. Secondo, perché non vorrebbe che tu rinunciassi alla vita. –
Eccolo, il succo del discorso che tanto attendeva: lei era innamorata dell’Amore ed era anche ricambiata, e se voleva vivere il suo sogno doveva morire. Niente di più semplice. E facile.
– Da quando sono nata, – iniziò – sono stata costretta a prendere strade che altri hanno deciso per me. Sono stata costretta a percorrerle, sopprimendo il mio vero io. A mio parere, è come se fossi già morta, sin dalla prima volta che mi è stato imposto qualcosa. La morte sarebbe una nascita, per me. Accetto... –
– Aspetta. – la interruppe la Morte. – È vero sì che questa vita non la senti come tua, ma è anche vero che durante questo tuo coatto cammino hai incontrato persone e adesso, in un modo o nell’altro, sei legata a loro. Inoltre, non è me che devi accettare, in fin dei conti io ti sono stata sempre vicina. È all’altra faccia della moneta che devi comunicare la tua scelta. –
Naminè volse lo sguardo alla luna, anche se non aveva bisogno di suggerimenti. Per la prima, vera volta in poco più di vent’anni poteva davvero prendere in mano la propria vita. Con il sorriso sulle labbra, tornò a guardare il cavallo, che però era scomparso.
Il sorriso le si allargò ancor più.
– Non vedo l’ora. –
 
 
 
Angolo autrice:
Dopo un mese e passa di latitanza, mi sono rifatta viva. I’m sorry, ma il liceo è tutt’altra cosa rispetto al ginnasio. Molto più interessante, ovvio, ma mi assorbe totalmente. Non stupitevi troppo, dunque, se per il prossimo capitolo dovrete aspettare ancora di più.
Sì, avete capito bene, in barba a quanto detto nelle NdA del precedente cap questo NON è il finale. Ce ne sarà ancora uno. Inoltre, ho in mente una missing moments per spiegare come Riku sia diventato così OOC da un capitolo all’altro. Me ne rendo conto che quello di ora sembra un’altra persona rispetto a quello di partenza, ma non ho potuto fare altrimenti. Spero perdonerete questo mio errore e questa enorme incongruenza.
Ringrazio antocharis_cardamines, Anima1992, JLuna_Diviner e RoriKida per tutto. Un doppio, forse triplo, ringraziamento va alla santa Rex. Non c’è bisogno di spiegazioni. Ti voglio bene cara!
Detto questo, ho fame. Vado a nutrirmi e spero che il cap sia di vostro gradimento. Lasciatemi una recensione, anche piccola. Come già detto, ci tengo a questa storia.
Un bacio e a presto,
Luly
 
Ps: non ho riletto, perciò ci saranno degli errori. Controllerò domani o comunque appena ho voglia/tempo. Anyway, se sareste così gentili da farmeli notare vi adorerò

 
  
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